SENTENZA N. 147
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giuliano AMATO;
Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 14, della legge della Regione Siciliana 12 maggio 2020, n. 9 (Legge di stabilità regionale 2020-2022), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 13-16 luglio 2020, depositato in cancelleria il 17 luglio 2020, iscritto al n. 58 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2020.
Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 5 aprile 2022 il Giudice relatore Angelo Buscema;
uditi l’avvocato dello Stato Gianna Galluzzo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Gabriella Gulì per la Regione Siciliana, quest’ultimo in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;
deliberato nella camera di consiglio del 5 aprile 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 10, comma 14, della legge della Regione Siciliana 12 maggio 2020, n. 9 (Legge di stabilità regionale 2020-2022), in riferimento all’art. 117, commi primo, in relazione agli artt. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, e secondo, lettere g) e o), della Costituzione.
La disposizione impugnata prevede che «[p]er le imprese operanti in Sicilia alla data del 28 febbraio 2020, che assumono dipendenti a tempo indeterminato disoccupati e qualora le assunzioni non siano state effettuate in sostituzione di lavoratori della stessa azienda, a qualsiasi titolo licenziati o sospesi, sono concessi contributi sotto forma di sgravi dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti per l’anno 2020. Restano a carico delle imprese le ritenute fiscali alla fonte, le addizionali regionali e comunali trattenute ai lavoratori. Nel caso di licenziamento senza giusta causa i contributi concessi sono recuperati, fatta eccezione per i casi di dimissioni volontarie o licenziamento per giusta causa. Per l’attuazione delle predette misure è autorizzata, per l’esercizio finanziario 2020, la spesa nei limiti di 10.000 migliaia di euro. L’ulteriore spesa, nei limiti di 10.000 migliaia di euro, è autorizzata per l’erogazione di un contributo una tantum a favore dei lavoratori stagionali, atipici e discontinui del turismo e commercio che non riescono a raggiungere il numero minimo di giornate utili all’erogazione dell’indennità di disoccupazione prevista dalla normativa di riferimento. Agli oneri di cui al presente comma, previo avviso pubblico, si fa fronte con le risorse dei fondi extra regionali e del POC 2014/2020 secondo il comma 2 dell’articolo 5. La misura di cui al presente comma è attuata con procedura a sportello. Le modalità e i criteri del bando sono stabiliti con decreto dell’Assessore regionale per le Attività produttive».
Ad avviso del ricorrente, risulterebbe anzitutto violato l’art. 117, secondo comma, lettere g) e o), Cost., in quanto, prevedendo degli sgravi contributivi previdenziali e assistenziali per l’anno 2020 e, quindi, delle minori entrate per l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), la norma inciderebbe nelle materie «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» e «previdenza sociale», ambiti rimessi in via esclusiva alla competenza del legislatore statale, senza che possano venire in rilievo quelle materie riconosciute alla Regione Siciliana dagli artt. 14 e 17, lettera f), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), non essendo comunque rispettati «i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato».
In secondo luogo, il riconoscimento dei citati sgravi contrasterebbe con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 107 e 108 TFUE, stante il divieto ivi sancito di fornire alle imprese sovvenzioni che minaccino di produrre effetti distorsivi della concorrenza e fonte di potenziale discriminazione.
2.– Si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, deducendo l’inammissibilità e, comunque, la non fondatezza delle censure.
Anzitutto, le questioni promosse sarebbero inammissibili per erroneità del presupposto interpretativo: da un lato, la disposizione impugnata non avrebbe previsto degli sgravi in senso tecnico, bensì meri contributi regionali a fondo perduto, destinati a essere versati nella casse dell’INPS, onde sgravare del relativo onere le imprese che, nonostante la crisi correlata all’emergenza epidemiologica da COVID-19, abbiano provveduto ad assumere personale; dall’altro, con specifico riguardo alla dedotta violazione dei parametri sovranazionali, il ricorrente avrebbe omesso di considerare la «clausola di compatibilità comunitaria», di cui all’art. 22 della medesima legge reg. Siciliana n. 9 del 2020.
