ORDINANZA N. 14
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
- Dott. Franco BILE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 168, comma 1, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 23 dicembre 1998 dal Tribunale di Torre Annunziata nel procedimento di esecuzione nei confronti di M. N., iscritta al n. 109 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1999.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 novembre 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Tribunale di Torre Annunziata ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 168, primo comma, del codice penale, «nella parte in cui non prevede la revoca della terza sospensione condizionale della pena concessa ai sensi degli artt. 444 e ss.» del codice di procedura penale;
che - premesso di essere stato investito, in qualità di giudice dell'esecuzione, di una richiesta del pubblico ministero di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena concessa a soggetto nei cui confronti era stata pronunciata una prima sentenza di condanna a pena detentiva e due successive sentenze di applicazione della pena detentiva su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen., divenute irrevocabili entro il termine previsto dall'art. 168, primo comma, cod. pen. per la revoca di diritto del beneficio - il rimettente rileva che, sebbene ai sensi degli artt. 163 e 164 cod. pen. la sospensione condizionale della pena non possa essere concessa più di due volte, in base al "diritto vivente" nessuno dei benefici concessi, e quindi neppure il terzo, palesemente illegittimo, potrebbe essere revocato;
che il giudice a quo espressamente dichiara di non volere mettere in discussione il costante indirizzo giurisprudenziale, in base al quale la sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., non avendo natura di sentenza di condanna, non sarebbe idonea a determinare la revoca dei benefici concessi in precedenza, ma rileva che al giudice dell'esecuzione non dovrebbe essere inibita la revoca della terza sospensione condizionale erroneamente concessa;
che il rimettente, infatti, ritiene che se l'erronea concessione per la terza volta della sospensione condizionale della pena - presumibilmente determinata dall'inevitabile lasso di tempo necessario per aggiornare il casellario giudiziale - fosse stata rilevata durante la fase della cognizione, la sentenza di applicazione della pena condizionalmente sospesa a favore di soggetto cui in precedenza il beneficio era stato concesso già due volte, impugnata ai sensi dell'art. 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., avrebbe dovuto essere annullata;
che, di conseguenza, l'omessa previsione del potere del giudice dell'esecuzione di revocare la sospensione condizionale della pena erroneamente concessa per la terza volta si porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., a causa dell'irrazionale disparità di trattamento riservata ai soggetti che hanno già usufruito due volte del beneficio, i quali, solo a causa dei tempi più o meno lunghi necessari per aggiornare il casellario giudiziale, sarebbero assoggettati ad una diversa disciplina della revoca della terza sospensione condizionale della pena a seconda che l'illegittima concessione venga rilevata durante il processo di cognizione ovvero in fase di esecuzione;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta inammissibilità della questione.
Considerato che il Tribunale di Torre Annunziata, nel porre la questione di legittimità costituzionale dell'art. 168, primo comma, cod. pen., vorrebbe vedersi attribuito il potere di revocare, in qualità di giudice dell'esecuzione, la sospensione condizionale erroneamente concessa per la terza volta, sul presupposto che il potere di revoca (rectius: di annullamento) avrebbe potuto essere esercitato dal giudice di cognizione (nel caso di specie, trattandosi di sentenza di patteggiamento, dalla Corte di cassazione, in quanto investita del relativo ricorso) ove il tempestivo aggiornamento del casellario giudiziale avesse consentito di rilevare l'erronea concessione del beneficio prima del passaggio in giudicato della sentenza;
che il rimettente, mediante la dedotta questione di costituzionalità, vorrebbe in sostanza essere legittimato ad esercitare, nella sua qualità di giudice dell'esecuzione, un controllo sul contenuto di una sentenza passata in giudicato, correggendo un errore del giudice di cognizione asseritamente dovuto all'inconveniente di fatto del tardivo aggiornamento del casellario giudiziale;
che osta, invece, all'intervento additivo richiesto il principio dell'intangibilità del giudicato, in ossequio al quale la problematica dell'errore di fatto, in iudicando o in procedendo, in cui sia incorso il giudice della cognizione in una sentenza divenuta irrevocabile, è estranea alla competenza del giudice dell'esecuzione (v. sentenze n. 294 del 1995 e n. 28 del 1969; ordinanza n. 413 del 1999);
che, tra l'altro, il giudice a quo vorrebbe estendere la sfera di applicazione dell'art. 168, primo comma, numero 1, cod. pen., relativo ai casi di revoca di diritto della sospensione condizionale della pena precedentemente concessa per l'intervento di un fatto successivo, alla situazione completamente diversa della revoca di una sospensione condizionale originariamente viziata da un errore relativo ai presupposti dell'istituto, in quanto concessa per la terza volta;
che pertanto la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 168, primo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Torre Annunziata, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2000.
Giuliano VASSALLI, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in cancelleria il 17 gennaio 2000.