Sentenza n.280 del 1985

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SENTENZA N. 280

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 666, quinto comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 24 novembre 1984 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Mesite Lawrence John, iscritta al n. 203 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 97-bis dell'anno 1985.

Udito nella camera di consiglio del 1 ottobre 1985 il Giudice relatore Giovanni Conso.

 

Ritenuto in fatto

 

Il cittadino statunitense Lawrence John Mesite - arrestato per fini estradizionali, a richiesta del Ministero della giustizia, mediante ordine di cattura emesso il 24 ottobre 1983 dal Procuratore Generale presso la Corte di appello di Messina perché colpito da mandato di cattura spedito, per il delitto di omicidio volontario, dal Tribunale della Contea di Modlesex (U.S.A.), ricorreva per cassazione avverso la sentenza 6 marzo 1984 della Sezione istruttoria presso la Corte d'appello di Messina, che aveva deliberato potersi concedere la sua estradizione, ritualmente richiesta, su base convenzionale, dal Governo degli Stati Uniti d'America.

Con il primo motivo il ricorrente deduceva la questione di legittimità costituzionale (già disattesa dalla Sezione istruttoria) dell'art. 666, quinto comma, del codice di procedura penale, "nella parte in cui non dispone l'obbligo della notificazione del decreto di fissazione dell'udienza anche allo estradando, sotto il profilo che, pur essendo prevista nel procedimento davanti alla sezione istruttoria la possibilità dell'intervento dell'estradando a sua domanda, tale facoltà non potrebbe essere concretamente esercitata, non essendo la stessa correlata al suo diritto alla notifica personale del decreto di fissazione dell'udienza di deliberazione".

Con ordinanza del 24 novembre 1984 la Corte di cassazione, ritenutala rilevante e non manifestamente infondata, ha sollevato la predetta questione, in riferimento agli artt. 3, 13 e 24, secondo comma, della Costituzione.

Premette il giudice a quo che l'audizione dell'interessato appare finalizzata, fra l'altro, a consentirgli di rappresentare personalmente e direttamente le sue ragioni alla sezione istruttoria, la cui deliberazione può avere gravi conseguenze sulla libertà personale dell'estradando.

Poiché la fase della procedura estradizionale che si svolge avanti la sezione istruttoria ha sicuramente carattere giurisdizionale, essa deve attuarsi - non diversamente da quanto ritenuto da questa Corte in tema di incidenti di esecuzione sul cui schema il procedimento di estradizione passiva é stato modellato - nel rispetto delle garanzie fondamentali, sia con riferimento all'assistenza del difensore, sia con riferimento alla presenza dell'estradando che non abbia rinunciato alla garanzia giurisdizionale. Tanto più che il nostro Governo ha accettato senza condizioni o riserve la risoluzione adottata il 21 maggio 1975 dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, il quale ha raccomandato ai Governi degli Stati aderenti alla Convenzione europea di estradizione, aperta alla firma a Parigi il 13 dicembre 1957, di "assicurare alle persone di cui l'estradizione é richiesta il diritto di essere sentiti dall'autorità giudiziaria".

Considerato, quindi, che l'art. 667, primo comma, del codice di procedura penale concerne la garanzia dell'intervento dell'estradando e la compiuta estrinsecazione del suo diritto di difesa, sarebbe d'ostacolo all'esercizio di tale diritto l'art. 666, quinto comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui impone di notificare al solo difensore e non all'estradando il decreto di fissazione dell'udienza di deliberazione.

Richiamando una pronuncia di manifesta infondatezza di analoga questione emessa oltre dieci anni prima dalla stessa Corte di cassazione, rileva il giudice a quo che la facoltà di intervento dell'estradando dipende, "fino al punto da presupporla, dalla conoscenza reale ed effettiva o, quanto meno, legale", realizzata proprio per il tramite della notificazione all'interessato della data fissata per la deliberazione.

