SENTENZA N. 80
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da:
Presidente: Giovanni AMOROSO;
Giudici: Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 13, della legge della Provincia di Bolzano 16 luglio 2024, n. 2 (Modifiche a leggi provinciali in materia di uffici provinciali e personale, cooperazione allo sviluppo, istruzione, cultura, pubblico spettacolo, sicurezza, protezione antincendio e civile, caccia e pesca, tutela dell’ambiente e del paesaggio, energia, tutela delle acque e utilizzazione delle acque pubbliche, igiene dei prodotti alimentari, patrimonio e finanze, attività economiche, lavori pubblici, alpinismo, turismo, espropriazioni per pubblica utilità, commercio, edilizia abitativa agevolata, igiene e sanità, assistenza e beneficenza, trasporti, apprendistato), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 16 settembre 2024, depositato in cancelleria il 24 settembre successivo, iscritto al n. 34 del registro ricorsi 2024 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2024.
Visto l’atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;
udito nell’udienza pubblica del 21 maggio 2025 il Giudice relatore Marco D’Alberti;
uditi l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocata Patrizia Pignatta per la Provincia autonoma di Bolzano;
deliberato nella camera di consiglio del 21 maggio 2025.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso depositato il 24 settembre 2024 e iscritto al n. 34 del registro ricorsi 2024, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 13, della legge della Provincia di Bolzano 16 luglio 2024, n. 2 (Modifiche a leggi provinciali in materia di uffici provinciali e personale, cooperazione allo sviluppo, istruzione, cultura, pubblico spettacolo, sicurezza, protezione antincendio e civile, caccia e pesca, tutela dell’ambiente e del paesaggio, energia, tutela delle acque e utilizzazione delle acque pubbliche, igiene dei prodotti alimentari, patrimonio e finanze, attività economiche, lavori pubblici, alpinismo, turismo, espropriazioni per pubblica utilità, commercio, edilizia abitativa agevolata, igiene e sanità, assistenza e beneficenza, trasporti, apprendistato).
La disposizione impugnata ha sostituito il comma 4 dell’art. 27 della legge della Provincia di Bolzano 17 dicembre 2015, n. 16 (Disposizioni sugli appalti pubblici) con il seguente: «4. In fase di procedura di gara la stazione appaltante richiede al solo concorrente collocatosi primo in graduatoria di indicare il costo della manodopera e del personale nonché gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Il costo della manodopera e del personale nonché gli oneri aziendali non sono richiesti nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale. Prima dell’aggiudicazione la stazione appaltante verifica la congruità del costo e degli oneri indicati. In caso di esito negativo della verifica, si procede con l’esclusione del concorrente e lo scorrimento della graduatoria. I nominativi dei subappaltatori vengono richiesti esclusivamente in fase di esecuzione del contratto».
Sarebbero violati gli artt. 117, commi primo e secondo, lettera e), della Costituzione, nonché gli artt. 4 e 8, primo comma, numero 17), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
1.1.– Secondo il ricorrente, la modifica legislativa introdotta dalla disposizione impugnata, applicabile agli appalti pubblici «di interesse provinciale» disciplinati dalla legge prov. Bolzano n. 16 del 2015, contrasterebbe con gli artt. 108, comma 9, e 110, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici).
L’art. 108, comma 9, cod. contratti pubblici dispone che «[n]ell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale». Di conseguenza – osserva il ricorrente –, tutti gli operatori economici partecipanti alla procedura di gara sono tenuti a fornire tali indicazioni in sede di offerta, «a prescindere dal (solo successivo) esito della procedura» stessa.
La disposizione impugnata, invece, prevede che questo adempimento sia richiesto al solo concorrente collocatosi primo in graduatoria, quindi soltanto prima dell’aggiudicazione, nonostante i costi della manodopera e gli oneri aziendali sostenuti dall’operatore economico per rispettare le disposizioni sulla sicurezza e sulla salute sul luogo di lavoro costituiscano parte integrante dell’offerta economica e debbano pertanto essere considerati, quale «elemento ineludibile», ai fini della valutazione complessiva operata dalla stazione appaltante in sede di determinazione della graduatoria.
Lo confermerebbe il testo dell’art. 110, comma 1, cod. contratti pubblici, il quale, nel disciplinare le «[o]fferte anormalmente basse», prevede che «[l]e stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa».
1.2.– Il ricorrente osserva che la disposizione impugnata rischia di attenuare le tutele dei dipendenti degli operatori economici partecipanti alle procedure di gara, tutele che il codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 ha inteso invece «irrobustire», innovando rispetto alla disciplina anteriore.
Il citato art. 108, comma 9, andrebbe considerato – oltre che insieme alla norma sui criteri di aggiudicazione dell’offerta, di cui al comma 4 dello stesso articolo – anche alla luce della previsione contenuta nell’art. 41, comma 14, cod. contratti pubblici, concernente la determinazione dell’importo posto a base di gara nei contratti di lavori e servizi.
