Sentenza n. 71 del 2023

SENTENZA N. 71

ANNO 2023

Commento alla decisione di

Elena di Carpegna Brivio

Le vie costituzionali della solidarietà comunale. Nota a Corte cost. 71/2023

per g.c. dell'Osservatorio costituzionale

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 172, 174, 563 e 564, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024), promosso dalla Regione Liguria con ricorso notificato il 1° marzo 2022, depositato in cancelleria il 10 marzo 2022, iscritto al n. 26 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 21 febbraio 2023 il Giudice relatore Luca Antonini;

uditi l’avvocato Pietro Piciocchi per la Regione Liguria e l’avvocato dello Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 23 febbraio 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 1° marzo 2022 e depositato il 10 marzo 2022 (reg. ric. n. 26 del 2022), la Regione Liguria, in persona del Presidente pro tempore, ha impugnato l’art. 1, commi 172, 174, 563 e 564, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024), in riferimento agli artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, della Costituzione.

1.1.– La ricorrente premette che l’impugnativa è stata proposta dal Consiglio delle autonomie locali della Regione Liguria, ai sensi dell’art. 32, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in quanto le suddette disposizioni intervengono sulla disciplina del Fondo di solidarietà comunale (d’ora in poi: FSC) – istituito dall’art. 1, comma 380, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)» – incrementandone la dotazione, ma assoggettando le risorse statali aggiuntive «a penetranti vincoli di destinazione» in maniera incoerente con la «disciplina costituzionale degli strumenti di perequazione».

1.2.– Ricostruendo il percorso di attuazione dell’art. 119 Cost., «particolarmente travagliato e […] tuttora largamente incompleto», la ricorrente richiama le previsioni della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), per poi «prendere atto» della «direzione diametralmente opposta» impressa dallo Stato sul sistema della finanza locale, mediante ripetuti tagli lineari.

1.3.– Passando a introdurre le questioni promosse, la Regione Liguria rileva che, a eccezione del comma 564 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021 – la cui funzione sarebbe quella di adeguare l’ammontare complessivo del FSC alle risorse previste nei precedenti commi 172, 174 e 563 – le impugnate disposizioni sarebbero «accomunate dalla definizione di stringenti obiettivi di servizio».

Pertanto, l’auspicata dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate mirerebbe all’eliminazione dei vincoli di destinazione imposti alle maggiori risorse stanziate a valere sul FSC, preservando queste ultime «come necessario apporto di perequazione verticale da parte dello Stato», da ripartire secondo la regola «consistente, segnatamente, nella differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard». Sarebbe questo, infatti, il criterio proprio del fondo perequativo stabilito dall’art. 119, terzo comma, Cost., come declinato dal legislatore ordinario nella «regola generale» di cui all’art. 1, comma 449, lettera c), della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019).

2.– La prima disposizione impugnata, recata dal comma 172 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, «[a]l fine di rimuovere gli squilibri territoriali nell’erogazione del servizio di asilo nido in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione», sostituisce la lettera d-sexies) del richiamato art. 1, comma 449, della legge n. 232 del 2016.

La modifica apportata accresce, nel periodo dall’anno 2022 al 2027, le risorse del FSC da destinare ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione Siciliana e della Regione autonoma Sardegna «quale quota di risorse finalizzata a incrementare in percentuale […] il numero dei posti nei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, sino al raggiungimento di un livello minimo che ciascun comune o bacino territoriale è tenuto a garantire. Il livello minimo da garantire di cui al periodo precedente è definito quale numero dei posti dei predetti servizi educativi per l’infanzia, equivalenti in termini di costo standard al servizio a tempo pieno dei nidi, in proporzione alla popolazione ricompresa nella fascia di età da 3 a 36 mesi, ed è fissato su base locale nel 33 per cento, inclusivo del servizio privato».

La disposizione impugnata prevede altresì che: a) i comuni, in forma singola o associata, garantiscono il raggiungimento del «livello essenziale della prestazione attraverso obiettivi di servizio annuali», volti a conseguire dapprima la soglia del 28,88 per cento e, nell’anno 2027, il livello minimo garantito del 33 per cento; b) il contributo costituito dall’incremento del FSC è ripartito annualmente con decreto ministeriale, «previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, su proposta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, tenendo conto, ove disponibili, dei costi standard per la funzione “Asili nido” approvati dalla stessa Commissione»; c) con il richiamato decreto «sono altresì disciplinati gli obiettivi di potenziamento dei posti di asili nido da conseguire, per ciascuna fascia demografica del bacino territoriale di appartenenza, con le risorse assegnate, e le modalità di monitoraggio sull’utilizzo delle risorse stesse».

Alla luce del contenuto della norma statale, la ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, nel sistema dell’art. 119 Cost., «per il finanziamento delle normali funzioni di Regioni ed Enti locali, lo Stato può erogare solo fondi senza vincoli specifici di destinazione» (è citata la sentenza n. 370 del 2003).

Inoltre, ad avviso della Regione Liguria, il legislatore statale dovrebbe conformarsi a un «principio di tipicità degli strumenti perequativi» che si manifesterebbe nelle soluzioni adottate nei commi terzo e quinto dell’art. 119 Cost., relativi, rispettivamente, al fondo perequativo senza vincoli di destinazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante, e alla contribuzione perequativa di tipo speciale in favore di determinati soggetti per rispondere alle finalità prefigurate nella medesima norma costituzionale.

2.1.– Rispetto a tali premesse la norma impugnata, di cui al comma 172 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, avrebbe la peculiarità di innestare il contributo settoriale per gli asili nido direttamente sul FSC – il cui ammontare verrebbe conseguentemente innalzato in forza del successivo comma 564, parimenti denunciato –, mentre il fondo in questione dovrebbe «essere ripartito in ragione del criterio della minore capacità fiscale per abitante stabilito dall’art. 119, comma 3, Cost.», non potendo «sopporta[re], pertanto, alcun vincolo di destinazione».

La disposizione in esame, inoltre, riguardando solo i comuni che non garantiscono il livello minimo dei posti negli asili nido, «dissimul[erebbe] nella realtà un intervento di perequazione speciale a vantaggio di destinatari determinati» che, essendo riconducibile semmai all’ambito di applicazione dell’art. 119, quinto comma, Cost., «in alcun modo p[otrebbe] trovare ospitalità» nel FSC, principale strumento con cui lo Stato assicurerebbe agli enti locali l’esercizio delle funzioni loro attribuite, secondo la fondamentale clausola di salvaguardia di cui al quarto comma del medesimo art. 119 Cost.

2.2.– Ad avviso della ricorrente, inoltre, l’esercizio della competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. relativa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) «non p[otrebbe] risolversi nell’imposizione di continui puntuali vincoli di destinazione a discapito di strumenti generali di finanziamento degli enti locali, perché ciò costituirebbe una surrettizia modalità di elusione della garanzia costituzionale dell’autonomia finanziaria locale».

Nella specie, inoltre, l’allocazione delle risorse in questione nel FSC ne snaturerebbe la funzione di principale strumento di perequazione, da ripartire a vantaggio dei territori con minore capacità fiscale per abitante.

2.3.– A quest’ultimo riguardo, la ricorrente ricorda che, secondo l’art. 13, comma 1, lettera a), della legge n. 42 del 2009, l’ammontare del fondo perequativo degli enti locali per le funzioni fondamentali avrebbe dovuto essere determinato senza «introdurre vincoli di destinazione di sorta» e fissato «in misura uguale alla differenza tra il totale dei fabbisogni standard per le medesime funzioni e il totale delle entrate standardizzate di applicazione generale spettanti ai comuni e alle province».

Se tale previsione fosse stata attuata, gli enti locali avrebbero potuto soddisfare all’esigenza di assolvere ai LEP come definiti dallo Stato, il quale, a sua volta, sarebbe potuto intervenire con le misure mirate di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost., al ricorrere delle ipotesi ivi previste.