E poiché la notificazione assume un ruolo funzionale all'attuazione del principio del contraddittorio, "di cui condiziona sia l'instaurazione sia il grado di efficienza", non é dubbio che la conoscenza da parte dell'estradando della data fissata per la deliberazione non può essere desunta - per via di una (anzi, duplice) presunzione - dall'avvenuta notificazione al difensore. L'autodifesa e la difesa tecnica, pur costituendo i due poli nei quali si articola la difesa dell'imputato, conservano, di regola, carattere di piena autonomia: la prima, anzi, assume, nel momento genetico della necessità della difesa, "un carattere indefettibile e prioritario" e non può essere sostituita, ma soltanto integrata, dalla seconda; in particolare, in tema di notificazioni, le posizioni dell'interessato e del difensore restano rigorosamente distinte persino nell'ipotesi di elezione del domicilio presso il difensore.

Ne consegue che il diritto all'autodifesa, certamente riconosciuto all'estradando dall'art. 667, primo comma, del codice di procedura penale, "viene inesorabilmente vulnerato nel suo stesso momento genetico, non potendo l'autodifesa e con essa la completa difesa giudiziaria dell'estradando validamente costruirsi senza la conoscenza della pretesa e della data e del luogo della sua discussione"; donde l'analogia rispetto a quanto già deciso dalla Corte con la sentenza n. 98 del 1982, con la differenza che, mentre in quest'ultimo caso il diritto dell'interessato ad essere sentito personalmente in conseguenza della sua domanda sorgeva ma non poteva concretamente ed efficacemente esplicarsi, nell'ipotesi in esame tale diritto non viene nemmeno a concreta esistenza, con conseguente violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione.

La norma impugnata sarebbe, inoltre, censurabile sotto il profilo dell'assenza di un effettivo equilibrio fra accusa e difesa. Secondo il giudice a quo, "la riconosciuta impossibilità dell'esercizio dell'autodifesa altera certamente l'armonico rapporto che deve esistere tra le parti, con susseguente violazione degli artt. 3, 24, eventualmente letti in collegamento con l'art. 13 della Costituzione. Tale collegamento certamente esiste potendo comunque incidere il procedimento di estradizione sulla libertà personale dell'interessato".

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 97-bis del 24 aprile 1985.

Nel giudizio non vi é stato intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri né costituzione della parte privata.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza della Corte di cassazione assoggetta a controllo di legittimità costituzionale l'art. 666, quinto comma, del codice di procedura penale, "nella parte in cui non dispone l'obbligo della notificazione all'estradando del decreto di fissazione dell'udienza di deliberazione". Con tale decreto - "da comunicarsi al pubblico ministero e da notificarsi al difensore almeno cinque giorni prima di quello stabilito per la deliberazione, a pena di nullità" - il presidente della sezione istruttoria presso la corte d'appello, nel cui distretto si trova l'imputato o il condannato del quale il ministro di grazia e giustizia intenda offrire l'estradizione o del quale questa sia stata richiesta da uno Stato estero, "fissa il giorno per la deliberazione" che il legislatore, al fine di realizzare la "garanzia giurisdizionale", esplicitamente menzionata nella rubrica dell'art. 662 dello stesso codice di procedura penale, demanda alla sezione istruttoria.

2. - Il giudice a quo, premesso che non appare discutibile la "natura giurisdizionale" del procedimento culminante nella deliberazione della sezione istruttoria presso la corte d'appello, dubita che la parte denunciata dell'art. 666, quinto comma, del codice di procedura penale sia conforme agli artt. 3, 13 e 24 della Costituzione.

Più esattamente, mentre il dispositivo dell'ordinanza di rimessione colloca i tre parametri sul medesimo piano, dalla motivazione si ricava che essi vengono invocati in modo variamente articolato, attraverso passaggi di progressiva subordinazione.

Ad essere dedotta in via principale é la violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, e ciò perché il quinto comma dell'art. 666 del codice di procedura penale, facendo "obbligo di notificare esclusivamente al difensore il decreto di fissazione dell'udienza di deliberazione", non sembrerebbe assicurare all'estradando la concreta estrinsecazione del diritto di autodifesa: infatti, la mancanza di un'informativa a lui formalmente diretta renderebbe aleatorio quell'intervento personale davanti alla sezione istruttoria nel giorno fissato per la deliberazione, che l'art. 667, primo comma, del codice di procedura penale consente all'imputato o condannato che "ne ha fatto domanda".