Inoltre, l’inammissibilità deriverebbe dal fatto che il Presidente del Consiglio dei ministri non avrebbe adeguatamente assolto all’onere argomentativo cui era tenuto nel confrontarsi con le competenze legislative regionali e, segnatamente, con quella di cui all’art. 17, lettera f), statuto reg. Siciliana, richiamando «i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato» senza enuclearli.
Peraltro, le questioni sarebbero comunque non fondate nel merito, perché riguarderebbero interventi aggiuntivi rispetto a quelli, di analoga natura, disposti dal legislatore statale.
Con memoria illustrativa depositata in prossimità dell’udienza, la Regione Siciliana ha sostanzialmente ribadito le difese già svolte, soffermandosi, in particolare, sulla mancata considerazione della previsione di cui all’art. 22 della medesima legge reg. Siciliana n. 9 del 2020.
3.– Con memoria illustrativa depositata in prossimità dell’udienza fissata a seguito di rinvio congiuntamente richiesto dalle parti per consentire la possibile rinuncia al ricorso, frattanto non intervenuta, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito gli argomenti addotti a sostegno dell’impugnativa.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 10, comma 14, della legge della Regione Siciliana 12 maggio 2020, n. 9 (Legge di stabilità regionale 2020-2022), in riferimento all’art. 117, commi primo, in relazione agli artt. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, e secondo, lettere g) e o), della Costituzione.
Ad avviso del ricorrente, l’art. 10, comma 14, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2020 violerebbe anzitutto l’art. 117, secondo comma, lettere g) e o), Cost., in quanto, prevedendo, a beneficio delle imprese siciliane che assumono disoccupati, degli sgravi contributivi previdenziali e assistenziali per l’anno 2020 e, quindi, delle minori entrate per l’INPS, inciderebbe nelle materie «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» e «previdenza sociale», di competenza esclusiva del legislatore statale.
Inoltre, il riconoscimento dei citati sgravi contrasterebbe con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 107 e 108 TFUE, stante il divieto ivi sancito di fornire alle imprese sovvenzioni che minaccino di produrre effetti distorsivi della concorrenza e siano fonte di potenziale discriminazione.
2.– In particolare, la disposizione censurata prevede che «[p]er le imprese operanti in Sicilia alla data del 28 febbraio 2020, che assumono dipendenti a tempo indeterminato disoccupati e qualora le assunzioni non siano state effettuate in sostituzione di lavoratori della stessa azienda, a qualsiasi titolo licenziati o sospesi, sono concessi contributi sotto forma di sgravi dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti per l’anno 2020. Restano a carico delle imprese le ritenute fiscali alla fonte, le addizionali regionali e comunali trattenute ai lavoratori. Nel caso di licenziamento senza giusta causa i contributi concessi sono recuperati, fatta eccezione per i casi di dimissioni volontarie o licenziamento per giusta causa. Per l’attuazione delle predette misure è autorizzata, per l’esercizio finanziario 2020, la spesa nei limiti di 10.000 migliaia di euro. L’ulteriore spesa, nei limiti di 10.000 migliaia di euro, è autorizzata per l’erogazione di un contributo una tantum a favore dei lavoratori stagionali, atipici e discontinui del turismo e commercio che non riescono a raggiungere il numero minimo di giornate utili all’erogazione dell’indennità di disoccupazione prevista dalla normativa di riferimento. Agli oneri di cui al presente comma, previo avviso pubblico, si fa fronte con le risorse dei fondi extra regionali e del POC 2014/2020 secondo il comma 2 dell’articolo 5. La misura di cui al presente comma è attuata con procedura a sportello. Le modalità e i criteri del bando sono stabiliti con decreto dell’Assessore regionale per le Attività produttive».
