ANNO
2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di
legittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto-legge
22 ottobre 2016, n. 193 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il
finanziamento di esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, dalla
legge 1° dicembre 2016, n. 225, e degli artt. 1, commi da 633 a 636, e 2
della legge
11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno
finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019),
promossi dalla Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato
il 31 gennaio 2017, depositato in cancelleria il 9 febbraio 2017 e iscritto al
n. 10 del registro ricorsi 2017, e dalla Provincia autonoma di Bolzano, con
ricorso
notificato il 31 gennaio-6 febbraio 2017, depositato in cancelleria il 10
febbraio 2017 e iscritto al n. 11 del registro ricorsi 2017.
Visti gli atti di
costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 5 dicembre 2017
il Giudice relatore Nicolò Zanon;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento, l’avvocato
Renate von Guggenberg per la Provincia autonoma di
Bolzano e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– La Provincia autonoma di Trento, con
ricorso notificato il 31 gennaio 2017 e depositato il 9 febbraio 2017 (r.r. n. 10 del 2017), ha impugnato l’art. 7 del
decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 (Disposizioni urgenti in materia fiscale
e per il finanziamento di esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni,
dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, e gli artt. 1, commi da 633 a 636, e 2
della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per
l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), per
violazione: degli artt. 75, 75-bis,
79, 80, 81 (recte:
82), 103, 104 e 107 del decreto
del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo
unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige); degli artt. 5 e 6 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale);
del principio di leale collaborazione, in relazione all’art. 120, secondo
comma, della Costituzione, anche in considerazione dell’accordo tra il
Governo, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province
autonome di Trento e di Bolzano in materia di finanza pubblica del 15 ottobre
2014.
1.1.– La ricorrente espone che l’art. 7,
comma 1, del d.l. n. 193 del 2016, come convertito,
riapre i termini per la procedura di collaborazione volontaria in materia
fiscale, regolata dagli artt. da 5-quater
a 5-septies del decreto-legge 28
giugno 1990, n. 167 (Rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e
per l’estero di denaro, titoli e valori), convertito, con modificazioni, dalla
legge 4 agosto 1990, n. 227, a loro volta introdotti dalla legge 15 dicembre
2014, n. 186 (Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali
detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione
fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio).
In particolare, la riapertura della procedura è operata con l’inserimento,
sempre nel testo del d.l. n. 167 del 1990, come convertito,
dell’art. 5-octies, il quale
contestualmente specifica ulteriori modalità e condizioni della nuova fase
della volontaria collaborazione.
Nell’illustrare il complessivo contenuto
della normativa sulla volontaria collaborazione, la ricorrente precisa che non
intende censurare «in sé e per sé questa disciplina articolata ed organica, che
agevola l’attività di accertamento e di riscossione di imposte e delle connesse
sanzioni incentivando la collaborazione dei contribuenti responsabili di
violazioni dichiarative».
Invece, essa lamenta «solo il fatto che
tale disciplina non preveda – ed anzi, come si dirà, sulla base di ulteriori
dati normativi (e segnatamente di quanto si ricava dall’art. 1, commi 633-636,
e 2 della legge 11 dicembre 2016, n. 232) sembri addirittura escludere – che il
ricavato delle quote del gettito percette nei territori provinciali sia
ripartito tra lo Stato e le Province autonome in applicazione dei criteri
stabiliti dallo Statuto di autonomia per il riparto delle entrate tributarie».
Tali criteri, evidenzia ancora la ricorrente, assegnano alla Provincia autonoma
di Trento gli otto decimi dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) riscossa sul
territorio provinciale e i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie
erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l’imposta locale
sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti
pubblici (art. 75, lettere e e g, dello
statuto speciale), con la precisazione che nell’ammontare delle quote di
tributi erariali devolute alla Regione e alle Province autonome sono comprese
anche le entrate afferenti all’ambito regionale e provinciale affluite, in
attuazione di disposizioni legislative o amministrative, a uffici situati fuori
del territorio della Regione e delle rispettive Province (art. 75-bis, comma 1, dello statuto speciale). I
medesimi criteri assegnano alla Provincia autonoma anche le compartecipazioni
al gettito e le addizionali a tributi erariali che le leggi dello Stato
attribuiscono agli enti locali, con riguardo a quelli del territorio
provinciale (art. 80, comma 3, dello statuto speciale).
1.1.1.– Secondo la
ricorrente, la destinazione delle somme dovute dai contribuenti della Provincia
autonoma di Trento a titolo di imposta, e recuperate a seguito di procedure di
collaborazione volontaria, dovrebbe pacificamente essere quella prevista dallo
statuto di autonomia.
La Provincia autonoma di Trento, infatti,
ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 66 del
2016, è già intervenuta sulla procedura di collaborazione volontaria
prevista dagli artt. da 5-quater a 5-septies del d.l.
n. 167 del 1990, come convertito e poi modificato dalla legge n. 186 del 2014.
Con tale sentenza, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, nella
parte in cui si applicava alla Regione autonoma Valle d’Aosta (allora
ricorrente), dell’art. 1, comma 7, della legge n. 186 del 2014, che attribuisce
allo Stato il gettito di quella operazione, per contrasto con le norme
sull’ordinamento finanziario della Valle d’Aosta, che invece assegnano
integralmente alla stessa Regione autonoma il gettito dell’imposta sul reddito
delle persone fisiche (IRPEF), dell’imposta sul reddito delle società (IRES),
delle relative imposte sostitutive, dell’IVA, nonché, per i nove decimi, quello
di tutte le altre entrate tributarie erariali, comunque denominate, percette
nel territorio regionale.
Con riferimento alle norme qui impugnate,
la ricorrente riconosce che esse non contengono una analoga disposizione di
riserva espressa allo Stato del gettito recuperato. Tuttavia, sostiene che tale
riserva possa essere implicitamente riconosciuta operante, in base a numerosi
indici interpretativi.
Per tale ragione, la Provincia autonoma di
Trento impugna l’art. 7 del d.l. n. 193 del 2016,
come convertito, e gli artt. 1, commi da 633 a 636, e 2 della legge n. 232 del
2016, «ove interpretati nel senso di escludere, ovvero nella parte in cui
escludono, che il gettito della collaborazione volontaria disciplinata dallo
stesso art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016 sia ripartito tra lo Stato e le
Province autonome in applicazione dei criteri statutari, disponendone invece
l’acquisizione al bilancio dello Stato».
