Sentenza n. 161 del 2022

SENTENZA N. 161

ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giuliano AMATO;

Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Puglia 6 agosto 2021, n. 31, recante «Implementazione del Test prenatale non invasivo (NIPT)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 1° ottobre 2021, depositato in cancelleria il 6 ottobre 2021, iscritto al n. 55 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udito nell’udienza pubblica del 24 maggio 2022 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi l’avvocato dello Stato Barbara Tidore per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Isabella Fornelli per la Regione Puglia, entrambi in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;

deliberato nella camera di consiglio del 24 maggio 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 1° ottobre 2021 e depositato il 6 ottobre 2021 (reg. ric. n. 55 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, impugna l’art. 3 della legge della Regione Puglia 6 agosto 2021, n. 31, recante «Implementazione del Test prenatale non invasivo (NIPT)», in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, per violazione della competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, in relazione all’art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», e all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., per violazione della competenza statale in materia di determinazione dei livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

La disposizione impugnata prevede: «1. [l]a Regione Puglia, in via sperimentale, al fine di migliorare la qualità della gravidanza delle partorienti, in particolare di quelle con condizioni di rischio di salute per il nascituro, in termini sanitari e psicologici, per la durata di due anni a decorrere dalla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, dispone l’erogazione del NIPT test, quale screening prenatale per la diagnosi delle trisomie 13, 18 e 21, in regime di Servizio sanitario regionale senza oneri economici a carico delle seguenti categorie, e comunque fino alla concorrenza dello stanziamento di bilancio assegnato: a) donne gravide di età inferiore ai quaranta anni al concepimento e con il risultato del test combinato che prevede un rischio compreso tra 1/301 e 1/1000; b) donne gravide di età maggiore o uguale a quaranta anni al concepimento. 2. La Giunta regionale, per l’attuazione di quanto previsto dal comma l, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti norme adotta i necessari atti finalizzati alla introduzione ed erogazione del NIPT test senza oneri economici per le categorie suddette».

1.1.– Ad avviso del ricorrente, la disposizione regionale violerebbe innanzitutto la competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., ledendo il principio fondamentale di contenimento della spesa pubblica sanitaria posto dall’art. 1, comma 174, della citata legge n. 311 del 2004.

Ciò in quanto le indagini genetiche contemplate dalla norma regionale impugnata non sono attualmente incluse nei livelli essenziali di assistenza (LEA), di cui all’Allegato 10C del d.P.C.m. 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), sicché essa, ponendole a carico del Servizio sanitario regionale, introdurrebbe un livello ulteriore rispetto a quelli previsti dalla disciplina statale.

Nel fare presente che la Regione Puglia è tuttora impegnata nel piano di rientro dal disavanzo sanitario, comportante il divieto di effettuare spese non obbligatorie ai sensi della disposizione statale evocata come parametro interposto, il ricorrente rileva che essa non può, pertanto, individuare, né garantire livelli ulteriori di assistenza, ponendo i relativi oneri in capo al servizio sanitario regionale.

1.2.– Al contempo, l’intervento regionale sarebbe lesivo della competenza statale in materia di determinazione dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. In proposito il ricorrente menziona le sentenze di questa Corte n. 199 e n. 117 del 2018, n. 190, n. 106 e n. 14 del 2017, n. 141 del 2014, nonché le sentenze n. 142 del 2021 e n. 166 del 2020, aventi ad oggetto disposizioni della stessa Regione Puglia.

2.– Con atto depositato in data 8 novembre 2021 si è costituita in giudizio la Regione Puglia.

Nel chiedere di dichiarare inammissibili e comunque non fondate le censure promosse dal ricorrente «in quanto muovono da una lettura del tutto parziale e fuorviante dell’art. 3 della L.R. n. 31/2021», la difesa regionale deduce preliminarmente che la disposizione impugnata rientrerebbe nella competenza legislativa e amministrativa riservata dalla Costituzione alla potestà regionale e non comporterebbe alcuna deroga alla normativa statale.

2.1.– In punto di inammissibilità, la difesa regionale afferma che il ricorrente non fornirebbe una motivazione adeguata delle censure, che costituisce, secondo la giurisprudenza costituzionale, requisito tanto più necessario dell’atto introduttivo del giudizio in via principale (in proposito sono richiamate, tra le altre, le sentenze di questa Corte n. 2 e n. 20 del 2021, n. 199 del 2020 e n. 41 del 2019).

