Sentenza n. 192 del 2022

SENTENZA N. 192

ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giuliano AMATO;

Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge della Regione Puglia 30 luglio 2009 n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale), promosso dal Consiglio di Stato, sezione quarta, nel procedimento vertente tra il Ministero per i beni e le attività culturali e altro e Riccardo Torlai e altro, con sentenza non definitiva del 14 maggio 2021, iscritta al n. 147 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di costituzione di Riccardo Torlai;

udito nell’udienza pubblica del 21 giugno 2022 il Giudice relatore Franco Modugno;

udito l’avvocato Gabriella De Giorgi Cezzi per Riccardo Torlai;

deliberato nella camera di consiglio del 21 giugno 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Con sentenza non definitiva del 14 maggio 2021 (reg. ord. n. 147 del 2021), il Consiglio di Stato, sezione quarta, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge della Regione Puglia 30 luglio 2009 n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale), nel testo in vigore anteriormente alla espressa abrogazione disposta dall’art. 1 della legge della Regione Puglia 24 marzo 2021, n. 3, recante «Modifica all’articolo 6 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale) e disposizioni in materia di prezzario regionale delle opere pubbliche», denunciando la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione all’art. 145, comma 3, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). La disposizione censurata prevede che i Comuni, mediante motivata deliberazione del consiglio comunale, possano disporre «[l]’individuazione di ambiti territoriali nonché di immobili ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 176 del 2015, nei quali consentire, secondo gli indirizzi e le direttive del PPTR, gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 della presente legge, purché gli stessi siano realizzati, oltre che alle condizioni previste dalla presente legge, utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi».

1.1.– Il giudice rimettente riferisce di essere stato chiamato a giudicare sull’appello proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali (oggi Ministero della cultura - MIC) per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione prima, 17 gennaio 2020, n. 39, con la quale il giudice di prime cure ha accolto il ricorso presentato da Riccardo Torlai ed ha annullato il parere negativo opposto dalla competente Soprintendenza, ai sensi dell’art. 146, comma 5, cod. beni culturali, e la conseguente determinazione negativa assunta dal Comune di Martina Franca, recante il definitivo diniego dell’autorizzazione paesaggistica sull’istanza edilizia.

Gli atti, impugnati dal ricorrente nel giudizio principale e annullati dal TAR Puglia, hanno a oggetto la realizzazione di un progetto di restauro e risanamento di un compendio immobiliare, sito nel Comune di Martina Franca, in aria tipizzata dal vigente piano regolatore generale come zona F1 «Zona agricola Valle d’Itria e zona agricola speciale», di cui all’art. 11 delle relative norme tecniche di attuazione (NTA); area, questa, costituente patrimonio dell’UNESCO, denominata Murgia dei Trulli, e sottoposta a numerosi vincoli.

1.1.1.– Nel dettaglio, il progetto prevedeva un ampliamento volumetrico ai sensi dell’art. 3 della legge reg. Puglia n. 14 del 2009 (attuativa del cosiddetto piano casa), al fine di consentire la realizzazione di un pergolato, di una piscina, di un forno, di un barbecue e altri accessori. Nel progetto era previsto, oltre al risanamento (con la sostituzione del solaio in cemento), anche l’ampliamento del deposito degli anni ’60, per circa venticinque mq (pari a settantacinque mc, inferiore cioè al venti per cento della volumetria esistente).

Come riferisce ancora il Consiglio di Stato, davanti al giudice di prime cure, il ricorrente ha sostenuto che l’ampliamento è conforme alle previsioni del Piano regolatore generale (PRG) e del Piano paesaggistico territoriale regionale della Regione Puglia (PPTR), come risulterebbe dalle Linee guida per il restauro e il riuso dei manufatti in pietra a secco (elaborato del PPTR 4.4.4 –– punto 4.2. «Criteri e requisiti per gli interventi di ampliamento. Ampliamenti una tantum»); e che l’intervento è altresì conforme alle previsioni della legge reg. Puglia n. 14 del 2009.

1.1.2.– Nel giudizio dinnanzi al TAR – prosegue il rimettente – il ricorrente ha esposto che, tanto l’ufficio tecnico comunale, quanto la commissione locale per il paesaggio, si sono espressi con preventivi pareri favorevoli; e anche il responsabile dell’Ufficio paesaggio del Comune di Martina Franca ha affermato che le opere di progetto, in termini qualitativi, non hanno determinato, in linea di massima, una significativa variazione della qualità paesaggistica complessiva del contesto interessato.

