SENTENZA N. 121
ANNO 1979
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Avv. Leonetto AMADEI , Presidente
Prof. Edoardo VOLTERRA
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 9 febbraio 1979, depositato in cancelleria il 19 successivo ed iscritto al n. 5 del registro 1979, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della delibera della Giunta regionale della Campania n.13531 del 13 ottobre 1978, con la quale veniva conferita la direzione dell'ufficio del commissariato per la liquidazione degli usi civici ad un funzionario regionale in sostituzione del Commissario.
Udito nell'udienza pubblica del 27 giugno 1979 il Giudice relatore Leopoldo Elia;
uditi l'avv. Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avv. Francesco D'Onofrio, per la Regione Campania.
Ritenuto in fatto
Con ricorso del 6 febbraio 1979 notificato il 9 dello stesso mese il Presidente del Consiglio dei ministri sollevava conflitto di attribuzione nei confronti della Regione Campania in seguito a delibera n. 13531 del 13 ottobre 1978 con cui la Giunta di questa Regione conferiva al coordinatore del servizio agricoltura, caccia e pesca l'incarico di dirigere l'ufficio amministrativo del commissariato per la liquidazione degli usi civici.
Riteneva il Presidente del Consiglio che, stanti i poteri amministrativi riservati con specifica disposizione alla competenza dello Stato dallo stesso d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 (in materia, ad es., di legittimazione) e tenuto conto del collegamento inscindibile, in alcuni casi, tra potere giurisdizionale ed amministrativo, ben evidenziato da circolare del Ministro dell'Agricoltura e Foreste in data 27 giugno 1978, all'esame peraltro della Corte perché impugnata dalla Regione Lazio, non poteva essere privato l'ufficio statale di tutto l'apparato organizzativo di cui é dotato. Tale apparato sarebbe necessario anche per l'espletamento delle funzioni giurisdizionali sicuramente riservate al Commissario quale organo dello Stato.
L'atto regionale inoltre sarebbe violativo della Costituzione o comunque illegittimo in quanto costituirebbe esercizio di competenza trasferita senza previa legge che regoli la materia, in contrasto con quanto stabilisce l'art. 97 della Costituzione ed in quanto non rispetterebbe le previsioni della normativa statale di grado primario che attualmente vige (fino a che non sia sostituita da legge regionale).
Con successiva istanza del 13 febbraio 1979 il Presidente del Consiglio chiedeva si sospendesse l'esecuzione dell'atto impugnato, prospettando i gravi danni che un trasferimento di tutti gli impiegati del Commissariato alla Regione avrebbe comportato per le attività che il Commissario continua a svolgere quale organo dello Stato. Il Commissariato per gli usi civici di cui si tratta ha inoltre competenze estese al territorio del Molise; é evidente che un trasferimento di tutti i funzionari e gli impiegati alla Regione Campania impedirebbe lo svolgimento delle attività che il Commissariato stesso deve compiere in territorio molisano ed é evidente che la Regione Molise non può essere pregiudicata nelle sue competenze dalle determinazioni della Regione Campania.
Si costituiva la Regione Campania rilevando che il personale amministrativo di cui si tratta é quello appunto che, a norma degli artt. 112 e 123 del d.P.R. n. 616 del 1977 menzionato secondo l'allegata tabella A), deve essere messo a disposizione delle regioni. La qual cosa appunto avrebbe già fatto il Ministero dell'Agricoltura con decreto in data 30 dicembre 1977.
La Giunta regionale, del resto, già con delibera n. 1600 del 10 febbraio 1978, aveva preso atto dei provvedimenti ministeriali incaricando il Commissario per gli usi civici di dirigere temporaneamente, quale funzionario della Regione, gli uffici amministrativi a questa trasferiti e stabilendo che, fino a nuova disposizione, il personale avrebbe continuato a prestare servizio nelle sedi attualmente occupate.
