SENTENZA N. 159
ANNO 1985
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 19, 20, commi terzo, quinto, sesto, settimo, decimo e undicesimo, e 22, commi quinto, sesto e settimo del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55 (Provvedimenti urgenti per il settore della finanza locale per l'anno 1983) convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 1983, n. 131, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 13 aprile 1984 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Agnesi Giuseppe contro Comune di Bergamo, iscritta al n. 957 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 328 dell'anno 1984;
2) ordinanza emessa l'8 marzo 1984 dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto sul ricorso proposto da Lucatello Mario ed altra contro Comune di Venezia, iscritta al n. 1241 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 bis dell'anno 1985;
3) ordinanza emessa l'8 marzo 1984 dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto sul ricorso proposto da Cappellato Giorgio ed altra contro Comune di Piove di Sacco ed altra, iscritta al n. 1306 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 bis dell'anno 1985;
4) ordinanza emessa l'8 marzo 1984 dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto sul ricorso proposto da Cameran Antonio ed altro contro Comune di Padova ed altra, iscritta al n. 1307 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 bis dell'anno 1985.
Visti gli atti di costituzione di Agnesi Giuseppe, del Comune di Bergamo, del Comune di Venezia, di Lucatello Mario ed altra, dell'Associazione proprietà edilizia di Venezia, di Cappellato Giorgio ed altra, dell'Associazione proprietà edilizia di Padova e di Cameran Antonio ed altro nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 19 marzo 1985 il Giudice relatore Antonio La Pergola;
uditi gli avvocati Giangaleazzo Stendardi e Pompeo Magno per Agnesi Giuseppe, per Lucatello Mario ed altra, per Cameran Antonio, per l'Associazione proprietà edilizia di Venezia; gli avvocati Pompeo Magno, Paolo Barile e Giangaleazzo Stendardi per l'Associazione proprietà edilizia di Padova; gli avvocati Alberto Predieri e Enrico Romanelli per il Comune di Bergamo; l'avvocato Gian Carlo Mascarin per il Comune di Venezia e l'Avvocato dello Stato Carlo Salimei per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, con una ordinanza, e il Tribunale amministrativo regionale del Veneto con tre ordinanze, queste ultime di identico contenuto per la parte relativa alle eccezioni di costituzionalità, censurano la normativa sulla SOCOF (sovraimposta comunale sui fabbricati) contenuta nel d.l. n. 55 del 1983, convertito con modificazioni nella legge n. 131 del medesimo anno.
É denunziato, anzitutto, l'art. 19 del decreto legge n. 55, istitutivo della SOCOF, per il fatto che l'imposta é venuta a colpire i soli redditi dei fabbricati. Secondo i giudici rimettenti, la norma non troverebbe razionale giustificazione con il risultato di violare il principio della capacità contributiva.
In particolare il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sezione di Brescia, censura i commi decimo e undicesimo dell'art. 20, in quanto, col prevedere una riduzione dell'aliquota ILOR in misura identica per tutti i redditi di fabbricati soggetti alla SOCOF, determinerebbe fra questi ultimi, soggetti ad aliquote differenti della sovraimposta, un'irrazionale e grave sperequazione, sempre in violazione del principio dell'effettiva capacità contributiva. Gli artt. 3 e 53 Cost. sarebbero poi violati dalla previsione dell'art. 20, sesto comma. Questa norma contempla detrazioni per il reddito di ogni singolo fabbricato e non per quello complessivamente ricavabile dall'insieme di fabbricati situati nell'ambito dello stesso Comune.
Secondo il giudice a quo, la SOCOF sarebbe peraltro contraria al principio della progressività del prelievo tributario, perché colpisce un particolare tipo di reddito, derogando ingiustificatamente al criterio di tassare i redditi nel loro complesso e in modo progressivo.
Tanto il TAR Lombardia quanto il TAR Veneto ritengono, inoltre, incostituzionale il quinto comma dell'art. 20, nella parte in cui non prevede la detrazione della somma versata come pagamento della SOCOF ai fini del calcolo dell'IRPEF e dell'IRPEG. Peraltro, secondo il TAR di Brescia, la normativa in questione vulnera - in quanto attribuisce ai Comuni la facoltà di applicare oppur no la SOCOF, oltre quella di stabilire diverse aliquote del tributo - la riserva di legge sancita dall'art. 23 della Costituzione.
Secondo il TAR Veneto sarebbe stata introdotta una discriminazione nell'ambito degli stessi possessori di fabbricati, dal momento che i redditi ricavati da alcuni tipi di fabbricati sono esenti dalla sovraimposta in parola.
Inoltre, sempre secondo il TAR Veneto, l'istituzione della SOCOF é venuta ad intaccare un preteso diritto dei possessori di fabbricati all'esenzione fiscale, che discenderebbe dalla precedente disciplina, e di conseguenza la loro stessa capacità contributiva, che risulterebbe arbitrariamente determinata dalla scelta del legislatore.
Infine, secondo il Tribunale amministrativo regionale del Veneto, il contribuente sarebbe soggetto al rischio di pagare al fisco più del dovuto, dato il difettoso coordinamento nell'esercizio del potere d’imposizione dello Stato e dei Comuni, che colpiscono i contribuenti su uno stesso reddito, quello dei fabbricati.
2. - Nei giudizi introdotti dalle suddette ordinanze si sono costituite le parti private, tra cui le federazioni provinciali della proprietà edilizia di Venezia e Padova. Si sono inoltre costituiti i Comuni di Bergamo e Venezia. Ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio per tramite dell'Avvocatura dello Stato.
Le parti private, dopo i dovuti atti di costituzione, hanno prodotto in comune due memorie in prossimità dell'udienza.
Nella prima di esse, con riferimento alla natura della SOCOF, si sostiene che l'onere fiscale in questione si aggiunge all'imposizione sul reddito dei fabbricati già ricompresa in altre imposte, e costituisce effettivamente una sovraimposta finalizzata, essendo il gettito destinato al ripiano della finanza comunale.
