SENTENZA N. 6
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Gudio ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 666, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 16 gennaio 1974 dalla sezione istruttoria della Corte d'appello di Milano nel procedimento penale a carico di Sterr Hermann, iscritta al n. 133 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 139 del 29 maggio 1974.
Udito nella camera di consiglio del 7 novembre 1974 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi.
Ritenuto in fatto
La sezione istruttoria della Corte d'appello di Milano, con ordinanza del 16 gennaio 1974, sollevava, in riferimento all'articolo 25, comma primo, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 666 del codice di procedura penale, nella parte in cui si "attribuisce la competenza per il procedimento di estradizione alla sezione istruttoria della Corte d'appello nel cui distretto si trova l'imputato o il condannato".
Premetteva, in punto di fatto, che il Governo della Repubblica federale di Germania aveva chiesto al Governo italiano l'estradizione del cittadino tedesco Hermann Sterr colpito da vari mandati di cattura emessi da autorità giudiziarie di quello Stato; che lo Sterr il 12 aprile 1973 era stato tratto in arresto dall'autorità di pubblica sicurezza a Vipiteno ed era stato associato alle carceri di Bolzano ed il 29 maggio 1973, su richiesta del Procuratore della Repubblica di Milano, era stato trasferito alle carceri giudiziarie di codesta città per essere sottoposto ad interrogatorio per fatti diversi da quelli indicati nei mandati di cattura; che il Ministero di grazia e giustizia, con nota del 25 giugno 1973, aveva richiesto al Procuratore generale presso la Corte di appello di Trento di emettere l'ordine di cattura e di promuovere il giudizio della sezione istruttoria, e che il detto Procuratore generale aveva rimesso gli atti al Procuratore generale di Milano, ritenendo competente a deliberare sulla estradizione la sezione istruttoria della relativa Corte d'appello; ed infine, che l'imputato, dopo che il Procuratore generale aveva emesso ordine di cattura e richiesto alla sezione istruttoria di procedere al giudizio di estradizione, in sede di interrogatorio aveva dichiarato che non intendeva essere estradato per la Germania federale ed aveva eccepito l'illegittimità costituzionale dell'art. 666 del codice di procedura penale per contrasto con l'art. 25 della Costituzione.
Ciò premesso, il giudice a quo considerava rilevante e non manifestamente infondata la relativa questione.
Ricordava che, secondo la sentenza n. 88 del 1962 di questa Corte, la Costituzione, con l'art. 25, comma primo, "ha inteso predeterminare la competenza del giudice, con riferimento a fattispecie astratta realizzabile in futuro, non già a posteriori, in relazione, come si dice, a una regiudicanda già insorta".
E riteneva in contrasto con la Costituzione la norma dell'art. 666 del codice di procedura penale, secondo cui la competenza per il procedimento di estradizione é attribuita "al distretto della Corte d'appello in cui si trova l'estradando al momento in cui perviene la relativa richiesta, anziché a quella nel cui distretto egli si trovò al momento dell'arresto provvisorio", "giacché la determinazione del luogo in cui l'estradando possa trovarsi al momento in cui perviene la domanda di estradizione rimane affidata alla discrezione dell'autorità giudiziaria o di quella dell'istituto di prevenzione e di pena, in cui l'estradando é stato provvisoriamente recluso": e ciò in quanto "l'autorità giudiziaria per valutazione di ordine interno (sovraffollamento, motivi igienici, motivi disciplinari) può ottenere il trasporto del detenuto in altri istituti di pena, al di fuori del distretto in cui l'estradando venne provvisoriamente arrestato".
L'ordinanza veniva ritualmente notificata e comunicata.
Davanti a questa Corte non si costituiva nessuna parte e non spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri. E pertanto il procedimento si svolgeva nelle forme di cui all'art. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Considerato in diritto
1. - Secondo la sezione istruttoria della Corte d'appello di Milano l'art. 666, comma primo, del codice di procedura penale, nella parte in cui attribuisce la competenza per il procedimento di estradizione alla Corte d'appello nel cui distretto si trova l'estradando al momento in cui perviene la relativa richiesta, sarebbe in contrasto con l'art. 25, comma primo, della Costituzione perché non ricorre al criterio del luogo dell'avvenuto arresto e perché consente che sul rapporto dell'estradando con il luogo possano incidere in modo discrezionale, con i loro provvedimenti, l'autorità giudiziaria o quella dell'istituto di prevenzione e di pena in cui l'estradando é stato provvisoriamente recluso.