In via subordinata, l'ordinanza prospetta anzitutto l'eventualità di un contrasto con il principio della "egalité des armes" tra l'accusa e la difesa, sancito dagli artt. 3 e 24 della Costituzione, e suggerisce poi un ampliamento dell'analisi all'art. 13 della Costituzione, dato che il procedimento di estradizione "comunque incide sulla libertà personale".

3. - Nell'affrontare il merito della questione, si impone una considerazione di carattere preliminare per quanto riguarda l'effettivo significato del comma oggetto dell'incidente di legittimità.

Non si può, invero, dimenticare come tanto in giurisprudenza che in dottrina si siano avute, ancora di recente, prese di posizione nel senso di ricavare, dal coordinamento dell'art. 666, quinto comma, con l'art. 667, primo comma, del codice di procedura penale, l'inclusione dell'estradando tra i destinatari della notifica del decreto con il quale il presidente della sezione istruttoria fissa il giorno della deliberazione.

Ciononostante, questa Corte, in mancanza di un orientamento consolidato, non ritiene di poter disattendere l'interpretazione qui sottopostale, sia per la sede da cui proviene sia per la rispondenza alla lettera dell'art. 666, quinto comma, che limita la notificazione del decreto al difensore dell'estradando.

4. - Ciò chiarito, la verifica dei parametri costituzionali invocati nell'ordinanza di rimessione deve prendere l'avvio dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, riferendosi ad esso la doglianza prospettata in via principale. Infatti, come già si é dato cenno, la mancata previsione della notifica del decreto all'estradando comporterebbe in primo luogo una violazione del precetto costituzionale nella parte relativa all'autodifesa.

La questione é fondata.

5. - Può ben dirsi pacifico per questa Corte che l'art. 24, secondo comma, della Costituzione "contiene una norma di carattere generale, intesa a garantire indefettibilmente l'esercizio della difesa in ogni stato e grado di qualunque procedimento giurisdizionale" (sent. n. 125 del 1979). Svariate le pronunce, tradottesi in altrettante declaratorie d’illegittimità costituzionale, che di tale criterio ermeneutico hanno fatto applicazione con riguardo a procedimenti giurisdizionali diversi da quello di cognizione, tra i quali occupano largo spazio i procedimenti incidentali o complementari. Così, per ricordare alcuni dei precedenti più significativi in materia penale, é stato puntualizzato, a proposito del procedimento per la correzione di errori materiali (art. 149 del codice di procedura penale), che "la funzione incidentale ed accessoria del procedimento, data la sua importanza, esclude che possano avere rilievo le caratteristiche strutturali e comporta ed esige che le parti del procedimento o giudizio principale mantengano le loro posizioni e per quanto attiene all'esercizio dei diritti e per quanto concerne la difesa in giudizio" (sent. n. 83 del 1969; v. pure sent. n. 122 del 1972) e, a proposito del procedimento per gli incidenti di esecuzione (art. 630 del codice di procedura penale), che esso, "pur svolgendosi con forme semplici e presentando caratteristiche notevolmente diverse da quelle del giudizio di cognizione, deve attuarsi con il rispetto delle garanzie fondamentali previste per tale giudizio sia per quanto concerne la presenza dell'interessato, imputato o condannato, sia per quanto concerne l'assistenza del difensore" (sent. n. 98 del 1982; v. pure sent. n. 69 del 1970).