Quanto alle singole censure mosse alla disciplina della SOCOF nelle ordinanze di rinvio, le difese di parte privata aderiscono in sostanza ai rilievi in queste formulati.
3. - La difesa del Comune di Bergamo rileva anzitutto che il possesso di fabbricati costituisce una consistente manifestazione di capacità contributiva e che le imposte locali sugli immobili rappresentano una costante nel diritto comparato.
Con riferimento alla pretesa incostituzionalità dei commi decimo e undicesimo dell'art. 20 del decreto n. 55, non si intravede il motivo che determinerebbe in concreto la violazione degli artt. 3 e 53 Cost.. Quanto ai criteri relativi alle detrazioni previsti dal sesto comma dell'art. 20, si nota che essi sono pienamente razionali alla stregua della natura reale e non personale del tributo in questione. Con riguardo, poi, alla pretesa violazione del principio della progressività del prelievo fiscale, si deduce che tale principio va riferito al sistema nel suo complesso, non ai singoli tributi. Non sussisterebbe nemmeno la pretesa violazione della riserva di legge, ex art. 23 Cost., dal momento che nella specie é il legislatore a conferire ai Comuni la discrezionalità nella determinazione dell'imposta.
Infine, sulla non detraibilità di quanto dovuto per la SOCOF ai fini del calcolo dell'IRPEF e dell'IRPEG, la difesa del Comune di Bergamo richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale in tema di detraibilità il legislatore dovrebbe tener conto anche delle esigenze finanziarie dello Stato.
4. - In una memoria presentata in prossimità dell'udienza la suddetta difesa sostiene l'irrilevanza di quattro delle sei questioni sollevate dal TAR di Brescia. Avendo previsto il Comune di Bergamo l'aliquota della SOCOF nella misura più elevata possibile, quella del 20%, il ricorrente non avrebbe interesse concreto ad una dichiarazione di incostituzionalità dei commi decimo e undicesimo dell'art. 20: questo perché la censura, com'é formulata, concerne, secondo la difesa del Comune resistente, la sola ipotesi in cui l'aliquota sia fissata al livello minimo dell'8%, in relazione alla quale si assume che il contribuente già soggetto all'ILOR venga a fruire di un irrazionale beneficio.
Altrettanto si dice per la questione avente ad oggetto il sesto comma dell'art. 20, dal momento che, se il ricorrente possedesse più appartamenti non avrebbe interesse alla caducazione della norma; se egli invece possedesse un solo appartamento, non potrebbe ricevere vantaggi dall'accoglimento della questione.
Analoghe considerazioni sono svolte con riguardo alla pretesa inosservanza del principio della capacità contributiva.
Infine, in riferimento al quinto comma dell'art. 20, viene sostenuto che la relativa questione di costituzionalità può essere sollevata eventualmente solo in sede di controversie sul calcolo dell'IRPEF e dell'IRPEG.
5. - Il Comune di Venezia ha presentato due memorie, una costitutiva e l'altra in prossimità dell'udienza. La sua difesa rileva anzitutto che la capacità contributiva va intesa come forza economica, richiamandosi anche alla giurisprudenza di questa Corte; il riferimento al presupposto di imposta deve essere effettivamente collegato con la sfera dell'obbligato. Deve dunque farsi capo ad un indice effettivo ai fini della determinazione della quantità dell'imposta, che da ciascun contribuente si può esigere.
Nella specie, continua la difesa del Comune di Venezia, occorre peraltro verificare se la normativa impositiva sia assolutamente arbitraria e irrazionale: in questa sola ipotesi la Corte potrebbe giudicarla incostituzionale.
Secondo il detto Comune, l'imposta sui soli fabbricati trova giustificazione nella sua natura "comunale", dato che i redditi relativi sono strettamente connessi con i servizi resi dagli enti locali interessati.
Quanto alla censura relativa all'esenzione dalla SOCOF dei redditi derivanti da alcuni tipi di fabbricati, viene rilevato, da un lato che le costruzioni rurali non sono state censite mai in seno al catasto fabbricati e, dall'altro, che i redditi strumentali all'impresa fanno parte del reddito derivante da quest'ultima. Riguardo alla pretesa contraddittorietà della normativa sulla SOCOF con le precedenti disposizioni che prevedevano esenzioni fiscali per i redditi da fabbricati, viene rilevato che le norme censurate non hanno affatto previsto l'abrogazione delle norme sull'esenzione dall'ILOR. Infondata parimenti sarebbe la censura che concerne i commi quinto, sesto e settimo dell'art. 22: il coordinamento fra potere impositivo statale e comunale, osserva il Comune di Venezia, é adeguatamente assicurato dalla normativa in esame.
Infine, é eccepita l'irrilevanza della questione relativa alla mancata detrazione di quanto dovuto per la SOCOF, ai fini del calcolo dell'IRPEF e dell'IRPEG.
La memoria presentata in prossimità dell'udienza ribadisce le considerazioni in merito alla progressività del sistema tributario; il carattere proporzionale della sovraimposta avrebbe per presupposto la sua natura reale e non personale. Quanto al concetto di capacità contributiva la difesa del Comune di Venezia rileva che da parte della grande maggioranza della dottrina, e dalla stessa giurisprudenza costituzionale, essa é intesa come forza economica.
Oltre alle osservazioni già dedotte nella memoria costitutiva, viene rilevato, conclusivamente, che i cespiti immobiliari sono più facilmente accertabili da parte dei Comuni, il cui personale non sarebbe professionalmente preparato all'accertamento dei redditi effettivi da capitale.
Con riferimento alle altre questioni vengono ribadite le considerazioni già svolte nella memoria costitutiva.
6. - L'Avvocatura dello Stato é intervenuta tanto nel giudizio introdotto con l'ordinanza del TAR Lombardia, sezione di Brescia, quanto nei giudizi introdotti con le ordinanze del TAR Veneto. Con riferimento all'ordinanza del TAR di Brescia, viene eccepita l'incompetenza del giudice amministrativo in relazione a controversie aventi ad oggetto la normativa sulla SOCOF, controversie che sarebbero di esclusiva competenza delle commissioni tributarie. Tale eccezione non é però ribadita nell'intervento relativo ai giudizi introdotti dal TAR Veneto, dopo che quest'ultimo aveva dettagliatamente chiarito gli elementi che a suo avviso lo rendevano competente a giudicare nel caso di specie.
