Sentenza n. 973 del 1988

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SENTENZA N.973

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 3 l. reg. Veneto approvata il 28 febbraio 1986 e riapprovata il 19 dicembre 1986, avente per oggetto: "Modifiche agli artt. 2, 7 e 11 l. reg. 27 novembre 1984 n. 56 e all'art. 14 l. reg. 3 luglio 1984 n. 30 (d.L. n. 38 del 1986)", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 7 gennaio 1987, depositato in Cancelleria il 17 gennaio successivo ed iscritto al n. 3 del registro ricorsi 1987.

Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;

udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

uditi l'Avv. dello Stato Sergio Laporta per il ricorrente, e l'avv. Guido Viola per la Regione.

 

Considerato in diritto

 

1.- Con ricorso in via principale, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato gli artt. 2 e 3l. reg. Veneto approvata il 28 febbraio 1986 e riapprovata definitivamente con modifiche il 19 dicembre 1986, per contrasto con gli artt. 117 e 97 Cost.

L'art. 2 di detta legge, dispone che i funzionari assegnati ai Gruppi consiliari conservino l'indennità prevista dall'art. 30 l. reg. 3 luglio 1984 n. 30, che aveva attribuito tale indennità al personale inquadrato nella ottava qualifica con direzione di un ufficio.

L'art. 3 cioè l'altra norma impugnata, prevede il riconoscimento come servizio alle dipendenze della Regione, di quello complessivamente prestato presso i Gruppi consiliari antecedentemente alla nomina in ruolo, e attribuisce allo stesso personale assegnato ai Gruppi consiliari, in aggiunta allo stipendio corrispondente alla qualifica funzionale conferita, una quota derivante dal riequilibrio dell'anzianità maturata, valutata nel modo di cui sopra.

Il contrasto con le norme costituzionali invocate viene ravvisato, relativamente all'art. 2 legge impugnata, nel rilievo che l'indennità aggiuntiva prevista dall'art. 30 l. reg. n. 30 del 1984, secondo anche quanto stabilito dall'accordo nazionale che con tale legge era stato recepito, spetti solo in ragione delle particolari responsabilità ed impegno connessi con i compiti dei preposti alla direzione di un ufficio, il che non può riguardare i funzionari assegnati ai Gruppi consiliari che non ricoprano tale qualifica.

Quanto all'art. 3 legge impugnata, se ne assume il contrasto con l'art. 97 Cost., nonché con i principi dell'accordo nazionale recepiti dalla regione Veneto con l. reg. n. 30 del 1984, perché esso oltre ad equiparare per i dipendenti dei Gruppi consiliari il servizio da essi prestato - anteriormente al loro inquadramento in ruolo, in un rapporto non di pubblico impiego - al servizio prestato alle dipendenze della Regione, attribuisce allo stesso personale l'ulteriore beneficio, derivante dal riequilibrio delle anzianità pregresse, che l'accordo contrattuale e la legge regionale richiamati riservano al personale già di ruolo alla data di entrata in vigore degli accordi precedenti a quello del 29 aprile 1983.

2. - Vanno preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Regione Veneto.

Al riguardo va rilevato che il disegno di legge regionale, approvato il 28 febbraio 1986, era stato rinviato con provvedimento governativo comunicato il 1° aprile 1986 - limitatamente agli artt. 2 e 3 - e che il Consiglio regionale nella seduta del 23 ottobre 1986, aveva approvato l'art. 2 in un testo completamente diverso da quello precedente, mentre l'art. 3 veniva riapprovato nel medesimo testo; che a seguito di un secondo rinvio governativo l'intera legge regionale (ed in particolare gli artt. 2 e 3 nel testo approvato nella seduta del 23 ottobre 1986) veniva definitivamente approvata il 19 dicembre 1986.

Ciò premesso, osserva la Corte che, per quel che riguarda l'art. 2, non sembra sussistere alcuna decadenza o preclusione perché nella seconda approvazione (23 ottobre 1986) il suo contenuto era stato completamente modificato, onde da un canto appare legittimo, relativamente ad esso, un nuovo rinvio, fondato ovviamente su altri motivi rispetto a quello precedente che era stato formulato in riferimento ad un diverso contenuto. Inoltre non può condividersi l'assunto, sia pure appena adombrato dalla Regione ricorrente, secondo cui un secondo rinvio sarebbe stato comunque ingiustificato, perché concerneva una medesima legge, dovendosi escludere che, rispetto ad una singola disposizione di questa, scindibile dall'intero contesto. Possa parlarsi di secondo rinvio quando il contenuto di tale singola disposizione risulti completamente nuovo, ancorché formulato in sede di riapprovazione dell'intera legge conseguente al primo rinvio.