Per quanto rilevante nel presente giudizio, il TAR, con l’impugnata pronuncia, ha accolto le censure di violazione di legge e difetto di motivazione e istruttoria, ritenendo erroneo l’assunto della Soprintendenza, in base al quale nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico non sarebbe possibile l’applicazione della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, poiché gli interventi contemplati dal progetto di restauro e risanamento dovevano ritenersi realizzabili, proprio in forza del regime derogatorio previsto dalla norma censurata nel presente giudizio e attuata – in conformità alla previsione in parola – dal Comune di Martina Franca.

1.2.– Il MIC ha promosso appello contro la citata decisione del TAR Puglia con due autonomi motivi di ricorso.

1.2.1.– Con il primo, è sottoposto a critica il ragionamento seguito dal giudice di primo grado, nella parte in cui non avrebbe ritenuto l’intervento edilizio programmato distonico rispetto all’identità paesaggistica e ai valori culturali espressi dal territorio soggetto a vincolo e protetto dall’UNESCO quale patrimonio dell’umanità.

La censura non è accolta dal Consiglio di Stato, poiché, confermando quanto rilevato dal giudice di prime cure, il parere espresso dalla Soprintendenza non sarebbe stato adeguatamente motivato in merito alle ragioni per le quali l’intervento edilizio non risulterebbe compatibile con i valori espressi dal paesaggio in cui si inserisce e con le previsioni urbanistiche contenute nel Piano paesaggistico regionale.

1.2.2.– Con il secondo motivo di appello, è denunciata la violazione e l’erronea applicazione degli artt. 3 e 6, comma 1, lettera f), e comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, poiché gli interventi straordinari contemplati dalla menzionata legge regionale non si estenderebbero anche agli immobili ricadenti nelle aree soggette a vincolo paesaggistico. In altri termini, il regime derogatorio contemplato dall’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, sarebbe riferibile alla sola disciplina urbanistica e non anche a quella paesaggistica ed ai vincoli da questa previsti.

Secondo il MIC, alla luce della esposta lettura costituzionalmente conforme della diposizione censurata, l’intervento non avrebbe potuto essere autorizzato, poiché, e «anche a prescindere dalla compatibilità paesaggistica», sarebbe risultato in ogni caso difforme dalla disciplina di cui agli artt. 77 e 78 NTA del PPTR.

A parere dell’appellante, quest’ultima sarebbe la corretta interpretazione e applicazione dell’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, e, pertanto, ove il Consiglio di Stato aderisca all’apposto indirizzo, in base al quale la norma censurata consentirebbe di derogare anche ai vincoli paesaggistici posti dalla normativa statale o dal PPTR, il MIC chiede, in via subordinata, di sollevare questione di legittimità costituzionale.

1.3.– Il giudice a quo, rigettando preliminarmente la censura di difetto assoluto di attribuzione della Soprintendenza, originariamente avanzata nel giudizio di primo grado e riproposta dalla parte appellata, ritiene rilevante e dirimente la questione di legittimità costituzionale – che, come si chiarirà più avanti, si fonda sul contrasto tra l’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009 e l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. – in quanto dal suo eventuale accoglimento deriverebbe l’accoglimento del secondo motivo di appello, con il quale viene denunciata la violazione e l’erronea applicazione degli artt. 3 e 6, comma 1, lettera f), e comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, e la conseguente riforma della sentenza di primo grado. Di converso, dal rigetto della questione – prosegue il rimettente – discenderebbe il rigetto anche di questo motivo di gravame, con la conseguente conferma della sentenza di primo grado.

1.4.– In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo, preliminarmente (e funzionalmente a tale valutazione) inquadra il contesto normativo in cui si inserisce la disposizione censurata.

A tal fine, ricorda che gli artt. 3 e 4 della legge reg. Puglia n. 14 del 2009 disciplinano rispettivamente gli interventi straordinari di ampliamento e quelli straordinari di demolizione e ricostruzione.

