SENTENZA N. 113
ANNO 1970
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del R.D.L. 13 settembre 1938, n. 1730 (autorizzazione al comune di Bologna ad applicare il contributo di fognatura), convertito nella legge 5 gennaio 1939, n. 269, promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 1968 dal tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra il comune di Bologna ed il fallimento della società Arista, iscritta al n. 239 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 318 del 14 dicembre 1968.
Visti gli atti di costituzione del comune di Bologna e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 20 maggio 1970 il Giudice relatore Angelo De Marco;
uditi l'avv. Francesco Gherardi, per il comune di Bologna, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso della procedura fallimentare riguardante la s.p.a. Arista il comune di Bologna chiedeva di essere ammesso al passivo, in via privilegiata, a norma dell 'art. 2773 del codice civile, per la somma di lire 474.647, pretesa a titolo di contributo di costruzione fognatura, relativo ad una porzione di immobile, in Bologna, di proprietà della fallita.
In sede di formazione dello stato passivo l'ammissione di tale credito veniva contestata, assumendosi che la somma richiesta non era dovuta.
Di qui opposizione del comune di Bologna allo stato passivo, con la domanda di ammissione del credito nella sede privilegiata richiesta.
Nel corso del relativo giudizio, il tribunale di Bologna, con ordinanza 28 giugno 1968, ha rilevato:
che, dopo l'abolizione del contributo di costruzione fognature per tutti i comuni, tranne alcuni, tra i quali quello di Bologna non rientra (art. 253 del T.U. per la finanza locale del 1931), la contestata richiesta avrebbe potuto trovare fondamento soltanto sul R.D.L. 13 settembre 1938, n. 1730, convertito nella legge 5 gennaio 1939, n. 269, in forza del quale: "Il comune di Bologna é autorizzato ad applicare il contributo di fognature in base alle norme contenute nel regolamento deliberato dal consiglio comunale nelle tornate del 25 febbraio e 21 novembre 1910 e successive modificazioni";
che tale decreto appariva in contrasto con gli artt. 23 e 53, quest'ultimo in relazione con l'art. 3, della Costituzione:
a) con l'art. 23, in quanto manca nella discussa norma ogni criterio o limite idonei a delimitare la discrezionalità dell'ente impositore;
b) con l'art. 53, comma primo, in relazione all'art. 3, in quanto mentre per gli altri comuni autorizzati, il concorso dei proprietari interessati é limitato ad un terzo della spesa incontrata dal comune da corrispondersi attraverso un contributo annuo corrispondente al ventesimo del concorso stesso, ripartito in ragione del reddito imponibile ed a condizione che il contributo non superi il 9% del reddito imponibile, per il comune di Bologna, invece, in forza del regolamento richiamato dalla legge impugnata il concorso nella spesa é del 75% del reddito imponibile da dividersi in sessanta rate bimestrali, oltre al contributo per la manutenzione nella misura annua del 2% del reddito.
Tanto rilevato, il tribunale ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale della legge suddetta, in riferimento agli artt. 23 e 53, in relazione all'art. 3, della Costituzione.
Dopo gli adempimenti di legge, il giudizio così promosso viene ora alla cognizione della Corte.
Si é costituito il comune di Bologna ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.
Il patrocinio del comune di Bologna, con memoria depositata il 27 novembre 1968, chiede che la sollevata questione venga dichiarata infondata, sostanzialmente, per le seguenti considerazioni:
a) il regolamento del comune di Bologna, al quale il D.L. impugnato si richiama, disciplina chiaramente il soggetto dell'imposizione, l'oggetto della medesima, il criterio per la determinazione della misura della contribuzione, la durata dell'imposizione, cosicché non sussiste la dedotta violazione dell'art. 23 della Costituzione, per difetto degli elementi suddetti;
b) a parte la considerazione che anche per i comuni considerati nell'art. 253 del T.U. per la finanza locale del 1931 é preveduta una disciplina particolare, evidentemente in relazione alle esigenze locali, i criteri di imposizione risultanti dal regolamento del comune di Bologna sono ispirati all'equa ripartizione dell'onere tributario e ad una ragionevole determinazione e rateizzazione della misura e della corresponsione del tributo, che lo rendono non più gravoso di quelli imposti negli altri comuni, anche se in astratto una eventuale differenza, giustificata da esigenze locali, non varrebbe ad inficiare il sistema adottato per Bologna; nessuna violazione, quindi, sia dell'art. 53, sia dell'art. 3 della Costituzione.