In particolare, il ricorrente avrebbe denunciato «la violazione dell’art. 117, co. 3 Cost. e comma 2 lett. m) Cost., senza tuttavia argomentare in maniera compiuta, segnatamente in ordine alla denunziata invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, in materia di determinazione dei LEA».

2.2.– Nel merito, la Regione contesta la fondatezza delle censure.

Nell’evidenziare che la disciplina in esame affronta «un tema molto sensibile per la salute delle donne in stato di gravidanza», la difesa della resistente rappresenta che la disposizione impugnata è volta a «disciplinare l’utilizzo di prestazioni sanitarie denominate Test Prenatale Non Invasivo (NIPT test), ovvero il test del DNA fetale, al fine di migliorare la qualità della gravidanza delle partorienti, soprattutto di quelle con condizioni di rischio di salute per il nascituro, in termini sanitari e psicologici». Si tratta «di uno screening prenatale non invasivo basato sul DNA ovvero su tecniche molecolari di elevata sensibilità che analizzano la probabilità che il feto sia affetto dalle più comuni anomalie di numero dei cromosomi non sessuali: trisomia 21 (sindrome di Down), trisomia 18 (sindrome di Edwards) e trisomia 13 (sindrome di Patau)».

Ad avviso della resistente, l’accesso gratuito al NIPT test consente di limitare i rischi afferenti all’utilizzo di sistemi di diagnosi più invasivi, tra cui la amniocentesi, trattandosi di «un test innovativo già utilizzato in regime privato, che permette di calcolare per ogni donna gravida, indipendentemente dall’età, un rischio di aneuploidie fetali estremamente accurato (DR>99%, FP e FN< 1%) e quindi indirizzare alla diagnosi invasiva solo quelle pazienti con alto rischio; con questo approccio il numero di donne gravide da sottoporre a DPIC si riduce drasticamente con conseguente bassissimo numero di perdita fetale».

La Regione evidenzia che il NIPT test è già in uso nella pratica medica negli USA, nei Paesi del Nord Europa e in diverse Regioni italiane, e rappresenta che Consiglio superiore di sanità nel documento pubblicato il 9 marzo 2021, recante «Screening del DNA fetale non invasivo (NIPT) in sanità pubblica», ha raccomandato l’inclusione dell’erogazione del NIPT test nell’ambito dei LEA.

Alla luce di quanto illustrato, la difesa regionale sostiene che pertanto il ricorso al NIPT test favorirà un sempre minore ricorso a pratiche di screening invasive come l’amniocentesi e la villocentesi e che le sperimentazioni avviate in altre Regioni hanno comportato un «significativo risparmio della spesa sanitaria e notevole riduzione del rischio di perdita fetale».

Poiché, dunque il NIPT test non è previsto dall’art. 59 (Assistenza specialistica ambulatoriale per le donne in stato di gravidanza e a tutela della maternità) del d.P.C.m. 12 gennaio 2017, la difesa della resistente rappresenta che il legislatore regionale, per consentire il predetto tipo di indagine, ha ritenuto di introdurla in via sperimentale e non a regime, ossia per soli due anni in favore di determinate categorie.

Non si sarebbe, dunque, in presenza dell’introduzione di un ulteriore livello di assistenza in senso proprio, trattandosi di prestazioni previste a livello sperimentale in un arco di tempo ben circoscritto.

Ne costituirebbe conferma, secondo la difesa regionale, l’appostazione in bilancio della dotazione finanziaria degli oneri derivanti dall’intervento alla Missione 13, Programma 7 («Ulteriori spese in materia sanitaria») e non al Programma 2 («Servizio sanitario regionale-finanziamento aggiuntivo corrente per livelli di assistenza superiori ai LEA»), poiché tale circostanza escluderebbe la natura di prestazione aggiuntiva (extra LEA) lamentata dalla difesa erariale.