L’art. 6, comma 1, lettera f), della citata legge regionale, prescrivendo che la realizzazione degli interventi, contemplati dai richiamati artt. 3 e 4, non è ammessa su immobili ubicati in area sottoposta a vincolo paesaggistico, ai sensi degli artt. 136 e 142 cod. beni culturali, recherebbe un generale divieto di realizzare interventi straordinari di ampliamento, demolizione e ricostruzione nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico. Principio, quest’ultimo, che il censurato art. 6, comma 2, lettera c-bis), della medesima legge regionale aveva, seppur con determinate cautele, espressamente derogato per l’ipotesi in cui si fossero individuati ambiti territoriali, ovvero immobili ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del PPTR.

A parere del giudice a quo, la chiara ed univoca lettera della diposizione, prima dell’espressa abrogazione avvenuta con la legge reg. Puglia n. 3 del 2021, consentiva ai Comuni di esercitare un eccezionale potere di pianificazione e trasformazione del territorio, tale da incidere, sia sulla competenza esclusiva riservata allo Stato in materia di tutela paesaggistica, sia sulle prescrizioni del Piano paesaggistico territoriale pugliese; risultando, inoltre, l’operatività della deroga sostanzialmente rimessa «alla decisione […] dei Comuni».

Atteso il chiaro tenore letterale della disposizione censurata, quella appena esposta sarebbe, per il Consiglio di Stato, l’unica interpretazione possibile, e non sarebbe di conseguenza condivisibile «l’esegesi ‘ortopedica’» prospettata dal MIC (supra, punto 1.2.2.), mediante la quale si porrebbe in essere il tentativo di rendere il censurato art. 6, comma 2, lettera c-bis), compatibile con il riparto costituzionale delle competenze di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

A parere del rimettente, che il chiaro tenore letterale della disposizione censurata non consentisse di ricavare la menzionata interpretazione, sarebbe confermato anche da una precedente decisione del Consiglio di Stato, il quale, nel giudicare su un caso sostanzialmente analogo, ha ritenuto che l’intervento edilizio non fosse vietato dalla disposizione sottoposta all’odierno scrutinio di costituzionalità (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 6 novembre 2020, n. 6846).

Ciò chiarito, il giudice a quo afferma che, nel caso di specie, a venire in rilievo, quale norma interposta, è l’art. 145, comma 3, cod. beni culturali, il quale, prescrive: l’inderogabilità delle previsioni contenute nei piani paesaggistici; la cogenza delle previsioni di questi ultimi rispetto agli strumenti urbanistici degli enti territoriali minori; la prevalenza delle stesse previsioni paesaggistiche sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici e sulle normative di settore; l’obbligo di conformazione e di adeguamento degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici.

Con il richiamato art. 145, comma 3, il codice per i beni culturali definisce, quindi, con efficacia vincolante, i rapporti tra le prescrizioni del Piano paesaggistico e quelle di carattere urbanistico ed edilizio, secondo un modello di prevalenza delle prime, non alterabile dalla legislazione regionale.

L’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009 – che, nell’interpretazione ricavabile dal suo chiaro tenore letterale, prevedrebbe la derogabilità delle prescrizioni dei piani paesaggistici e, in particolare, di quelle contenute nel PPTR Puglia – risulterebbe incompatibile con l’art. 145, comma 3, cod. beni culturali, e si porrebbe, quindi, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Inoltre, il giudice a quo, per un verso, segnala di aver sollevato analoghe questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12-bis, commi 2, 3 e 4, della legge della Regione Campania 28 dicembre 2009, n. 19, recante «Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa» (questioni già decise, nelle more del presente giudizio, con la sentenza n. 261 del 2021); per l’altro, ricorda che questa Corte, con la sentenza n. 74 del 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme della legge della Regione Puglia 30 novembre 2019, n. 52 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021), in quanto – e sebbene in fattispecie diversa da quella oggetto dell’odierna questione di costituzionalità – «violative […] della materia della protezione dell’ambiente, sotto il profilo della incidenza sui presupposti del rilascio della autorizzazione paesaggistica». Quanto deciso da questa Corte nella richiamata sentenza n. 74 del 2021 sarebbe estensibile anche alla fattispecie in oggetto, poiché la norma regionale censurata consentirebbe ai Comuni di incidere sui presupposti per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in deroga alle previsioni stabilite dal cod. beni culturali.