Nel merito delle censure proposte dai giudici a quibus la difesa erariale rileva che la pretesa contraddittorietà della normativa sulla SOCOF rispetto a quella precedente, non dà certo luogo a problemi di costituzionalità. Inoltre, la scelta dei cespiti rilevatori di capacità contributiva appartiene alla discrezionalità del legislatore, collegata com'essa é a un molteplice ordine di valutazioni.
In riferimento alla pretesa incostituzionalità del decimo e undicesimo comma dell'art. 20, viene sostenuto che la normativa censurata risponde al razionale criterio di non gravare sul contribuente con un carico fiscale troppo oneroso. Quanto poi ai criteri relativi alla detraibilità previsti dal sesto comma dell'art. 20, la razionalità della suddetta norma trova il suo presupposto nel carattere comunale della sovraimposta; e ancora non sarebbe violata la riserva di legge ex art. 23 Cost., poiché il legislatore avrebbe fissato non solo l'oggetto e la misura del tributo, ma anche gli adempimenti spettanti ai soggetti del rapporto tributario. Si sostiene, infine, che la non deducibilità della somma pagata per la SOCOF é collegata al fatto che l'intervento stabilito in favore della finanza locale non avrebbe raggiunto i propri scopi, se avesse inciso negativamente sul gettito di altri tributi.
Negli interventi, tutti d’identico contenuto, relativi ai giudizi introdotti dal TAR Veneto, l'Avvocatura ribadisce le argomentazioni sopra richiamate.
La particolare questione sollevata dal TAR Veneto, in relazione alla pretesa disparità di trattamento nell'ambito della medesima categoria dei possessori di fabbricati - a parte la considerazione che potrebbe ritenersi irrilevante, dal momento che ha ad oggetto norme di esenzione, poste in deroga alla generale previsione del legislatore fiscale - sarebbe comunque infondata nel merito. Si osserva infatti che i redditi esenti dalla SOCOF sono redditi di impresa agricola e commerciale e non di fabbricati.
Sul preteso mancato coordinamento fra potere statale e potere comunale di imposizione, mancherebbe ogni motivazione sulla quale, in punto di rilevanza, possa poggiare la relativa eccezione di incostituzionalità.
Infine, con riguardo alla non detraibilità di quanto dovuto per la SOCOF, si deduce che non viene violato il principio della capacità contributiva, dato che l'imposta in questione non assorbe l'intero reddito: in sostanza, il problema si porrebbe negli stessi termini per un qualunque onere che gravi sul contribuente.
7. - Le difese di parte privata hanno replicato alle su richiamate argomentazioni delle parti avverse, nella seconda parte della prima memoria per l'udienza.
Con riguardo all'eccezione proposta dall'Avvocatura dello Stato sulla competenza dei TAR, si afferma che una tale eccezione non é stata sollevata dai Comuni, e che i TAR non se ne sono avvalsi per spogliarsi della competenza nei casi di specie. Vengono quindi richiamate decisioni giurisprudenziali sulla possibilità di una doppia tutela giurisdizionale, tanto davanti al giudice ordinario, quanto davanti a quello amministrativo.
Si assume inoltre che i fabbricati non sempre traggono beneficio dalle opere comunali, come invece dovrebbe necessariamente presumersi per giustificare che é esclusivamente tassato il reddito da essi derivante. La violazione del principio della riserva di legge sussisterebbe, d'altra parte, inequivocabilmente per il fatto che i Comuni possono istituire o meno il tributo in questione.
Viene inoltre chiarito che il ricorrente non lamenta che il tributo sia troppo lieve o chiede che sia aumentato quello gravante su altri, ma solo deduce che su di lui grava un tributo ingiustificatamente maggiore rispetto a quello che colpisce soggetti che godono dello stesso reddito.
Nella seconda memoria s’insiste sulla contraddittorietà delle norme sulla SOCOF, che risulterebbe anche dai lavori preparatori e dalle relazioni governative al riguardo. Si nota, peraltro, come tutti i progetti di riforma della finanza locale e le previsioni normative dei paesi più evoluti contemplino imposte locali sulla ricchezza immobiliare e non a carico dei soli redditi da fabbricati.
Quanto poi al merito delle singole censure si ribadiscono nella sostanza le tesi già esposte nella prima memoria.
8. - Nell'udienza pubblica del 19 marzo 1985, il giudice La Pergola ha svolto la relazione e le difese di parte privata, dei Comuni di Bergamo e di Venezia e l'Avvocatura dello Stato hanno ribadito le conclusioni già adottate.
Considerato in diritto
1. - La presente questione di legittimità costituzionale investe l'art. 19 ed altre disposizioni del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 1983, n. 131, che disciplinano la sovraimposta comunale sui fabbricati (cd. SOCOF). La normativa ivi posta é denunziata dal TAR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in riferimento agli artt. 3, 23 e 53 Cost. e dal TAR del Veneto. Quest'ultimo collegio deduce, come si spiega in narrativa, la violazione dell'art. 53 Cost..
Il quadro delle impugnative dell'uno e dell'altro giudice é, in sintesi, quello qui di seguito descritto. Va intanto precisato che i provvedimenti di rimessione sollevano questioni identiche o connesse. I relativi giudizi possono essere quindi riuniti e congiuntamente decisi.