1.1.2.– La
ricorrente rileva che l’art. 1, comma 7, della legge n. 186 del 2014 (che tale
riserva in favore dello Stato prevede) continua a fare specifico riferimento
«alle entrate derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui agli artt. da
5-quater a 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167», e non si
riferisce, dunque, alle entrate derivanti dal comma 5-octies, introdotto dal d.l. n. 193 del
2016, come convertito. Aggiunge, poi, che l’art. 7, comma 1, del d.l. n. 193 del 2016, come convertito, stabilisce che alle
istanze presentate in esecuzione dell’art. 5-octies si applicano gli artt. da 5-quater a 5-septies del d.l. n. 167 del 1990, come convertito e poi modificato
dalla legge n. 186 del 2014, nonché l’art. 1, commi da 2 a 5, di quest’ultima
legge, senza richiamare, dunque, il successivo comma 7, cioè la disposizione
che assegna integralmente allo Stato i proventi dell’operazione.
Tuttavia, a giudizio della ricorrente, «[c]iò che non è stabilito da norma espressa sembra tuttavia
implicato dalle disposizioni che quantificano il gettito per lo Stato».
In particolare, l’art. 1, comma 633, della legge n. 232 del 2016,
entrato in vigore successivamente, stabilisce che «[l]e maggiori entrate per
l’anno 2017 derivanti dall’art. 7 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193,
sono quantificate nell’importo di 1.600 milioni di euro», e i commi da 634 a
636 della stessa legge n. 232 del 2016 prevedono le misure da attuare qualora
il monitoraggio delle istanze presentate evidenzi che il gettito atteso dai
conseguenti versamenti non consenta di raggiungere l’importo atteso, al fine di
assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica ed il rispetto
del pareggio di bilancio.
Da queste norme la ricorrente desume che tale stima riguarda entrate
del bilancio dello Stato, come sarebbe confermato dal successivo art. 2 della
medesima legge n. 232 del 2016, che, nell’approvare lo stato di previsione
dell’entrata, stabilisce che «[l]’ammontare delle entrate previste per l’anno
finanziario 2017, relative a imposte, tasse, contributi di ogni specie e ogni
altro provento, accertate, riscosse e versate nelle casse dello Stato, in virtù
di leggi, decreti, regolamenti e di ogni altro titolo, risulta dall’annesso
stato di previsione dell’entrata
(Tabella n. 1)».
Ulteriore conferma si trarrebbe dalla relazione tecnica al disegno di
legge di bilancio per il 2017, da cui emergerebbe che la quantificazione in 1,6
miliardi di euro del gettito stimato della collaborazione volontaria disciplinata dall’art. 7 del d.l. n. 193 del 2016, come convertito, sia stata operata
considerando integralmente imputabile allo Stato gli incassi dell’operazione.
Nei conteggi richiamati nella relazione tecnica, infatti, non sarebbe stata in
alcun modo considerata la componente di imposta devoluta dagli statuti speciali
alle Province autonome e ad altri enti ad autonomia differenziata.
1.1.3.– Secondo la
ricorrente, dunque, le disposizioni
degli artt. 1 e 2 della legge n. 232 del 2016 conferirebbero all’art. 7 del d.l. n. 193 del 2016, come convertito, significato lesivo
dell’autonomia finanziaria della Provincia, vincolando l’interprete – «con un
effetto analogo a quello della interpretazione autentica» – a considerare
imputabile integralmente al bilancio dello Stato il gettito derivante dalla
procedura di cui all’appena citato art. 7.
Tale interpretazione sarebbe avvalorata anche dalla mancanza, nel d.l. n. 193 del 2016, come convertito, di una generale
clausola di salvaguardia delle competenze degli enti ad autonomia
differenziata.
Non svolgerebbe tale funzione il comma 638 dell’art. 1 della legge n.
232 del 2016, il quale prevede che «[l]e disposizioni della presente legge si
applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e
di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di
attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.
3». Infatti, la norma che quantifica una entrata del bilancio dello Stato
(comma 633) e quella che la imputa nello stato di previsione dello stesso
bilancio statale (art. 2) non sarebbero di per sé destinate ad «applicarsi»
alla Provincia ricorrente. La clausola ricordata, dunque, risulterebbe
«incapace di impedire gli effetti riflessi che gli artt. 1, commi 633-636, e 2
hanno sulla destinazione delle risorse generate dall’applicazione dell’art. 7
del decreto-legge n. 193 del 2016». Anzi, osserva ancora la Provincia autonoma
di Trento, solo in assenza di tali disposizioni della legge di bilancio per il
2017 sarebbe dovuta prevalere una interpretazione conforme a Costituzione (e,
dunque, allo statuto di autonomia), con assegnazione alla ricorrente della
dovuta parte del gettito.
Il ricorso della Provincia autonoma di Trento, in definitiva, si
rivolge avverso l’art. 7 del d.l. n. 193 del 2016
nella parte in cui esso, da solo o in combinazione con l’art. 1, commi da 633 a
636, nonché con l’art. 2 della legge n. 232 del 2016, determini l’assegnazione
allo Stato di risorse tributarie che per Statuto spettano alla ricorrente
Provincia, e s’indirizza contro l’art. 1, commi da 633 a 636, nonché contro
l’art. 2 della legge n. 232 del 2016, nella misura in cui, quantificando il
gettito e assegnandolo al bilancio dello Stato, contribuiscano a determinare
tale effetto.
1.2.– La
ricorrente evidenzia, in primo luogo, il contrasto delle disposizioni impugnate
con gli artt. 75, 75-bis e 80 dello
statuto speciale, nonché con gli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 268 del 1992.
Essa espone che la procedura di
collaborazione volontaria fiscale interessa le imposte sui redditi e le
relative addizionali, le imposte sostitutive, l’imposta regionale sulle
attività produttive, l’imposta sul valore degli immobili all’estero, l’imposta
sul valore delle attività finanziarie all’estero e l’imposta sul valore
aggiunto.
La riapertura dei termini della collaborazione
volontaria genera, dunque, un gettito consistente nel versamento di imposte su
cespiti non dichiarati e dei correlativi interessi e sanzioni e, dunque, di
tributi erariali e relative addizionali locali che sarebbero – pro quota e limitatamente all’importo
incassato nel territorio provinciale – di spettanza della Provincia autonoma di
Trento, ai sensi dei richiamati parametri statutari e di attuazione statutaria,
che attribuiscono alla Provincia anche le entrate afferenti all’ambito regionale
e provinciale affluite, in attuazione di disposizioni legislative o
amministrative, «a uffici situati fuori del territorio della regione e delle
rispettive province» (art. 75-bis,
comma 1, dello statuto speciale).