Alla luce delle ragioni esposte, il giudice a quo conclude per la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

2.– Si è costituito in giudizio Riccardo Torlai, parte appellata nel giudizio a quo, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, manifestamente infondata.

Sul presupposto che l’intervento oggetto del giudizio principale sia ammissibile sotto il profilo, tanto urbanistico, quanto paesaggistico, la parte costituita chiede, preliminarmente, di dichiarare inammissibile la questione per difetto di rilevanza.

Ad avviso della parte, la questione si tradurrebbe in una prospettazione non adeguata delle conseguenze applicative derivanti da un suo eventuale accoglimento; il difetto di rilevanza apparirebbe tanto più evidente ove si consideri che, anche «l’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa pugliese proposta dal Ministero appellante, se pure accolta, non porterebbe per ciò stesso a definire il giudizio con una decisione di accoglimento del gravame proposto».

Nel caso di specie, infatti, il vincolo paesaggistico, di tipo relativo e non assoluto, non solo non impedirebbe, ma espressamente consentirebbe gli interventi come quello oggetto della controversia; intervento, peraltro, che risulterebbe altresì conforme alle specifiche prescrizioni contenute nel PPTR pugliese.

A parere della parte, la questione, nel merito, sarebbe manifestamente infondata, poiché la conclusione del giudice rimettente, ossia che l’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009 attribuisse, prima della sua abrogazione, il potere ai Comuni di derogare ai vincoli paesaggistici esistenti in aree appositamente individuate mediante delibera del consiglio comunale, sarebbe del tutto erronea.

La parte – ponendo in evidenza quanto espressamente disposto dalla norma censurata, ossia che i Comuni possono «consentire […] gli interventi di cui agli articoli 3 e 4» della legge reg. Puglia n. 14 del 2009 «secondo gli indirizzi e le direttive del PPTR […] oltre che alle condizioni previste dalla presente legge, utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi» – ritiene che l’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della citata legge regionale, non recherebbe alcuna deroga alla disciplina vincolistica esistente, prevedendo, al contrario di quanto sostenuto dal rimettente, un obbligo di adeguarsi alle previsioni del PPTR e quindi di rispettare i vincoli esistenti.

Di conseguenza – si conclude – solo la «interpretazione ultronea e additiva» della disposizione censurata, prospettata dal giudice quo, porterebbe a dubitare della sua legittimità costituzionale.

Considerato in diritto

1.– Con sentenza non definitiva del 14 maggio 2021 (reg. ord. n. 147 del 2021), il Consiglio di Stato, sezione quarta, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge della Regione Puglia 30 luglio 2009 n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale), nel testo in vigore anteriormente all’abrogazione disposta dall’art. 1 della legge della Regione Puglia 24 marzo 2021, n. 3, recante «Modifica all’articolo 6 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale) e disposizioni in materia di prezzario regionale delle opere pubbliche».

Secondo il giudice a quo, la disposizione censurata violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione all’art. 145, comma 3, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), poiché consentirebbe di porre in essere gli interventi straordinari previsti dalla stessa legge reg. Puglia n. 14 del 2009 (d’ora in avanti, anche: Piano casa per la Puglia) in deroga alla disciplina dettata dal Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR) della Puglia, così violando il principio di prevalenza della pianificazione paesaggistica sugli strumenti urbanistici.

2.– In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza, formulata dalla parte costituitasi in giudizio.

A parere di quest’ultima, l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale non esplicherebbe alcun effetto nel giudizio principale (e neppure determinerebbe un suo diverso esito «l’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa pugliese proposta dal Ministero appellante»), poiché la praticabilità degli interventi oggetto della fattispecie concreta non dipenderebbe dalla applicazione o dalla corretta interpretazione della norma sottoposta a scrutinio di costituzionalità, bensì dalla natura stessa del vincolo gravante sul bene, che, avendo natura relativa e non assoluta, permetterebbe tali interventi.

L’eccezione non è fondata.