Ad avviso della resistente, il carattere temporaneo della sperimentazione, pertanto, «rende l’iniziativa legislativa regionale coerente con l’Ordinamento costituzionale e, in particolare, con il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, favorendo un leale confronto [tra Stato e regioni] sui fabbisogni e sui costi che incidono sulla spesa costituzionalmente necessaria, tenendo conto della disciplina e della dimensione della fiscalità territoriale nonché dell’intreccio di competenze statali e regionali in questo delicato ambito materiale» (sentenza 169 del 2017), nonché un utile contributo a fornire maggiore chiarezza nell’allocazione delle risorse da destinare alla salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza (rif. art. 1, comma 554, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 c.d. legge di stabilità 2016)».

Da ultimo, la difesa regionale deduce l’inconferenza delle pronunce richiamate relative a disposizioni della stessa Regione Puglia cui fa cenno il ricorrente (sentenze n. 142 del 2021 e n. 166 del 2020). Ciò perché le disposizioni dichiarate illegittime con tali pronunce in considerazione delle medesime censure formulate nei confronti della disposizione impugnata, presenterebbero caratteristiche e struttura diverse.

2.2.1.– In prossimità dell’udienza la difesa regionale ha depositato una memoria nella quale ha ribadito e precisato quanto dedotto nell’atto di costituzione.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (reg. ric. n. 55 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 3 della legge della Regione Puglia 6 agosto 2021, n. 31, recante «Implementazione del Test prenatale non invasivo (NIPT)», in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», e all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

La disposizione impugnata prevede che la Regione Puglia, in via sperimentale, al fine di migliorare la qualità della gravidanza delle partorienti, per la durata di due anni dalla data di entrata in vigore della medesima legge regionale, possa disporre l’erogazione del NIPT test, quale screening prenatale per la diagnosi delle trisomie 13, 18 e 21, in regime di servizio sanitario regionale senza oneri economici per particolari categorie di donne in gravidanza a rischio.

1.1.– Secondo il ricorrente, la norma regionale impugnata violerebbe, innanzitutto, l’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento al principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio fondamentale della materia concorrente del coordinamento della finanza pubblica, in relazione all’art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, in quanto la Regione Puglia, essendo impegnata nel piano di rientro dal disavanzo sanitario, non può individuare né porre a carico del servizio sanitario regionale un livello ulteriore di assistenza, quale è il test previsto dalla disposizione impugnata, rispetto ai livelli essenziali di assistenza (LEA) definiti dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).

1.2.– Sarebbe, altresì, violata la competenza statale in materia di determinazione dei LEA di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto il test introdotto dalla disposizione impugnata costituirebbe un livello di assistenza ulteriore rispetto a quanto previsto a livello nazionale.

2.– La Regione, nel costituirsi in giudizio e, nuovamente, nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, ha chiesto di dichiarare inammissibili e comunque non fondate le censure, poiché muoverebbero da una lettura parziale e fuorviante della disposizione impugnata che, invece, si inserirebbe nel perimetro della competenza legislativa e amministrativa regionale, senza prevedere alcuna deroga alla normativa statale.

2.1.– In punto di inammissibilità la difesa regionale afferma che il ricorrente non fornirebbe una motivazione adeguata delle censure, ciò che costituisce, secondo la giurisprudenza costituzionale, requisito tanto più necessario dell’atto introduttivo del giudizio in via principale.

2.2.– Nel merito la Regione contesta la fondatezza delle censure sulla scorta delle argomentazioni qui di seguito sintetizzate negli aspetti salienti.

Illustrate le caratteristiche e la funzione del NIPT test per la diagnosi delle patologie cromosomiche come S. Down “T21”, S. Patau “T13”, S. Edwards “T18”, la difesa regionale evidenzia che tale strumento non ha il carattere invasivo dell’amniocentesi e della villocentesi attualmente previste nei LEA ai sensi dell’art. 59 del d.P.C.m. del 12 gennaio 2017, Allegato10C, e che pertanto l’accesso gratuito ad esso consentirebbe di limitare i rischi di eventi abortivi derivanti dall’utilizzo dei predetti sistemi di diagnosi più invasivi.

Ricordato che il NIPT test previsto dalla disposizione impugnata è già in uso nella pratica medica negli USA, nei Paesi del Nord Europa e in diverse Regioni italiane, la difesa della resistente rappresenta che nell’immediato futuro è prevista l’inclusione dell’erogazione del NIPT test nell’ambito dei LEA, come raccomandato dal Consiglio superiore di sanità nel documento pubblicato il 9 marzo 2021, recante «Screening del DNA fetale non invasivo (NIPT) in sanità pubblica».