Essendo stata comunicata ed eseguita tale delibera, che già contiene un atto di organizzazione degli uffici e del personale trasferito, dovrebbe essere preclusa ogni impugnativa concernente successivi atti di organizzazione del medesimo personale e dei medesimi uffici. Una volta acquisito alla Regione un certo apparato pubblico, ed in mancanza di un tempestivo ricorso contro gli atti che hanno determinato tale acquisizione, dovrebbe ritenersi preclusa, perché tardiva, ogni impugnazione degli atti successivi e conseguenziali.
Il ricorso sarebbe inoltre inammissibile perché non tenderebbe a tutelare una competenza dello Stato ma solo all'annullamento di un atto della Regione per pretesa mancata osservanza di una riserva di legge.
Nel merito le censure sarebbero da rigettare: l'atto regionale troverebbe fondamento nell'art. 123, terzo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977 secondo cui, fino alla adozione di una normativa regionale sulla definitiva destinazione del personale trasferito, questo viene utilizzato in via provvisoria secondo le determinazioni della Regione medesima e nell'art. 20 della legge regionale n. 29 del 1975 di analogo tenore. La Regione inoltre si sarebbe limitata ad utilizzare il personale messo a disposizione dallo stesso Ministero dell'Agricoltura e Foreste e ciò non dovrebbe costituire minaccia per l'espletamento delle funzioni rimaste allo Stato; in ogni caso escluderebbe qualsiasi invasione o lesione dell'altrui competenza.
Per quel che concerne l'istanza di sospensione la resistente si oppone rilevando che un eventuale accoglimento porterebbe alla paralisi delle funzioni trasferite.
Nel corso del dibattimento le parti hanno discusso congiuntamente l'istanza di sospensione ed il merito del conflitto, ribadendo e precisando le rispettive tesi.
Considerato in diritto
La Regione Campania eccepisce in via preliminare la irricevibilità del ricorso statale in quanto la Regione stessa aveva già esercitato i poteri ex artt. 112 e 123 del d.P.R. n. 616 del 1977 con la delibera di Giunta 10 febbraio 1978 n. 1600, senza che lo Stato lamentasse alcuna invasione o menomazione delle sue attribuzioni. Con questa delibera la Giunta regionale aveva confermato nella direzione dell'ufficio amministrativo del Commissariato per la liquidazione degli usi civici il titolare già nominato dagli organi statali competenti. Pertanto, la successiva delibera della Giunta in data 13 ottobre 1978, n. 13531 (con la quale si era conferito l'incarico di dirigere l'ufficio amministrativo del Commissariato al coordinatore del servizio agricoltura, caccia e pesca) non costituirebbe esercizio di competenza nuova e diversa; sicché il ricorso statale sarebbe irricevibile per tardività.
Ma si può osservare che per lo Stato la conferma del Commissario nella direzione dell'ufficio amministrativo del Ccmmissariato, pur mutando il titolo della preposizione, non era in grado di menomare le possibilità di esercizio delle funzioni statali residue rientranti nella competenza del Commissario stesso: anzi, la conferma poteva essere interpretata come l'avvio ad una situazione di codipendenza funzionale. Ciò basta a far ritenere che l'eccezione della Regione non possa essere accolta.
Inoltre, secondo la Regione Campania, il ricorso sarebbe inammissibile per carenza di presupposto oggettivo, perché in sede di conflitto di attribuzione non potrebbe eccepirsi l'omesso uso dello strumento legislativo da parte della Regione la quale ha disposto, invece, con atto amministrativo, la separazione delle funzioni giurisdizionali ed amministrative del Commissario per la liquidazione degli usi civici. Si tratterebbe infatti di un vizio dell'atto che non interesserebbe la sfera di competenza dello Stato e della Regione. Ma l'eccezione in ordine al mancato rispetto per la riserva di legge ex art. 97, primo comma, della Costituzione ed alla inidoneità dell'atto amministrativo regionale a modificare l'art. 27 della legge 16 giugno 1927, n. 1766 non esaurisce, al di là di una prima apparenza, i motivi e l'oggetto del ricorso: nell'ambito dei quali hanno autonomo rilievo la scissione dell'ufficio amministrativo del commissariato da quello giurisdizionale, impedendosi così secondo lo Stato, il normale esercizio delle attività rientranti nella sfera della giurisdizione e di quelle amministrative residue; e, in ogni caso, l'omessa predisposizione, da parte regionale, di uno strumento diverso con carattere sostitutivo. Il che darebbe luogo ad una "sottrazione" di funzioni e di strumenti operativi a danno dello Stato.