Per costante giurisprudenza costituzionale, la motivazione sulla rilevanza, formulata dal giudice a quo, è oggetto di un controllo meramente esterno ad opera di questa Corte, che si arresta sulla soglia della non implausibilità della motivazione stessa, in ordine tanto all’applicabilità della norma nel processo principale, quanto alla possibilità, o non, di definire quest’ultimo «indipendentemente dalla soluzione della questione sollevata» (sentenza n. 218 del 2020; in senso analogo, fra le più recenti, sentenze n. 109 del 2022, n. 75 del 2022 e n. 183 del 2021), potendo, questa Corte, «interferire su tale valutazione solo se essa, a prima vista, appaia assolutamente priva di fondamento (sentenze n. 122 del 2019, n. 71 del 2015)» (ancora, sentenza n. 218 del 2020).

Ciò non si verifica nel caso di specie.

Il giudice a quo rileva, infatti, che la norma censurata è applicabile ratione temporis nel giudizio principale, benché abrogata dall’art. 1 della legge reg. Puglia n. 3 del 2021, in quanto l’istanza edilizia di cui si discute è stata protocollata il 27 aprile 2017, e dunque anteriormente all’entrata in vigore di tale legge. Dall’ordinanza di rimessione emerge, altresì, il carattere pregiudiziale della questione sollevata rispetto alla definizione del processo principale, argomentandosi, in modo non implausibile, che la sua fondatezza determinerebbe l’accoglimento del secondo motivo di appello, con il quale viene denunciata la violazione e l’erronea applicazione degli artt. 3 e 6, comma 1, lettera f), e comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, e la conseguente riforma della sentenza di primo grado; nel caso di rigetto della questione, anche tale motivo di gravame dovrebbe, invece, essere respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata.

3.– Prodromica all’esame della questione è la ricostruzione del panorama normativo in cui essa si colloca.

3.1.– La legge reg. Puglia n. 14 del 2009 ha dato attuazione al cosiddetto Piano casa, in relazione a quanto stabilito nell’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata il 1° aprile 2009, sull’atto concernente misure per il rilancio dell’economia attraverso l’attività edilizia, in applicazione dell’art. 11 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133.

3.2.– Per ciò che interessa in questa sede, con la legge regionale in parola si prevede la possibilità di operare interventi straordinari di ampliamento (art. 3) e di demolizione e ricostruzione (art. 4); interventi che vengono, peraltro, sottoposti ad una serie di limiti, fra i quali quello sancito dall’art. 6, comma 1, lettera f), della stessa legge, che non li ammette «su immobili ubicati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi degli articoli 136 e 142» cod. beni culturali.

Tale previsione configurava, in origine, un limite assoluto, escludendo in radice l’applicabilità del Piano casa per la Puglia a tale tipologia di immobili. Per mitigare, tuttavia, il rigore della preclusione, con l’art. 4 della legge della Regione Puglia 5 dicembre 2016, n. 37, recante «Modifiche alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale) e alla legge regionale 15 novembre 2007, n. 33 (Recupero dei sottotetti, dei porticati, di locali seminterrati esistenti e di aree pubbliche non autorizzate)», è stata inserita all’art. 6, comma 2, della legge reg. Puglia n. 14 del 2009 la lettera c-bis), oggi censurata, che permette ai Comuni di individuare, con deliberazione motivata del consiglio comunale, «ambiti territoriali nonché […] immobili ricadenti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ai sensi del Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 176 del 2015, nei quali consentire, secondo gli indirizzi e le direttive del PPTR, gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 della presente legge, purché gli stessi siano realizzati, oltre che alle condizioni previste dalla presente legge, utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi».

3.3.– Come ricorda lo stesso giudice a quo, l’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009 è stato abrogato dall’art. 1 della legge reg. Puglia n. 3 del 2021. Con tale abrogazione si è dato seguito ai rilievi provenienti dal Ministero per i beni e le attività culturali (oggi Ministero della cultura) sulla necessità di superare tale disciplina, in quanto lesiva della potestà legislativa esclusiva statale in materia di tutela paesaggistica.

3.4.– Da ultimo, è opportuno ricordare che il legislatore pugliese è novamente intervenuto in materia, reintroducendo – con l’art. 3 della legge della Regione Puglia 30 novembre 2021, n. 39, recante «Modifiche alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), disposizioni in materia urbanistica, modifica alla legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio), modifica alla legge regionale 6 agosto 2021, n. 25 (Modifiche alla legge regionale 11 febbraio 1999, n. 11 “Disciplina delle strutture ricettive ex artt. 5, 6 e 10 della legge 17 maggio 1983, n. 217 delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione e delle associazioni senza scopo di lucro” e disposizioni varie) e disposizioni in materia derivazione acque sotterranee» – un regime derogatorio del generale divieto posto dall’art. 6, comma 1, lettera f), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, analogo a quello previsto dalla censurata lettera c-bis) ma maggiormente articolato nei presupposti.