2.1 - Una prima serie di censure concerne, propriamente, l'imposizione della SOCOF, ed é infatti incentrata sull'art. 19 del citato d.l. n. 55/1983, che contiene la norma istitutiva del tributo.
a) Ad avviso del TAR di Brescia, tale norma vulnera il principio di progressività tributaria, la riserva di legge stabilita nell'art. 23 Cost. (in quanto, senza il disposto di idonei criteri direttivi, si conferisce ai Comuni la facoltà non soltanto di fissare l'aliquota prescelta fra quelle contemplate dalla legge, ma addirittura di istituire, oppur no, la sovraimposta), nonché il disposto dell'art. 3 Cost. (i possessori di reddito da fabbricato sarebbero soggetti a prestazioni tributarie che differiscono irrazionalmente da un Comune all'altro).
b) Sia il TAR di Brescia, sia quello del Veneto deducono sotto vario riguardo l'irrazionalità del tributo. Il primo dei due collegi lamenta una "discrasia" fra lo scopo perseguito e lo strumento fiscale nella specie adottato dal legislatore, nel senso che, mentre l'intento é quello di incrementare le entrate per sopperire ai bisogni dell'intera collettività locale, si fa gravare l'onere fiscale su una sola cerchia di contribuenti, delimitata in difformità dai canoni di ragionevolezza e di capacità contributiva. Il TAR del Veneto deduce, per parte sua, analoga irrazionalità che deriverebbe dall'aver colpito il reddito da fabbricato, sul quale incide già il regime dell'equo canone nelle locazioni e dei contributi di urbanizzazione, ad esclusione di altri redditi da capitale o del reddito dei fabbricati rurali o strumentali per l'esercizio dell'impresa agricola o commerciale.
c) Sempre secondo il TAR del Veneto, la norma impositiva della SOCOF lede gli invocati parametri sotto quest'altro riflesso: essa concerne redditi che il legislatore aveva, al fine di promuovere lo sviluppo edilizio ed alleviare la crisi degli alloggi, sinora ritenuto di dover escludere, sia dall'imposta sui fabbricati, sia, più tardi, dall'ILOR. Le norme di esenzione dettate in precedenza avrebbero, infatti, sancito un disconoscimento della capacità contributiva, sempre in ordine, beninteso, al reddito prima sottratto ed ora soggetto all'onere fiscale; ai relativi possessori andrebbe così riconosciuto un diritto soggettivo perfetto all'esonero, in conformità della normativa previgente, che la disposizione impositiva non poteva contraddire, laddove, si dice, essa la rimuove addirittura, sostanzialmente mediante abrogazione, senza il supporto di adeguate e specifiche ragioni di pubblico interesse.
2.2 - Altre censure non contestano radicalmente la costituzionalità dell'imposizione, ma si limitano a denunziare come incompatibili coi principi dell'eguaglianza e della capacità contributiva singoli aspetti o disposti della normativa dedotta in giudizio.
a) Il TAR di Brescia impugna il trattamento scaturente dall'art. 20, decimo e undicesimo comma, del d.l. n. 55/1983, che detta disposizioni per i proprietari di fabbricati, il cui reddito é soggetto anche all'ILOR. Questi possono, ai sensi delle disposizioni censurate, fruire di una riduzione della detta imposta, che eccede addirittura l'onere dovuto per la SOCOF, o viceversa subire un aggravio aggiuntivo, fino alla misura del 7% dell'imponibile; ciò, tuttavia, in base alla mera circostanza che il Comune, in cui si trova il fabbricato, abbia applicato un'aliquota SOCOF dell'8% o un'aliquota maggiore.
b) Sempre che sia imposta l'aliquota dell'8%, la previsione in parola determinerebbe altra indebita disparità di discipline, che concerne i possessori di fabbricati rispettivamente esenti dall'ILOR o soggetti a tale tributo: i primi, si dice, sono gravati da un onere aggiuntivo, pari, appunto, all'8% dell'imponibile; i secondi, grazie al congegno delle agevolazioni ammesse, beneficiano, per parte loro, di uno sgravio dello 0,20%.
c) Ancora il TAR di Brescia censura il criterio adottato nel sesto comma dell'art. 20, in quanto la deduzione ivi prevista (nella misura di L. 190.000) é riferita al reddito di ciascuna unità immobiliare - destinata ad abitazione non di lusso, e perciò esente dall'ILOR - e non invece al coacervo dei redditi derivanti dagli immobili posseduti dal contribuente in uno stesso Comune. É infatti dedotto che per questa via il possessore di più fabbricati sia ingiustificatamente favorito rispetto a chi deriva pari reddito dal possesso di un solo cespite immobiliare.
d) Altra censura é formulata, questa volta dal TAR del Veneto, in ordine alla mancata previsione nel quinto, sesto e settimo comma dell'art. 22, dei necessari strumenti per coordinare l'esercizio dei poteri di accertamento che - quanto al reddito dei fabbricati - sono conferiti per un verso ai Comuni, per l'altro alle autorità statali. Il giudice a quo ritiene che il difetto di tale coordinamento venga in definitiva ad offendere l'art. 53 Cost.. Il legislatore non avrebbe eliminato il rischio di possibili divergenze di valutazione, laddove doveva assicurare che il duplice ordine dei previsti accertamenti giungesse a colpire il reddito corrispondente alla capacità contributiva dei soggetti interessati.
e) Tutte le ordinanze introduttive della presente controversia censurano infine il disposto del quinto comma dell'art. 20, in cui é detto che la sovraimposta non é deducibile ai fini delle imposte sui redditi. Questa statuizione consentirebbe che l'IRPEF e l'IRPEG incidano sulla parte del reddito già prelevata mediante la SOCOF e così insuscettibile di costituire capacità contributiva.
3.1 - Va anzitutto esaminata l'ammissibilità delle questioni poste alla Corte.
Nel giudizio introdotto dal TAR di Brescia, l'Avvocatura dello Stato ha eccepito che, in materia di sovraimposta comunale, la cognizione attribuita alle commissioni tributarie si esercita, senza che venga in rilievo la distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi, anche con riguardo alle controversie, non importa se autonomamente proposte, le quali concernono solo la legittimità del provvedimento istitutivo del tributo. Posto ciò, la questione sarebbe stata sollevata da un collegio carente di giurisdizione e comunque senza aver delibato il dedotto profilo d'inammissibilità. Il pregiudiziale problema sollevato dall'Avvocatura non é tuttavia sfuggito all'attenzione del TAR del Veneto. Questo ultimo collegio afferma al riguardo che il giudizio principale verte sulla delibera istitutiva della sovraimposta, quindi su un atto amministrativo generale. La giurisdizione di annullamento del TAR, soggiunge il giudice a quo, trae nella specie diretto fondamento dal testo costituzionale e non può, anche ai sensi della giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Commissione tributaria centrale, ritenersi intaccata dai distinti e autonomi poteri di cognizione attribuiti agli organi del contenzioso tributario. La Corte non ravvisa ragioni per disattendere le conclusioni del giudice amministrativo, d'altronde sorrette dalle previsioni dell'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, come sostituito dalll'art. 7 del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739. Recita infatti tale disposizione: "Gli atti generali, se ritenuti illegittimi, sono disapplicati dalla commissione in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente".