Tale ultima disposizione prevede, da un lato, che per determinare l’importo posto a base di gara la stazione appaltante «individua nei documenti di gara i costi della manodopera» e, d’altro lato, che «[i] costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso».
Occorre perciò distinguere, secondo il ricorrente, tra l’importo posto a base di gara determinato dalla stazione appaltante, di cui fanno parte anche i costi di manodopera e di sicurezza, e l’importo ribassabile dal concorrente, che invece non li deve comprendere. Si imporrebbe così alle imprese di stimare in modo congruo e adeguato tali costi ex ante, in modo da «costruire una corretta base di ribasso». Infatti, se l’operatore economico indicasse nell’offerta un costo della manodopera diverso da quello indicato dalla stazione appaltante, l’offerta stessa sarebbe sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia.
Le richiamate regole del codice dei contratti pubblici, conformatesi a consolidati orientamenti sia della giurisprudenza amministrativa che della Corte di giustizia dell’Unione europea, sarebbero improntate alla necessità che la stazione appaltante determini la base d’asta in modo congruo e corretto e alla necessità che essa valuti, in piena trasparenza ed ex ante, la rispondenza di tutte le offerte alla normativa lavoristica.
Tutti gli operatori economici dovrebbero dunque indicare separatamente nella propria offerta i costi della manodopera e della sicurezza, insuscettibili di ribasso, avendo il legislatore statale espresso «una scelta [...] non derogabile dall’ordinamento territoriale, in quanto mirata a raggiungere un complessivo punto di equilibrio fra perseguimento dell’utile d’impresa in sede di partecipazione a procedure pubbliche per l’aggiudicazione di appalti, e sostenibilità sociale delle relative offerte».
1.3.– Richiamata la giurisprudenza costituzionale secondo cui le disposizioni del codice dei contratti pubblici che disciplinano le procedure di gara, da un lato, sono riconducibili alla materia «tutela della concorrenza» e, d’altro lato, vanno qualificate sia come norme fondamentali delle riforme economico-sociali, sia come norme con cui lo Stato ha dato attuazione agli obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, il ricorrente lamenta la violazione, in primo luogo, dell’art. 117, primo comma, Cost., nonché degli artt. 4 e 8, primo comma, numero 17), dello statuto speciale, disposizione, quest’ultima, che attribuisce alla Provincia autonoma di Bolzano la competenza legislativa primaria in materia di «lavori pubblici di interesse provinciale», nel rispetto degli obblighi sovranazionali in materia di tutela della concorrenza. L’art. 22, comma 13, della legge prov. Bolzano n. 2 del 2024 avrebbe introdotto una disciplina in contrasto con tale previsione statutaria.
La disposizione impugnata, inoltre, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., per invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela della concorrenza», ponendosi in contrasto con i citati artt. 108, comma 9, e 110, comma 1, cod. contratti pubblici, costituenti norme fondamentali delle riforme economico-sociali. Sarebbero di conseguenza superati, anche sotto tale profilo, i limiti posti dai citati artt. 4 e 8, primo comma, numero 17), dello statuto speciale alla competenza legislativa primaria provinciale nella materia «lavori pubblici di interesse provinciale».
2.– La Provincia autonoma di Bolzano si è costituita in giudizio con atto depositato il 21 ottobre 2024, concludendo per l’inammissibilità e, nel merito, per la non fondatezza delle questioni.
2.1.– In via preliminare, la Provincia autonoma eccepisce l’inammissibilità, innanzi tutto, della questione promossa in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., posto che tale parametro, in ragione di quanto disposto dall’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), sarebbe applicabile alle province autonome solo nella parte in cui attribuisce forme di autonomia più ampie di quelle già riconosciute dai relativi statuti. Non verificandosi tale circostanza nel caso concreto, il riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. non sarebbe conferente, «tanto più che la violazione dei limiti della competenza statutaria è fatta derivare direttamente dal contrasto con il [c]odice dei contratti pubblici».
Le questioni sarebbero inammissibili, inoltre, per non avere il ricorrente indicato «in quali termini si sarebbe determinato un livello di tutela della concorrenza inferiore rispetto a quello garantito dalla legislazione statale».
2.2.– Nel merito, la Provincia autonoma evidenzia che l’art. 27, comma 4, della legge prov. Bolzano n. 16 del 2015, nel testo previgente – introdotto dall’art. 12, comma 1, della legge della Provincia di Bolzano 9 luglio 2019, n. 3 (Semplificazioni negli appalti pubblici) –, prevedeva il controllo dei costi e degli oneri in esame solo nei confronti dell’aggiudicatario, statuendo che «[i]n fase di procedura di gara la stazione appaltante richiede al solo aggiudicatario l’indicazione del costo della manodopera e del personale, nonché degli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro». Nell’ipotesi di esito negativo della verifica, di conseguenza, si sarebbe dovuto procedere all’annullamento dell’aggiudicazione, all’escussione della garanzia provvisoria e allo scorrimento della graduatoria.