Anche l'Avvocatura generale dello Stato, con la memoria d'intervento, depositata il 3 gennaio 1969, chiede che la questione venga dichiarata infondata, per considerazioni sostanzialmente identiche a quelle sopra riassunte del patrocinio del comune di Bologna.
Considerato in diritto
1. - Con l'ultimo comma dell'art. 1 del T.U. per la finanza locale, approvato con R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, venivano aboliti i contributi per la costruzione fognature, che in base alla legislazione precedentemente vigente i comuni erano autorizzati ad imporre.
Con l'art. 253, intitolato "Abolizione del contributo di costruzione; disposizioni transitorie e speciali", si disponeva come segue:
a) si ribadiva l'abolizione del contributo costruzione fognature, dichiarandolo assorbito in quelli di miglioria;
b) si autorizzavano i comuni, che già ne avevano ottenuta la concessione, in base alla normativa precedentemente vigente, a continuare a riscuotere i contributi, così per la costruzione, come per la manutenzione delle fognature nei limiti e con le modalità stabiliti nei rispettivi decreti concessivi;
c) si mantenevano ferme le norme speciali per la città di Napoli, per l'acquedotto pugliese e per la città di Roma.
Con l'articolo unico del R.D. 2 marzo 1933, n. 322, si disponeva l'inserzione tra il secondo ed il terzo comma del richiamato art. 253, del seguente altro comma:
"La stessa facoltà di continuare a riscuotere i predetti contributi compete ai comuni che, anteriormente alla legge 12 luglio 1896, n. 303 (per le opere di fognatura della città di Torino) abbiano disciplinato il servizio fognature con regolamenti approvati in base alle leggi vigenti prima della pubblicazione del presente testo unico".
Infine con l'art. 1 del R.D.L. 13 settembre 1938, n. 1730, convertito, poi, nella legge 5 gennaio 1939, n. 269, senza variazioni, si disponeva: "Il comune di Bologna é autorizzato ad applicare il contributo di fognatura in base alle norme contenute nel regolamento deliberato dal consiglio comunale nelle tornate del 25 febbraio e 21 novembre 1910 e successive modificazioni.
Gli effetti dell'autorizzazione di cui al presente articolo si estendono anche ai contributi di fognatura imposti o da imporre nel periodo anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto".
Della legittimità costituzionale di quest'ultima norma dubita il tribunale di Bologna, che, con l'ordinanza di rinvio, ha sollevata la relativa questione sotto un duplice profilo:
a) per violazione dell'art. 23 della Costituzione, in quanto mancherebbe nella riportata norma ogni criterio o limite idoneo a delimitare la discrezionalità dell'ente impositore, mentre criteri e limiti per gli altri comuni autorizzati ad applicare il contributo di costruzione fognature erano rigorosamente fissati dalla legge 12 luglio 1896, n. 303 e dalla legge 18 luglio 1911, n. 799;
b) per violazione dell'art. 53, comma primo, in relazione all 'art. 3 della Costituzione, in quanto, mentre per gli altri comuni autorizzati a continuare a riscuotere un tale tipo di contributo, questo é commisurato ad un terzo della spesa effettiva di costruzione e deve essere soddisfatto sotto forma di contributo annuo corrispondente al ventesimo del concorso stesso, ripartito in ragione del reddito imponibile, senza, peraltro, che si superi il 9% di tale reddito, per il comune di Bologna, invece, in forza del regolamento richiamato nella norma impugnata, il contributo é commisurato al 75% del reddito imponibile, da suddividersi in sessanta rate bimestrali, oltre al contributo di manutenzione nella misura annua del 2% del reddito suddetto, con evidente violazione del principio di eguaglianza.