6. - Anche con riguardo al procedimento di estradizione, questa Corte ha già avuto occasione di dare atto della natura giurisdizionale di "quella fase del procedimento di estradizione" che, inserendosi tra le fasi di competenza ministeriale, culmina nella deliberazione della sezione istruttoria presso la corte d'appello nel cui distretto si trova l'imputato o il condannato soggetto passivo dell'offerta o della domanda di estradizione: tale "fase" é, infatti, caratterizzata dalla peculiarità - unanimemente riconosciuta sulla scia dello stesso dettato legislativo (art. 662 del codice di procedura penale) - di essere "assistita dalla garanzia giurisdizionale", con precise competenze attribuite ad un giudice precostituito per legge (sent. n. 6 del 1975).

A comprovare la giurisdizionalità della fase in questione concorrono, coerentemente, gli aspetti più caratteristici della normativa che la regola, come i rinvii dell'art. 666 del codice di procedura penale al concetto ed alle disposizioni dell'istruzione formale, il rinvio dell'art. 667 al concetto di deliberazione in camera di consiglio ed alle disposizioni dell'art. 151, la forma di sentenza prescritta per la decisione della sezione istruttoria, la sua ricorribilità per cassazione.

7. - Una volta riscontrata la piena applicabilità dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione alla fase giurisdizionale del procedimento di estradizione, le sorti della questione di legittimità vengono essenzialmente a dipendere dalla portata che nell'ambito del diritto di difesa costituzionalmente garantito deve riconoscersi all'autodifesa.

Muovendo dalla generale affermazione che l'autodifesa "é certamente diritto primario dell'imputato, garantito dalla Costituzione, immanente a tutto l'iter processuale" (sent. n. 205 del 1971), é stato puntualizzato da questa Corte che "l'autodifesa, nell'ambito del principio del contraddittorio, ha riguardo ad un complesso di attività, mediante le quali l'imputato, come protagonista del processo penale, ha facoltà di eccitarne lo sviluppo dialettico contribuendo all'acquisizione delle prove ed al controllo della legalità del suo svolgimento" (sent. n. 186 del 1973) e, da ultimo, più incisivamente ancora, che "ciò che rileva dunque, ai fini dell'osservanza dell'art. 24, secondo comma, Cost., é garantire all'imputato la possibilità di intervenire" (sent. n. 9 del 1982).

Non varrebbe obiettare che nella specie, essendo prevista la notificazione del decreto al difensore, la diligenza di quest'ultimo potrebbe favorire l'intervento dell'estradando. Esclusa l'ipotesi di latitanza ed a prescindere dalla considerazione che "nell'equilibrio delle attività consentite vuoi all'imputato vuoi al suo difensore" non deve mai esservi pregiudizio della "piena autonomia delle scelte difensive, la cui incoercibilità rappresenta, oltre che un dato di fatto, l'immediato risvolto della inviolabilità del diritto di difesa" (sent. n. 9 del 1982), appare decisivo il rilievo che l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, "garantendo la difesa, presuppone, ovviamente, che l'interessato sia posto in grado di potersi difendere. Il che non si verifica se l'atto non viene a conoscenza di lui" (sent. n. 77 del 1972). Proprio "ai fini dell'autodifesa" dell'imputato deve intendersi preordinato "il requisito della personalità delle notificazioni degli atti a lui diretti" (sent. n. 186 del 1973).

8. - Tanto meno varrebbe obiettare che sovente la deliberazione della sezione istruttoria verterebbe esclusivamente su aspetti di solo diritto, meglio affidati alle capacità tecniche del difensore. Un'obiezione del genere, analoga a quella avanzata in ordine all'oggetto degli incidenti di esecuzione (v. per la relativa confutazione sent. n. 98 del 1982), avrebbe il torto di dimenticare che le situazioni sulle quali la sezione istruttoria é chiamata a pronunciarsi, con sentenza contro la quale é sempre ammesso ricorso alla corte di cassazione anche per il merito (art. 668, primo comma, del codice di procedura penale), possono essere le più diverse: e ciò soprattutto a causa della varietà delle convenzioni internazionali in materia di estradizione, per tacere delle ipotesi in cui, non esistendo alcuna convenzione, si deve esaminare altresì se "risultano sufficienti indizi di reità" (art. 667, secondo comma, seconda parte).