Con la modifica apportata dalla disposizione impugnata, il legislatore provinciale, anziché violare le regole del codice dei contratti pubblici, vi avrebbe aderito nella parte in cui esse prevedono che la suddetta verifica avvenga in una fase precedente l’aggiudicazione. Secondo il novellato art. 27, comma 4, della legge prov. Bolzano n. 16 del 2015, infatti, la stazione appaltante dovrebbe procedere sempre, prima dell’aggiudicazione e a prescindere dalla valutazione di anomalia dell’offerta, alla verifica della congruità dei costi della manodopera e degli oneri di sicurezza, trattandosi di una condizione autonoma e indefettibile del provvedimento di aggiudicazione.
Sarebbe pacifica, d’altra parte, la circostanza che, in sede di offerta, i partecipanti alla gara debbano tenere conto di tali costi nella determinazione dell’importo economico. La modifica normativa introdotta a livello provinciale – analoga, secondo la Provincia autonoma, a una previsione già esistente, come prima evidenziato – sarebbe consistita nella richiesta della loro puntuale indicazione solo al concorrente collocatosi al primo posto della graduatoria, in ossequio ai principi di massima celerità, di semplificazione e di risultato, ispiratori del codice dei contratti pubblici, senza esonerare i concorrenti dal considerare gli stessi costi nella formulazione dell’offerta.
In tal modo – osserva la Provincia autonoma – ogni concorrente è consapevole del fatto che la sua offerta, ove egli risulti primo in graduatoria, sarà sottoposta a verifica di congruità a prescindere da eventuali anomalie e che i costi del personale e della sicurezza dovranno essere giustificati in coerenza con l’importo complessivo da lui indicato, al pari di quanto accadrebbe ove l’offerta fosse sottoposta a verifica di anomalia, ex art. 110, comma 1, cod. contratti pubblici.
Il legislatore provinciale avrebbe esclusivamente inteso «sollevare i partecipanti alla procedura dal dover fornire sin dalla fase della partecipazione alla gara la puntuale e specifica indicazione di detti costi, trasferendo tale obbligo in capo al solo soggetto collocato [ne]lla prima posizione della graduatoria», senza rinunciare alla tutela sostanziale dei diritti dei lavoratori, che risulterebbe anzi rafforzata rispetto alla normativa statale.
Secondo quest’ultima, infatti, la verifica del rispetto dei minimi salariali, dei costi della manodopera e dei profili di sicurezza scatterebbe solo nell’ipotesi di anomalia dell’offerta, ex art. 110, comma 1, cod. contratti pubblici, o nell’ipotesi in cui i costi della manodopera indicati dal concorrente divergano dai valori indicati nei documenti di gara, ex art. 41, comma 14, dello stesso codice.
Inoltre, la disposizione impugnata dovrebbe essere letta considerando l’intero impianto normativo in cui si colloca.
In particolare, andrebbe considerato anche il comma 4-bis dell’art. 27 della legge prov. Bolzano n. 16 del 2015, come sostituito dall’art. 22, comma 14, della stessa legge prov. Bolzano n. 2 del 2024, che non è oggetto di censura da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.
La Provincia autonoma osserva che in esso si prevede, conformemente all’art. 11, commi 3 e 4, cod. contratti pubblici, l’obbligatoria indicazione, nei bandi e negli inviti, del contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione. Inoltre, si prevede che la stazione appaltante, prima dell’aggiudicazione, richieda al solo concorrente collocatosi primo in graduatoria di indicare il contratto collettivo da lui applicato, con obbligo di produrre una dichiarazione di equivalenza delle tutele garantite al personale dipendente, se ha indicato un contratto collettivo diverso da quello individuato nel bando o nell’invito. La stessa disposizione prevede poi che la stazione appaltante proceda alla verifica del contratto indicato dal concorrente.
In tutte queste ipotesi – osserva ancora la Provincia autonoma – entrambe le discipline, statale e provinciale, stabiliscono che la stazione appaltante richieda soltanto prima di procedere all’aggiudicazione la dichiarazione di impegno dell’operatore ad applicare il contratto collettivo individuato dalla stazione appaltante, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele garantite dal diverso contratto collettivo da lui indicato; entrambe le discipline, inoltre, stabiliscono le medesime conseguenze in caso di verifica negativa di tale equivalenza, consistenti nell’esclusione dell’operatore inadempiente dalla procedura e nello scorrimento della graduatoria, ex artt. 107, comma 2, e 110, comma 5, lettera a), cod. contratti pubblici, nonché ex art. 27, comma 4-bis, della legge prov. Bolzano n. 16 del 2015.