Invece, nel contesto in esame, il legislatore statale, «deviando palesemente dal paradigma costituzionale», avrebbe usato in modo inammissibile «la già deficitaria perequazione generale […] per innestare su di essa interventi di carattere settoriale a beneficio di alcune amministrazioni in condizioni di decozione».

2.4.– D’altro canto, la difesa regionale richiama anche la giurisprudenza di questa Corte sulla dinamica dei rapporti finanziari tra Stato e regioni con riferimento al confine tra livelli essenziali di assistenza e vincoli di destinazione (è citata la sentenza n. 131 [recte: 132] del 2021): allo Stato spetterebbe la definizione dei LEP e la quantificazione di un ammontare di risorse tali da garantire l’esercizio delle funzioni assegnate agli enti locali; questi ultimi, entro i confini di tali risorse complessive e senza vincoli di destinazione, avrebbero «la responsabilità di garantire l’osservanza di siffatti livelli, dandone anche evidenza contabile», salvo il potere statale di intervenire con misure settoriali ai sensi dell’art. 119, quinto comma, Cost.

In sostanza, nel quadro a regime, la disciplina dei LEP esigerebbe un ammontare di risorse congruo, «avuto riguardo al totale del costo [dei] fabbisogni standard delle funzioni fondamentali», e, non essendo ciò avvenuto, si cercherebbe di ovviare «in maniera oltremodo scomposta», introducendo vincoli di destinazione negli strumenti generali di finanziamento degli enti locali.

Secondo il corretto paradigma dell’autonomia, infatti, l’obbligo gravante sullo Stato riguarderebbe il finanziamento dell’esercizio integrale delle funzioni fondamentali, rispetto alle quali i LEP, «[sarebbero] un “di cui” delle prestazioni» che ad esse afferiscono.

2.5.– In conclusione, la Regione Liguria ritiene che la norma impugnata contrasti:

a) con l’art. 5 Cost., violando il principio autonomista;

b) con l’art. 119, primo comma, Cost., per l’ingerenza dello Stato nell’esercizio delle funzioni degli enti locali realizzata mediante l’introduzione del vincolo di destinazione a valere su una quota delle risorse del FSC;

c) con l’art. 119, terzo comma, Cost., che escluderebbe vincoli di destinazione per il fondo perequativo, prevedendo che questo vada ripartito secondo il criterio della minore capacità fiscale per abitante;

d) con l’art. 119, quarto comma, Cost., poiché, in un quadro di sottofinanziamento delle funzioni fondamentali, il vincolo di destinazione introdotto «sottra[rrebbe] risorse destinate a garantire l’integrale esercizio delle funzioni in favore della generalità degli enti locali» e non ridurrebbe il disavanzo tra valore complessivo dei fabbisogni standard, da un lato, e valore complessivo delle capacità fiscali, dall’altro;

e) con l’art. 119, quinto comma, Cost., in quanto l’intervento previsto in favore di determinati comuni potrebbe giustificarsi «solo nell’ambito di tale forma “speciale” di perequazione e non certamente attraverso quella di carattere generale».

L’auspicata dichiarazione di illegittimità costituzionale dovrebbe attingere soltanto la parte della disposizione espressamente impugnata, ovvero l’incipit del comma 172 – che enuncia le finalità dell’intervento, in attuazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. – e i contenuti della lettera d-sexies), come sostituita, relativi alla imposizione del vincolo di destinazione e alle modalità di riparto del contributo.

Pertanto, ferma rimanendo la parte della disposizione che destina ai comuni gli importi aggiuntivi del FSC negli anni dal 2022 al 2027 e successivi – non attinta dalle censure – la restante formulazione andrebbe sostituita dalla previsione per cui il riparto delle maggiori quote del FSC avvenga «secondo la regola» di cui all’art. 1, comma 449, lettera c), primo periodo, della legge n. 232 del 2016, ossia «sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 30 settembre dell’anno precedente a quello di riferimento».

3.– È impugnato anche il comma 174 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, che aggiunge la lettera d-octies) al comma 449 dell’art. 1 della legge n. 232 del 2016.

La previsione così introdotta, analogamente al precedente comma 172, accresce il FSC nel periodo che va dal 2022 al 2027 di una quota annua – destinata ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione Siciliana e della Regione autonoma Sardegna – «finalizzata a incrementare, nel limite delle risorse disponibili per ciascun anno e dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), il numero di studenti disabili frequentanti la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, privi di autonomia a cui viene fornito il trasporto per raggiungere la sede scolastica».

La medesima disposizione, inoltre: a) demanda la ripartizione del suddetto contributo a un decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, «su proposta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, tenendo conto, ove disponibili, dei costi standard relativi alla componente trasporto disabili della funzione “Istruzione pubblica” approvati dalla stessa Commissione»; b) aggiunge che, fino alla definizione dei LEP, con lo stesso atto «sono altresì disciplinati gli obiettivi di incremento della percentuale di studenti disabili trasportati, da conseguire con le risorse assegnate, e le modalità di monitoraggio sull’utilizzo delle risorse stesse»; c) stabilisce l’obbligo del recupero delle somme che, a seguito del suddetto monitoraggio, «risultassero non destinate ad assicurare l’obiettivo stabilito di incremento degli studenti disabili trasportati gratuitamente».

3.1.– La ricorrente riconosce l’importanza del contributo stabilito dal legislatore statale, anche nelle more della definizione dei LEP inerenti al servizio di trasporto scolastico degli studenti disabili; ma ritiene che ciò dovrebbe avvenire in conformità al dettato costituzionale, e quindi al di fuori della istituzione di fondi statali a destinazione vincolata, preclusa nelle materie di competenza residuale regionale, nelle quali rientrerebbe quella del trasporto pubblico locale (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 40 del 2022 e n. 162 [recte:163] del 2021).

La disposizione impugnata, al contrario, nella parte in cui vincola una quota del FSC a sostegno solo di alcuni comuni che non assicurano gli obiettivi di servizio, realizzerebbe «una misura selettiva che in alcun modo p[otrebbe] trovare collocazione sullo strumento generale di perequazione», peraltro sottodimensionato rispetto alle esigenze di copertura dei costi complessivi dei fabbisogni standard connessi alle funzioni.

Richiamando le considerazioni svolte in precedenza, il ricorso esclude che un intervento di siffatta natura, eventualmente inquadrabile tra le misure speciali di cui all’art. 119, quinto comma, Cost., possa innestarsi nel FSC, risultando violato il principio dell’autonomia finanziaria locale e il relativo corollario del divieto di vincoli di destinazione, nonché la regola del riparto secondo il criterio della minore capacità fiscale per abitante, «in spregio» ai parametri di cui agli artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, Cost.

In senso contrario, non potrebbe valere il richiamo alla competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto inidonea a derogare ai principi che disciplinerebbero il FSC, principale strumento di perequazione.

3.2.– Pertanto, anche per la disposizione in esame – impugnata fuorché nella parte in cui incrementa gli importi annui del FSC – la Regione Liguria chiede «una pronuncia di carattere sostitutivo» che, rimossi gli enunciati che impongono il vincolo di destinazione, integri la norma statale con la «previsione, costituzionalmente obbligata, del criterio generale di riparto del fondo» di cui al già richiamato art. 1, comma 449, lettera c), primo periodo, della legge n. 232 del 2016.

4.– Con il successivo motivo è impugnato il comma 563 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, anch’esso in riferimento agli artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, Cost.

La disposizione in esame apporta modificazioni alla lettera d-quinquies) dell’art. 1, comma 449, della legge n. 232 del 2016, che quantifica importi annui crescenti tra l’anno 2022 e il 2030 «quale quota di risorse finalizzata al finanziamento e allo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata dai comuni delle regioni a statuto ordinario».