Comunque, nel merito il ricorso non é fondato. In realtà la Regione Campania non poteva sottrarre allo Stato quanto lo Stato stesso le aveva già trasferito. In altri termini, la Regione non ha fatto altro che dare diretta ed immediata attuazione a norme statali che, esse sì, operavano una separazione nel blocco di "funzioni amministrative e giudiziarie" che la legge n. 1766 del 1927 aveva attribuito ai commissari. Allo scopo di operare la scissione di cui si é detto, nel rispetto dell'art. 97, primo comma, della Costituzione, trasferendo in atto alle regioni funzioni e ufficio amministrativo del Commissariato, é del tutto superflua una legge regionale dal momento che a ciò hanno provveduto i commi quinto e sesto dell'art. 66 e la tabella A) del d.P.R. n. 616 del 1977: nonché, per la messa a disposizione del personale degli uffici trasferiti alla regione, l'art. 112 del citato decreto. Mentre l'art. 123, primo comma, dello stesso testo stabilisce che il personale posto a disposizione delle regioni troverà sistemazione definitiva nei ruoli regionali sulla base di leggi della regione, il quarto comma di questo articolo prescrive che il personale posto a disposizione della regione "é utilizzato in via provvisoria secondo le determinazioni di questa presso gli uffici regionali" (essendo ovvio che le determinazioni consistono in provvedimenti di natura amministrativa), disposizione cui corrisponde, del resto, l'art. 20 della legge Regione Campania 14 maggio 1975, n. 29. Che poi esistesse la "disponibilità" da parte della Regione del personale dell'ufficio amministrativo del Commissariato trasferito ex lege é comprovato dal decreto del Ministro per l'Agricoltura e Foreste in data 30 dicembre 1977, con il quale veniva posto a disposizione della Regione Campania il personale addetto alle funzioni dell'ufficio amministrativo.
É quindi evidente che il trasferimento dell'ufficio amministrativo e la messa a disposizione del personale implicavano anche il potere della Regione di nominare un dirigente dell'ufficio stesso. Né é dato rinvenire fonti normative, che impongano, sia pure in via transitoria, una unione reale nella titolarità dell'ufficio di commissario (funzioni giurisdizionali ed amministrative residue), rimasto allo Stato, ed in quella dell'ufficio amministrativo passato con le relative funzioni alla Regione. Una fattispecie di codipendenza funzionale necessaria in questo campo avrebbe dovuto essere prevista, seppure per un periodo transitorio, nel d.P.R. n. 616 del 1977 o in altro atto legislativo dello Stato, mentre é ininfluente che essa sia affermata nella circolare 27 giugno 1978, n. 18042 del Ministero per l'Agricoltura e le Foreste, circolare richiamata dall'Avvocatura dello Stato. Né, infine, é necessario insistere sulla inesistenza di un obbligo (od anche di un onere) a carico delle regioni, di apprestare, per l'esercizio di competenze statali residue, strumenti organizzativi in sostituzione di quelli ad esse trasferiti dallo Stato.
Non si decide sulla istanza di sospensione proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri, già discussa in sede dibattimentale, come accennato in narrativa, ed ovviamente superata dalla pronunzia nel merito.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta alla Regione Campania il potere di conferire l'incarico di dirigere l'ufficio amministrativo del Commissariato per la liquidazione degli usi civici al coordinatore del servizio agricoltura, caccia e pesca.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 ottobre 1979.
Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 10 ottobre 1979.