Sentenza n. 122 del 1990

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SENTENZA N.122

 

ANNO 1990

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Francesco SAJA, Presidente

 

Prof. Giovanni CONSO

 

Prof. Ettore GALLO

 

Dott. Aldo CORASANITI

 

Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Renato DELL'ANDRO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Umbria riapprovata il 24 luglio 1989 dal Consiglio regionale avente per oggetto: < Norme per la trasformazione di posti di collaboratore e assistente in posti di coadiutore di vari profili professionali del personale del ruolo nominativo regionale dei Servizi Sanitari> promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato l'11 agosto 1989, depositato in cancelleria il 18 successivo ed iscritto al n. 69 del registro ricorsi 1989. Visto l'atto di costituzione della Regione Umbria;

 

udito nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1989 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

 

uditi l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e l'Avvocato Alberto Predieri per la Regione.

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato l'11 agosto 1989, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Umbria, riapprovata il 24 luglio 1989, dal titolo "Norme per la trasformazione di posti di collaboratore e assistente in posti di coadiutore di vari profili professionali del personale del ruolo nominativo regionale dei Servizi Sanitari". Secondo il ricorrente, la legge impugnata violerebbe l'art. 117 della Costituzione, come attuato dall'art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e dall'art. 17 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761.

 

A sostegno della propria richiesta, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva, in generale, che la materia degli organici delle Unità sanitarie locali, come questa Corte ha ripetutamente affermato, é riservata alla legislazione statale in ragione di esigenze unitarie, che, in relazione al caso di specie. sono espresse dall'art. 47, quarto comma, lettera c), contenente i criteri direttivi per la delega al Governo della disciplina dello stato giuridico del personale delle UU.SS.LL., e dal d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, che ha attuato la predetta delega. Quest'ultimo decreto - dopo aver suddiviso il personale in questione in quattro distinti ruoli articolati in posizioni funzionari e dopo aver ascritto al ruolo "sanitario" i medici, i farmacisti, i veterinari, i biologi, i chimici, i fisici e gli psicologi e al ruolo "tecnico" i sociologi - ha previsto, all'art. 17, una particolare disciplina per l'assunzione mediante pubblici concorsi nelle posizioni funzionali di "assistente medico" e di "veterinario collaboratore" ed ha stabilito, all'ultimo comma dello stesso articolo, che, nell'ambito dei servizi ospedalieri, la dotazione organica dei medici assistenti debba esser pari a quella complessiva degli "aiuti" e "vicedirettori sanitarie.

 

In contrasto con questa disciplina, la legge regionale impugnata, nell'esercizio di una potestà legislativa di tipo attuativo, avrebbe innanzitutto assoggettato a un'identica trasformazione di status figure appartenenti al ruolo "tecnico", come i sociologi, e personale appartenente al ruolo "sanitario" (art. 1), stabilendo così una disciplina unificata in luogo di una distinta per ruoli. In secondo luogo, sempre con l'art. 1, la legge estenderebbe la disciplina prevista dall'art. 17 del d.P.R. n. 761 del 1979 al personale sanitario estraneo ai servizi ospedalieri (mentre l'art. 17 si riferirebbe soltanto al personale di questi ultimi servizi agli effetti della trasformazione dei posti organici), perseguendo anche, rispetto a quest'ultimo, il risultato di una parità numerica fra le posizioni funzionari di collaboratore e di assistente, da un lato, e quella di coadiutore, dall'altro. Infine, all'art. 2, la stessa legge regionale si porrebbe in contrasto con il principio generale del concorso pubblico stabilito dal d.P.R. n. 761 del 1979, in quanto prevedrebbe per la copertura dei posti trasformati l'espletamento di concorsi che sono aperti (cioé riservati), mediante appositi avvisi pubblici, soltanto al personale inizialmente appartenente alle posizioni funzionali di "collaboratore" e di "assistente".