In particolare, «[p]er le medesime finalità» ora indicate, essa provvede a integrare le risorse del FSC, con importi annui crescenti tra l’anno 2022 e il 2030, «in favore dei comuni della Regione siciliana e della regione Sardegna», disponendo altresì la ripartizione del contributo con decreto ministeriale, tenendo conto dei fabbisogni standard, sulla base di un’istruttoria tecnica condotta dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, allo scopo integrata con i rappresentanti delle due Regioni, con il supporto di esperti del settore e previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Con il medesimo decreto sono disciplinati gli obiettivi di servizio e le modalità di monitoraggio e di eventuale recupero dei contributi assegnati.

4.1.– Sebbene non intenda contestare la scelta del legislatore statale di sostenere particolarmente i comuni delle due Regioni insulari, la ricorrente rileva che l’intervento in questione, all’evidenza rientrante nelle misure di cui all’art. 119, quinto comma, Cost., «non p[otrebbe] in alcun modo andare a detrimento delle risorse allocate» sul FSC di cui tutti i comuni italiani dovrebbero potere beneficiare secondo il «criterio di riparto, costituzionalmente obbligato», stabilito dal già richiamato art. 1, comma 449, lettera c), della legge n. 232 del 2016.

Anche la disposizione impugnata sarebbe lesiva, dunque, dell’art. 119 Cost., in forza del quale non potrebbero essere introdotti vincoli di destinazione a valere sulle quote del FSC e il fondo perequativo andrebbe ripartito a beneficio dei territori con minore capacità fiscale per abitante. Parimenti violato sarebbe il principio di tipicità degli strumenti di perequazione.

4.2.– Peraltro, al fine di non penalizzare i comuni beneficiari dei contributi oggetto della norma impugnata, la ricorrente chiede a questa Corte di adottare una pronuncia di carattere sostitutivo tale da assicurare il mantenimento degli stessi in misura equivalente, riconducendoli tuttavia all’ambito della perequazione speciale di cui all’art. 119, quinto comma, Cost., con la conseguenza che la collocazione al di fuori dal FSC comporterebbe la necessità che lo Stato provveda a finanziarli ex novo.

Quanto, invece, alle maggiori risorse allocate sul FSC in forza della disposizione impugnata, e fermo restando l’ammontare complessivo del suddetto fondo come determinato dal successivo comma 564, la ricorrente ritiene che, venuto meno il vincolo di destinazione, esse vadano ripartite secondo la regola generale, «da estrapolarsi anche implicitamente», del differenziale tra capacità fiscali e fabbisogni standard.

5.– Infine, è impugnato il comma 564 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, che, «[i]n considerazione di quanto disposto dai commi 172, 173, 174 e 563 del presente articolo,» ridetermina l’importo complessivo del FSC per ciascun anno dal 2022 al 2030 – e, nella misura di quest’ultimo anno, anche per i successivi –, modificando di conseguenza l’art. 1, comma 448, della legge n. 232 del 2016, che tale dotazione stabilisce.

Ad avviso della ricorrente la norma statale – impugnata nel solo riportato inciso iniziale, dove richiama le altre pure impugnate (ovvero i commi 172, 174 e 563) – adeguerebbe l’ammontare del FSC a decorrere dall’anno 2022, ma «“cristallizzando” il vincolo di destinazione dei maggiori finanziamenti attraverso il rinvio ai commi citati».

Sarebbero pertanto violati gli artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, Cost., sotto il profilo del divieto dell’introduzione di vincoli di destinazione e del criterio di distribuzione delle risorse del fondo perequativo, oltre che del canone dell’autonomia finanziaria degli enti locali, del principio autonomista e del principio di tipicità degli strumenti perequativi.

Per effetto dell’auspicata dichiarazione di illegittimità costituzionale, «l’intero ammontare degli ulteriori finanziamenti» stabiliti dal citato comma 564 «sarebbe messo a disposizione per la distribuzione alla generalità dei Comuni secondo la più volte citata regola, costituzionalmente obbligata, della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard», sancita dall’art. 1, comma 449, lettera c), della legge n. 232 del 2016.

6.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio con atto depositato il 9 aprile 2022, chiedendo di dichiarare il ricorso inammissibile e, in subordine, non fondato.

6.1.– Ad avviso dell’Avvocatura, il petitum della ricorrente ambirebbe alla riformulazione della «disposizione impugnata» conservando lo stanziamento ed eliminando il vincolo di specifica destinazione. Tale risultato esulerebbe, però, dai poteri di questa Corte, presupponendo «l’integrale modifica di direzione della volontà del legislatore», attraverso una nuova norma, coniata per indirizzare il finanziamento non più a garanzia di «specifici LEP», ma «verso finalità generali di perequazione diverse da quelle volute dal legislatore» medesimo.

Questa Corte sarebbe «chiamata inammissibilmente a sostituirsi alla discrezionalità del legislatore», poiché la normativa di risulta mirerebbe a ottenere una «ripartizione alternativa» delle risorse, con un intervento che «stravolgerebbe la portata normativa della coesione territoriale» e «il dovere costituzionale dello Stato di garantire i livelli essenziali delle prestazioni anche nei territori meno sviluppati».

6.2.– Nel merito, la difesa statale ritiene che «nulla impedi[rebbe]» allo Stato di stanziare risorse aggiuntive per le finalità considerate dall’art. 119, quinto comma, Cost. «nell’ambito del contenitore finanziario del FSC», specificandone il carattere vincolato e il meccanismo di assegnazione dedicato alle speciali finalità perequative.

In altri termini, non sarebbe «il “contenitore” finanziario ad essere dirimente ai sensi della Costituzione» per affermare la sussumibilità delle suddette risorse nell’ambito del terzo comma o in quello del quinto comma dell’art. 119 Cost., «ma la natura e la finalità dello specifico stanziamento».

Nella fattispecie, l’intervento normativo e finanziario andrebbe senza dubbio inquadrato nella seconda delle citate previsioni costituzionali, avendo l’obiettivo di promuovere la coesione territoriale e di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, evitando discriminazioni in base al luogo di residenza.

Inoltre, quand’anche si comprovasse l’effettivo sottofinanziamento delle funzioni fondamentali dei comuni, si tratterebbe di una circostanza di «natura fattuale [e] del tutto inconferente», dal momento che l’entità degli stanziamenti stabiliti dal legislatore e la loro congruità rispetto agli obiettivi perequativi della capacità fiscale degli enti locali ben potrebbero essere contestate «attraverso l’impugnativa delle disposizioni statali che assegnano risorse esigue».

Pertanto, la pretesa di una più incisiva azione statale «nel finanziamento “verticale” del FSC» non potrebbe «inibire al legislatore statale interventi di perequazione speciale, così determinando il “congelamento” del quinto comma dell’articolo 119 Cost. e il “sequestro” delle risorse» statali stanziate in attuazione del medesimo «per finanziare [i] LEP» nelle aree in cui vi sarebbe «maggiore necessità».

D’altro canto, l’intervento in questione darebbe attuazione al monito contenuto nella sentenza n. 220 del 2021 di questa Corte in ordine al ritardo nella definizione dei LEP, destinando coerentemente le risorse per il finanziamento degli stessi, attraverso un approccio di perequazione speciale in favore delle aree meno sviluppate. Tali risorse, precisa la difesa statale, non potrebbero essere “distratte” dalle suddette finalità a vantaggio di quelle perequative generali di cui all’art. 119, terzo comma, Cost., «sino a che le risorse del FSC non siano riconosciute come ottimali e sufficienti dagli enti locali».

Inoltre, secondo l’Avvocatura, per un verso, «non par[rebbe] configurabile un divieto costituzionale di garantire i LEP, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lett. m), Cost., anche attraverso gli interventi speciali di cui all’articolo 119, quinto comma, Cost.» e, per altro verso, «neppure si ricav[erebbe] dalla Costituzione il divieto di impiegare a tali fini risorse appostate sul bilancio e destinate originariamente a finalità di natura perequativa».