2.3.– Ciò posto, non sussisterebbero «incompatibilità» in riferimento alla materia «tutela della concorrenza», tenuto conto:
– della competenza legislativa esclusiva della Provincia autonoma di Bolzano nella materia dei «lavori pubblici di interesse provinciale», da esercitare «in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto [...] delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali», ex artt. 4 e 8, primo comma, numero 17), dello statuto speciale;
– dell’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2017, n. 162 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol in materia di contratti pubblici), secondo il quale «[l]e Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con legge provinciale, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale, ivi comprese quelle che stabiliscono i livelli minimi di regolazione richiesti dal diritto dell’Unione europea in materia di appalti e concessioni, le procedure di aggiudicazione e i contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture […]».
La natura trasversale della materia concorrenziale non si tradurrebbe in un’integrale «espropriazione delle competenze legislative regionali e delle Province autonome». Nessun pregiudizio all’esclusività delle prerogative statali in tale materia deriverebbe dalla disposizione impugnata, non incidendo quest’ultima sull’assetto concorrenziale del mercato e sull’equilibrio economico generale. Essa rimarrebbe «sintonizzata sulla realtà provinciale», trattandosi di una mera semplificazione burocratica rientrante nella sfera della competenza legislativa primaria della Provincia autonoma.
Nell’esercizio di tale competenza e senza travalicarne i limiti, dunque, il legislatore provinciale avrebbe inteso facilitare la partecipazione alle procedure di gara, riducendone gli oneri di produzione documentale e introducendo così misure pro-concorrenziali, in linea con quanto disposto dal citato art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 162 del 2017.
Inoltre, non sussisterebbe alcun contrasto con norme fondamentali delle riforme economico-sociali, in quanto anche la disposizione provinciale impugnata rispetterebbe il principio, desumibile dal combinato disposto degli artt. 108, comma 9, e 110 cod. contratti pubblici, in base al quale le stazioni appaltanti devono verificare, prima dell’aggiudicazione, che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi, per non pregiudicare il diritto dei lavoratori tutelato dall’art. 36 Cost.
2.4.– La disposizione provinciale impugnata sarebbe altresì rispettosa dell’art. 18, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, a tenore del quale «[g]li Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell’allegato X».
Infine, non sarebbe violato il principio di uniformità di trattamento degli operatori economici nell’intero territorio nazionale, poiché anche coloro che partecipano alle procedure di gara regolate dalla legge prov. Bolzano n. 16 del 2015, come modificata dalla disposizione provinciale impugnata, sarebbero obbligati, in sede di presentazione dell’offerta, a tenere conto dei costi in esame, in quanto strettamente collegati alla determinazione del «monte ore» del personale necessario per la corretta esecuzione della prestazione. Gli operatori economici, come già osservato, sarebbero esclusivamente sollevati dai relativi oneri documentali sin dalla fase iniziale di partecipazione alla gara.
3.– La Provincia autonoma di Bolzano ha depositato una memoria in prossimità dell’udienza pubblica, richiamando gli argomenti già esposti.
In tale memoria, inoltre, la Provincia autonoma richiama il decreto dell’Agenzia per i contratti pubblici (ACP) della Provincia autonoma di Bolzano 18 agosto 2023, n. 48, recante «Approvazione schemi-tipo dei disciplinari di gara per lavori, servizi e forniture e servizi di architettura e ingegneria», il quale, discostandosi dal bando-tipo dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) n. 1 del 2023 (Procedura aperta per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari di importo superiore alle soglie europee con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo), ha previsto, alla lettera a), che i costi della manodopera indicati dalla stazione appaltante nei documenti di gara possano essere oggetto di ribasso, in linea con la più recente giurisprudenza amministrativa sul punto.
Infine, la Provincia autonoma osserva che, in forza della medesima disposizione, la stazione appaltante deve compiere sempre la verifica della congruità del costo della manodopera e degli oneri aziendali relativi all’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, a differenza di quanto avviene a livello nazionale, dove tale verifica viene effettuata solo in caso di anomalie nell’offerta.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 34 del 2024), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 13, della legge prov. Bolzano n. 2 del 2024, che ha sostituito il comma 4 dell’art. 27 della legge prov. Bolzano n. 16 del 2025 con la seguente previsione: «4. In fase di procedura di gara la stazione appaltante richiede al solo concorrente collocatosi primo in graduatoria di indicare il costo della manodopera e del personale nonché gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Il costo della manodopera e del personale nonché gli oneri aziendali non sono richiesti nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale. Prima dell’aggiudicazione la stazione appaltante verifica la congruità del costo e degli oneri indicati. In caso di esito negativo della verifica, si procede con l’esclusione del concorrente e lo scorrimento della graduatoria. I nominativi dei subappaltatori vengono richiesti esclusivamente in fase di esecuzione del contratto».
Tale disposizione provinciale contrasterebbe con gli artt. 108, comma 9, e 110, comma 1, cod. contratti pubblici, i quali prevedono, rispettivamente, che:
– «[n]ell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale»;
– «[l]e stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa».