 

2.- Si é costituita la Regione Umbria, la quale eccepisce, preliminarmente, l'inammissibilità del rinvio governativo che ha preceduto l'instaurazione dei presente giudizio, essendo stata oggetto la legge impugnata di un precedente rinvio cui la Regione Umbria si sarebbe parzialmente adeguata modificando, in sede di riesame, l'art. 2. A seguito di tale modifica, sostiene la Regione, il Governo non avrebbe potuto effettuare il secondo rinvio, trattandosi di una legge che, ai sensi della giurisprudenza di questa Corte, non poteva esser considerata come "nuova", ma avrebbe potuto soltanto sollevare questione di costituzionalità. Beninteso, la Regione precisa di essere a conoscenza che questa Corte considera la reiterazione dei rinvio "un atto invalido, ma efficace" e, perciò, sanabile con l'ulteriore approvazione della legge. Ma, poichè la stessa Corte considera il rinvio come un potere non ripetibile, che si consuma con il suo stesso esercizio (v. sent. n. 79 del 1989), sembra possibile ritenere che il secondo rinvio sia stato emesso in totale carenza di potere e sia, perciò, un atto nullo, e non già annullabile. Il ricorso sarebbe, dunque, fuori termine e, come tale, inammissibile.

 

Un'ulteriore ragione di inammissibilità del ricorso é individuata dalla Regione nel fatto che il rinvio non farebbe riferimento nè all'art. 117 Cost., nè alla legge n. 833 del 1978, non ravvisandosi, così, la dovuta corrispondenza fra motivi del rinvio e quelli del ricorso, e cioé fra elementi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, costituiscono due distinte fasi di un procedimento unitario.

 

In ogni caso, la Regione ritiene che il ricorso vada rigettato nel merito. Riguardo alla prima censura relativa all'art. 1, essa osserva che, anche se l'art. 17, all'ultimo comma, fa riferimento esplicito ai soli "servizi ospedalieri" quando stabilisce la tendenziale parità delle dotazioni organiche, non vi sarebbe alcun motivo (nè il Governo é riuscito ad affermarlo) per indurre a ritenere che la disciplina stabilita sia applicabile soltanto al personale sanitario operante nei servizi ospedalieri, che verrebbe così inconcepibilmente privilegiato. Secondo la Regione, l'art. 17 esprimerebbe un principio generale in ordine al rapporto di tendenziale parità numerica tra le posizioni funzionali dei diversi profili professionali applicabile tanto nei servizi ospedalieri quanto negli altri servizi sanitari (principio già riconosciuto in varie leggi regionali regolarmente vistate, come quelle della Campania, del Lazio, dell'Abruzzo, della Toscana). D'altra parte, non si dovrebbe trascurare che la legge impugnata, a giudizio della Regione, non riguarderebbe la "materia" dello stato giuridico del personale sanitario (riservata allo Stato), ma quella delle dotazioni organiche, che potrebbe esser disciplinata dalle regioni senza produrre trattamenti differenziati rispetto al personale del Servizio sanitario nazionale operante in altre regioni.

 

Quanto alle censure verso l'art. 2, la Regione osserva che non potrebbe dubitarsi che l'avviso pubblico corrisponda al concorso pubblico, cui ovviamente potrebbero partecipare, trattandosi della qualifica di coadiutore, i dipendenti di qualifica immediatamente inferiore cioé gli assistenti e i collaboratori.

 

3.- In prossimità dell'udienza la Regione Umbria ha presentato una memoria per ribadire le proprie richieste. Oltre a riformulare argomenti già svolti, la Regione osserva che l'art. 17 del d.P.R. n. 761 del 1979 non esprimerebbe un principio fondamentale, ai sensi dell'art. 117 Cost., nè potrebbe essere assimilato all'esercizio di una funzione di indirizzo e coordinamento, dal momento che conterrebbe solo norme di dettaglio. Dopo aver ribadito che non é consentito sottoporre a diverse valutazioni di legittimità costituzionale norme di contenuto analogo sol perchè provenienti da regioni diverse, la resistente osserva che il ricorso sarebbe inammissibile in quanto contraddittorio rispetto al rinvio: mentre in quest'ultimo, sarebbe espresso un rilievo fondato sull'assoggettamento a una medesima disciplina del personale extraospedaliero, nell'altro, invece, lo stesso rilievo apparirebbe basato sull'assoggettamento a una medesima disciplina dei personale appartenente al ruolo sanitario e di quello appartenente al ruolo "tecnico".

 

Considerato in diritto

 

1. - Il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri indicato in epigrafe solleva tre distinte questioni di legittimità costituzionale nei confronti della legge della Regione Umbria dal titolo < Norme per la trasformazione dei posti di collaboratore e assistente in posti di coadiutore di vari profili professionali del personale del ruolo nominativo regionale dei Servizi Sanitari>, riapprovata, a seguito del rinvio governativo, il 24 luglio 1989. Ad avviso del ricorrente, la disciplina posta dagli articoli 1 e 2 della suddetta legge violerebbe sotto vari profili i limiti della potestà legislativa di attuazione di cui all'art. 117, ultimo comma, della Costituzione, in riferimento all'art. 47 , terzo e quarto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e all'art. 17 del successivo decreto legislativo delegato, d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761.