Infine, dalla natura perequativa del FSC non discenderebbe la sottrazione delle relative risorse alle esigenze di solidarietà o di riequilibrio ove destinate dal legislatore statale alla fruizione di diritti essenziali.

7.– In prossimità dell’udienza pubblica la Regione Liguria ha depositato una memoria che, anzitutto, confuta l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dalla difesa statale sulla base dell’asserito carattere manipolativo dell’intervento richiesto a questa Corte.

7.1.– Ad avviso della ricorrente, nella specie non esisterebbe una pluralità di alternative idonee a superare il prospettato vizio d’illegittimità costituzionale, «bensì emerg[erebbe] una sola ed unica soluzione», ossia l’applicazione del «criterio di riparto del fondo perequativo stabilito dal comma terzo dell’art. 119, Cost.». Ciò escluderebbe l’esito d’inammissibilità e, d’altro canto, il legislatore statale, lungi dall’essere privato della propria capacità di disciplinare la materia, «rest[erebbe] libero di attivare» i propri interventi di perequazione speciale, destinando a ciò le risorse ritenute congrue, «nel rispetto del paradigma costituzionale».

Quand’anche si ritenesse che il vulnus costituzionale possa essere superato con una molteplicità di alternative, la ricorrente richiama il recente orientamento di questa Corte riguardo alle «pronunce di mera incompatibilità con monito al legislatore» e alla sufficienza di soluzioni costituzionalmente adeguate in presenza di precisi punti di riferimento e soluzioni già esistenti, offerti dal sistema nel suo complesso.

Al riguardo, il terzo comma dell’art. 119 Cost. rappresenterebbe un punto di riferimento per il legislatore, laddove vieta vincoli di destinazione e prevede che il fondo perequativo sia ripartito secondo il criterio delle minori capacità fiscali per abitante. E del resto, la disciplina legislativa ordinaria sulla perequazione costituirebbe la soluzione esistente utilizzabile per sostituire la normativa impugnata.

7.2.– Nel merito, la Regione osserva che la difesa statale avrebbe «riconosc[iuto], con piena valenza confessoria, la natura di perequazione speciale delle misure in oggetto» e comunque, al contrario di quanto asserito dall’Avvocatura generale, nella questione promossa sarebbe «tutt’altro che irrilevante» l’utilizzo del FSC come “contenitore” finanziario dei suddetti interventi, dal momento che ciò significherebbe «snaturare completamente lo strumento generale perequativo e distorcere gravemente il disegno costituzionale di autonomia finanziaria». Infatti «le risorse via via inserite» nel FSC vincolate a specifici obiettivi avrebbero «ormai assunto una prevalenza pressoché assoluta sull’ammontare complessivo dello stanziamento del fondo nella parte perequativa».

In particolare, osserva ancora la ricorrente, «su due miliardi e mezzo di incremento del Fondo di solidarietà comunale nel decennio [2020-2030], solo 560 milioni (recupero taglio DL 66/2014) e parte dei 764 milioni (potenziamento servizi sociali) non sono gravati da uno stretto vincolo di destinazione all’attivazione di nuovi servizi». Da ciò conseguirebbe che «lo schema fondato su fondi vincolati (pur meritori) per determinati servizi segn[erebbe] una grave distanza dal disegno costituzionale, basato su LEP, sufficienza delle risorse e autonomia degli enti» (sono richiamati i documenti, allegati alla memoria, presentati dalla Fondazione IFEL e dalla Ragioneria generale dello Stato alla conferenza sulla finanza e l’economia locale organizzata dalla citata Fondazione nel gennaio del 2023).

Tale tendenza legislativa sottenderebbe «ad un drastico ribaltamento del rapporto tra la perequazione generale di cui al comma terzo e quella speciale di cui al comma quinto dell’art. 119, Cost.» e determinerebbe «una confusione certamente inammissibile», dal momento che il FSC verrebbe «strumentalizzato per dirigere in maniera sempre più vincolante la spesa degli enti locali», anziché, secondo la previsione costituzionale, essere utilizzato «per rimediare alle divaricazioni territoriali nel rispetto del principio di autonomia finanziaria».

La difesa regionale aggiunge che le risorse vincolate oggetto delle norme impugnate non sarebbero «affatto “aggiuntive”» rispetto a quelle previste per finanziare integralmente le funzioni attribuite agli enti territoriali, «essendo, in contrario, appena sufficienti ad assicurare il conseguimento di alcuni LEP». Ciò dimostrerebbe le gravi carenze dell’attuale sistema, in contrasto con la disciplina della legge n. 42 del 2009, per la quale il finanziamento dei LEP si attuerebbe prima di tutto con la dotazione di risorse adeguate al finanziamento integrale delle funzioni cui gli stessi accedono, senza instaurare vincoli di sorta, e solo ove fosse necessario provvedere all’attuazione dei LEP in determinati territori, potrebbe intervenire la perequazione speciale.

Peraltro, nei confronti degli enti «inerti nell’attuazione dei LEP» nonostante l’adeguato finanziamento con gli strumenti generali, sarebbero ipotizzabili anche poteri statali sanzionatori o sostitutivi.

7.3.– Da ultimo, la memoria regionale prospetta la possibilità che gli effetti dell’auspicato accoglimento delle questioni siano temporalmente modulati, facendo salvi eventuali procedimenti di spesa in corso (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 370 del 2003).

Considerato in diritto

1.– Con ricorso depositato il 10 marzo 2022, la Regione Liguria, in persona del Presidente pro tempore, ha impugnato l’art. 1, commi 172, 174, 563 e 564, della legge n. 234 del 2021, in riferimento agli artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, Cost.

Le prime tre disposizioni intervengono sulla disciplina del Fondo di solidarietà comunale (FSC) – istituito dall’art. 1, comma 380, lettera b), della legge n. 228 del 2012 – incrementandone la dotazione, attraverso risorse statali, in modo consistente e progressivo; nel contempo stabiliscono specifici vincoli di destinazione sulla relativa spesa, in funzione del raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni o, nell’attesa della definizione di questi ultimi, di obiettivi di servizio.

La quarta ridetermina, in considerazione delle nuove risorse, l’ammontare complessivo del FSC.

Nel loro insieme, le questioni di legittimità costituzionale promosse dalla ricorrente chiedono la eliminazione dei «penetranti vincoli di destinazione», che sarebbero stati imposti alle maggiori risorse stanziate a valere sul FSC, in contrasto con la «disciplina costituzionale degli strumenti di perequazione».

Ciò in quanto la giurisprudenza di questa Corte avrebbe costantemente ribadito il divieto di istituire fondi generali a carattere vincolato, nonché affermato la necessità del finanziamento integrale delle funzioni attribuite, e richiamato il principio della tipicità degli strumenti perequativi di cui al terzo e al quinto comma dell’art. 119 Cost.

Le impugnazioni mirano altresì a preservare le nuove risorse «come necessario apporto di perequazione verticale da parte dello Stato», da ripartire secondo la regola «consistente, segnatamente, nella differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard». Sarebbe questo, infatti, il criterio proprio del fondo perequativo stabilito dall’art. 119, terzo comma, Cost., come declinato dal legislatore ordinario nella «regola generale» di cui all’art. 1, comma 449, lettera c), della legge n. 232 del 2016.

2.– In particolare, la prima disposizione impugnata, di cui al comma 172 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, sostituisce la lettera d-sexies) del richiamato art. 1, comma 449, introdotta dall’art. 1, comma 792, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023).