Con il citato art. 3 si prevede, infatti, che, «[a]i sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamenti in materia edilizia), così come interpretato con circolare del 2 dicembre 2020 dei Ministeri delle Infrastrutture, Trasporti e Pubblica Amministrazione e con parere del Consiglio superiore dei Lavori pubblici dell’8 luglio 2021, sono consentiti, previa deliberazione del Consiglio comunale, gli interventi previsti dagli articoli 3 e 4 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale) in aree individuate dal Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), approvato con deliberazione della Giunta regionale 16 febbraio 2015, n. 176 ed elaborato attraverso co-pianificazione Stato-Regione unilateralmente inderogabile, alle condizioni che l’intervento sia conforme alle prescrizioni, indirizzi, misure di salvaguardia e direttive dello stesso PPTR e che siano acquisiti nulla osta, comunque denominati, delle amministrazioni competenti alla tutela paesaggistica».

4.– Ciò premesso, la questione è fondata nei termini di seguito precisati.

4.1.– Come si è già ricordato, il giudice a quo ritiene l’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, costituzionalmente illegittimo, poiché prevedrebbe la derogabilità delle prescrizioni dei piani paesaggistici e, in particolare, di quelle contenute nel PPTR Puglia, risultando così incompatibile con l’art. 145, comma 3, cod. beni culturali, e, quindi, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Il citato art. 145, dedicato al «[c]oordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione», nel precisare, al comma 3, che le disposizioni dei piani paesaggistici sono, comunque sia, prevalenti su quelle contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, esprime il cosiddetto principio di prevalenza delle prime sulle seconde (fra le più recenti, sentenze n. 45 del 2022 e n. 261 e n. 141 del 2021).

4.2.– Come questa Corte ha rilevato in più occasioni, mediante tale principio, il codice dei beni culturali ha inteso garantire l’impronta unitaria della pianificazione paesaggistica, valore imprescindibile e pertanto non derogabile dal legislatore regionale, in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme di tutela, conservazione e trasformazione del territorio (fra le tante, sentenze n. 45 del 2022, n. 74 del 2021 e n. 240 del 2020). In forza di tale principio, al legislatore regionale è impedito di adottare, sia normative che deroghino o contrastino con norme di tutela paesaggistica che pongono obblighi o divieti, cioè con previsioni di tutela in senso stretto (fra le molte, sentenze n. 261, n. 141 e n. 74 del 2021, e n. 86 del 2019), sia normative che, pur non contrastando con (o derogando a) previsioni di tutela in senso stretto, pongano alla disciplina paesaggistica limiti o condizioni (sentenza n. 74 del 2021), che, per mere esigenze urbanistiche, escludano o ostacolino il pieno esplicarsi della tutela paesaggistica.

In altri termini, «i rapporti tra le prescrizioni del piano paesaggistico e le prescrizioni di carattere urbanistico ed edilizio» sono definiti «secondo un modello di prevalenza delle prime, non alterabile ad opera della legislazione regionale» (sentenza n. 11 del 2016; in senso analogo, sentenze n. 45 e n. 24 del 2022, n. 124 e n. 74 del 2021).

4.3.– La disposizione censurata contrasta con il principio di prevalenza del Piano paesaggistico su tutti gli altri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, violando, così, il parametro interposto evocato dal rimettente.

La legge reg. Puglia n. 14 del 2009 disciplina ipotesi (straordinarie) di demolizione, ricostruzione e ampliamento, ossia interventi che, quando pure non risultino espressamente vietati, sono sottoposti a limiti e condizioni, talvolta stringenti, dal PPTR, e in specie dalle prescrizioni specifiche di quest’ultimo.

In tale contesto, la disposizione censurata, nel prevedere che detti interventi possano interessare ambiti e immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, non fa alcuna menzione del necessario rispetto anche delle richiamate prescrizioni specifiche del PPTR, ossia di quelle prescrizioni che impongono precisi obblighi o divieti inerenti all’utilizzo e – per ciò che qui rileva – alla trasformazione dei beni paesaggistici (norme, queste ultime, mediante le quali si esplica la funzione precettiva del Piano).