Le disposizioni impugnate, invece, non solo
imputerebbero integralmente allo Stato il gettito derivante dalla
collaborazione volontaria, così sottraendo illegittimamente, oggi, alla
Provincia autonoma risorse tributarie che le sono devolute dalle norme dello
statuto; ma, per il futuro, sovrapponendosi alle normali procedure di
accertamento e riscossione di imposte non dichiarate, precluderebbero il
«recupero "ordinario” di tali tributi», che potrebbe portare nelle casse
provinciali le quote del relativo gettito.
Secondo la ricorrente, infatti, se il
legislatore non avesse riaperto i termini per la collaborazione volontaria
fiscale riservandone il gettito allo Stato, parte di quest’ultimo sarebbe
comunque stato recuperato attraverso le vie ordinarie e ripartito tra Stato e
Province autonome secondo i criteri dettati nello statuto. La rilevanza di
questo profilo di lesione sarebbe confermata dalla specifica norma dello
statuto speciale, dettata nell’art. 81 (recte: 82), che riconosce alle Province autonome il potere
di concorrere a definire gli indirizzi per l’accertamento dei tributi e di
stipulare i conseguenti accordi operativi con le agenzie fiscali, in tal modo
riconoscendo l’interesse dell’ente autonomo «a che l’attività di accertamento
sia svolta nel modo più efficace».
1.3.– Ad avviso
della Provincia autonoma di Trento, risulterebbero violati anche gli artt. 75-bis, comma 3 [recte: 3-bis], e 79, comma 4, dello statuto speciale, in quanto le
disposizioni impugnate determinerebbero una riserva di gettito allo Stato in
carenza delle condizioni statutariamente previste per l’introduzione di riserve
(art. 75-bis, comma 3 [recte: 3-bis]) e nonostante la clausola che
vieta, in via generale, riserve in
favore dello Stato (art. 79, comma 4).
Secondo la ricorrente, che si ricollega,
sul punto, alla sentenza
della Corte costituzionale n. 66 del 2016, nel caso in esame non verrebbe
in rilievo né una maggiorazione di aliquote né un’istituzione di nuovi tributi,
bensì un recupero di tributi ordinari secondo regole particolari, come
dimostrato dal fatto che l’operazione non viene distintamente contabilizzata (e
dunque non affluisce a speciali capitoli di bilancio dello Stato) e che il
relativo gettito non è destinato «al finanziamento di nuove specifiche spese di
carattere non continuativo», bensì al raggiungimento di generali equilibri di
finanza pubblica. Del resto, osserva ancora la Provincia autonoma di Trento,
tale generica destinazione risulta non solo dal preambolo del d.l. n. 193 del 2016, che menziona le esigenze di finanza
pubblica e la finalità di garantire l’effettività del gettito delle entrate e
l’incremento del livello di adempimento spontaneo degli obblighi tributari, ma
anche da quanto stabiliscono i commi 634 e 635 della legge di bilancio per il
2017, per il caso di scostamenti tra la previsione di incasso e il gettito
effettivo, poiché per tale ipotesi sono previste misure alternative finalizzate
ad evitare «un pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza
pubblica» e ad «assicurare il rispetto dell’art. 81 della Costituzione».
1.4.– Da ultimo,
la destinazione del gettito allo Stato sarebbe lesiva anche degli artt. 103,
104 e 107 dello statuto di autonomia, che sanciscono il metodo pattizio, nonché
del principio di leale collaborazione, di cui all’art. 120, secondo comma,
Cost., anche in relazione all’accordo stipulato tra il Governo, la Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e di
Bolzano il 15 ottobre 2014.
A giudizio della Provincia autonoma di
Trento, infatti, le norme impugnate interverrebbero su una materia che lo
statuto speciale regola con disposizioni da essa concordate con lo Stato,
disciplinando tale materia in modo incompatibile con i contenuti dell’accordo,
appunto recepiti nello statuto di autonomia.
Ciò posto, la ricorrente evidenzia che la
modifica delle norme dello statuto speciale è possibile o con legge
costituzionale (art. 103 dello statuto) oppure, limitatamente alle norme del
titolo VI, con la procedura negoziata regolata dall’art. 104 dello statuto,
sicché l’intervento unilaterale dello Stato lederebbe tali disposizioni, oltre
che il principio del metodo pattizio (ricavato anche dall’art. 107 dello
statuto) e «l’imperativo di leale collaborazione», stante la violazione di
quanto pattuito tra lo Stato e la Provincia autonoma nell’ottobre del 2014.
In tal senso, del resto, avrebbe già deciso
la Corte costituzionale (con la sentenza n. 66 del
2016) con riferimento alla norma che riserva allo Stato il gettito della
precedente fase della collaborazione volontaria, giudicata in contrasto con
l’ordinamento finanziario della Valle d’Aosta, contenente norme analoghe a
quelle vigenti per la disciplina delle relazioni finanziarie tra lo Stato e le
Province autonome di Trento e di Bolzano.
2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nel giudizio di
legittimità costituzionale, chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile o, comunque, non fondato.
2.1.– Il resistente,
dopo aver ricostruito i profili essenziali della disciplina della
collaborazione volontaria fiscale, ha osservato che l’art. 7 del d.l. n. 193 del 2016, come convertito, inserendo nel d.l. n. 167 del 1990, come convertito e poi modificato
dalla legge n. 186 del 2014, l’art. 5-octies,
ha riaperto i termini per l’adesione a tale procedura, mentre l’art. 1, comma
633, della legge n. 232 del 2016, ha previsto che le maggiori entrate derivanti
dall’attuazione della nuova fase della procedura di volontaria collaborazione
siano quantificate nell’importo di 1.600 milioni di euro.
2.2.– A parere del resistente, le questioni sollevate dalla Provincia
autonoma di Trento sarebbero, in primo luogo, inammissibili sia per carenza di
interesse ad agire, sia per genericità delle censure.
Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, infatti, le norme impugnate
non configurerebbero alcuna riserva erariale in senso tecnico, limitandosi a
riaprire i termini della collaborazione volontaria in materia fiscale, senza
fare alcun riferimento alla destinazione delle somme recuperate. In
quest’ottica, in particolare, il comma 633 dell’art. 1 della legge n. 232 del
2016 si limiterebbe a fornire «una mera stima» delle maggiori entrate per
l’anno 2017.
Il resistente, inoltre, evidenzia che la Provincia autonoma di Trento
non aveva impugnato l’art. 1, comma 7, della legge n. 186 del 2014, che
prevedeva espressamente la destinazione in favore del bilancio statale delle
entrate derivanti dalla collaborazione volontaria in materia fiscale, e che con
il ricorso in esame viene censurata la disciplina della nuova collaborazione
volontaria introdotta dall’art. 7 del d.l. n. 193 del
2016, come convertito, il quale, non configurando una riserva erariale, non
porrebbe in essere alcuna violazione dell’autonomia finanziaria della
ricorrente.