3.2 - Inammissibile, invece, é la questione sollevata con le censure sopra richiamate al n. 2.2, le quali non coinvolgono direttamente la norma impositiva della SOCOF, ma afferiscono sotto più versi alle modalità applicative del tributo. Così, prima di tutto, é da ritenere per quanto concerne la carenza, lamentata dal TAR del Veneto con il censurare l'art. 22, quinto, sesto e settimo comma, del d.l. n. 55 del 1983, degli strumenti normativi, che si assumono indispensabili per coordinare l'accertamento demandato, in ordine al reddito dei fabbricati, rispettivamente allo Stato e ai Comuni. Nell'ordinanza di rinvio non é detto, né si riesce a vedere, come le disposizioni qui censurate trovino applicazione nei giudizi dai quali trae origine la presente questione. Altrettanto deve dirsi con riferimento alla censura che ha come oggetto l'art. 20, quinto comma, del d.l. n. 55 del 1983. L'uno e l'altro giudice affermano che la non detraibilità dell'onere scontato per la SOCOF ai fini dell'imposta sui redditi lede il principio di capacità contributiva. Il problema così prospettato alla Corte non é però pregiudiziale rispetto alla definizione del giudizio a quo. La causa di merito riguarda, invero, l'applicazione della sovraimposta; l'esito della controversia non potrebbe, dunque, in alcun senso dipendere dall'eventuale accoglimento della censura in esame, che si riferisce esclusivamente alla detraibilità dell'onere scontato col versamento della SOCOF in sede di altre imposizioni fiscali.
3.3 - Del pari inammissibile, perché irrilevante, é la questione che concerne l'irrazionalità delle discriminazioni derivanti dall'applicazione della sovraimposta quando l'aliquota del tributo sia fissata dal Comune nella misura dell'8%. Soltanto, infatti, in considerazione della circostanza testé richiamata, il TAR della Lombardia ritiene di poter delineare la violazione dei principi di eguaglianza e di capacità contributiva. Questo duplice vizio di illegittimità costituzionale inficierebbe il regime disposto per i possessori del reddito dei fabbricati soggetto all'ILOR, i quali fruiscono di agevolazioni non concesse, a parità di condizioni, ai contribuenti di altri Comuni, dove invece é fissata una aliquota superiore all'8%. Sempre sul presupposto che l'aliquota sia questa dell'8%, e non altra di maggior importo, é altresì denunziata come irrazionale la disparità introdotta nel trattamento di chi é tenuto a versare, nella misura stabilita, la sola sovraimposta, e di quanti altri, pur dovendo assolvere, oltre che alla SOCOF, all'ILOR, risultano tuttavia favoriti con uno sgravio dello 0,20% rispetto all'onere che su di essi già gravava per l'adempimento di quest'ultimo tributo. Ora, a dimostrare l'irrilevanza delle censure così configurate basta osservare che la delibera conciliare del Comune di Bergamo, impugnata avanti al giudice a quo, istituisce la SOCOF con un'aliquota non dell'8%, bensì del 20%. Così risulta dall'apposito elenco, contenuto nel decreto del Ministro delle Finanze del 24 ottobre 1983 e pubblicato in pari data nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica ai sensi dell'art. 9 del d.l. n. 55 del 1983. Resta escluso, allora, che la richiesta declaratoria d'incostituzionalità possa influire sulla decisione della causa di merito.
3.4 - Identica conclusione s'impone con riguardo alla censura che grava sul sesto comma dell'art. 20 (cfr. sopra n. 2.2 c). Nell'ordinanza di rinvio non si spiega se i ricorrenti nel giudizio a quo, i quali agiscono per ottenere l'annullamento della delibera istitutiva della sovraimposta, derivino il proprio reddito dal possesso di un solo o di più fabbricati. Non importa, in proposito, se la contestata deduzione (pari a L. 190.000, come si diceva), operi in relazione al reddito di un singolo cespite o a quello complessivo delle unità immobiliari possedute dal contribuente nel Comune. Evidentemente, nell'un caso o nell'altro, chi ha impugnato l'istituzione della SOCOF avanti al TAR (e attende che il giudizio così instaurato sia definito in base alla pronuncia di questa Corte) non ha interesse a che si rimuova una norma posta per alleviare la denunciata imposizione fiscale.
4. - Le residue questioni vanno esaminate nel merito.