 

In via preliminare, la Regione Umbria ha eccepito l'inammissibilità del ricorso sia perchè quest'ultimo avrebbe come presupposto un rinvio affetto da nullità insanabile, sia perchè non vi si riscontrerebbe la dovuta corrispondenza con i motivi addotti dal rinvio governativo.

 

2.-La prima delle eccezioni di inammissibilità proposte dalla Regione Umbria si basa sul rilievo che la legge impugnata era stata oggetto di un precedente rinvio governativo, a seguito del quale il legislatore regionale aveva parzialmente modificato uno degli articoli censurati. Poichè, secondo la Regione, la legge non poteva esser considerata come < nuova> ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, il Governo avrebbe potuto soltanto sollevare la questione di legittimità costituzionale e non reiterare il rinvio, come invece ha fatto, esercitando, così, un potere già consumato il cui svolgimento sarebbe perciò avvenuto in carenza assoluta di potere e avrebbe dato luogo a un atto, il secondo rinvio, totalmente nullo e, in ogni caso, fuori termine.

 

L'eccezione non può essere accolta.

 

Questa Corte si è già occupata di un'identica eccezione di inammissibilità in occasione di un precedente giudizio, respingendola totalmente (v. sent. n. 80 del 1989). In quel caso, oltre ad affermare che non si può parlare di legge < nuova>, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, quando la regione, in sede di riesame, apporti modifiche che colpiscano soltanto le disposizioni rinviate sia nel loro testo che nel loro significato normativo e che, pertanto, deve ritenersi preclusa la possibilità per il Governo di effettuare in tale ipotesi un nuovo rinvio, la Corte ha anche precisato che l'eventuale illegittima reiterazione del rinvio stesso non può dar luogo a un atto nullo o, addirittura, inesistente. La reiterazione, infatti, suppone che sia lo stesso organo titolare del potere di rinvio a esercitare il predetto potere più volte di quanto gli sia consentito, sicchè al riguardo non si può proprio parlare di una carenza assoluta del potere esercitato, bensì di uno svolgimento illegittimo di un potere da parte del suo titolare.

 

Su tali basi, questa Corte ha costantemente affermato che il rinvio illegittimamente reiterato deve ritenersi un atto invalido, ma efficace (v. sentt. nn. 154 del 1967, 80 del 1989), nel senso che si tratta di un atto che, mentre impedisce l'immediata promulgazione della legge ulteriormente rinviata, può nondimeno essere annullato dalla Corte costituzionale, ove quest'ultima sia tempestivamente adita dalla regione attraverso la via del conflitto di attribuzione (v. sentt. nn. 8 del 1967, 158 e 973 del 1988, 80 del 1989, nonchè ord. n. 139 del 1986). Ma, sempre secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nell'ipotesi che la regione di fronte a un rinvio illegittimamente reiterato non contesti nel modo indicato l'invalidità dell'atto e proceda a un'ulteriore riapprovazione della legge, si debbono considerare esauriti gli effetti del rinvio e non più deducibili i vizi che lo abbiano eventualmente caratterizzato (oltre alla sent. n. 80 del 1989, v. anche sentt. nn. 8 del 1967, 158 del 1988, 79 del 1989, nonchè ord. n. 139 del 1986).

 

3.-La Regione Umbria ha proposto una seconda eccezione di inammissibilità basata sull'asserita non corrispondenza tra motivi del rinvio e motivi del ricorso, nonchè sulla pretesa contraddittorietà fra gli uni e gli altri.

 

Anche questa ulteriore eccezione non può essere accolta.

 

Sotto il primo profilo, la Regione Umbria afferma che il rinvio governativo si limiterebbe a denunciare il preteso contrasto tra le disposizioni della legge regionale oggetto di questo giudizio e alcune disposizioni contenute nella legislazione statale - precisamente l'art. 17 del d.P.R. n. 761 del 1979- < senza attribuire a queste ultime carattere di principio fondamentale e senza richiamare le norme costituzionali che sarebbero violate>.