Muovendo da un presupposto ermeneutico errato, dunque, le questioni
sollevate dalla ricorrente dovrebbero essere dichiarate non fondate, «giacché
non si rinvengono nelle disposizioni impugnate elementi che inducano ad
avvalorare l’interpretazione dalla stessa prospettata».
3.– Anche la
Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso notificato il 31 gennaio-6 febbraio
2017, poi depositato il 10 febbraio 2017 (r.r. n. 11
del 2017), ha impugnato l’art. 7 del d.l. n. 193 del
2016, come convertito, e gli artt. 1, commi da 633 a 636, e 2, della legge n.
232 del 2016, per violazione: degli artt. 75, 75-bis, 79, 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670
del 1972; del d.lgs. n. 268 del 1992; del principio di leale collaborazione, in
relazione all’art. 120 Cost. e dell’accordo stipulato
con il Governo in data 15 ottobre 2014, «nonché del principio pattizio/consensualistico».
3.1.– La
Provincia autonoma di Bolzano ricostruisce, nel ricorso, la disciplina posta
dall’art. 7, comma 1, del d.l. n. 193 del 2016, come
convertito, che riapre i termini per la procedura di collaborazione volontaria
in materia fiscale, regolata dagli artt. da 5-quater a 5-septies del d.l. n. 167 del 1990, come convertito, introdotti dalla
legge n. 186 del 2014. E ricorda, in particolare, che la riapertura della
procedura è operata con l’inserimento, sempre nel testo del d.l.
n. 167 del 1990, come convertito e poi modificato dalla legge n. 186 del 2014,
dell’art. 5-octies, che
contestualmente specifica ulteriori modalità e condizioni della nuova fase
della volontaria collaborazione.
La ricorrente evidenzia che il citato art.
7 non reca alcun riferimento alla stima del gettito previsto dall’adozione
della misura e neppure contiene – a differenza di quanto previsto dall’art. 1,
comma 7, della legge n. 186 del 2014 per la precedente fase – alcun riferimento
esplicito alla destinazione delle maggiori entrate, ma neppure alcuna
disposizione che chiarisca l’attribuzione di tali maggiori entrate alle
Province autonome, limitatamente alle quote e con riferimento ai tributi i cui
gettiti spettano alle medesime ed agli enti locali dei rispettivi territori, ai sensi dello statuto speciale e
delle relative norme di attuazione.
Piuttosto, i commi da 633 a 636 dell’art. 1
della legge n. 232 del 2016 quantificano l’importo atteso (stimato dal comma
633 in 1.600 milioni di euro) e prevedono le misure da attuare qualora, dal
monitoraggio delle istanze presentate, il gettito atteso dai conseguenti
versamenti non consenta la realizzazione integrale del suddetto importo, al
fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica ed il
rispetto del pareggio di bilancio.
Se ne dovrebbe desumere, anche a giudizio
della Provincia autonoma di Bolzano, che le maggiori entrate derivanti dalla
collaborazione volontaria confluiscono integralmente nel bilancio dello Stato.
L’assunto sarebbe dimostrato dal fatto che, per effetto dell’approvazione dello
stato di previsione dell’entrata per il 2017 (ai sensi dell’art. 2 della legge
n. 232 del 2016), il Ministro dell’economia e delle finanze, con decreto 27
dicembre 2016, recante «Ripartizione in capitoli delle Unità di voto
parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno
finanziario 2017 e per il triennio 2017-2019», ha previsto, al capitolo 1173,
uno stanziamento pari a 2,4 miliardi di euro, includendo in tale somma proprio
i 1.600 milioni di euro derivanti dalla riapertura dei termini della
collaborazione volontaria fiscale.
3.2.– In forza
del titolo VI dello statuto speciale di autonomia per il Trentino-Alto Adige,
ricorda la ricorrente che le Province autonome di Trento e di Bolzano godono di
una particolare autonomia in materia finanziaria. Ciò grazie alla previsione di
un meccanismo peculiare per la modificazione delle disposizioni recate dal
titolo VI dello statuto d’autonomia, che ammette l’intervento del legislatore
statale con legge ordinaria solo in presenza di una preventiva intesa con la
Regione e le Province autonome, in applicazione dell’art. 104 del medesimo
statuto.
Proprio attraverso tale meccanismo si sarebbe
giunti alla definizione di un nuovo sistema di relazioni finanziarie con lo
Stato, da ultimo con l’accordo del 15 ottobre 2014 cosiddetto "Patto di
garanzia”, stipulato tra il Governo, la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e
le Province autonome di Trento e di Bolzano.
Tale accordo, recepito con legge 23
dicembre 2014, n. 190 – recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2015) – ha, quindi,
ulteriormente rinnovato il sistema di relazioni finanziarie con lo Stato, tanto
che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 28 del
2016, avrebbe confermato che le Province autonome godono di una particolare
autonomia in materia finanziaria, caratterizzata (e rafforzata) da un
meccanismo peculiare di modificazione delle relative disposizioni statutarie,
che ammette l’intervento del legislatore statale con legge ordinaria solo in
presenza di una preventiva intesa con la Regione e le Province autonome.
Ciò posto, ricorda la Provincia autonoma
ricorrente che, in forza dell’art. 75 dello statuto speciale di autonomia, sono
attribuite alle Province autonome di Trento e di Bolzano quote del gettito
delle entrate tributarie specificamente indicate dalla disposizione richiamata,
e che il successivo art. 75-bis, al
comma 1, specifica che nell’ammontare delle quote di tributi erariali devolute
alla Regione ed alle Province autonome sono comprese anche le entrate afferenti
all’ambito regionale e provinciale ed affluite, in attuazione di disposizioni
legislative o amministrative, ad uffici situati fuori dal territorio della
Regione e delle rispettive Province. Lo stesso articolo limita poi, al comma 3-bis, le fattispecie di riserve
all’erario ad ipotesi del tutto eccezionali (connesse all’introduzione di
maggiorazioni di aliquote o all’istituzione di nuovi tributi), escludendo
espressamente, peraltro, l’ammissibilità di riserve di gettito destinate al
raggiungimento di obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica.
Infine, il comma 4 dell’art. 79 dello
statuto di autonomia prevede, quale formula di chiusura a garanzia della
stabilità del nuovo assetto dei rapporti finanziari, che «[n]ei confronti della
regione e delle province e degli enti appartenenti al sistema territoriale
regionale integrato non sono applicabili disposizioni statali che prevedono
obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all’erario o concorsi comunque
denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilità interno, diversi
da quelli previsti dal presente titolo».