Per effetto del citato comma 172, da un lato, risulta incrementata la quota del FSC disciplinata dalla richiamata lettera d-sexies) – ciò di cui la ricorrente non si duole –; dall’altro lato, la quota medesima viene finalizzata a incrementare l’offerta di posti nei servizi educativi per l’infanzia (i cosiddetti asili nido) in modo che, impiegando tali risorse e attraverso obiettivi di servizio annuali, i comuni giungano a garantire nell’anno 2027 un LEP, inclusivo del servizio privato, consistente in un numero di posti pari al 33 per cento della popolazione ricompresa nella fascia di età da 3 a 36 mesi. Funzionale a tale percorso è l’ulteriore previsione, contenuta nella disposizione impugnata, delle modalità di monitoraggio sull’utilizzo delle risorse stesse, la cui disciplina è demandata al decreto ministeriale con cui, annualmente, il contributo finanziario è ripartito.

2.1.– La censura della ricorrente contesta anzitutto l’innesto di siffatto contributo settoriale per gli asili nido direttamente sul FSC, dal momento che quest’ultimo, ai sensi dell’art. 119, terzo comma, Cost., non potrebbe sopportare alcun vincolo di destinazione.

Quand’anche, come la disposizione lascerebbe intendere, l’intervento adottato vada ricondotto a un intervento di perequazione speciale a vantaggio di destinatari determinati, lo stesso non potrebbe comunque «trovare ospitalità» nel FSC, dovendo invece rinvenire giustificazione nell’ambito delle forme previste dall’art. 119, quinto comma, Cost.

Ad avviso della ricorrente, inoltre, l’esercizio della competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., relativa alla determinazione dei LEP, «non p[otrebbe] risolversi nell’imposizione di continui puntuali vincoli di destinazione a discapito di strumenti generali di finanziamento degli enti locali, perché ciò costituirebbe una surrettizia modalità di elusione della garanzia costituzionale dell’autonomia finanziaria locale».

Nella specie, l’allocazione delle risorse in questione nel FSC ne snaturerebbe la funzione di principale strumento di perequazione, dovendo le stesse essere ripartite, come disposto dal terzo comma dell’art. 119 Cost. e dall’art. 13, comma 1, lettera a), della legge n. 42 del 2009, senza vincoli di destinazione, a vantaggio dei territori con minore capacità fiscale per abitante e in base ai fabbisogni standard.

Se tale previsione fosse stata attuata, gli enti locali avrebbero potuto soddisfare l’esigenza di assolvere ai LEP definiti dallo Stato, il quale, a sua volta, sarebbe potuto intervenire con le misure mirate di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost., al ricorrere delle ipotesi ivi previste.

Invece, nel contesto in esame il legislatore statale, «deviando palesemente dal paradigma costituzionale», avrebbe usato in modo inammissibile «la già deficitaria perequazione generale […] per innestare su di essa interventi di carattere settoriale a beneficio di alcune amministrazioni in condizioni di decozione».

Sarebbero altresì violati l’art. 5 Cost., in relazione al principio autonomista, e l’art. 119, primo e quarto comma, Cost., per l’ingerenza statale nell’esercizio delle funzioni locali, attraverso la introduzione di un vincolo di destinazione e la connessa sottrazione di risorse destinate a garantire l’integrale esercizio delle funzioni.

2.2.– Preliminarmente si deve precisare che le censure fin qui illustrate non risultano sostanzialmente incise dalla modifica apportata alla lettera d-sexies) del comma 449 dell’art. 1 della legge n. 232 del 2016 da parte dell’art. 16, comma 5, del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 (Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali), convertito, con modificazioni, nella legge 21 settembre 2022, n. 142. La citata modifica, infatti, ha soltanto integrato le modalità di monitoraggio sull’utilizzo delle risorse finalizzate al servizio degli asili nido, già stabilite dalla norma impugnata, prevedendo il recupero delle somme che «risultassero non destinate ad assicurare il potenziamento» del servizio stesso (in tema di sopravvenienze normative, nello stesso senso indicato, sentenze n. 194 del 2020 e n. 270 del 2017).

3.– La successiva disposizione impugnata, di cui al comma 174 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, aggiunge la lettera d-octies) al comma 449 dell’art. 1 della legge n. 232 del 2016.

All’interno del FSC è in tal modo introdotta una nuova quota finanziata con risorse statali – non impugnata nella sua previsione quantitativa –, «finalizzata a incrementare, nel limite delle risorse disponibili per ciascun anno e dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), il numero di studenti disabili frequentanti la scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, privi di autonomia a cui viene fornito il trasporto per raggiungere la sede scolastica».

In particolare, la medesima disposizione: a) precisa che, fino alla definizione dei LEP, con il decreto ministeriale di riparto del contributo «sono altresì disciplinati gli obiettivi di incremento della percentuale di studenti disabili trasportati, da conseguire con le risorse assegnate, e le modalità di monitoraggio sull’utilizzo delle risorse stesse»; b) stabilisce l’obbligo del recupero delle somme che, a seguito del suddetto monitoraggio, «risultassero non destinate ad assicurare l’obiettivo stabilito di incremento degli studenti disabili trasportati gratuitamente».

3.1.– Anche le censure formulate in riferimento al richiamato comma 174 lamentano la previsione di un vincolo di destinazione su una quota del FSC, segnalando che l’inserimento nella struttura del fondo stesso di un intervento, come quello in esame, eventualmente inquadrabile tra le misure speciali di cui all’art. 119, quinto comma, Cost., violerebbe il principio dell’autonomia finanziaria locale e il divieto di vincoli di destinazione, «in spregio» ai parametri di cui agli artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, Cost.

4.– È quindi impugnato il comma 563 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, in riferimento ai già evocati artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, Cost.

La disposizione in esame – modificando la lettera d-quinquies) dell’art. 1, comma 449, della legge n. 232 del 2016 – assegna ai comuni della Regione Siciliana e della Regione autonoma Sardegna una specifica quota di risorse finalizzata al finanziamento e allo sviluppo dei servizi sociali comunali, di cui già beneficiano i comuni delle regioni a statuto ordinario.

4.1.– In questa impugnativa, a differenza dalle due precedenti, la ricorrente aspira a una pronuncia di carattere sostitutivo che assicuri ai comuni indicati dalla norma il mantenimento di contributi equivalenti, da disciplinare però con nuove risorse statali al di fuori dal FSC e nell’ambito della perequazione speciale di cui all’art. 119, quinto comma, Cost.

Le risorse previste dalla disposizione impugnata e conglobate nell’ammontare complessivo del suddetto fondo determinato dal successivo comma 564, dovrebbero permanervi senza vincolo di destinazione ed essere così ripartite secondo la già richiamata regola generale; esito, quest’ultimo, che giustificherebbe l’interesse all’impugnativa.

5.– Infine, è impugnato il comma 564 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, che, «[i]n considerazione di quanto disposto dai commi 172, 173, 174 e 563 del presente articolo,» ridetermina l’importo complessivo del FSC per ciascun anno dal 2022 al 2030 – e, nella misura di quest’ultimo anno, anche per i successivi –, modificando di conseguenza l’art. 1, comma 448, della legge n. 232 del 2016, che tale dotazione stabilisce.

Ad avviso della ricorrente la disposizione – impugnata nel solo riportato inciso iniziale, dove richiama i commi 172, 174 e 563 – adeguerebbe l’ammontare del FSC a decorrere dall’anno 2022, ma «“cristallizzando” il vincolo di destinazione dei maggiori finanziamenti attraverso il rinvio ai commi citati».

Sarebbero pertanto violati, per i medesimi motivi già esposti, gli artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, Cost.

Per effetto dell’auspicata dichiarazione di illegittimità costituzionale, l’intero ammontare degli ulteriori finanziamenti tornerebbe ad essere ripartito tra i comuni senza più vincolo di destinazione.

6.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio chiedendo anzitutto di dichiarare inammissibile il ricorso.

