Ordinanza n. 155 del 2024

ORDINANZA N. 155

ANNO 2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro) e, in via subordinata, dell’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), promosso dal Tribunale ordinario di Siena, in funzione di giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra GSK Vaccines srl e L. Q. e altri, con ordinanza del 1° gennaio 2024, iscritta al n. 18 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2024, la cui trattazione è stata fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 4 giugno 2024.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udita nella camera di consiglio del 5 giugno 2024 la Giudice relatrice Antonella Sciarrone Alibrandi;

deliberato nella camera di consiglio del 5 giugno 2024.


Ritenuto che, con ordinanza del 1° gennaio 2024, iscritta al n. 18 del registro ordinanze 2024, il Tribunale ordinario di Siena, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro) e, in via subordinata, dell’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nella parte in cui non contemplano, per il lavoratore a termine, la facoltà di richiedere l’indennità sostitutiva della reintegra nel posto di lavoro, riconosciuta al lavoratore illegittimamente licenziato;

che, in punto di fatto, il rimettente, adito in sede di opposizione a precetto ai sensi degli artt. 615 e 618-bis del codice di procedura civile, riferisce di dover decidere la causa promossa da GSK Vaccines srl, datrice di lavoro opponente, contro L. Q., lavoratore opposto, a seguito della notifica di precetto intimante il pagamento della somma di euro 30.755,10 «quale importo dell’indennità sostitutiva (pari a € 2.050,34 r.g.f. x 15 mensilità)» oltre interessi legali e spese, il tutto per complessivi euro 31.309,51, unitamente ad analoghe opposizioni proposte dalla stessa società contro altri due lavoratori opposti, connesse parzialmente per soggetto e identità di questioni e diverse quanto a somme precettate;

che lo stesso giudice a quo rappresenta che il titolo esecutivo fatto valere è il dispositivo della sentenza della Corte d’appello di Firenze, sezione lavoro, n. 388 del 2022, pubblicato il 19 maggio 2022, il cui contenuto è il seguente: «La Corte, definitivamente decidendo quale giudice di rinvio, ogni altra domanda ed eccezione disattesa, così dispone: (…) 2) Quanto alle posizioni dei lavoratori [M. M. e F.P. M.], dichiarata la nullità dei contratti di somministrazione in forza dei quali la prestazione di [M. M. e F.P. M.] è stata impiegata da GSK Vaccine s.r.l. (già denominata Novartis Vaccines and diagnostic s.r.l.) dal 9.6.2009 al 31.12.2009, dichiara l’esistenza in atto tra i lavoratori [M. M. e F.P. M.] e GSK Vaccines s.r.l., di distinti rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 9.6.2009 e condanna la società a riammettere in servizio i lavoratori. Condanna altresì GSK al pagamento, in favore di ciascuno dei due lavoratori, dell’indennità risarcitoria di cui all’art. 32 comma 5 della L. 183/2010 nella misura di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, maggiorato il dovuto di rivalutazione monetaria e interessi legali ex art. 429 c.p.c. dall’apparente cessazione dei rapporti di lavoro al saldo. Quanto alla posizione del lavoratore [L. Q.] dichiara la nullità del termine apposto al contratto a termine stipulato tra il lavoratore e GSK Vaccines s.r.l. (già denominata Novartis Vaccines and diagnostic s.r.l.), con originaria decorrenza 19.2.2009. Per l’effetto dichiara l’esistenza in atto, tra [L. Q.] e GSK Vaccines s.r.l., di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 19.2.2009 e condanna la società a riammettere in servizio il lavoratore. Condanna altresì GSK al pagamento, in favore di [L. Q.], dell’indennità risarcitoria di cui all’art. 32 comma 5 della L. 183/2010 nella misura di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, maggiorato il dovuto di rivalutazione monetaria e interessi legali ex art. 429 c.p.c. dall’apparente cessazione del rapporto di lavoro al saldo. Condanna GSK alla rifusione delle spese dell’intero giudizio in favore dei lavoratori che liquida in € 12.087,00 oltre accessori di legge per il primo grado di giudizio, € 8.782,50 oltre accessori di legge per il grado di appello, € 9.212,50 oltre accessori di legge per il giudizio di Cassazione e in € 8.782,50 oltre accessori di legge per la presente fase di rinvio, somme queste complessive da ripartirsi in parti uguali tra i lavoratori. Dichiara compensate le spese processuali di pertinenza di Randstad Italia s.p.a. e Manpower s.p.a. Nulla sulle spese di (…) rimasta contumace. Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 19.5.2022»;

che, secondo l’opponente GSK, il precetto, intimante il pagamento di una somma a titolo di indennità sostitutiva ai sensi dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970, sarebbe privo di titolo esecutivo fondante in quanto il dispositivo di sentenza – titolo azionato esecutivamente – contiene la sola condanna al pagamento dell’indennità risarcitoria ai sensi dell’art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010;