3.3.– Secondo la ricorrente, dunque, poiché
la Corte costituzionale, nella sentenza n. 66 del
2016, avrebbe escluso che il gettito riscosso per effetto della volontaria
collaborazione possa essere considerato derivante da maggiorazioni di aliquote
o dall’istituzione di nuovi tributi, la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e
le Province autonome dovrebbero essere le destinatarie della devoluzione dei
tributi erariali prevista dallo statuto di autonomia, anche in riferimento al
gettito riscosso in base alla procedura di collaborazione volontaria di cui
alle norme statali in questione. Si tratterebbe, infatti, di maggiori entrate
riguardanti il gettito tributario originariamente evaso attraverso la
violazione degli obblighi dichiarativi e, successivamente, «emerso» in
applicazione delle procedure in questione.
In ogni caso, il gettito così recuperato
sarebbe privo dei requisiti statutariamente previsti per risultare possibile
oggetto di riserva all’erario.
3.4.– Posto che le
citate norme statutarie in materia finanziaria sono state approvate con la
procedura prevista dall’art. 104 dello statuto speciale di autonomia, la
riserva al bilancio statale delle maggiori entrate derivanti dalle procedure di
collaborazione volontaria costituirebbe un’unilaterale violazione dell’accordo
del 15 ottobre 2014 concluso con il Governo. Tale accordo avrebbe definito in
modo esaustivo la natura e la misura della partecipazione delle Province
autonome ai processi di risanamento della finanza pubblica, ed in particolare
l’entità dei concorsi assicurati dalla Regione e dalle Province autonome.
Sarebbero altresì violati il principio di leale collaborazione, in relazione
all’art. 120 Cost., e quello pattizio, definito, per
quanto riguarda la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome
di Trento e di Bolzano, dagli artt. 103, 104 e 107 dello statuto speciale di
autonomia.
4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nel giudizio di
legittimità costituzionale, chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile o, comunque, non fondato, con argomentazioni del tutto analoghe a
quelle spese nell’atto di costituzione nel giudizio instaurato con il ricorso
della Provincia autonoma di Trento ed illustrate al precedente punto 2.
5.– Entrambe le ricorrenti hanno depositato,
in vista dell’udienza pubblica, memorie illustrative, con le quali hanno
ribadito le argomentazioni che sorreggono i ricorsi introduttivi, ritenendo non
condivisibile la difesa dell’Avvocatura generale dello Stato, in ordine alla
carenza di lesività delle disposizioni censurate.
La Provincia autonoma di Bolzano evidenzia,
altresì, che non incide sull’ammissibilità dell’impugnazione il fatto di non
aver proposto ricorso contro l’art. 1, comma 7, della legge n. 186 del 2014,
trattandosi di disposizione non applicabile alla nuova fase della
collaborazione volontaria in materia fiscale.
Aggiunge, infine, che le norme impugnate,
per il futuro, sovrapponendosi alle normali procedure di accertamento e
riscossione di imposte non dichiarate, precluderebbero il «recupero per le vie
ordinarie di tali tributi», che potrebbe portare nelle casse provinciali le
quote del relativo gettito. In tal modo esse violerebbero anche l’art. 81 (recte: 82) dello
statuto di autonomia.
La Provincia autonoma di Trento, per parte sua, osserva che non è escluso il vaglio di costituzionalità di una norma – quella che devolve integralmente allo Stato il gettito della collaborazione volontaria «senza considerare le regole statutarie sulle quote di tributi erariali spettanti alla Provincia» – che non è contenuta in una sola disposizione di legge, ma che si riconduce «al combinato operare di diverse disposizioni». Ricorda poi che nel giudizio in via principale sono ammesse, dalla giurisprudenza costituzionale, le questioni promosse «in via cautelativa ed ipotetica», sulla base di interpretazioni prospettate come possibili e purché non implausibili. Conclude, alla luce delle difese articolate dall’Avvocatura generale dello Stato, che, qualora la Corte costituzionale dovesse ritenere che le norme impugnate non precludano l’attribuzione alla Provincia autonoma delle quote recuperate e che le spettano per statuto, «la questione di costituzionalità sarebbe risolta in via interpretativa in modo comunque satisfattivo per la ricorrente».
Considerato in diritto
1.– Le Province autonome di Trento e di
Bolzano, con i ricorsi indicati in epigrafe, hanno impugnato l’art. 7 del
decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 (Disposizioni urgenti in materia fiscale
e per il finanziamento di esigenze indifferibili), convertito, con
modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, e gli artt. 1, commi da
633 a 636, e 2, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione
dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio
2017-2019), ritenendoli in contrasto con gli artt. 75, 75-bis, e 79, nonché con gli artt. 103, 104 e 107 dello statuto
speciale, approvato con il d.P.R. 31 agosto 1972, n.
670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
A loro avviso, vi sarebbe inoltre lesione
degli artt. 5 e 6 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di
attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di
finanza regionale e provinciale); e risulterebbe violato altresì il principio
di leale collaborazione, in relazione all’art. 120 della Costituzione, anche
alla luce dell’accordo del 15 ottobre 2014 stipulato con il Governo.
Per la Provincia autonoma di Trento, le
disposizioni censurate sarebbero state emanate anche in violazione degli artt.
80 e 81 (recte:
82) dello statuto di autonomia.
La censura fondata sulla lesione dell’art.
82 dello statuto risulta proposta anche dalla Provincia autonoma di Bolzano, ma
soltanto nella memoria illustrativa depositata in prossimità dell’udienza
pubblica fissata per la discussione dei ricorsi.
2.– Entrambe le ricorrenti ricordano che
l’art. 7, comma 1, del d.l. n. 193 del 2016, come
convertito, riapre i termini per la procedura di collaborazione volontaria in
materia fiscale, regolata dagli artt. da 5-quater
a 5-septies del decreto-legge 28
giugno 1990, n. 167 (Rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e
per l’estero di denaro, titoli e valori), convertito, con modificazioni, dalla
legge 4 agosto 1990, n. 227, a loro volta introdotti dalla legge 15 dicembre
2014, n. 186 (Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali
detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione
fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio).
La riapertura dei termini sarebbe stata
operata, appunto, con l’inserimento, sempre nel testo del d.l.
n. 167 del 1990, come convertito e poi modificato dalla legge n. 186 del 2014,
dell’art. 5-octies, che specifica
ulteriori modalità e condizioni della nuova procedura.