Per quel che concerne invece l'art. 3, risponde al vero che esso era stato riapprovato, dopo il primo rinvio, nel medesimo contenuto, onde nei confronti di questa disposizione l'organo governativo avrebbe dovuto proporre ricorso a questa Corte, anziché reiterare il rinvio. Tuttavia é stato già affermato (sent. n. 158 del 1988) che, in presenza di una illegittima reiterazione del rinvio governativo, la Regione può far valere la menomazione della propria competenza legislativa solo elevando conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato. Invece se, come nella specie, riapprovi nuovamente la legge, finisce per "sanare i vizi relativi al secondo rinvio" con la conseguenza di consentire all'organo governativo di proporre ricorso alla Corte costituzionale avverso la legge così riapprovata.

Parimenti da disattendere é l'eccezione di inammissibilità sollevata nell'assunto che le questioni proposte atterrebbero al merito delle disposizioni contenute nella legge regionale, il che al più avrebbe potuto legittimare lo Stato ad investire il Parlamento. L'assunto non può essere condiviso in quanto le censure, per come sono state formulate e per come si presentano nella loro consistenza e nella loro portata, investono profili di legittimità costituzionale in quanto riferite a precisi parametri normativi; il che rende ammissibile l'impugnativa proposta.

3. - Nel merito, il ricorso non é fondato per quel che concerne l'art. 2 legge impugnata.

In proposito, esattamente la Regione resistente osserva che la previsione della conservazione da parte dei funzionari con direzione di uffici, poi trasferiti ai Gruppi consiliari, di una indennità di direzione, qualora questa sia già goduta, non si pone in contrasto con i parametri costituzionali invocati, né costituisce deroga al principio contenuto nella l. reg. n. 30 del 1984, istitutiva di detta indennità - prevista per coloro che abbiano la direzione di uffici - perché anzi tale previsione si pone nella logica dell'accordo nazionale che, con tale legge regionale, era stato recepito. Difatti coloro che già percepiscano detta indennità, in quanto preposti nell'amministrazione regionale alla direzione di un ufficio, se dovessero esserne privati a seguito dell'assegnazione a Gruppi consiliari, sarebbe certamente scoraggiati dal chiedere o accettare detta assegnazione, ancorché rispondente al buon andamento degli uffici, mentre il passaggio di funzionari ad uffici diversi non può avere come conseguenza il deterioramento della loro condizione economica, specie se ciò possa riflettersi negativamente sull'efficienza.

4. - Fondato é invece il ricorso proposto nei confronti dell'art. 3 legge impugnata. Difatti, dovendosi tener conto dei principi già affermati da questa Corte nella sent. 233 del 1988, l'estensione di benefici - previsti per il personale regionale già di ruolo - a coloro che erano, precedentemente al loro inquadramento, legati con l'Amministrazione regionale da un rapporto di diritto privato nonché l'equiparazione a tutti gli effetti del servizio prestato in tale veste a quello prestato nell'ambito di un rapporto di pubblico impiego, appaiono di tutta evidenza in contrasto con i canoni desumibili dalle invocate norme costituzionali, risolvendosi in un ingiustificato privilegio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

- dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 comma 2 l. reg. Veneto, approvata il 28 febbraio 1986 e riapprovata il 19 dicembre 1986 ("Modifiche agli artt. 2, 7 e 11 l. reg. 27 novembre 1984 n. 56 e all'art. 14 l. reg. 3 luglio 1984 n. 30");

- dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 l. reg. Veneto, approvata il 28 febbraio 1986 e riapprovata il 19 dicembre 1986 ("Modifiche agli artt. 2, 7 e 11 l. reg. 27 novembre 1984 n. 56 e all'art. 14 l. reg. 3 luglio 1984 n. 30"), sollevata con riferimento agli artt. 97 e 117 Cost.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/10/1988.

 

Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO

 

Depositata in cancelleria il 19/10/1988.