che, in punto di rilevanza, il giudice a quo ritiene che «per l’interpretazione ed applicazione alla fattispecie per la sua decisione, al fine di dare ingresso all’attuazione del rapporto obbligatorio pecuniario, indennitario e alternativo, nell’auspicio dei lavoratori, ovvero di impedirlo, in quello antitetico datoriale», vengano in rilievo entrambe le succitate disposizioni, delle quali l’art. 32, poiché afferente al rapporto di lavoro a termine, «diviene principale oggetto di lettura, interpretazione e applicazione al fine di decidere il caso concreto», mentre l’art. 18 della legge n. 300 del 1970 rileva «solo in subordinata ipotesi»;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente ravvisa un contrasto tra le disposizioni censurate e l’art. 3 Cost., nella parte in cui non contemplano la facoltà del lavoratore precario, che non intenda accettare l’offerta riassuntiva all’esito dell’accertamento della nullità del contratto a termine, di optare per una tutela indennitaria in luogo della riammissione al lavoro;

che, secondo l’ordinanza di rimessione, vi sarebbe un’irragionevole diversità di trattamento tra la situazione del lavoratore illegittimamente licenziato, al quale è accordata la facoltà di scelta in questione, e la posizione del lavoratore a termine, che invece non ne beneficia, nonostante l’analogia tra le due situazioni;

che con atto depositato il 19 marzo 2024, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, argomentando per l’inammissibilità e la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata;

che, ad avviso della difesa erariale, la questione sarebbe irrilevante, in quanto scaturente da una causa di opposizione a precetto intimato in forza di una sentenza pronunciata in una causa di lavoro, rispetto alla quale il giudice dell’opposizione deve limitarsi ad accertare l’esistenza del diritto di procedere a esecuzione forzata in relazione al credito precettato, senza poter decidere nuovamente la questione già cristallizzata nel titolo esecutivo;

che dunque la risoluzione della controversia all’esame del rimettente prescinderebbe dall’applicazione della disposizione sospettata di incostituzionalità;

che, nel merito, la questione sarebbe comunque non fondata in ragione dell’ampio margine di discrezionalità legislativa sotteso alla scelta di diversificare la tutela risarcitoria in relazione a condotte datoriali non connotate dal medesimo disvalore sociale.

Considerato che il rimettente censura l’art. 32 della legge n. 183 del 2010 e, in subordine, l’art. 18 della legge n. 300 del 1970, per violazione dell’art. 3 Cost., sotto il profilo dell’irragionevole disparità di trattamento, nella parte in cui non è contemplata per il lavoratore precario, che non intenda accettare la riammissione in servizio all’esito dell’accertamento della nullità del termine apposto al contratto, la possibilità di chiedere l’indennità sostitutiva della reintegra, invece prevista per il lavoratore illegittimamente licenziato;

che la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata nel corso di un giudizio di opposizione a precetto, intimato sulla base di una pronuncia della Corte d’appello di Firenze che ha condannato il datore di lavoro, opponente, alla riammissione in servizio del lavoratore e al pagamento, in suo favore, dell’indennità risarcitoria di cui all’art. 32, comma 5, della legge n. 183 del 2010;

che l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato è fondata;

che, infatti, non è dato al giudice dell’opposizione all’esecuzione il potere di decidere la fondatezza del rapporto sottostante il titolo stesso e, quindi, la questione dell’ambito di estensione della tutela indennitaria del lavoratore a termine non rileva nel giudizio a quo;

che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare in un’analoga vicenda, «nel corso del giudizio di opposizione all’esecuzione, promosso ex art. 615 c.p.c. (quando l’azione esecutiva è fondata su di una sentenza, come nel caso di specie) non sono riproponibili contestazioni concernenti l’oggetto del giudizio di cognizione che ha dato luogo alla sentenza fatta valere in executivis. Dette censure, invero, possono esser proposte soltanto davanti al giudice dell’appello o in Cassazione, ma mai davanti al giudice dell’opposizione all’esecuzione, essendo vietata in tale sede la ripetizione sotto qualunque profilo del processo di cognizione già esaurito. Tanto premesso è evidente che il sistema di preclusioni processuali appena ricordato, impedisce al giudice a quo di applicare le norme da lui denunciate, che attengono al processo di cognizione, con conseguente irrilevanza delle questioni sottoposte a questa Corte» (sentenza n. 18 del 1978);

che, quindi, «nella fase dell’esecuzione sono prive di rilevanza le questioni aventi a oggetto norme che attengono al giudizio di cognizione (v. sentenze n. 208 del 1987 e n. 18 del 1978, nonché ordinanze n. 14 del 2000, n. 143 del 1999 e n. 437 del 1997)» (ordinanza n. 574 del 2000);

che per tale ragione, la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 11, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro) e, in via subordinata, dell’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Siena, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2024.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2024