 

Tale rilievo non può condividersi. É giurisprudenza consolidata di questa Corte che, ai fini della verifica della sussistenza della corrispondenza fra i motivi del rinvio e quelli del ricorso, è sufficiente che nel primo siano prefigurate in forma sintetica le linee essenziali delle censure che verranno poi sviluppate nel ricorso, in modo tale che il Consiglio regionale destinatario del rinvio sia messo in condizione di venire a conoscenza del significato sostanziale delle contestazioni (v., da ultimo, sentt. nn. 107 del 1983, 72 del 1985, 217, 289 e 325 del 1987, 162 e 726 del 1988, 38, 102 e 561 del 1989). Posto che quella in discussione è una legge regionale adottata nell'esercizio di una competenza di tipo attuativo, in virtù di un potere previsto nell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e concretamente attribuito alle regioni con il successivo decreto legislativo delegato (d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761), l'espressa e precisa indicazione nel rinvio delle disposizioni della legge statale la cui attuazione da parte regionale è oggetto di contestazione appare sufficiente, alla luce della giurisprudenza costituzionale prima ricordata, al fine di porre in condizione il legislatore regionale di venire sostanzialmente a conoscenza dei rilievi di costituzionalità prospettati dal Governo.

 

La Regione Umbria sostiene, inoltre, che la mancata corrispondenza fra motivi del rinvio e motivi del ricorso si rivelerebbe anche sotto il profilo della contraddittorietà fra gli uni e gli altri, dal momento che, mentre nei primi si afferma che la ragione della illegittimità consisterebbe nel fatto che la trasformazione in posti di coadiutore dei posti di collaboratore e di assistente è prevista anche a favore di categorie non facenti parte del personale ospedaliero, nel secondo, invece, si afferma che la ragione dell'illegittimità consisterebbe nella riserva di un medesimo trattamento al personale appartenente sia al ruolo sanitario che a quello tecnico.

 

In realtà, non c'è alcuna contraddizione fra il rinvio e il ricorso, poichè, mentre nel primo si lamenta in estrema sintesi la violazione dell'art. 17 del d.P.R. n. 761 del 1979, asserendo che la legge regionale sconfinerebbe dal campo di applicazione proprio di quest'ultimo, e cioè dall'esclusivo riferimento al < personale sanitario che opera in ambito servizi ospedalieri>, nel ricorso, invece, questo stesso rilievo viene articolato in due distinti motivi fra loro complementari, nel senso che si censura, innanzitutto, l'estensione della disciplina prevista dall'art. 17 al personale extra-ospedaliero (anche se appartenente al ruolo sanitario) e, in secondo luogo, l'analoga estensione al personale tecnico (anche se operante negli ospedali).

 

4.-Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri sono fondate.

 

4.1.-La prima questione consiste nel verificare se la trasformazione in posti di coadiutore di quelli relativi alla posizione funzionale di collaboratore e di assistente, concernenti i profili professionali di farmacista, psicologo, veterinario, sociologo e di medico operante nei servizi di medicina di base-trasformazione da realizzarsi in misura tale da raggiungere la parità numerica tra le due posizioni funzionali nell'ambito dei singoli servizi - violi i limiti della potestà legislativa di attuazione attribuita alle regioni in materia di stato giuridico del personale delle Unità sanitarie locali (art. 47, terzo e quarto comma, della legge n. 833 del 1978), sul presupposto che nella legislazione statale (art. 17 del d.P.R. n. 761 del 1979) la parità dei posti dei livelli funzionali di assistente (o collaboratore) e coadiutore è prevista solo per il personale operante nei servizi ospedalieri.

 

Contrariamente a quanto sostiene la Regione, la legge impugnata, considerata nel suo oggetto e nei suoi contenuti, pone norme in materia di stato giuridico del personale delle Unità sanitarie locali prevedendo soltanto in via meramente consequenziale una modificazione delle piante organiche delle stesse unità sanitarie locali. Infatti, come del resto riconosce la stessa Regione nella delibera di Giunta 12 maggio 1987, n. 3091, la legge regionale mira sostanzialmente a uniformare il trattamento giuridico- economico delle figure professionali dei biologi, dei chimici e dei fisici a quelle dei laureati in medicina e, più precisamente, mira ad ampliare le prospettive di progressione funzionale dei primi attraverso un'estensione delle possibilità di accesso al livello superiore. Da ciò consegue che la legge impugnata pone una disciplina su una materia che è riservata allo Stato in ragione di evidenti esigenze di uniformità (v. sentt. nn. 610 e 1061 del 1988) e sulla quale la regione, in base all'art. 47, terzo e quarto comma, della legge n. 833 del 1978, ha unicamente il potere di emanare norme di attuazione ai sensi dell'art. 117, ultimo comma, della Costituzione.