Lo strumento tributario di cui si controverte - giova subito ricordare - rientra in un contesto di misure legislative, che conferiscono agli enti locali il potere di istituire nuovi tributi: e cioé, non solo la sovraimposta in discorso ma anche l'addizionale sul consumo dell'energia elettrica, nonché - dove si tratta della provincia - l'aumento della tariffa di soggiorno (cfr. art. 24 del d.l. n. 55/1983). A proposito della SOCOF, il d.l. n. 55 del 1983 prevede poi, analogamente a quanto dispone l'art. 5 bis del d.l. n. 786/1981 in relazione all'addizionale sul consumo dell'energia elettrica, che l'ente interessato, istituito il tributo, possa ricevere, alle condizioni previste dalla legge, un contributo statale integrativo. Il Comune che delibera l'istituzione della SOCOF ha titolo per iscrivere nel bilancio di previsione un'entrata pari ad una percentuale di trasferimenti statali ordinari, contemplata nell'art. 7 dello stesso d.l. n. 55/1983; l'ammontare della percentuale aumenta in ragione dell'aliquota fissata, che può essere, secondo la deliberazione rimessa al Comune, dell'8 %, del 12 %, del 16 % e del 20 %. All'ente impositore che abbia istituito anche l'addizionale sul consumo dell'energia elettrica, spetta un contributo statale integrativo, pari alla differenza fra l'entrata iscritta in bilancio e il gettito della sovraimposta, se inferiore. A tutti i Comuni che deliberano l'istituzione della sovraimposta é comunque concesso un altro contributo integrativo, che progredisce - sempre secondo l'entità dell'aliquota applicata - dal 40% sino al 100% delle rate dei mutui, il cui ammortamento abbia inizio nel 1983. Così strutturato, il tributo adempie alla funzione di adeguare il livello delle spese del Comune al costo crescente dei servizi, senza compromettere il pareggio del bilancio dell'ente autonomo - punto, questo, ormai fermo nell'attuale assetto della finanza locale - e senza d'altra parte onerare il bilancio dello Stato di ulteriori aggravi, diversi dai contributi integrativi che hanno la specifica destinazione sopra richiamata.
Ora, ad avviso di tutti e due i giudici di merito, il restituire ai Comuni iniziativa, o discrezionalità, nell'esercizio della potestà di imposizione fiscale serve al lecito e utile scopo di contenere l'onere gravante sul bilancio statale, e di stimolare la responsabilità degli amministratori locali, attingendo alla capacità contributiva di quanti traggono beneficio dal funzionamento degli enti autonomi. In sostanza, sarebbe dunque corretto il fine dell'imposizione, ma incostituzionale il mezzo adoperato dal legislatore fiscale per conseguirlo. E per vero, l'illegittimità della norma impositiva é prospettata sulla base di due distinti ma convergenti ordini di rilievi. Da un canto si denunzia, com'é stato premesso, la violazione della riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali; e per questa via si affaccia altresì il sospetto dell'ingiustificata disparità nel trattamento dei contribuenti, che differirebbe da un Comune all'altro senza la guida di idonei ed uniformi criteri, con la conseguente lesione dei precetti stabiliti nell'art. 53 Cost.. D'altro lato, si deduce che il principio di eguaglianza e della capacità contributiva risultano offesi - quest'ultimo principio anche sotto il riflesso del carattere non progressivo del tributo - per avere il legislatore deviato dalle finalità perseguite, concentrando la pressione fiscale su una sola qualità del reddito, irrazionalmente discriminata dal reddito di pari quantità, che deriva da altre possibili fonti di prelievo. L'uno e l'altro ordine di considerazioni non possono, tuttavia, essere condivisi.
4.1 - Va anzitutto disatteso l'assunto che la previsione dell'art. 19, primo comma, vulneri la riserva di legge contemplata nell'art. 23 Cost.. La prestazione pecuniaria, pur quando si configuri come onere fiscale in senso proprio, é imposta "in base" alla legge, come prescrive il suddetto precetto costituzionale, ogni qualvolta sia adeguatamente delimitata la discrezionalità dell'ente impositore, che non può, né deve, mai trasmodare in arbitrio. Questo requisito é soddisfatto nel caso in esame. La disposizione censurata individua l'oggetto della sovraimposta, ne fissa non solo l'aliquota più elevata ma tutte le altre applicabili a scelta del Comune, regola gli adempimenti dell'autorità impositrice e del soggetto passivo. Circondata da tali cautele, la previsione della potestà impositiva non può certo risolversi, come sospetta il giudice a quo, in una delega in bianco al Comune, anche se lascia all'ente autonomo la facoltà di istituire, oppur no, la sovraimposta. Né si può obiettare che l'esercizio dei poteri di autonomia qui riconosciuti al Comune finisce in ogni caso per trascendere i corretti confini della discrezionalità, in quanto non é ancorato dalla legge all'"oggettiva" insorgenza di "fatti modificativi della realtà economica". Così ritiene la difesa di parte privata, secondo la quale la norma censurata demanda l'istituzione della sovraimposta in ogni Comune esclusivamente al soggettivo apprezzamento dell'esigenza di maggiori entrate da parte della maggioranza conciliare. Nel caso in esame, però, anche al lume della pregressa giurisprudenza di questa Corte (cfr. sent. n. 257/1982), l'imposizione del tributo é giustificata, non solo dal perseguimento di un'esigenza di indubbio rilievo costituzionale, qual é quella dell'autonomia locale, ma anche dall'adozione di criteri normativi che rispondono ai dettami dell'art. 23 Cost.: criteri, i quali andranno di volta in volta applicati in rapporto sia al fabbisogno del Comune, sia al contributo esigibile dai possessori di reddito da fabbricato nel relativo territorio.
4.2 - Detto ciò, vien meno qualsiasi ragione per ritenere irrazionale la differenza nel trattamento dei contribuenti, che deriva dalla scelta compiuta da ciascun Comune, in ordine all'applicazione della sovraimposta, nella propria sfera territoriale. Siamo di fronte alle inevitabili conseguenze del fatto che gli enti impositori godono di autonomia e possono esercitarla secondo diverse valutazioni e delibere, senza che ciò comporti offesa degli invocati parametri (cfr. sent.ze nn. 51/1960, 64/1965 e 113/1970).
Identica conclusione deve adottarsi con riguardo all'irrazionalità che il TAR di Brescia ravvisa, sempre per impugnare il diseguale trattamento dei contribuenti, nel sistema di applicazione delle aliquote. Va precisato che tale ultima questione éstata definita con pronunzia di inammissibilità (cfr. sopra n. 3.3) per quanto concerne l'ipotesi, priva di riscontro nella specie, in cui il Comune abbia fissato l'aliquota dell'8%.
5.1 - Passando all'altro ordine di censure - quello che investe il criterio della discriminazione qualitativa del reddito, su cui grava la sovraimposta - cade opportuna una prima riflessione.