Le ricorrenti non contestano l’istituto
della collaborazione volontaria in sé considerato, ma lamentano che la
disciplina introdotta dalle disposizioni impugnate non preveda – ed anzi,
secondo la Provincia autonoma di Trento, «sembri addirittura escludere» – che
il gettito tributario recuperato sia ripartito tra lo Stato e le Province
autonome in applicazione dei criteri stabiliti dallo statuto di autonomia.
Infatti, secondo la ricostruzione operata
dalle ricorrenti, tale maggior gettito sarebbe destinato integralmente
all’erario, ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e del
rispetto del pareggio di bilancio.
In particolare, le Province autonome di
Trento e di Bolzano ritengono che il lamentato effetto lesivo derivi dagli
artt. 1, commi da 633 a 636, e 2 della legge n. 232 del 2016, nel loro operare
congiunto con l’art. 7, comma 1, del d.l. n. 193 del
2016, come convertito.
Il citato comma 633, infatti, stabilisce
che «[l]e maggiori entrate per l’anno 2017 derivanti dall’articolo 7 del
decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, sono quantificate nell’importo di 1.600
milioni di euro»; i commi da 634 a 636 della stessa legge n. 232 del 2016
prevedono le misure correttive da adottare qualora il monitoraggio delle
istanze presentate evidenzi che il gettito atteso dai conseguenti versamenti
non consenta la realizzazione integrale dell’importo di cui al predetto comma
633, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica
ed il rispetto del pareggio di bilancio.
Dall’esame complessivo di queste
disposizioni, le ricorrenti traggono la convinzione che la stima ricordata
riguardi entrate destinate al solo bilancio dello Stato, come sarebbe
confermato dal successivo art. 2 della medesima legge n. 232 del 2016, che
disciplina lo stato di previsione dell’entrata per l’anno finanziario 2017: in
tale documento, infatti, in forza del decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze 27 dicembre 2016 (Ripartizione in capitoli delle Unità di voto
parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l’anno
finanziario 2017 e per il triennio 2017-2019), sarebbe stato inserito un
apposito capitolo (contraddistinto dal n. 1173), avente ad oggetto «[v]ersamenti delle somme dovute in base all’invito al
contraddittorio in attuazione della procedura di collaborazione volontaria per
l’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori
del territorio dello Stato, ai sensi dell’articolo 1 della legge 15 dicembre
2014, n. 186, da destinare alle finalità previste dalla normativa vigente».
In tal modo, sarebbero violate le norme
finanziarie dello statuto speciale e delle relative disposizioni di attuazione,
in applicazione delle quali, invece, il gettito consistente nel versamento di
imposte su cespiti non dichiarati e dei correlativi interessi e sanzioni e,
dunque, di tributi erariali e relative addizionali locali, deve essere assegnato
– pro quota e limitatamente
all’importo percetto nel territorio provinciale – alle Province autonome.
L’afflusso integrale nelle casse dello
Stato delle somme recuperate con la procedura di collaborazione volontaria,
inoltre, introdurrebbe una riserva di gettito allo Stato, in carenza delle
condizioni previste dallo statuto speciale, in violazione degli artt. 75-bis, comma 3-bis, e 79, comma 4, di quest’ultimo.
Sarebbero, ancora, violate le norme
statutarie che sanciscono il metodo pattizio, unitamente al principio di leale
collaborazione, anche in relazione all’accordo tra il Governo, la Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e di
Bolzano in materia di finanza pubblica del 15 ottobre 2014. Tale accordo,
recepito nello statuto, avrebbe definito in modo esaustivo natura e misura
della partecipazione delle Province autonome ai processi di risanamento della
finanza pubblica, e specificamente l’entità dei concorsi assicurati dalla
Regione e dalle Province autonome.
Infine, in prospettiva futura, le
disposizioni impugnate si sovrapporrebbero alle normali procedure di
accertamento e riscossione di imposte non dichiarate, e precluderebbero il
recupero "ordinario” di tali tributi, in tal modo violando anche l’art. 81 (recte: 82) dello
statuto di autonomia.
3.– I ricorsi
vertono sulle medesime disposizioni e queste sono censurate in riferimento a
parametri e con argomentazioni in larga misura coincidenti, sicché appare
opportuna la riunione dei relativi giudizi ai fini di una decisione congiunta.
4.– Vanno
decise prioritariamente alcune questioni preliminari oggetto di eccezione di
parte o, comunque, rilevabili di ufficio.
4.1.– In primo luogo, è da osservare che,
successivamente alla proposizione dei ricorsi, l’art. 1-ter del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti
in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori
interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ha modificato
l’art. 5-octies del d.l. n. 167 del 1990, come convertito e poi modificato
dalla legge n. 186 del 2014.
In relazione alla disciplina della nuova fase
della collaborazione volontaria tale articolo ha introdotto alcune novità,
essenzialmente riguardanti gli aspetti procedurali e i criteri per la
determinazione delle sanzioni.
Inoltre, l’art. 20, comma 6, del
decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia
finanziaria e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, dalla
legge 4 dicembre 2017, n. 172, ha modificato il comma 634 dell’art. 1 della
legge n. 232 del 2016, aggiungendo una nuova possibilità di intervento
correttivo, basata sull’utilizzo di altre entrate, nell’ipotesi in cui il
gettito atteso non corrisponda alla previsione contenuta nel precedente comma
633.
Si tratta, all’evidenza, di innovazioni
normative che non incidono sui termini delle questioni sollevate, che non
riguardano né i presupposti, né l’ambito di applicazione, né le modalità di
svolgimento delle procedure di collaborazione volontaria e neppure la
determinazione delle sanzioni conseguenti, ma soltanto la destinazione del
gettito recuperato. Su questo profilo lo ius superveniens non introduce alcuna
innovazione, nemmeno nella parte in cui amplia le possibilità di intervento
correttivo in caso di accertata diminuzione del gettito atteso dalla procedura
di collaborazione volontaria.
4.2.– Le Province
autonome ricorrenti riconoscono che le norme denunciate non contemplano un
espresso rinvio al comma 7 dell’art. 1 della legge n. 186 del 2014, che prevede
la destinazione del gettito recuperato – in applicazione degli artt. da 5-quater a 5-septies del d.l. n. 167 del 1990, come
convertito e poi modificato dalla legge n. 186 del 2014 – ad apposite finalità,
in modo da essere definitivamente acquisito dallo Stato.
Ritengono, tuttavia, che la complessiva
disciplina oggetto d’impugnazione debba essere interpretata nel senso di non
prevedere – ed anzi, secondo la Provincia autonoma di Trento, nel senso di
escludere – che il ricavato delle quote del gettito recuperate e percette nei
territori provinciali sia distribuito tra lo Stato e le ricorrenti in applicazione
dei criteri stabiliti dallo statuto di autonomia per il riparto delle entrate
tributarie.
