Sentenza n. 365 del 1991

 

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SENTENZA N. 365

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 38, primo comma, lett. q), della legge della Regione Toscana 15 marzo 1980, n. 17 (Norme per la difesa della fauna e la regolamentazione dell'attività venatoria), così come modificato dall'art. 37 della legge regionale toscana 1° settembre 1989, n. 59, promosso con ordinanza emessa il 7 gennaio 1991 dal Giudice conciliatore di Massa nel procedimento civile vertente tra Gianni Dunchi e Amministrazione provinciale di Massa Carrara iscritta al n. 191 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente della Giunta della Regione Toscana;

Udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 1991 il Giudice relatore Enzo Cheli;

 

Ritenuto in fatto

 

1. - In un giudizio di opposizione promosso da Gianni Dunchi avverso un'ingiunzione emessa dall'Amministrazione di Massa Carrara per violazione di una norma in materia di caccia (consistente nel fatto di aver lasciato vagare in campagna un cane da caccia in tempo vietato), il Giudice conciliatore di Massa, con ordinanza del 7 gennaio 1991 (R.O. n. 191 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, primo comma, lett. q), della legge della Regione Toscana n. 17 del 1980 (così come modificato dall'art. 37 della legge regionale toscana 1° settembre 1989, n. 59).

Nell'ordinanza si espone che la norma regionale denunciata prevede una sanzione amministrativa per chi esercita l'allenamento e l'addestramento di cani da caccia al di fuori dei tempi previsti dal calendario venatorio.

Con tale disposizione - rileva il giudice a quo - la Regione Toscana ha introdotto una nuova sanzione, diversa da quelle disciplinate dall'art. 31 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 (legge-quadro statale sulla caccia) e non riconducibile neppure all'ipotesi residuale di cui alla lett. n) del citato art. 31, dove si prevede una sanzione per le violazioni delle disposizioni della legge-quadro non espressamente richiamate dallo stesso articolo.

Ad avviso del giudice remittente, le Regioni, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 31 della legge n. 968, potrebbero istituire sanzioni amministrative solo per eventuali abusi in materia di tabellazione dei terreni coltivati: dal ché la conclusione che la norma denunciata, qualificando come sanzionabile una fattispecie non ricompresa nell'art. 31 della legge-quadro statale n. 968, si sarebbe posta in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, secondo cui le norme legislative regionali in materia di caccia devono essere emanate nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuta la Regione Toscana, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Nell'atto di intervento si ricorda che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha da tempo riconosciuto l'esistenza di un potere delle Regioni di individuare autonome fattispecie sanzionatorie, essendo ricomprese nella potestà normativa regionale le sanzioni extrapenali. Queste, infatti, non sarebbero da considerare come manifestazioni di un potere punitivo della pubblica amministrazione, ma di un suo potere di autotutela, e perciò espressione dello stesso potere volto alla realizzazione dei pubblici interessi che l'amministrazione ha il compito istituzionale di soddisfare. Di qui - secondo l'interveniente - la piena legittimazione della Regione nell'individuare le fattispecie sanzionatorie, quale espressione del generale potere di disciplina della materia.

Con specifico riferimento alla fattispecie condotta all'esame della Corte, la Regione Toscana afferma che non sussiste la lamentata lesione dell'art. 117 della Costituzione poiché il potere regionale di emanare la norma impugnata trova il suo fondamento nella competenza regionale in materia di caccia sancita dallo stesso art. 117 della Costituzione. Inoltre, la norma statale che individua le sanzioni - e cioè l'art. 31 della legge-quadro statale - non potrebbe essere considerata norma di principio e ben potrebbe essere integrata dal legislatore regionale con la previsione di nuove ipotesi sanzionatorie rispondenti a finalità ritenute dalla Regione meritevoli di tutela.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Giudice conciliatore di Massa dubita della legittimità costituzionale dell'art. 38, primo comma, lett. q), della legge della Regione Toscana 15 marzo 1980, n. 17 (come modificato dall'art. 37 della legge regionale toscana 1° settembre 1989, n. 59), dove si prevede una sanzione amministrativa da L. 40.000 a L. 300.000 "per chi esercita l'allenamento o l'addestramento di cani da caccia all'interno di istituti faunistici o faunistico-venatori, al di fuori dei tempi di cui al calendario venatorio o di quanto disposto dal precedente art. 34" (dove è stata posta la disciplina in tema di cani vaganti).

Ad avviso del giudice remittente, la norma in questione verrebbe a violare l'art. 117 della Costituzione per il fatto di avere introdotto una fattispecie di illecito amministrativo non riconducibile alle ipotesi contemplate nell'art. 31 della legge-quadro statale sulla caccia (l. 27 dicembre 1977, n. 968).

2. La questione è infondata.

L'ordinanza di rimessione muove dal presupposto che l'elencazione degli illeciti amministrativi formulata nell'art. 31 della legge n. 968 del 1977 debba considerarsi "chiusa", esaurendo ogni ipotesi di illecito amministrativo configurabile in materia di caccia, con la conseguenza che, in tale materia, alla legge regionale sarebbe riconosciuta la possibilità di operare interventi sanzionatori soltanto in relazione alla fattispecie espressamente prevista nell'ultimo comma dello stesso art. 31, con riferimento agli abusi di tabellazione commessi dai proprietari o dai conduttori dei terreni coltivati.

Tale assunto si presenta, peraltro, errato, dal momento che - come questa Corte ha ripetutamente sottolineato (v., da ultimo, sent. n. 350 del 1991 e ivi ulteriori richiami) - la potestà di sanzionare eventuali illeciti amministrativi non risulta riservata allo Stato, ma segue i criteri ordinari di distribuzione delle competenze per materia tra Stato e Regioni, spettando, di conseguenza, al legislatore regionale, nelle materie di cui all'art. 117 della Costituzione, il potere di definire e sanzionare, nel rispetto dei principi fondamentali fissati dal legislatore nazionale, le violazioni di natura amministrativa costituenti illecito.

La norma impugnata non può, pertanto, incorrere nella censura proposta, avendo la stessa regolato, per una finalità di protezione della fauna conforme ai principi ispiratori della legge-quadro nazionale, una fattispecie di illecito amministrativo (addestramento di cane da caccia in ambito ed in periodo vietati) sicuramente riconducibile alla materia "caccia" di competenza regionale.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, primo comma, lett. q), della legge della Regione Toscana 15 marzo 1980, n. 17 (Norme per la difesa della fauna e la regolamentazione dell'attività venatoria), così come modificato dall'art. 37 della legge della Regione Toscana 1° settembre 1989, n. 59, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, sollevata dal Giudice conciliatore di Massa con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALL.

 

Depositata in cancelleria il 23 luglio 1991.