È evidente, alla luce dei motivi dell’impugnativa, alla cui stregua circoscrivere il thema decidendum (ex multis, sentenza n. 274 del 2020), che quest’ultimo va limitato alla concessione di contributi, sotto forma di sgravi dei contributi previdenziali e assistenziali, alle imprese che assumono a tempo indeterminato disoccupati, vale a dire alla prima delle misure contemplate dalla disposizione impugnata.
Occorre inoltre chiarire come tra i parametri evocati non possano essere considerati gli artt. 14 e 17, lettera f), del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), dovendosi interpretare il ricorso alla stregua della deliberazione a impugnare (ex aliis, sentenza n. 36 del 2017), che a sua volta rinvia alla relazione del Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, la quale non li menziona.
3.– Tanto premesso, occorre preliminarmente esaminare le eccezioni d’inammissibilità sollevate dalla Regione Siciliana.
3.1.– Anzitutto, essa deduce che la disposizione impugnata non determinerebbe uno sgravio contributivo in relazione ai soggetti assunti, a detrimento dell’ente previdenziale, ma solo un contributo a carico della Regione onde fronteggiare il relativo onere, rimasto invariato. Di qui l’erroneità del presupposto interpretativo assunto dal ricorrente.
L’eccezione non è fondata, in quanto «l’erroneità del presupposto interpretativo dal quale muove il ricorrente sarebbe eventualmente motivo di non fondatezza, non di inammissibilità della questione (sentenza n. 117 del 2015)» (sentenza n. 228 del 2016; nello stesso senso, ex multis, sentenza n. 114 del 2022).
3.2.– Con specifico riguardo alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 107 e 108 TFUE, la Regione eccepisce l’inammissibilità della questione per la mancata considerazione dell’art. 22 della legge reg. Siciliana n. 9 del 2020.
L’eccezione è fondata.
Effettivamente il ricorrente, nel dedurre che l’art. 10, comma 14, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2020 integri gli estremi del conferimento di un aiuto di Stato in violazione del TFUE, non prende minimamente in esame il successivo art. 22 (Clausola di compatibilità comunitaria) della medesima legge regionale, il quale dispone che gli aiuti alle imprese da essa previsti – dunque, anche quelli menzionati dal comma impugnato – «sono concessi secondo le modalità e i limiti» di cui alla disciplina eurounitaria in materia e da essa mutuati.
Viceversa, il contrasto con i parametri interposti evocati avrebbe dovuto essere vagliato alla stregua di tali requisiti, subordinatamente ai quali la concessione degli aiuti è consentita.
La mancata considerazione della disposizione normativa che li prevede vizia irrimediabilmente l’impugnativa per l’omessa ricostruzione del quadro normativo di riferimento, a cui consegue, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’inammissibilità della questione proposta (ex multis, sentenza n. 265 del 2020).
3.3.– Infine, la Regione Siciliana eccepisce il mancato adeguato confronto del ricorrente con le competenze attribuitele dallo statuto speciale.
Tale eccezione non è fondata.
Nel proporre l’impugnativa per violazione dei parametri afferenti al riparto delle competenze legislative, il Presidente del Consiglio dei ministri si rapporta con quelle statutarie, escludendo che la disposizione possa ricondursi a un ambito materiale di spettanza della Regione Siciliana ai sensi dell’art. 14 e del successivo art. 17, lettera f), dello statuto speciale, in materia di «legislazione sociale: […] previdenza ed assistenza sociale», essendo quest’ultima confinata entro «i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato», che lo sgravio asseritamente previsto eccederebbe.
Il ricorso, dunque, si fonda su argomentazioni che riflettono compiutamente i requisiti di ammissibilità indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, sia per la radicalità della prospettazione, sia per la coerente illustrazione delle singole materie ritenute estranee alle attribuzioni riservate alla Regione Siciliana dallo statuto speciale, trattandosi di censure sollevate con riferimento a titoli di competenza statale esclusiva, espressamente confrontati con quelli statutari astrattamente pertinenti e con i relativi limiti (ex aliis, sentenze n. 174, n. 130 e n. 43 del 2020).