Posto il carattere confliggente della normativa censurata con la disciplina paesaggistica, l’omesso richiamo al generale rispetto delle prescrizioni specifiche del PPTR non può essere inteso alla stregua di un mero silenzio della legge, colmabile – come sostenuto dalla parte – in via interpretativa, nel senso che la relativa disciplina sia implicitamente applicabile, bensì come una deroga, o meglio come la facoltà per i Comuni e i privati, rispettivamente, di consentire e porre in essere tali interventi non osservando il contenuto precettivo del PPTR.

4.4.– La conclusione è avvalorata, a contrario, dalla circostanza che la norma censurata si limita a richiedere il rispetto dei soli «indirizzi» e «direttive» del PPTR: previsione che non vale a escludere il rilevato contrasto con il principio di prevalenza del Piano paesaggistico, proprio perché il rinvio è circoscritto alla parte programmatica del Piano, a traverso la quale quest’ultimo non detta specifiche regole sull’utilizzo e sulla trasformazione dei beni paesaggistici, ma pone gli obiettivi di qualità della pianificazione.

4.5.– Parimente inidonea a garantire la prevalenza del Piano paesaggistico sugli strumenti urbanistici è la generica previsione, contenuta sempre nella disposizione censurata, in base alla quale gli interventi in questione debbono essere realizzati «utilizzando per le finiture, materiali e tipi architettonici legati alle caratteristiche storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi».

Una simile previsione non vale certamente ad assicurare l’osservanza delle prescrizioni del PPTR, e rende anzi evidente il carattere derogatorio della norma in esame rispetto a queste ultime. Il PPTR, laddove ammette interventi sui beni paesaggistici, può contemplare una ben più ampia e dettagliata serie di regole sulla loro trasformazione: basti pensare, a titolo meramente esemplificativo, alle regole sul colore degli edifici, all’obbligo di rimuovere, nell’effettuazione degli interventi, gli elementi artificiali, ovvero, infine, al divieto di compromettere i coni visivi.

4.6.– Come ha già ricordato questa Corte, «la normativa sul Piano casa, pur nella riconosciuta finalità di agevolazione dell’attività edilizia, non può far venir meno la natura cogente e inderogabile delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, adottate dal legislatore statale nell’esercizio della propria competenza esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”» (sentenza n. 261 del 2021; in senso analogo, sentenza n. 86 del 2019).

Anche per tale ragione il PPTR deve essere messo al riparo dalla pluralità e dalla parcellizzazione degli interventi delle amministrazioni locali, che possono mettere in discussione la complessiva ed unitaria efficacia del Piano paesaggistico (fra le varie, sentenze n. 261 e n. 74 del 2021, e n. 11 del 2016).

5.– Al fine di rimuovere il vulnus costituzionale denunciato, non è peraltro necessario eliminare in toto la norma censurata (operazione che ripristinerebbe, nella sua originaria assolutezza, il divieto di interventi straordinari sugli immobili ricompresi in aree soggette a vincolo paesaggistico), ma è sufficiente introdurre in essa, con pronuncia a carattere additivo, la previsione inerente all’esigenza di rispetto (anche) delle prescrizioni del PPTR.

L’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge reg. Puglia n. 14 del 2009, nel testo in vigore anteriormente all’abrogazione ad opera dell’art. 1 della legge reg. Puglia n. 3 del 2021, va dichiarato, pertanto, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che gli interventi edilizi disciplinati dalla stessa legge regionale debbano essere realizzati anche nel rispetto delle specifiche prescrizioni del PPTR.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2, lettera c-bis), della legge della Regione Puglia 30 luglio 2009 n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale), nel testo in vigore anteriormente all’abrogazione disposta dall’art. 1 della legge Regione Puglia 24 marzo 2021, n. 3, recante «Modifica all’articolo 6 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale) e disposizioni in materia di prezzario regionale delle opere pubbliche», nella parte in cui non prevede che gli interventi edilizi disciplinati dalla stessa legge debbano essere realizzati anche nel rispetto delle specifiche prescrizioni del Piano paesaggistico territoriale della Puglia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2021.

F.to:

Giuliano AMATO, Presidente

Franco MODUGNO, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2022.