Viene in rilievo, dunque, un’impugnativa
promossa in via cautelativa ed ipotetica, sulla base di un’interpretazione
prospettata soltanto come possibile. La giurisprudenza costituzionale ritiene
tuttavia ammissibile un tale genere di ricorso, poiché, nel giudizio in via
principale, devono essere esaminate anche le lesioni in ipotesi derivanti da
distorsioni interpretative delle disposizioni impugnate (da ultimo, sentenza n. 212 del
2017).
L’eccezione sollevata dall’Avvocatura
generale dello Stato, circa una presunta carenza di interesse alla proposizione
dei ricorsi, va dunque rigettata, perché, nel caso di specie, deve escludersi
una valutazione d’implausibilità prima facie della lettura offerta dalle
ricorrenti (sentenza
n. 154 del 2017).
4.3.– Entrambe le
Province autonome hanno sostenuto che le disposizioni impugnate violerebbero,
tra gli altri, anche l’art. 81 (recte: 82) dello statuto speciale, in quanto, sovrapponendosi,
per il futuro, alle normali procedure di accertamento e riscossione di imposte
non dichiarate, precluderebbero il recupero "ordinario” di tali tributi, che
potrebbe portare nelle casse provinciali le quote del relativo gettito. Vi
sarebbe perciò lesione del citato parametro statutario, che riconosce alle
Province autonome il potere di concorrere a definire gli indirizzi per
l’accertamento dei tributi e di stipulare i conseguenti accordi operativi con
le agenzie fiscali.
Tuttavia, in nessuna parte delle delibere
delle rispettive Giunte provinciali di autorizzazione alla proposizione dei
ricorsi si rinviene, non solo l’indicazione dell’art. 81 (o, più correttamente,
82) dello statuto di autonomia come parametro da evocare, ma neppure alcuna argomentazione
che attribuisca alle disposizioni censurate un’incidenza negativa sulla futura
attività di accertamento e riscossione dei tributi erariali.
Sebbene la giurisprudenza costituzionale
attribuisca alla difesa del ricorrente un’autonomia tecnica «nella più puntuale
indicazione dei parametri del giudizio», riconoscendo ad essa il potere di
integrare una solo parziale individuazione dei motivi di censura, tale
discrezionalità «trova il suo limite nel perimetro delle ragioni espresse nella
deliberazione a ricorrere poiché è evidente che non possono essere introdotte
censure diverse o ulteriori rispetto a quelle indicate dall’organo politico»
(così, da ultimo, sentenza
n. 228 del 2017).
Nel caso di specie, le delibere con le
quali gli organi esecutivi delle Province autonome hanno disposto la
proposizione dei ricorsi non fanno alcun cenno alla questione di cui si tratta.
Essa va dunque dichiarata inammissibile, anche tenuto conto del fatto che la
Provincia autonoma di Bolzano ha illustrato il relativo motivo di doglianza
solo nella memoria illustrativa.
4.4.– Secondo il
Presidente del Consiglio dei ministri, le questioni sollevate dalle ricorrenti
dovrebbero essere dichiarate inammissibili per la genericità delle censure
articolate nei ricorsi introduttivi.
L’eccezione non è fondata.
Le ricorrenti, infatti, hanno puntualmente
ricostruito il contenuto precettivo delle disposizioni impugnate,
interpretandole in un senso tale da evidenziare il conseguente effetto lesivo
sulle norme statutarie (e di attuazione statutaria) – tutte specificamente
indicate ed illustrate – relative all’autonomia finanziaria delle Province
autonome.
A ben vedere, dunque, il ricorso identifica
correttamente i termini delle questioni proposte, individuando le disposizioni
impugnate, i parametri evocati e le ragioni dei dubbi di legittimità
costituzionale.
Per parte sua, la verifica della
correttezza dell’interpretazione proposta è invece profilo che non attiene al
vaglio preliminare di ammissibilità delle questioni.
5.– Passando,
quindi, al merito, le questioni di legittimità costituzionale promosse dalle
ricorrenti vanno dichiarate non fondate, nei sensi precisati nella motivazione
che segue.
5.1.– Con sentenza n. 66 del
2016, questa Corte ha chiarito che, attraverso le procedure di collaborazione
volontaria in materia fiscale, introdotte con la legge n. 186 del 2014, i
contribuenti possono spontaneamente definire, mediante il versamento di quanto
dovuto, anche a titolo di sanzione, le violazioni in materia di imposte sui
redditi e relative addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale
sulle attività produttive e di imposta sul valore aggiunto, nonché le eventuali
violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta, con riferimento
ad attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute anche all’estero.
Vengono in rilievo, dunque, disposizioni
«tutte orientate alla finalità di contrasto dell’evasione fiscale» (così,
ancora, sentenza
n. 66 del 2016).
L’art. 7, comma 1, del d.l.
n. 193 del 2016 inserisce, sempre nel testo del d.l.
n. 167 del 1990, come convertito e poi modificato dalla legge n. 186 del 2014,
l’art. 5-octies, che ha aperto una
nuova "finestra temporale” per consentire ai contribuenti di avvalersi
dell’istituto della collaborazione volontaria, introducendo, però, talune
modifiche di carattere procedurale e relative alla misura delle sanzioni
irrogabili, così conferendo all’istituto un carattere di novità rispetto a
quanto previsto in origine.
Il ricordato art. 5-octies rinvia a diverse disposizioni della legge n. 186 del 2014,
ma non anche all’art. 1, comma 7, che non solo prevedeva espressamente la
destinazione del gettito fiscale, così recuperato, ad un «apposito capitolo»
dell’entrata del bilancio dello Stato, ma ne disponeva altresì la successiva
destinazione, «anche mediante riassegnazione», alle finalità specifiche
elencate dalla medesima disposizione.
5.2.– Ciò posto,
occorre muovere dalla considerazione che anche le entrate di cui qui si discute
«riguardano il gettito tributario originariamente evaso attraverso la
violazione degli obblighi dichiarativi e, successivamente, "emerso” in
applicazione delle citate procedure» (sentenza n. 66 del
2016).
Come dedotto in entrambi i ricorsi, lo
statuto di autonomia per il Trentino-Alto Adige prevede che le quote del
gettito tributario percette nei territori provinciali siano ripartite tra lo
Stato e le Province autonome secondo criteri che assegnano a ciascuna Provincia
autonoma gli otto decimi dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) riscossa sul
territorio provinciale e i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie
erariali (compresa l’IVA sulle importazioni), dirette o indirette, comunque
denominate, inclusa l’imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di
spettanza regionale o di altri enti pubblici (art. 75, comma 1, lettere da a a g, dello statuto speciale).