Così chiariti i termini della questione sottoposta all'esame di questa Corte, si rileva che essa é infondata.
2. - In sostanza, con la norma impugnata, come risulta espressamente dalla relazione della giunta generale del bilancio alla Camera dei deputati, per la conversione in legge del R.D.L. n. 1730 del 1938, si é voluta estendere al comune di Bologna l'applicazione delle disposizioni transitorie di cui al secondo comma del T.U. sulla finanza locale e del R.D. n. 322 del 1933, autorizzandolo a continuare ad applicare il suo regolamento del 1910, che, per quanto di fatto in applicazione già da molti anni prima della data di entrata in vigore del T.U. del 1931, a tale data non aveva riportato l'approvazione in base alle leggi anteriormente vigenti e, quindi, non poteva beneficiare di quelle disposizioni transitorie.
Con tale norma, quindi, non si é autorizzato genericamente il comune di Bologna ad imporre un certo tributo, conferendogli al riguardo una potestà discrezionale di determinare autonomamente criteri, limiti, modalità di accertamento e di imposizione, ma lo si é specificamente autorizzato a continuare ad applicare un regolamento che, sia pure in linea di fatto, già da parecchi anni aveva applicato.
Senza, dunque, che occorra accertare se il richiamo a quel regolamento abbia contenuto ricettizio o meramente formale, la stessa dizione usata dal legislatore - "Il comune di Bologna é autorizzato ad applicare il contributo di fognatura in base alle norme contenute nel regolamento.." chiaramente dimostra che l'autorizzazione riguarda l'applicazione di norme già esistenti, quali esse sono e senza possibilità di ulteriori modificazioni. Il che esclude qualunque discrezionalità dell'ente impositore.
E ciò é tanto vero che lo stesso giudice a quo - denunciando la legge di delegazione - per motivare la violazione degli artt. 53 e 3 della Costituzione, di cui si dirà subito, ha potuto riferirsi alle norme concretamente poste da quel regolamento e non a norme da emanare in futuro e di cui non fossero stati prefissati i criteri di emanazione, né i limiti.
Sotto il profilo della violazione dell'art. 23 della Costituzione, la questione risulta, perciò, infondata.
3. - Ed altrettanto é a dirsi sotto il profilo della violazione dell'art. 53, in relazione all'art. 3 della Costituzione.
Infatti, é fuori dubbio che sia lo Stato, sia tutti gli altri enti investiti di potere di imposizione tributaria debbano osservare il fondamentale principio dell'eguaglianza dei cittadini di fronte al carico tributario enunciato dall'art. 53 della Costituzione. Ma, appunto, i tributi (e contributi) comunali, per la loro intrinseca natura, rispondono a esigenze collettive tipiche del singolo comune e perciò eventualmente diverse da quelle degli altri comuni; esigenze che determinano l'introduzione o meno del tributo, la valutazione della capacità contributiva, la misura dell'aliquota ed il modo del pagamento: sì che i principi di uguaglianza e di giustizia devono essere osservati di regola limitatamente all'ambito locale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del R.D. L. 13 settembre 1938, n. 1730: "Autorizzazione al comune di Bologna ad applicare il contributo di fognatura", convertito nella legge 5 gennaio 1939, n. 269, sollevata con ordinanza 28 giugno 1968 dal tribunale di Bologna, in riferimento agli artt. 23 e 53 (in relazione all'articolo 3) della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1970.
Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giovanni BATTISTA BENEDETTI - Francesco PAOLO BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria il 26 giugno 1970.