Secondo la difesa regionale non si sarebbe in presenza dell’introduzione di un ulteriore livello di assistenza in senso proprio, trattandosi di prestazioni previste a livello sperimentale in un arco di tempo ben circoscritto. Ciò troverebbe conferma nell’appostazione in bilancio, con l’art. 4 della stessa legge regionale n. 31 del 2021, della dotazione finanziaria degli oneri derivanti dall’intervento alla Missione 13, Programma 7 («Ulteriori spese in materia sanitaria») e non al Programma 2 («Servizio sanitario regionale-finanziamento aggiuntivo corrente per livelli di assistenza superiori ai LEA»), poiché tale circostanza escluderebbe la natura di prestazione aggiuntiva (extra LEA) lamentata dalla difesa erariale.

Il carattere sperimentale, con durata temporalmente limitata, della prestazione prevista dalla disposizione impugnata, varrebbe a configurarla in termini di attività progettuale, rendendola coerente con l’ordinamento costituzionale e, in particolare, con il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.

Da ultimo, la difesa regionale deduce l’inconferenza dei precedenti specifici relativi alla stessa Regione Puglia cui fa cenno il ricorrente (sentenze n. 142 del 2021 e n. 166 del 2020). Ciò perché gli interventi previsti dalle disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime con le predette pronunce presenterebbero caratteristiche e struttura diverse dall’intervento contemplato dalla disposizione impugnata.

3.– Va preliminarmente disattesa l’eccezione d’inammissibilità sollevata dalla Regione.

La giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che l’esigenza di una adeguata motivazione a fondamento dell’impugnazione si pone in modo ancor più rigoroso nei giudizi promossi in via principale rispetto a quelli instaurati in via incidentale (ex plurimis, sentenze n. 219 e n. 2 del 2021). Il ricorrente, pertanto, ai sensi dell’art. 127 Cost., non solo ha l’onere di individuare le disposizioni impugnate e i parametri costituzionali dei quali lamenta la violazione, ma anche quello di fornire una motivazione non meramente assertiva a sostegno delle questioni promosse, sicché l’atto introduttivo del giudizio deve contenere l’illustrazione delle ragioni del contrasto con i parametri evocati e una pur sintetica argomentazione a supporto delle censure (ex plurimis, sentenze n. 219 e n. 95 del 2021, n. 194 e n. 25 del 2020).

Ciò premesso, questa Corte, pur rilevando che il ricorso è particolarmente sintetico nella illustrazione del quadro normativo di riferimento e nel corredo argomentativo, osserva che esso consente tuttavia di comprendere con sufficiente chiarezza le ragioni dell’impugnativa, ravvisate nella asserita impossibilità per la Regione Puglia, in quanto sottoposta al piano di rientro dal disavanzo finanziario, di introdurre il NIPT test, ponendone i relativi oneri a carico del servizio sanitario regionale, poiché concretizza un livello ulteriore di assistenza rispetto ai LEA.

4.– Nel merito la questione è fondata in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.

Questa Corte ha in più di un’occasione affermato, anche nei confronti della stessa Regione Puglia, che l’assoggettamento ai vincoli dei piani di rientro dal disavanzo sanitario impedisce la possibilità di incrementare la spesa sanitaria per motivi non inerenti alla garanzia delle prestazioni essenziali e per spese, dunque, non obbligatorie (sentenze n. 142 e n. 36 del 2021, e n. 166 del 2020).

È stato, altresì, chiarito che i predetti vincoli in materia di contenimento della spesa pubblica sanitaria costituiscono espressione di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica (ex plurimis, sentenze n. 36 del 2021, n. 130 e n. 62 del 2020, e n. 197 del 2019).

In definitiva, in costanza del piano di rientro, rimane inibita alla Regione, nell’esercizio della competenza concorrente in materia di tutela della salute, la possibilità di introdurre prestazioni comunque afferenti al settore sanitario ulteriori e ampliative rispetto a quelle previste dallo Stato.

Atteso tale contesto normativo, il NIPT test previsto dall’intervento regionale in esame costituisce una prestazione non contemplata dall’art. 59 (Assistenza specialistica ambulatoriale per le donne in stato di gravidanza e a tutela della maternità) del d.P.C.m. 12 gennaio 2017.