Del resto, é lo stesso codice di procedura penale che all'art. 667, primo comma, riconosce espressamente all'imputato o condannato il diritto di essere sentito "se ne ha fatto domanda". Ciò conduce, anzi, a ravvisare nell'omessa previsione della notifica all'estradando anche una grave incoerenza all'interno del sistema cui danno vita gli artt. 666 e 667: l'ammettere l'imputato a presentarsi in camera di consiglio per essere "sentito" dalla sezione istruttoria (art. 667, primo comma) senza informarlo del giorno in cui tale camera di consiglio é stata fissata (art. 666, quinto comma) significa pregiudicare l'effettività del diritto così riconosciuto.

Neppure la circostanza che l'audizione dell'interessato sia subordinata all'aver "fatto domanda", anche se intesa nel senso che la domanda dev'essere fatta prima dell'inizio della camera di consiglio, muta la sostanza delle cose. Delle due l'una: o la domanda é stata avanzata prima dell'emanazione del decreto che convoca la camera di consiglio oppure é stata avanzata nell'intervallo di tempo tra l'emanazione del detto decreto ed il giorno fissato per la deliberazione: nel primo caso la notifica del decreto sarà necessaria per dar modo all'estradando di presentarsi davanti alla sezione istruttoria, nel secondo caso la notifica del decreto permetterà all'estradando e di presentare la domanda e di intervenire alla camera di consiglio.

9. - Le indiscutibili e crescenti esigenze della lotta contro la criminalità sul piano internazionale, pur sollecitando una sempre più fattiva e leale collaborazione tra gli Stati, non possono in nessun caso andare a detrimento dei valori che la Costituzione dichiara inviolabili. Anche di fronte a tali esigenze va, dunque, ribadita "l'incoercibilità del diritto di difesa espressione di un fondamentale diritto di libertà" (sent. n. 9 del 1982). Se ne ha una significativa riprova in una resolution del 21 maggio 1975, relativa all'applicazione della Convenzione europea di estradizione del 1957, nel corso della quale il Comité des Ministres raccomandava ai governi degli Stati membri di assicurare, pur nell'ambito di una procedura d'estradizione rapide, alla persona di cui é richiesta l'estradizione di etre entendue par une autorité judiciaire; una raccomandazione che era stata prontamente recepita nell'art. 321, primo comma, del progetto preliminare per un nuovo codice di procedura penale del 1978 ("... il presidente della corte fissa l'udienza per la decisione, con decreto da comunicarsi al procuratore generale e da notificarsi alla persona interessata...").

Il frequente riferimento delle norme sull'estradizione passiva alla posizione di "imputato o condannato" (artt. 661, primo comma, 662, primo e secondo comma, 666, primo comma, 667, primo comma, 670, primo comma, del codice di procedura penale), da intendersi più esattamente come "imputato o condannato all'estero" (così in modo testuale gli artt. 661, primo comma, e 662, primo e secondo comma), lungi dall'escludere o anche solo dall'attenuare l'incidenza dell'autodifesa nella fase giurisdizionale del procedimento di estradizione, ne ribadisce il ruolo garantistico: di tale procedimento quell'imputato o condannato é - come dicono altre norme (artt. 662, terzo comma, e 668, primo comma), che riecheggiano la terminologia di altri procedimenti incidentali o complementari (incidenti di esecuzione, procedimento per l'applicazione delle misure di sicurezza, procedimento di sorveglianza) - "l'interessato".

10. - Si deve, pertanto, concludere nel senso dell'illegittimità costituzionale dell'art. 666, quinto comma, del codice di procedura penale, per la parte in cui non dispone che il decreto di fissazione della camera di consiglio per la deliberazione della sezione istruttoria sia notificato all'estradando. Restano, di conseguenza, assorbiti gli ulteriori profili dedotti in relazione agli artt. 3, 13 e 24 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 666, quinto comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non dispone che il decreto ivi previsto sia notificato all'estradando.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1985.

Livio PALADIN - Giovanni CONSO

Depositata in cancelleria il 13 novembre 1985.