2. - Relativamente a quella fase del procedimento di estradizione che é assistita dalla garanzia giurisdizionale, la competenza spetta ad organi (Procuratore generale e sezione istruttoria) della Corte d'appello "nel cui distretto si trova l'imputato o il condannato" (art. 666, comma primo, cit.).
Secondo la giurisprudenza (ricordata anche nell'ordinanza di rimessione) il criterio indicato dalla legge per determinare la competenza é quello del rapporto materiale e temporaneo tra l'estradando ed un determinato luogo ove questi si trova nel momento in cui perviene la formale richiesta di estradizione.
Pur dovendosi rilevare che almeno quando l'arresto provvisorio sia effettuato dall'autorità di pubblica sicurezza senza ordine di cattura del Procuratore generale o del Procuratore della Repubblica (art. 663, comma secondo, del codice di procedura penale), é pensabile che ancora non sia pervenuta una formale domanda di estradizione e che in quel caso, sia pure in modo non definitivo, potrebbe rilevare al fine della determinazione della competenza il luogo dell'eseguito arresto (articolo 664, comma secondo, dello stesso codice), la validità del criterio sopra indicato non appare contestabile. C'é solo da precisare un punto che nell'interpretazione giurisprudenziale della norma denunciata non é indicato in maniera esplicita, e cioé che tra i possibili luoghi in cui l'imputato o il condannato "si trova", é decisivo quello del momento in cui al Ministro della giustizia perviene la domanda di estradizione.
É, infatti, il detto Ministro ad essere investito dei poteri d'iniziativa e decisori (mediante atti discrezionali o vincolati) in ordine a tale domanda; e specificamente al momento in cui allo stesso Ministro pervengono i documenti a corredo della domanda, si fa riferimento in materia di perenzione dell'arresto (artt. 661 e 665 del ripetuto codice).
3. - Così intesa, la norma denunciata non appare in contrasto con l'art. 25 della Costituzione, perché il "giudice" in essa previsto risulta precostituito per legge.
Il criterio di determinazione della competenza, infatti, é posto in astratto prima che la specifica e concreta regiudicanda insorga, ed é oggettivo; e la sua applicazione é automatica e costante. A riguardo di esso é agevole rilevare che manca qualsiasi discrezionalità del Ministro, non potendosi non riconoscere che nel giorno di arrivo al Ministro della domanda di estradizione, la persona alla quale questa si riferisce, viene colta in un dato rapporto con il luogo (sede delle carceri a cui é associata o assegnata o sede di essa persona), e non ha importanza se il Ministro preventivamente o contestualmente sia a conoscenza (o non lo sia, così come é avvenuto nella specie) del "luogo" in quel "tempo".
Gli spostamenti della persona di cui é chiesta l'estradizione, da date carceri ad altre (in differente distretto di Corte d'appello), a parte il fatto che i relativi provvedimenti debbono ritenersi dettati da ragioni di giustizia e per il migliore andamento del servizio, sono irrilevanti: se avvengono prima della ripetuta data, perché solo il rapporto della persona con il luogo a quella data serve ai fini della determinazione della competenza, e se avvengono dopo, perché ormai la competenza é definitivamente radicata in dati organi giurisdizionali.
4. - La questione, pertanto, deve essere dichiarata non fondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 666, comma primo, del codice di procedura penale "nella parte in cui attribuisce la competenza per il procedimento di estradizione alla sezione istruttoria della Corte d'appello nel cui distretto si trova l'imputato o il condannato" questione sollevata, in riferimento all'art. 25, comma primo, della Costituzione, dalla sezione istruttoria della Corte di appello di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO – Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Depositata in cancelleria il 16 gennaio 1975.