Ad avviso del ricorrente, queste disposizioni del codice dei contratti pubblici sono riconducibili alla materia «tutela della concorrenza» e costituiscono norme fondamentali delle riforme economico-sociali, attuative anche di obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea. Esse, nell’imporre a tutti gli operatori economici partecipanti alla procedura di indicare nell’offerta, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali sostenuti per rispettare le disposizioni sulla sicurezza e sulla salute sul luogo di lavoro, esprimerebbero la necessità che la stazione appaltante determini la base d’asta in modo congruo e corretto e valuti, in piena trasparenza ed ex ante, «a prescindere dal (solo successivo) esito della procedura», la rispondenza di tutte le offerte alla normativa posta a tutela dei lavoratori.
La disposizione provinciale impugnata, nel richiedere questo adempimento al solo concorrente risultato primo in graduatoria, non terrebbe conto del fatto che i costi della manodopera e della sicurezza costituiscono parte integrante dell’offerta economica e dovrebbero pertanto essere considerati, quale «elemento ineludibile», ai fini della valutazione complessiva operata dalla stazione appaltante in sede di determinazione della graduatoria. Lo confermerebbe il testo del citato art. 110, comma 1, cod. contratti pubblici, il quale prevede che tra gli elementi specifici di valutazione delle offerte anormalmente basse siano inclusi «i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9».
Di conseguenza, sarebbero violati l’art. 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost., nonché gli artt. 4 e 8, primo comma, numero 17), dello statuto speciale.
2.– Vanno esaminate, in via preliminare, le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Provincia autonoma di Bolzano.
In primo luogo, la questione concernente la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. sarebbe inammissibile, in quanto tale parametro potrebbe applicarsi alle regioni a statuto speciale e alle province autonome solo nella parte in cui attribuisce forme di autonomia più ampie di quelle già riconosciute dai relativi statuti, ex art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Il riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), dunque, non sarebbe conferente.
L’eccezione non è fondata.
Il ricorrente lamenta, in realtà, il superamento dei limiti della potestà legislativa provinciale di natura primaria in materia di «lavori pubblici di interesse provinciale», di cui all’art. 8, primo comma, numero 17), dello statuto speciale.
Questi limiti, che derivano dalla necessità di rispettare – in forza del richiamo fatto dall’art. 8 citato al precedente art. 4 – gli obblighi internazionali, gli interessi nazionali, le norme fondamentali delle riforme economico-sociali, nonché i principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica, sarebbero rinvenibili nelle disposizioni del vigente codice dei contratti pubblici emanate dallo Stato nell’esercizio della sua competenza legislativa esclusiva nella materia «tutela della concorrenza». È questo, pertanto, il corretto significato da attribuire alla contemporanea evocazione del citato parametro statutario e dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (in senso analogo, sentenze n. 174 del 2024 e n. 23 del 2022).
In secondo luogo, la Provincia autonoma eccepisce l’inammissibilità della medesima questione sull’assunto che il ricorrente non avrebbe indicato «in quali termini» la disposizione impugnata comporti «un livello di tutela della concorrenza inferiore rispetto a quello garantito dalla legislazione statale».
Anche questa eccezione non è fondata, in quanto una simile censura riguarda, semmai, il merito della questione.
3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri evoca, innanzi tutto, la violazione degli artt. 4 e 8, primo comma, numero 17), dello statuto speciale, per superamento dei limiti posti alla competenza legislativa primaria provinciale nella materia «lavori pubblici di interesse provinciale» dalle disposizioni del vigente codice dei contratti pubblici, emanate dallo Stato nell’esercizio della sua competenza legislativa esclusiva nella materia «tutela della concorrenza», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
A questo proposito il ricorrente evoca, come si è visto, quali norme statali interposte, gli artt. 108, comma 9, e 110, comma 1, cod. contratti pubblici.
Tra queste norme assume peculiare rilievo l’art. 108, comma 9, secondo il quale l’indicazione nell’offerta economica dei costi della manodopera e degli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro è espressamente imposta a tutte le imprese concorrenti «a pena di esclusione» dalla procedura di gara.
È innanzi tutto opportuno ricostruire sinteticamente il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.
3.1.– Con riguardo all’art. 108, comma 9, cod. contratti pubblici, il Consiglio di Stato, nella relazione allo schema definitivo di Codice dei contratti pubblici, del 7 dicembre 2022, ha osservato che «[l]a disposizione è presente anche nel decreto legislativo n. 50 del 2016 ed è ormai oggetto di un consolidato orientamento giurisprudenziale diretto a descrivere l’omissione in questione quale causa di esclusione», precisando che, «[a] tali fini, è stato espressamente inserito l’inciso "a pena di esclusione” per dare maggiore certezza agli operatori giuridici derivanti dalla citata omissione dichiarativa» (pag. 158).