Sotteso alle questioni promosse vi sarebbe infatti un petitum manipolativo volto alla riformulazione delle disposizioni impugnate nel senso che lo stanziamento aggiuntivo nel FSC andrebbe conservato ma depurato dal vincolo di specifica destinazione.

In sostanza, questa Corte verrebbe «chiamata inammissibilmente a sostituirsi alla discrezionalità del legislatore», poiché la normativa di risulta mirerebbe a ottenere una «ripartizione alternativa» delle risorse, con «l’integrale modifica di direzione della volontà del legislatore», per cui il finanziamento non sarebbe più a garanzia di «specifici LEP»; ma in tal modo si «stravolgerebbe la portata normativa della coesione territoriale» e «il dovere costituzionale dello Stato di garantire i livelli essenziali delle prestazioni anche nei territori meno sviluppati».

7.– L’eccezione è fondata nei termini di seguito precisati.

Uno degli argomenti addotti dall’Avvocatura per sostenere l’inammissibile carattere manipolativo del petitum recato dalle impugnazioni – che non attengono a profili relativi al riparto di competenze legislative, ma alla corretta declinazione dei meccanismi perequativi di cui all’art. 119 Cost. – evidenzia come il loro accoglimento si tradurrebbe in una radicale riforma del sistema perequativo, che risulterebbe, peraltro, del tutto privato della quota vincolata a «garantire i livelli essenziali delle prestazioni anche nei territori meno sviluppati».

La rimodulazione auspicata dalla ricorrente, in effetti, non è l’unica modalità con la quale è possibile rimediare al vulnus dalla stessa prospettato e derivante, in sostanza, dalla previsione, in contrasto con l’art. 119, terzo comma, Cost., di un vincolo di destinazione sulle risorse inserite nel FSC.

Le modalità con cui ciò può avvenire sono infatti molteplici, senza che se ne possa individuare una costituzionalmente obbligata o adeguata, e, in particolare, queste possono essere individuate dal legislatore senza compromettere quel percorso di definizione e di garanzia dei LEP sulla cui necessità, in più occasioni, questa Corte ha insistito (ex multis, sentenze n. 220 del 2021, n. 197 del 2019 e n. 117 del 2018).

8.– Al fine di precisare quanto sopra è, innanzitutto, opportuno ripercorrere le principali fasi dell’evoluzione della struttura del FSC, chiamato ad attuare il modello cooperativo di federalismo fiscale disegnato dagli artt. 11, 12 e 13 della legge n. 42 del 2009, colmando le differenze di capacità fiscale tra i vari comuni, in modo da garantire il finanziamento integrale delle funzioni fondamentali loro assegnate.

In particolare, l’art. 11, comma 1, lettera b), ha previsto che il finanziamento delle spese relative alle funzioni fondamentali dei comuni, «e dei livelli essenziali delle prestazioni eventualmente da esse implicate avviene in modo da garantirne il finanziamento integrale in base al fabbisogno standard ed è assicurato dai tributi propri, da compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali, da addizionali a tali tributi, la cui manovrabilità è stabilita tenendo conto della dimensione demografica dei comuni per fasce, e dal fondo perequativo».

In questo disegno, al rafforzamento dell’autonomia finanziaria dei comuni e al superamento del modello di finanza derivata, attuato anche attraverso la soppressione dei tradizionali trasferimenti erariali, aventi carattere di generalità e permanenza, e la sostituzione degli stessi con entrate proprie (art. 11, comma 1, lettera e), è corrisposta la valorizzazione della perequazione. Questa, infatti, ha assunto, oltre che una finalità marcatamente solidaristica, anche quella di superare progressivamente il tradizionale criterio del finanziamento in base alla spesa storica (art. 2, comma 1, lettera m, della legge 42 del 2009) – che può riflettere inefficienze nella gestione dei servizi locali – a favore del criterio del fabbisogno standard, che valorizza, invece, «l’efficienza e l’efficacia» della spesa (art. 2, comma 1, lettera f, della legge n. 42 del 2009).

I fabbisogni standard, disciplinati dal decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216 (Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province), sono stati adottati con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito di un complesso e concertato procedimento che: a) ha coinvolto Soluzioni per il sistema economico – SOSE spa; b) ha utilizzato una metodologia di tipo econometrico; c) ha richiesto la collaborazione dei comuni anche tramite la risposta a specifici questionari; d) è avvenuto sotto il controllo della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, prima, e della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, poi, oltre che delle competenti commissioni parlamentari e, in particolare, della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale.

La perequazione in base ai fabbisogni standard è stata avviata nel 2014, prevedendo una progressione graduale, più volte ridefinita e che, in base all’art. 57, comma 1, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019, n. 157, raggiungerà il 100 per cento nell’anno 2030.

Nello specifico, il Fondo di solidarietà comunale è stato concretamente istituito dall’art. 1, comma 380, lettera b), della legge n. 228 del 2012, in sostituzione dell’iniziale Fondo sperimentale di riequilibrio di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 23 del 2011.

Entrambi i fondi, in conformità alla valorizzazione dell’autonomia finanziaria disposta dal comma terzo dell’art. 119 Cost., sono stati chiaramente concepiti senza vincolo di destinazione.

9.– La linearità del disegno iniziale, tuttavia, nel tempo si è vieppiù complicata, rendendo farraginoso e sempre meno trasparente il funzionamento del FSC, fino anche a generare «criticità nella distribuzione delle risorse fra i Comuni italiani» (sentenza n. 220 del 2021).

Ciò non solo per l’introduzione all’interno del FSC di alcune componenti di tipo correttivo, ritenute funzionali a compensare specifiche distorsioni prodotte dal passaggio ai fabbisogni standard, ma anche a causa di diversi tagli e interventi statali sulle basi imponibili dei tributi locali, che hanno condotto a prevedere anche una complessa serie di componenti ristorative.

10.– In un fondo caratterizzato dalla coesistenza di diverse determinanti, la legge n. 178 del 2020, con i commi da 791 a 794 dell’art. 1, ha poi introdotto due nuove e ulteriori componenti perequative, per la prima volta con un vincolo di destinazione, finanziate con risorse statali e dirette a incrementare: a) i servizi sociali comunali, svolti in forma singola o associata, dai comuni delle regioni a statuto ordinario; b) il numero di posti disponibili negli asili nido comunali (parallelamente a quanto dopo poco previsto, con riguardo alle infrastrutture, dal Piano per asili nido e scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia, inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza quale Investimento 1.1 della Componente 1 – Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle Università, della Missione 4, «Istruzione e ricerca»).

Più precisamente, quanto ai servizi sociali, la lettera d-quinquies), inserita all’interno del comma 449 dell’art. 1 della legge n. 232 del 2016, ha previsto, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, che i contributi, quantificati in misura annua crescente (a partire da 215.923.000 euro per l’anno 2021 fino ad arrivare a «650.923.000 euro annui a decorrere dall’anno 2030»), costituiscono una «quota di risorse finalizzata al finanziamento e allo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola o associata dai comuni delle regioni a statuto ordinario». In particolare, i contributi in questione sono ripartiti tra i comuni «in proporzione del rispettivo coefficiente di riparto del fabbisogno standard calcolato per la funzione “Servizi sociali” e approvato dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard», «anche in osservanza del livello essenziale delle prestazioni definito dall’articolo 1, comma 797, alinea, della legge 30 dicembre 2020, n. 178» (integrazione, quest’ultima, operata dall’art. 1, comma 734, della legge n. 234 del 2021 e volta a richiamare un rapporto tra assistenti sociali impiegati nei servizi sociali territoriali e popolazione residente di 1 a 5.000).