È da precisare che nell’ammontare delle
quote di tributi erariali devolute alle Province sono comprese anche le entrate
afferenti all’ambito regionale e provinciale affluite, in attuazione di
disposizioni legislative o amministrative, a uffici situati fuori del
territorio della Regione e delle rispettive Province (art. 75-bis, comma 1).
Lo statuto di autonomia, inoltre,
attribuisce alle Province autonome le compartecipazioni al gettito e le
addizionali a tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscono agli enti
locali del territorio provinciale (art. 80, comma 3).
Con riferimento alla potestà comunque
riconosciuta allo Stato di riservare all’erario gettiti di natura tributaria
riscossi nel territorio delle due Province autonome, la giurisprudenza di
questa Corte (pur maturata in relazione alle norme statutarie vigenti prima
delle modifiche operate in attuazione del citato accordo del 15 ottobre 2014: sentenze n. 142 del
2012 e n.
182 del 2010) ne ha subordinato la legittimità alla verifica della
sussistenza di tutte le condizioni tassativamente individuate dalla normativa
statutaria (ora dettata dall’art. 75-bis,
comma 3-bis). Tali condizioni sono
costituite dal collegamento con l’introduzione di maggiorazioni di aliquote o
con l’istituzione di nuovi tributi, il cui gettito sia destinato per legge alla
copertura, ai sensi dell’art. 81 Cost., di nuove
specifiche spese di carattere non continuativo e non rientranti nelle materie
di competenza della Regione o delle Province. Occorre poi che la misura risulti
temporalmente delimitata, con gettito contabilizzato distintamente nel bilancio
statale, ferma restando l’inammissibilità di riserve destinate al
raggiungimento di obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica.
5.3.– In base a quanto illustrato, e
partendo dalla constatazione che «la disciplina delle procedure di
collaborazione volontaria non determina alcuna maggiorazione di aliquota né una
generale modifica dei tributi, trattandosi, a legislazione fiscale
sostanzialmente immutata, del gettito tributario originariamente dovuto ed
illecitamente sottratto» (così, ancora, sentenza n. 66 del
2016), il complessivo quadro normativo è chiaro: se le disposizioni
denunciate nel presente giudizio dovessero essere interpretate nel senso di
sottrarre alle Province, in tutto o in parte, il gettito ottenuto attraverso la
nuova procedura di collaborazione volontaria, esse si porrebbero in contrasto
con le disposizioni dell’ordinamento finanziario dettato dallo statuto di
autonomia, che tale devoluzione, invece, prevedono pro quota.
Non può essere questa, tuttavia, la
corretta interpretazione delle disposizioni oggetto d’impugnazione.
A differenza della disciplina relativa all’originaria
fase della collaborazione volontaria, nell’attuale regolamentazione manca una
espressa previsione legislativa di destinazione specifica delle somme
recuperate dall’evasione. Infatti, nel comma 5-octies introdotto dall’art. 7, comma 1, del d.l.
n. 193 del 2016, come convertito, non compare alcun richiamo al comma 7
dell’art. 1 della legge n. 186 del 2014, che quella destinazione espressamente
continua a prevedere per le sole risorse derivanti dalla prima fase di
applicazione dell’istituto.
Solo il citato comma 7 dell’art. 1 della
legge n. 186 del 2014, oltre a fare riferimento ad un apposito capitolo nel
bilancio dello Stato nel quale far confluire le somme recuperate, prevede che
esse vengano destinate, «anche mediante riassegnazione», alla soddisfazione di
specifiche finalità, analiticamente indicate.
Vero che la legge di bilancio per il 2017
contempla anch’essa un apposito capitolo di bilancio, ove viene fatto confluire
il gettito "emerso” per effetto della collaborazione volontaria. Ma proprio il
mancato richiamo alla disposizione che imprimeva al gettito ottenuto la
destinazione a specifiche finalità, da soddisfare mediante riassegnazione delle
relative somme, implica che l’allocazione in tale capitolo della somma "emersa”
in attuazione della nuova fase della collaborazione volontaria non incide sul
successivo, necessario, riparto secondo le normative statutarie (e di
attuazione statutaria) relative a ciascuna autonomia speciale.
In tal senso, del resto, è orientata la
stessa difesa spiegata, in entrambi i giudizi, dall’Avvocatura generale dello
Stato, secondo la quale le norme impugnate non configurano «alcuna riserva
erariale in senso tecnico». Per l’Avvocatura generale dello Stato, in
particolare, il comma 633 dell’art. 1 della legge n. 232 del 2016 si
limiterebbe a fornire «una mera stima» delle maggiori entrate per l’anno 2017,
attese in esito alla nuova fase della procedura di collaborazione volontaria,
non potendosi rinvenire «nelle disposizioni impugnate elementi che inducano ad
avvalorare l’interpretazione» prospettata dalle ricorrenti.
Alla luce di questa complessiva interpretazione – sulla quale, tra l’altro, in sede di udienza pubblica sia le ricorrenti sia la resistente hanno mostrato di concordare – tutte le questioni sollevate dalle Province autonome di Trento e di Bolzano devono essere dichiarate non fondate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 del
decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 (Disposizioni urgenti in materia fiscale
e per il finanziamento di esigenze indifferibili), convertito, con
modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, e degli artt. 1, commi da
633 a 636, e 2 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione
dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio
2017-2019), promossa dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento
all’art. 82 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige), con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.l. n. 193 del 2016, come convertito, e degli artt. 1,
commi da 633 a 636, e 2 della legge n. 232 del 2016, promossa dalla Provincia
autonoma di Bolzano, in riferimento all’art. 82 del d.P.R.
n. 670 del 1972, con la memoria depositata il 13 novembre 2017;
3) dichiara
non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 7 del d.l. n. 193 del 2016,
come convertito, e degli artt. 1, commi da 633 a 636, e 2 della legge n. 232
del 2016, promosse dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli
artt. 75, 75-bis, 79, 80, 103, 104 e
107 del d.P.R. n. 670 del 1972, agli artt. 5 e 6 del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale) ed al principio di leale collaborazione, in relazione all’art. 120
della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 del d.l. n. 193 del 2016, come convertito, e degli artt. 1, commi da 633 a 636, e 2 della legge n. 232 del 2016, promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano, in riferimento agli artt. 75, 75-bis, 79, 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972, al d.lgs. n. 268 del 1992 ed al principio di leale collaborazione, in relazione all’art. 120 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Nicolò ZANON, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria
il 14 dicembre 2017.