Invero, il previgente codice dei contratti pubblici dettava, al comma 10 dell’art. 95, una norma simile, ma priva dell’espressa comminatoria dell’esclusione, per il caso in cui non fossero stati indicati dall’impresa separatamente i costi della manodopera e quelli della sicurezza.
Sennonché, nell’interpretare tale disposizione, la giurisprudenza amministrativa (tra le tante, Consiglio di Stato, adunanza plenaria, ordinanza 24 gennaio 2019, n. 1 e sentenze 2 aprile 2020, n. 7 e n. 8; sezione quinta, sentenza 17 febbraio 2022, n. 1191; Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, sentenza 21 giugno 2024, n. 1559) era pervenuta alla conclusione che:
a) la mancata indicazione separata dei costi della manodopera e della sicurezza comportasse necessariamente l’esclusione dell’impresa dalla gara, senza possibilità di sanatoria mediante il cosiddetto "soccorso istruttorio” (in applicazione del principio della par condicio competitorum);
b) l’esclusione dalla gara scattasse anche in assenza di espressa previsione della lex specialis, in quanto la normativa era sufficientemente chiara in ordine a tale obbligo, considerando che ai pubblici appalti debbono prendere parte soggetti ragionevolmente informati e normalmente diligenti;
c) i suddetti costi non fossero neppure ricostruibili ex post, in sede di verifica di congruità delle offerte, attraverso l’eventuale dimostrazione che il dato era comunque compreso nell’offerta economica, anche se non espressamente indicato: ciò, in quanto i costi dovevano essere espressamente «indicati» e non soltanto considerati o comunque contemplati dai concorrenti.
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha ritenuto l’esclusione dalla gara conseguente al mancato rispetto delle previsioni di cui all’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, come interpretate dalla giurisprudenza, compatibile con il diritto dell’Unione europea (CGUE, nona sezione, sentenza del 2 maggio 2109, in causa C-309/18, Lavorgna srl contro Comune di Montelanico e altri).
Quanto alla ratio sottesa all’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che l’obbligo dichiarativo in esame e il correlato automatismo espulsivo rispondessero «all’evidente esigenza di rafforzare gli strumenti di tutela dei lavoratori, di responsabilizzare gli operatori economici e di rendere più agevoli ed efficaci gli strumenti di vigilanza e controllo da parte delle amministrazioni», osservando in particolare che «negli appalti ad alta intensità di manodopera (in cui gli oneri lavorativi sono la parte prevalente – o pressoché esclusiva – degli oneri di impresa), il concorrente che formuli un’offerta economica omettendo del tutto di specificare quali siano gli oneri connessi alle prestazioni lavorative non commette soltanto una violazione di carattere formale, ma presenta un’offerta economica di fatto indeterminata nella sua parte più rilevante, in tal modo mostrando un contegno certamente incompatibile con l’onere di diligenza particolarmente qualificata che ci si può ragionevolmente attendere da un operatore professionale» (Cons. Stato, n. 1191 del 2022, che richiama l’ordinanza dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2019).
Anche di recente, si è affermato che la previsione di cui all’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016 aveva lo scopo «di consentire alla stazione appaltante di verificare in che modo l’operatore economico sia giunto a formulare il prezzo offerto, onde evitare un vulnus alla tutela del lavoro sotto il profilo della salute e della sicurezza dei lavoratori (art. 32 Cost.)» (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 14 aprile 2025, n. 3195).
In altri termini, l’indicazione del costo della manodopera rappresenta «un elemento costitutivo ed essenziale dell’offerta economica, che non è suscettivo di essere immutato nell’importo, al pari degli oneri aziendali per la sicurezza, pena l’incisione degli interessi pubblici posti a presidio delle esigenze di tutela delle condizioni di lavoro e di parità di trattamento dei concorrenti» (TAR Veneto, sezione prima, sentenza 9 febbraio 2024, n. 230, che richiama Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 31 maggio 2022, n. 4406).
Dopo l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, che ha reso esplicite le conseguenze dell’omessa indicazione dei costi nell’offerta economica, la giurisprudenza amministrativa ha puntualmente osservato che «il d.lgs. n. 36 del 2023 segue la via tracciata dal d.lgs. n. 50 del 2016 nell’assicurare una tutela rafforzata degli interessi dei lavoratori, richiedendo ai partecipanti alla gara di indicare, in via separata, nella propria offerta economica, i costi della manodopera e i costi per gli oneri di sicurezza, e sanzionando con l’esclusione la violazione di detto obbligo (come evincibile dagli artt. 41, comma 13, e 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023). Dalla lettura combinata delle disposizioni citate, emerge, infatti, la volontà di responsabilizzare gli operatori economici, allo scopo di assicurare che questi ultimi, prima di formulare il proprio "ribasso complessivo”, svolgano una seria valutazione preventiva dei predetti costi. L’art. 108, comma 9, innovando rispetto al codice previgente, sanziona espressamente l’omessa indicazione nell’offerta economica dei costi della manodopera e degli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, con l’esclusione dalla gara, come riconosciuto nella relazione al nuovo codice. Da ciò si desume la piena continuità del codice del 2023 rispetto a quello del 2016 nella tutela degli interessi dei lavoratori» (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenze 19 novembre 2024, n. 9255 e, in senso analogo, n. 9254).