Invero, si tratta di una prestazione di natura sanitaria, posta a carico del Sistema sanitario regionale, in ogni caso aggiuntiva rispetto a quelle previste dall’ordinamento statale. Ciò comporta la sottrazione di risorse che devono essere, invece, destinate e utilizzate per consentire alla Regione di adempiere all’obbligo di garantire nel proprio ambito territoriale le prestazioni essenziali come attualmente definite.

A fronte di ciò non assume rilievo la circostanza, valorizzata dalla difesa della Regione, che l’introduzione del NIPT test nei LEA sia stata raccomandata dal Consiglio superiore di sanità nel ricordato documento del 9 marzo 2021 «Screening del DNA fetale non invasivo (NIPT) in sanità pubblica» a motivo dei suoi positivi effetti rispetto alle tecniche invasive attualmente previste (amniocentesi e villocentesi).

Va, infatti, ricordato in proposito che l’ordinamento statale – i cui fondamentali riferimenti sono costituiti dall’art. 3, comma 2, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), dall’art. 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n, 421), e dall’art. 1, comma 553 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)» – prescrive un complesso procedimento per l’aggiornamento dei LEA che vede coinvolti i diversi soggetti istituzionali: lo Stato, nelle figure dei Ministeri della salute, dell’economia e delle finanze, le Regioni e le Province autonome, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo.

Nel procedimento un ruolo fondamentale è assegnato alla Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e la promozione dell’appropriatezza del Servizio sanitario nazionale prevista dall’art. 1, comma 556, della predetta legge n. 208 del 2015.

La complessità del predetto procedimento, che riflette la pluralità dei profili e delle competenze coinvolti, ha lo scopo di contemperare le esigenze di una migliore tutela del diritto alla salute con il complessivo equilibrio finanziario del sistema sanitario, che costituisce condizione ineludibile per la sua effettiva e compiuta attuazione.

Sulla scorta di tali considerazioni, la circostanza, che l’intervento in esame sia posto a carico della dotazione finanziaria di una voce del bilancio regionale diversa da quella destinata al finanziamento aggiuntivo dei livelli di assistenza superiori ai LEA, non incide sulla oggettiva e sostanziale natura di prestazione extra LEA che riveste il NIPT test, i cui oneri costituiscono in ogni caso ulteriori spese in materia sanitaria.

Analogamente non rilevano sulla qualificazione dell’intervento in esame il suo carattere sperimentale, la durata biennale di vigenza della disposizione regionale, né la erogabilità del NIPT test fino a concorrenza della dotazione finanziaria prevista.

Si tratta, difatti, di elementi che non possono comunque elidere il contrasto tra la disposizione impugnata e il ricordato principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica, costituito dai vincoli cui è soggetta la Regione Puglia in vigenza del piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario.

Nemmeno rileva la tesi della difesa regionale circa l’effetto di risparmio sulla spesa pubblica sanitaria che si produrrebbe tramite ricorso al NIPT test in quanto eviterebbe il ricorso a strumenti d’indagine più invasivi e con effetti più onerosi per il sistema sanitario. Si tratta, invero, di un mero assunto che, del resto, è nell’immediato contraddetto dalla stessa prevista onerosità dell’intervento regionale.

4.1.– Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata.

4.2.– Peraltro, questa Corte rileva che tale disposizione reca l’«oggetto» della legge regionale, mentre le altre disposizioni hanno mero carattere strumentale: l’art. 1 definisce le finalità dell’intervento normativo, l’art. 2 contempla le definizioni «ai sensi e per gli effetti della legge stessa», e l’art. 4 reca la norma finanziaria. Ne consegue che la riscontrata illegittimità costituzionale dell’art. 3 fa venir meno la stessa ragion d’essere dell’intera legge reg. Puglia n. 31 del 2021 (sentenza n. 124 del 2022).

5.– L’accoglimento del ricorso in riferimento al parametro di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., comporta l’assorbimento della censura promossa in riferimento all’ulteriore parametro dedotto.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Puglia 6 agosto 2021, n. 31, recante «Implementazione del Test prenatale non invasivo (NIPT)».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 2022.

F.to:

Giuliano AMATO, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 30 giugno 2022.