Quanto agli asili nido, la lettera d-sexies), inserita all’interno del medesimo art. 1, comma 449, ha previsto, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione Siciliana e della Regione autonoma Sardegna, contributi statali, quantificati in misura annua crescente (a partire da 100 milioni di euro per l’anno 2022 fino ad arrivare a 300 milioni di euro a decorrere dall’anno 2026), finalizzati a incrementare «l’ammontare dei posti disponibili negli asili nido, equivalenti in termini di costo standard al servizio a tempo pieno, in proporzione alla popolazione di età compresa tra 0 e 2 anni nei comuni nei quali il predetto rapporto è inferiore ai LEP. Fino alla definizione dei LEP, o in assenza degli stessi, il livello di riferimento del rapporto è dato dalla media relativa alla fascia demografica del comune individuata dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard contestualmente all’approvazione dei fabbisogni standard per la funzione “Asili nido”».

Sia per l’una che per l’altra componente si è stabilito che ove, a seguito del previsto monitoraggio sull’utilizzo delle risorse assegnate, le somme erogate «risultassero non destinate ad assicurare il livello dei servizi», le stesse sono recuperate a valere sul FSC attribuito ai medesimi comuni o, comunque, su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero dell’interno.

10.1.– In questi termini, nel FSC ha iniziato a comparire una nuova componente perequativa, che, da un lato, ha assunto carattere vincolato anche al finanziamento di LEP contemporaneamente indicati, ma, dall’altro, ha previsto, come sanzione del mancato impiego delle risorse per tale finalità, la mera restituzione delle stesse.

11.– Questa nuova componente è stata estesa e potenziata dalle norme denunciate, come di seguito illustrato.

11.1.– In tema di asili nido, infatti, l’impugnato comma 172 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, «[a]l fine», dichiarato nel suo incipit, «di rimuovere gli squilibri territoriali nell’erogazione del servizio di asilo nido in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione», oltre a incrementare in misura considerevole gli importi annui progressivi fino all’anno 2027 (a decorrere dal quale le risorse ammonteranno a 1.100 milioni di euro annui), ha indicato in maniera più puntuale i servizi da potenziare, richiamando quelli educativi per l’infanzia di cui all’art. 2, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, recante «Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107».

La medesima disposizione ha poi fissato un livello minimo che ciascun comune o bacino territoriale è tenuto a garantire, come numero di posti offerti, equivalenti in termini di costo standard al servizio a tempo pieno dei nidi, in proporzione alla popolazione ricompresa nella fascia di età da 3 a 36 mesi, determinandolo nel 33 per cento, «anche attraverso il servizio privato»; ha quindi precisato che il raggiungimento di tale «livello essenziale della prestazione» è garantito dai comuni entro il 2027, «attraverso obiettivi di servizio annuali», mentre nel 2022, è stato, in sostanza, indicato come criterio prioritario il conseguimento della soglia del 28,88 per cento.

La stessa norma, infine, ha rimandato a un successivo decreto ministeriale la definizione delle modalità di monitoraggio sull’utilizzo delle risorse.

11.2.– L’impugnato art. 1, comma 174, della legge n. 234 del 2021 ha aggiunto la lettera d-octies) al comma 449 dell’art. 1 della legge n. 232 del 2016, prevedendo all’interno del FSC una quota aggiuntiva, quantificata con importi crescenti dal 2022 al 2027, e costanti per gli anni successivi, vincolata al potenziamento del servizio di trasporto scolastico per gli studenti disabili.

Fino alla definizione di specifici LEP rilevano gli «obiettivi di incremento della percentuale di studenti disabili trasportati, da conseguire con le risorse assegnate», come disciplinati dal decreto ministeriale che provvede anche al riparto della quota annua, su proposta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard.

Anche lo stanziamento in esame è assistito da una disciplina concernente le modalità di monitoraggio sull’utilizzo delle risorse e la previsione del recupero delle somme che «risultassero non destinate ad assicurare l’obiettivo stabilito di incremento degli studenti disabili trasportati gratuitamente».

11.3.– Una ulteriore quota del FSC è stata, infine, disciplinata dall’impugnato comma 563 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, integrando la lettera d-quinquies) del richiamato comma 449 e ricalcando il modello ivi previsto in relazione ai servizi sociali, con lo scopo di estendere a favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione autonoma Sardegna quanto già disposto per quelli delle regioni a statuto ordinario dall’art. 1, comma 792, della legge n. 178 del 2020.

12.– Nei termini descritti, all’interno del FSC e in aggiunta alla tradizionale perequazione ordinaria – strutturata, fin dalla sua istituzione, secondo i canoni del terzo comma dell’art. 119 Cost. e quindi senza alcun vincolo di destinazione – è stata, dunque, progressivamente introdotta, a partire dal 2021, una componente perequativa speciale, non più diretta a colmare le differenze di capacità fiscale, ma puntualmente vincolata a raggiungere determinati livelli essenziali e obiettivi di servizio.

Questa nuova determinante del Fondo, come del resto riconosce l’Avvocatura generale dello Stato, presenta caratteri tipicamente riconducibili al quinto comma dell’art. 119 Cost., che prevede la possibilità per lo Stato di effettuare «interventi speciali», diretti soltanto a determinati enti territoriali, assegnando «risorse aggiuntive» con un vincolo di destinazione, quando lo richiedano, per quanto qui interessa, «la coesione e la solidarietà sociale», la rimozione di «squilibri economici e sociali», o infine, «l’effettivo esercizio dei diritti della persona» (ex multis, sulle caratteristiche della perequazione di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost., da ultimo, sentenza n. 123 del 2022).

Le nuove risorse entrate nel FSC sono, infatti, distribuite in conformità a questo modello, in quanto, in particolare, si tratta di contributi statali erogati: a) a favore di comuni determinati (anche se il loro numero è molto elevato, perché per asili nido e trasporto disabili, nel 2022, è stato pari, rispettivamente, a 4.974 e a 4.839, sui 7.333 comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione Siciliana e della Regione autonoma Sardegna); b) con vincolo di destinazione al fine del raggiungimento di livelli essenziali o di obiettivi di servizio nell’ambito delle funzioni fondamentali dei comuni; c) per superare squilibri territoriali in materia sociale.

13.– In tal modo, tuttavia, si è realizzata, all’interno dell’unico FSC storicamente esistente, un’ibridazione estranea al disegno costituzionale dell’autonomia finanziaria, il quale, a tutela dell’autonomia degli enti territoriali, mantiene necessariamente distinte le due forme di perequazione.

In base all’art. 119 Cost., infatti, le risorse derivanti da «tributi ed entrate propri», «compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio», e quote di «un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale», devono essere sufficienti a consentire agli enti territoriali «di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite» (art. 119, secondo, terzo e quarto comma), senza che residuino spazi per forme ordinarie di finanziamento statale con minor grado di autonomia, quali, appunto, i fondi vincolati (ex plurimis, sentenza n. 40 del 2022).

Questa Corte, del resto, fin dalla sentenza n. 370 del 2003 ha sostenuto con fermezza che «[i]l nuovo art. 119 della Costituzione, prevede espressamente, al quarto comma, che le funzioni pubbliche regionali e locali debbano essere “integralmente” finanziate tramite i proventi delle entrate proprie e la compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al territorio dell’ente interessato, di cui al secondo comma, nonché con quote del “fondo perequativo senza vincoli di destinazione”, di cui al terzo comma. […] Pertanto, nel nuovo sistema, per il finanziamento delle normali funzioni di Regioni ed Enti locali, lo Stato può erogare solo fondi senza vincoli specifici di destinazione, in particolare tramite il fondo perequativo di cui all’art. 119, terzo comma, della Costituzione».

Ciò che riflette l’esigenza di evitare il rischio di «sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente» (ex multis, già sentenza n. 16 del 2004 e n. 187 del 2021; più di recente, nello stesso senso, sentenza n. 40 del 2022) a quelli derivanti dall’autonomia di spesa degli enti sub-statali, la quale, in virtù della maggiore vicinanza al territorio e della inerente responsabilità politica, dovrebbe tendenzialmente garantire una più efficace allocazione delle risorse.