3.2– Ciò premesso, la questione è fondata.
Depone in tal senso l’evidente difformità della disposizione provinciale impugnata rispetto alle norme del codice dei contratti pubblici invocate dal ricorrente, che prevedono sia la specifica indicazione dei costi della manodopera e della sicurezza nell’offerta economica, a pena di esclusione dell’operatore dalla procedura di gara (art. 108, comma 9, cod. contratti pubblici), sia la verifica ad opera della stazione appaltante dell’offerta che appaia anormalmente bassa sulla base di tali indicazioni (art. 110, comma 1, dello stesso codice).
La disposizione provinciale impugnata, infatti, esonera gli operatori economici dall’indicare i costi in sede di presentazione delle offerte, a pena di esclusione, e differisce l’insorgenza di tale obbligo al momento successivo alla formazione della graduatoria, limitandolo, peraltro, all’operatore classificatosi per primo.
Viene così vanificata la ratio dell’obbligo dichiarativo e del correlato automatismo espulsivo, i quali rispondono, come ha riconosciuto la giurisprudenza amministrativa, all’esigenza perseguita dal nuovo codice dei contratti pubblici di rafforzare gli strumenti di tutela dei lavoratori, di responsabilizzare gli operatori economici e di rendere più agevoli ed efficaci gli strumenti di vigilanza e controllo, consentendo alla stazione appaltante di verificare con trasparenza ed ex ante, sulla base dei costi dichiarati nella stessa offerta, come gli operatori siano giunti a formulare il prezzo, evitando in tal modo un pregiudizio alla tutela del lavoro. Sotto questo profilo, va ricordato che, come ha parimenti riconosciuto la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenze 18 aprile 2025, n. 3418, nonché n. 9255 e n. 9254 del 2024; Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione quarta, sentenza 29 gennaio 2024, n. 120), la previsione dell’obbligo di dichiarare nell’offerta i costi della manodopera, a pena di esclusione, si spiega in quanto tali costi sono comunque ribassabili rispetto a quelli individuati dalla stazione appaltante nei documenti di gara ai sensi dell’art. 41, comma 13, cod. contratti pubblici e costituiscono elementi specifici in presenza dei quali si avvia il procedimento di verifica dell’anomalia disciplinato dall’art. 110, comma 1, cod. contratti pubblici. Resta ferma, nell’ambito di tale procedimento, «la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale», ex art. 41, comma 14, dello stesso codice.
Il delineato quadro normativo statale, riveniente dal combinato disposto degli artt. 108, comma 9, e 110, comma 1, cod. contratti pubblici, è l’esito di un’operazione di bilanciamento fra la tutela della concorrenza, diretta a salvaguardare valori quali la parità di trattamento dei partecipanti alla gara e la trasparenza, e la tutela della manodopera, che il legislatore statale ha inteso apprestare in modo rafforzato, con la finalità di conseguire obiettivi di interesse sociale.
La disposizione provinciale impugnata, dunque, contrasta con la scelta operata dal nuovo codice dei contratti pubblici, in continuità con il precedente, di individuare nella dichiarazione dei costi della manodopera e della sicurezza un elemento di per sé costitutivo ed essenziale dell’offerta economica, non modificabile nel corso della procedura. L’indicazione richiesta al solo concorrente collocatosi al primo posto della graduatoria e la successiva verifica di congruità, previste dal legislatore provinciale, rischiano di tradursi in una ricostruzione ex post e non trasparente dei costi, attraverso la dimostrazione che il dato era comunque compreso, anche se non espressamente indicato, nell’offerta economica. A escludere questo rischio non è quindi sufficiente la circostanza che, come sottolinea la Provincia autonoma, la disposizione impugnata preveda comunque la verifica di congruità dei costi prima dell’aggiudicazione al primo classificato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, tutte le disposizioni del codice dei contratti pubblici che riguardano la scelta del contraente (le procedure di affidamento) sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza e costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale, attuative anche di «obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea» (tra le tante, sentenze n. 174 del 2024, n. 23 del 2022, n. 166 del 2019, n. 263 del 2016, n. 187 e n. 36 del 2013, n. 74 del 2012, n. 382, n. 184 e n. 114 del 2011). Ne consegue che le regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme. In particolare, si è affermato che «[l]a concorrenza, che in generale rinviene nell’uniformità di disciplina "un valore in sé perché differenti normative regionali sono suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali” (sentenza n. 283 del 2009), a fortiori, non tollera regole differenziate a livello locale nelle procedure che danno accesso alla stipula dei contratti pubblici» (sentenza n. 174 del 2024, che richiama la sentenza n. 23 del 2022).