I giudici rimettenti deducono l'irrazionalità dell'imposizione, per difetto ed insieme per eccesso delle previsioni legislative: perché, vista la sua finalità e struttura, la SOCOF avrebbe dovuto colpire altre categorie di reddito che non vengono gravate, e viceversa perché avrebbe dovuto restar ferma l'esenzione del reddito delle abitazioni non di lusso, riguardo alle quali l'art. 20, sesto comma, si limita a disporre la deduzione, per ogni singolo cespite, di L. 190.000. Sostanzialmente nella stessa prospettiva, la difesa delle parti private afferma che lo schema di tributo, al quale il legislatore ha fatto ricorso, andava configurato, secondo le ragioni sottostanti all'imposizione, in modo o da ristrutturare organicamente l'intero comparto della fiscalità immobiliare, ovvero da enucleare come espressione di capacità contributiva la sola posizione reddituale di quanti fruiscono del bene della abitazione nell'ambito dell'ente locale. Analogo genere di argomenti affiora, infine, nelle ordinanze di rinvio, là dove si dice che lo scopo della sovraimposta poteva essere attuato, con maggiore economia e snellezza di procedure e con più equa e razionale distribuzione del carico fiscale, mediante un'addizionale straordinaria sull'ILOR. Ma così si spinge l'indagine sulla razionalità del tributo oltre i limiti consentiti al giudice costituzionale. Spetta infatti alla Corte censurare l'esercizio della discrezionalità garantita al legislatore fiscale solo quando esso si traduca in scelte irrazionali od arbitrarie (sent.ze nn. 120/1972, 62/1977 e 126/1979). Tali non sono, per le considerazioni che seguono, quelle denunziate nelle ordinanze di rinvio.
5.2 - Il TAR della Lombardia rileva che l'imposizione, non improntata a caratteri di progressività, conduce ad una deviazione del sistema tributario dall'alveo segnato nella Costituzione. L'argomento é tuttavia inconferente. Quella in esame é un'imposizione straordinaria e circoscritta ad un solo anno, che per ciò stesso non può alterare il sistema tributario, considerato in tutte le sue componenti. Ed é, occorre aggiungere, all'ordinamento tributario nel suo complesso, non al singolo tributo, che, secondo la costante giurisprudenza di questo collegio, si riferisce la progressività indicata dal precetto costituzionale (sent.ze nn. 12/1960, 30/1964 e 23/1968). Del resto, come la Corte ha in altre pronunzie chiarito (sent. n. 128/1966), il principio di progressività, se inteso nel senso che l'aliquota aumenta con il crescere del reddito, presuppone un rapporto diretto fra imposizione e reddito individuale del contribuente, e viene in forza dell'invocata statuizione a governare le imposte personali: sono queste che debbono essere tecnicamente adeguate all'attuazione del detto principio, non le rimanenti altre. Data la natura d’imposta reale, propria della SOCOF, vi é dunque un motivo di più per concludere che la previsione di un'aliquota proporzionale, invece che progressiva, non concreta il prospettato vizio di illegittimità costituzionale.
5.3 - L'imposizione non é arbitraria nemmeno sotto il profilo della discriminazione - come si afferma nei provvedimenti di rinvio, solo qualitativa - del reddito da fabbricato rispetto al reddito derivante da altre fonti. Il nucleo essenziale delle censure sta, si diceva, nel dedurre l'incongruenza della soluzione accolta nella normativa in esame rispetto alle finalità contemplate dal legislatore col ripristinare la potestà impositiva del Comune. Ma la tesi così prospettata all'attenzione della Corte non é sorretta da alcun motivo che escluda ogni plausibile giustificazione per la scelta normativa di cui si dolgono i giudici rimettenti.
Il TAR della Lombardia osserva in proposito che il gettito della sovraimposta gravante sui possessori di fabbricati é destinato non ad uno scopo che interessi questa sola particolare categoria di soggetti ma, in modo indifferenziato, ad accrescere le entrate comunali. Il rilievo é, però, non decisivo e troppo generico, giacché potrebbe esser mosso ad ogni tributo, che non si estenda indistintamente a tutti i beneficiari dell'attività gestionale dell'ente impositore. Esso non acquisterebbe consistenza, va precisato, nemmeno se basato sulla sottintesa convinzione che la capacità contributiva sia manifestata dal godimento di pubblici servizi. Tesi del genere non hanno trovato ingresso nella precedente giurisprudenza (cfr. sent. n. 201/1975), che la Corte ritiene di non dovere ora rivedere. L'argomento che si vorrebbe trarre dalla destinazione del gettito non vale, comunque, a dimostrare che il legislatore fosse secondo Costituzione vincolato a dilatare oltre i limiti previsti la cerchia dei soggetti passivi del tributo. D'altra parte, anche a ricostruire lo scopo della sovraimposta come ritiene il TAR di Brescia, non si può convenire con il detto collegio che il legislatore abbia fatto un uso arbitrario della sua discrezionalità nell'individuare i cespiti rilevatori di capacità contributiva. Non é, infatti, come si osserva dal giudice a quo, manifestamente irrazionale, presumere che i fabbricati ricevano, più di ogni altra fonte di reddito, particolari benefici dai servizi e le attività gestionali dell'ente autonomo. L'idoneità del soggetto a corrispondere l'onere imposto é stata determinata, certo, discriminando fra le categorie dei contribuenti, ma in relazione a quel certo presupposto, con il quale la prestazione pecuniaria é, pur sempre, effettivamente collegata, come doveva esserlo, per risultare compatibile con il disposto dell'art. 53 Cost.: il possesso di un reddito da fabbricato; e quest'indice di capacità contributiva é stato preso in considerazione al fine di attribuire ai Comuni una potestà impositiva connessa con la loro posizione di enti autonomi, come risultato di una scelta che, diversamente da quanto affermano le ordinanze in esame, non manca, nella specie, di ragionevole supporto. É sufficiente osservare che gli immobili, da cui deriva il reddito tassato, hanno una loro precisa localizzazione, possono essere facilmente ripartiti come base imponibile fra i vari enti in funzione del luogo in cui sono ubicati e si prestano al tipo di intervento fiscale qui prefigurato dal legislatore, per essere suscettibili di diversa valorizzazione, secondo l'ambiente in cui si esercita l'autonomia dell'ente impositore.