Per tale motivo, questa Corte, anche di recente, ha ribadito che «[a]i sensi dell’art. 119, quarto comma, Cost., le funzioni degli enti territoriali devono essere assicurate in concreto mediante le risorse menzionate ai primi tre commi del medesimo art. 119 Cost., attraverso un criterio perequativo trasparente e ostensibile, in attuazione dei principi fissati dall’art. 17, comma 1, lettera a), della legge n. 42 del 2009» (sentenza n. 220 del 2021).

14.– Alla luce di queste considerazioni non è quindi condivisibile la tesi sostenuta dall’Avvocatura generale, per cui «nulla impedi[rebbe]» allo Stato di stanziare risorse aggiuntive per le finalità considerate dall’art. 119, quinto comma, Cost. «nell’ambito del contenitore finanziario del FSC», specificandone il carattere vincolato e il meccanismo di assegnazione dedicato alle speciali finalità perequative; ciò in quanto non sarebbe «il “contenitore” finanziario ad essere dirimente ai sensi della Costituzione», che, quindi, potrebbe ben includere due forme diverse di perequazione: una, quella ordinaria, sostanzialmente orizzontale, e senza vincoli di destinazione, l’altra, straordinaria e verticale, attuata con le modalità del quinto comma dell’art. 119 Cost.

La tesi della difesa statale confligge, infatti, con il richiamato rigore con cui questa Corte, al fine di evitare un eccesso di centralizzazione a scapito dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali, fin dalle prime pronunce in materia ha, in definitiva, rimarcato il «principio di tipicità delle ipotesi e dei procedimenti attinenti alla perequazione» (sentenze n. 46 del 2013 e n. 176 del 2012).

15.– Va oltretutto considerata anche un’altra distorsione prodotta dalla ibridazione delle due forme perequative: le risorse relative alla componente speciale collocate all’interno del FSC non sono state, infatti, assistite da coerenti meccanismi per l’effettivo raggiungimento dei LEP al contempo fissati.

In altri termini, ha preso forma una componente perequativa speciale che, risultando innestata nell’ambiente normativo tipico di quella ordinaria – volta a premiare l’autonomia e priva di vincoli di destinazione – non ha attinto agli strumenti necessari per assicurare i livelli essenziali delle prestazioni dei diritti «che devono», come si esprime l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., «essere garantiti su tutto il territorio nazionale».

È significativo di questa contraddizione l’incipit della prima norma impugnata, ovvero il comma 172 dell’art. 1 della legge n. 234 del 2021, che, se da un lato, recita: «[a]l fine di rimuovere gli squilibri territoriali nell’erogazione del servizio di asilo nido in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione», dall’altro, poi, si limita a prevedere un monitoraggio della spesa senza alcuna sanzione con riguardo a quei comuni che non impegnano le risorse per il richiesto potenziamento dei servizi educativi per l’infanzia.

Il d.l. n. 115 del 2022, come convertito, all’art. 16, comma 5, ha poi precisato: «[l]e somme che a seguito del monitoraggio, di cui al settimo periodo, risultassero non destinate ad assicurare il potenziamento del servizio asili nido sono recuperate a valere sul fondo di solidarietà comunale attribuito ai medesimi comuni».

Anche considerando quest’ultima specificazione, risulta palesemente contraddittorio che, a fronte di un vincolo di destinazione funzionale a garantire precisi LEP, la “sanzione” a carico dei comuni inadempienti possa poi consistere nella mera restituzione delle somme non impegnate.

Questa soluzione, infatti, non è in grado di condurre al potenziamento dell’offerta dei servizi sociali e lascia, paradossalmente, a dispetto del LEP definito, del tutto sguarnite le persone che avrebbero dovuto, grazie alle risorse vincolate, beneficiare delle relative prestazioni.

L’inadeguatezza della soluzione trova conferma, del resto, nel diverso e ben più coerente meccanismo che il legislatore ha strutturato in materia di diritto alla salute, prevedendo, come è noto, il commissariamento della regione che non garantisce i livelli essenziali di assistenza.

15.1.– A questo riguardo, va considerato che il quinto comma dell’art. 119 Cost., quando sono in causa i LEP di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., fa sistema con l’art. 120, secondo comma, Cost., che, ove lo richieda «la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali», abilita l’intervento del potere sostitutivo dello Stato come rimedio all’inadempienza dell’ente territoriale.

È quindi all’interno di fondi perequativi speciali, correttamente strutturati ai sensi del quinto comma dell’art. 119 Cost., che sarebbe possibile trarre le coerenti e necessarie implicazioni in caso di mancato impegno delle risorse statali vincolate a favore dei LEP – in funzione del «pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti sociali» (sentenza n. 220 del 2021) – giungendo a prevedere, quando necessario, opportune forme di commissariamento degli enti inadempienti.

Le previsioni dell’art. 120, secondo comma, Cost., infatti, pongono lo Stato «quale garante di ultima istanza della tenuta del sistema costituzionale» rispetto a determinati «interessi essenziali», quali quelli attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali (sentenza n. 168 del 2021).

È significativo, peraltro, che la relazione semestrale della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale presentata alle Camere il 15 dicembre 2021 abbia evidenziato, con riferimento alla perequazione comunale, l’opportunità «per le funzioni in cui le norme individuano dei livelli essenziali» di prevedere, «in coerenza con l’articolo 120 della Costituzione e in analogia a quanto già sperimentato in campo sanitario, un meccanismo che, oltre ad aiutare gli enti a individuare le criticità e a predisporre una strategia di miglioramento dei servizi, consenta, nei casi di grave e persistente inadempienza, un intervento sostitutivo dello Stato» (pag. 26).

16.– Quanto detto conferma come nell’unico fondo perequativo relativo ai comuni e storicamente esistente ai sensi dell’art. 119, terzo comma, Cost., non possano innestarsi componenti perequative riconducibili al quinto comma della medesima disposizione, che devono, invece, trovare distinta, apposita e trasparente collocazione in altri fondi a ciò dedicati, con tutte le conseguenti implicazioni, anche in termini di rispetto, quando necessario, degli ambiti di competenza regionali.

17.– Ciò chiarito, va tuttavia ribadito che la rimodulazione auspicata nel petitum della ricorrente non rappresenta l’unica possibilità di rispondere a tale esigenza.

In conclusione, quindi, il compito di adeguare il diritto vigente alla tutela costituzionale riconosciuta all’autonomia finanziaria comunale – anche nel rispetto del principio di corrispondenza tra risorse e funzioni (ex plurimis, sentenza n. 135 del 2020) – al contempo bilanciandola con la necessità di non regredire rispetto all’«imprescindibile» (sentenza n. 220 del 2021) processo di definizione e finanziamento dei LEP (la cui esigenza è stata più volte, come detto, rimarcata da questa stessa Corte), non può che spettare al legislatore, dato il ventaglio delle soluzioni possibili.

L’inammissibilità delle questioni deriva, infatti, «dall’impossibilità per questa Corte di esercitare una supplenza, dettando relazioni finanziarie alternative» (sentenza n. 155 del 2015) a quelle adottate dallo Stato in difformità dallo schema costituzionale precedentemente richiamato.

Questa Corte, pertanto, non può, al momento, che arrestarsi e cedere il passo al legislatore, chiamandolo però a intervenire tempestivamente per superare, in particolare, una soluzione perequativa ibrida che non è coerente con il disegno costituzionale dell’autonomia finanziaria di cui all’art. 119 Cost.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 172, 174, 563 e 564, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024), promosse, in riferimento agli artt. 5 e 119, primo, terzo, quarto e quinto comma, della Costituzione, dalla Regione Liguria con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Luca ANTONINI, Redattore

Valeria EMMA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 aprile 2023.