Questa Corte ha sottolineato, inoltre, che spetta esclusivamente allo Stato, nell’esercizio della sua competenza ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., definire sul piano legislativo il punto di equilibrio tra la tutela della concorrenza e la tutela di altri interessi pubblici con essa interferenti (tra le tante, sentenze n. 56 del 2020 e n. 30 del 2016), «come quelli sottesi al raggiungimento di "obiettivi di politica sociale [...], di tutela dei lavoratori, di sostegno al reddito e alle imprese”» (sentenza n. 4 del 2022).
Pertanto, il contrasto con gli artt. 108, comma 9, e 110, comma 1, cod. contratti pubblici – disposizioni che senza alcun dubbio riguardano le procedure di affidamento – determina il superamento dei limiti posti dalle norme fondamentali di riforma economico-sociale alla competenza legislativa primaria della Provincia autonoma di Bolzano in materia di «lavori pubblici di interesse provinciale», ex art. 8, primo comma, numero 17), dello statuto speciale.
3.3.– Nessuna delle difese svolte dalla Provincia autonoma è idonea a scalfire la fondatezza della questione.
Non può essere evocata, in senso contrario, la norma di attuazione dello statuto speciale di cui all’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 162 del 2017, a tenore del quale «[l]e Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con legge provinciale, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale, ivi comprese quelle che stabiliscono i livelli minimi di regolazione richiesti dal diritto dell’Unione europea in materia di appalti e concessioni, le procedure di aggiudicazione e i contratti pubblici, compresa la fase della loro esecuzione, relativi a lavori, servizi e forniture […]».
Questa Corte, nell’esaminare la legittimità di una disciplina concernente le procedure di affidamento introdotta dalla Provincia autonoma di Trento, titolare di analoghe competenze legislative, ha infatti già osservato che il quadro attinente al riparto di competenze tra lo Stato e le autonomie speciali «non può ritenersi […] in alcun modo inciso» dall’adozione della citata norma di attuazione dello statuto, in quanto il d.lgs. n. 162 del 2017 «preserva […] il riferimento al rispetto della normativa dell’Unione europea e delle norme legislative fondamentali di riforma economico-sociale» (sentenza n. 23 del 2022; in senso analogo, con riferimento a normativa della Provincia autonoma di Bolzano, sentenza n. 79 del 2023).
Quanto al prospettato perseguimento di legittime finalità di semplificazione, si osserva che la spettanza allo Stato del potere di definire legislativamente il punto di equilibrio tra la tutela della concorrenza e la tutela di altri interessi pubblici con essa interferenti, al fine di garantire uniformità di disciplina su tutto il territorio nazionale, non vale solo per gli interessi sottesi alla tutela dei lavoratori, ma anche con riguardo a eventuali finalità di semplificazione procedimentale, poiché le scelte operate in tale ambito implicano (come questa Corte ha affermato esaminando norme regionali o provinciali introduttive di forme di cosiddetta "inversione procedimentale”) «un delicato bilanciamento fra le esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure di gara e quelle, fondamentali, di tutela della concorrenza, della trasparenza e della legalità delle medesime procedure, […] quale garanzia di uniformità della disciplina su tutto il territorio nazionale» (sentenza n. 39 del 2020, richiamata dalla sentenza n. 23 del 2022).
Né è utile indagare se la disposizione impugnata possa produrre effetti pro-concorrenziali, peraltro non meglio precisati dalla Provincia autonoma. Nella regolamentazione delle procedure di aggiudicazione, infatti, non sussistono le condizioni che consentono a norme regionali o provinciali, riconducibili a competenze primarie, di produrre simili effetti, in quanto le conseguenze di una diversificazione a livello territoriale, in questo ambito, sono tali da evidenziare un contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza (ancora, sentenza n. 23 del 2022).
4.– In conclusione, deve dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 13, della legge prov. Bolzano n. 2 del 2024.
La questione avente per oggetto la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. resta assorbita.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 13, della legge della Provincia di Bolzano 16 luglio 2024, n. 2 (Modifiche a leggi provinciali in materia di uffici provinciali e personale, cooperazione allo sviluppo, istruzione, cultura, pubblico spettacolo, sicurezza, protezione antincendio e civile, caccia e pesca, tutela dell’ambiente e del paesaggio, energia, tutela delle acque e utilizzazione delle acque pubbliche, igiene dei prodotti alimentari, patrimonio e finanze, attività economiche, lavori pubblici, alpinismo, turismo, espropriazioni per pubblica utilità, commercio, edilizia abitativa agevolata, igiene e sanità, assistenza e beneficenza, trasporti, apprendistato).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Marco D'ALBERTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 19 giugno 2025