 

Considerata in tale quadro di ripartizione delle competenze, la domanda del ricorrente merita accoglimento in conseguenza dell'illegittima estensione al personale extraospedaliero delle disposizioni contenute nell'art. 17, ultimo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979, secondo le quali < la dotazione organica dei medici assistenti è, nell'ambito dei servizi ospedalieri, di norma pari alla dotazione organica complessiva degli aiuti corresponsabili e vice-direttori sanitari>.

 

Nel praticare la suddetta estensione dell'applicabilità di tale disposizione, l'art. 1 della legge regionale impugnata esorbita dai limiti costituzionali propri della potestà legislativa di attuazione, dal momento che tende a forzare l'ambito oggettivo di applicazione di una disposizione statale la cui giustificazione risiede nella peculiarità della struttura ospedaliera e nella esigenza di favorire il mantenimento all'interno di essa del personale sanitario. Nè tale conclusione può subìre modifiche in virtù del fatto che analoga estensione al personale extraospedaliero sia stata praticata da leggi di altre regioni regolarmente vistate, poichè la mancata deduzione di un vizio di legittimità costituzionale da parte del Governo nel corso del procedimento di formazione di una legge regionale, ancorchè costituisca un evento che lo stesso Governo dovrebbe in ogni caso evitare, non comporta di per sè un autonomo vizio di legittimità costituzionale e non preclude, comunque, che quel vizio possa essere fatto valere successivamente nei modi e nei limiti propri del procedimento in via incidentale.

 

Per ragioni analoghe va accolta anche l'altra censura d'illegittimità costituzionale relativa all'art. 1 della legge impugnata, vale a dire la richiesta di considerare esorbitante rispetto all'ambito di applicabilità dell'art. 17, ultimo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979, l'estensione ai sociologi appartenenti al ruolo < tecnico>, della possibilità di trasformare in posti di coadiutore quelli di collaboratore o di assistente, possibilità che il citato art. 17 riserva al solo personale sanitario (operante nei servizi ospedalieri). Ciò vale tanto più, se si considera che l'art. 47, quarto comma, n. 1, della legge n. 833 del 1978 precisa che i diversi ruoli regionali nei quali il personale dipendente dalle Unità sanitarie locali viene < collocato> in rapporto ai titoli e ai criteri fissati con decreti del Ministro della sanità < hanno valore anche ai fini dei trasferimenti, delle promozioni e dei concorsi>.

 

4.2.-Fondata è altresì la questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 2 della legge regionale impugnata, nella parte in cui prevede che la copertura dei posti risultanti dalla trasformazione compiuta ai sensi del precedente art. 1 avvenga mediante l'emanazione di avvisi pubblici riservati al personale appartenente alle posizioni funzionali di collaboratore e di assistente. Anche tale previsione, infatti, esorbita dai limiti costituzionali propri della potestà legislativa di attuazione che la regione possiede in materia, dal momento che il d.P.R. n. 761 del 1979-in applicazione del principio generale di cui all'art. 97 della Costituzione e dei criteri direttivi stabiliti nella delega legislativa di cui all'art. 47 della legge n. 833 del 1978-prevede, da un lato, la regola del pubblico concorso per titoli e per esami tanto in ordine all'ammissione all'impiego presso le Unità sanitarie locali (art. 12) quanto in ordine all'accesso a specifiche posizioni funzionali nei diversi ruoli (artt. 17 e ss.) e, dall'altro, fissa in modo tassativo le ipotesi di concorso che in via transitoria sono riservati a determinate e ben individuate categorie di soggetti (artt. 67 e ss.). Poichè fra queste ultime non rientrano le ipotesi previste dall'impugnato art. 2, nessun dubbio può sussistere sull'illegittimità costituzionale delle relative disposizioni.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale della legge della Regione Umbria, intitolata < Norme per la trasformazione dei posti di collaboratore e assistente in posti di coadiutore dei vari profili professionali del personale del ruolo nominativo regionale dei Servizi Sanitari>, riapprovata il 24 luglio 1989.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/03/90.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

 

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE

 

Depositata in cancelleria il 16/03/90.