La conclusione non muta, se si ha riguardo al punto di vista da cui, nel proporre la censura in esame, muove il TAR del Veneto. Assume il detto collegio che la normativa in parola contraddica gli obiettivi di lungo termine delle scelte legislative in altri settori, volte ora ad incentivare la crescita del patrimonio edilizio, ora a gravare lo stesso reddito colpito dalla sovraimposta per vie diverse, quali sarebbero quelle previste dalla disciplina sull'equo canone e sui contributi urbanistici. Ma da questi rilievi non risulta che il regolamento della specie, peraltro affidato ad un'imposizione straordinaria e del tutto temporanea, sia frutto di un arbitrio lesivo del diritto all'eguaglianza e della capacità contributiva di chi é sottoposto al contestato onere tributario.
5.4 - Deve aggiungersi, ancora in merito alla questione sollevata dal TAR del Veneto, che l'imposizione, per le ragioni già dette, é legittima, anche se discrimina (cfr. art. 20, secondo comma) il reddito tassato da quello derivante dai fabbricati rurali (art. 20, terzo comma) e dai fabbricati strumentali all'esercizio di imprese (art. 20, settimo comma).
Correttamente, invero, l'Avvocatura dello Stato rileva che l'esclusione dalla sovraimposta dei redditi testé menzionati discende come logica conseguenza proprio dal criterio, adottato dal legislatore, di gravare solo il reddito dei fabbricati; il reddito escluso é diverso, perché deriva rispettivamente da impresa agricola o commerciale; se l'imposizione avesse colpito anche tali componenti del reddito di impresa, si sarebbe dovuta attrarre nel prelievo ogni altra componente di quest'ultimo reddito, conferendo al tributo tutt'altra struttura da quella voluta. Una volta acclarato che la discriminazione qualitativa del reddito, quale risulta dalla disposizione istitutiva della SOCOF, non é incompatibile con la norma costituzionale di raffronto, il risultato va necessariamente tenuto fermo anche di fronte alla censura ora considerata.
6. - L'asserita violazione della capacità contributiva - argomentata, in punto di razionalità, in base alla mancata tassazione dei redditi da diversa fonte - é riproposta, sempre dal TAR del Veneto, sotto altro angolo visuale. Il giudice a quo attacca qui la disposizione che tassa il reddito tratto dalle unità immobiliari esenti dall'ILOR, il quale dovrebbe considerarsi improduttivo, quindi insuscettibile di prelievo, alla stregua delle previgenti norme di esenzione. L'esenzione tributaria andrebbe quindi costruita come specifica espressione del diniego di capacità contributiva; diniego che, una volta previsto, non potrebbe essere disvoluto dal legislatore fiscale, senza violare un diritto soggettivo del contribuente all'esonero, scaturente, in ultima analisi, dall'art. 53 Cost.. Il ragionamento é, però, viziato alle basi, per l'erroneità dell'assunto che la previsione di esenzione dalle imposte debba sempre equivalere ad un riconoscimento legislativo dell'insussistenza della capacità contributiva. Nel caso che qui interessa, la norma di esonero é, invece, espressamente dettata per sottrarre all’imposizione fattispecie che altrimenti vi sarebbero soggette. Essa perciò presuppone la capacità contributiva all'atto stesso in cui esclude, per motivi extrafiscali, l'applicazione della disciplina ordinaria. A voler, poi, tutto concedere alla tesi avanzata nell'ordinanza di rinvio, questo preteso disconoscimento della capacità contributiva, e l'asserita intangibilità della disposizione legislativa che lo sancisse, potrebbero operare esclusivamente in relazione a quella determinata imposta, per la quale é stabilito l'esonero. Il che, invece, é da escludere ai fini del presente giudizio, costituendo la SOCOF un tributo, dopotutto, distinto dall'ILOR, sia nella sfera di applicazione dell'onere, sia in quella delle relative esenzioni. Anche sotto questo profilo, quindi, la disciplina dedotta in giudizio non può ritenersi irrazionale o arbitraria. In conclusione, le questioni proposte non sono fondate.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, quinto comma, del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni in legge 26 aprile 1983, n. 131 ("Provvedimenti urgenti per il settore della finanza locale per l'anno 1983"), sollevata con le ordinanze in epigrafe dal TAR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. e dal TAR del Veneto, in riferimento all'art. 53 Cost.;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, sesto comma, del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni in legge 26 aprile 1983, n. 131, sollevata con l'ordinanza in epigrafe dal TAR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost.;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, decimo e undicesimo comma, del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni in legge 26 aprile 1983, n. 131, sollevata con l'ordinanza in epigrafe dal TAR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost.;
4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, quinto, sesto e settimo comma, del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni in legge 26 aprile 1983, n. 131, sollevata con le ordinanze in epigrafe dal TAR del Veneto, in riferimento all'art. 53 Cost.;
5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni in legge 26 aprile 1983, n. 131, nella parte in cui attribuisce ai Comuni la facoltà di istituire la SOCOF e di fissare diverse aliquote, sollevata con l'ordinanza in epigrafe dal TAR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in riferimento all'art. 23 Cost.;
6) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni in legge 26 aprile 1983, n. 131, nella parte in cui, nell'istituire la SOCOF, colpisce i soli redditi dei fabbricati, sollevata con le ordinanze in epigrafe dal TAR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., e dal TAR del Veneto, in riferimento all'art. 53 Cost.;
7) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni in legge 26 aprile 1983, n. 131, nella parte in cui assoggetta alla SOCOF i redditi esenti da ILOR, sollevata con le ordinanze in epigrafe dal TAR del Veneto, in riferimento all'art. 53 Cost.;
8) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, terzo e settimo comma, del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni in legge 26 aprile 1983, n. 131, sollevata con le ordinanze in epigrafe dal TAR del Veneto, in riferimento all'art. 53 Cost..
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 1985.
Leopoldo ELIA - Antonio LA PERGOLA
Depositata in cancelleria il 23 maggio 1985.