Il ricorrente ha pertanto assolto, seppur sinteticamente, all’onere argomentativo su di esso gravante, onde la non fondatezza dell’eccezione sollevata.
4.– Nel merito, le questioni promosse in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere g) e o), Cost. non sono fondate.
4.1.– Esse muovono dall’erroneo presupposto secondo cui la disposizione impugnata determinerebbe un esonero dalla contribuzione per i neoassunti disoccupati.
Se il tenore letterale dell’art. 10, comma 14, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2020, laddove menziona «sgravi dei contributi previdenziali e assistenziali», potrebbe ingenerare dei dubbi al riguardo, una serie di elementi depone in senso opposto.
Anzitutto, viene in rilievo la procedura a sportello (art. 5, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, recante «Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c, della legge 15 marzo 1997, n. 59») per la concessione di contributi, secondo cui le risorse sono assegnate sulla base delle domande valutate positivamente, secondo l’ordine cronologico di presentazione e fino a esaurimento dei fondi disponibili; dunque, detti contributi sono concessi in virtù di un meccanismo più coerente con una concreta erogazione dell’ammontare corrispondente ai medesimi, anziché con un esonero dal loro pagamento. D’altra parte, la stessa disposizione li qualifica come «dovuti».
In secondo luogo, la precisazione immediatamente successiva, per cui «[r]estano a carico delle imprese le ritenute fiscali alla fonte, le addizionali regionali e comunali trattenute ai lavoratori», lascia intendere che, diversamente, gli oneri contributivi, comunque sussistenti («dovuti per l’anno 2020»), semplicemente non sono a carico delle imprese.
Infine, nel caso di licenziamento senza giusta causa, è previsto che i contributi siano «recuperati», il che implica che essi siano stati in precedenza concretamente versati.
A ciò deve aggiungersi che dai lavori preparatori, il cui valore esegetico è stato costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 143 del 2020, n. 107 del 2018, n. 127 del 2017 e n. 250 del 2016), emerge in maniera evidente la volontà che i contributi previdenziali e assistenziali relativi alle nuove assunzioni siano effettivamente corrisposti.
Alla luce di tali considerazioni si deve concludere che, diversamente da quanto paventato dal ricorrente, la norma impugnata non esoneri dall’assolvimento degli oneri contributivi, depauperando per il relativo ammontare gli introiti dell’ente di spettanza, ma li ponga a carico della Regione.
4.2.– Sulla base di tali premesse, la questione promossa in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. non è fondata.
Questa Corte ha già ritenuto di ricondurre alla materia «ordinamento e organizzazione amministrativa degli enti pubblici nazionali» una disciplina regionale che incida sulla dotazione finanziaria di un organo appartenente all’amministrazione statale (sentenza n. 32 del 2012), cui deve assimilarsi il caso in cui analogo effetto si produca a discapito di un ente pubblico nazionale.
Tuttavia, per quanto precedentemente illustrato, ciò non si verifica nella fattispecie, in cui è previsto che i contributi vengano comunque versati, seppur con onere a carico della Regione. Ciò che, in conclusione, consente di escludere il vulnus al parametro evocato.
4.3.– Parimenti non fondata è la questione promossa in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost.
La competenza legislativa esclusiva in materia di previdenza sociale è attribuita allo Stato, allo scopo di garantire un’uniforme e perciò più efficace tutela dei diritti fondamentali connessi allo stato di bisogno (art. 38, secondo comma, Cost.), in un ambito che vede il primario impegno degli «organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato» (art. 38, quarto comma, Cost.). In tale materia è precluso un intervento del legislatore regionale che regoli diversamente gli obblighi contributivi del datore di lavoro e che interferisca con gli aspetti qualificanti delle tutele e della disciplina pubblicistica che le appresta.
Dunque, in astratto, una norma regionale che escludesse temporaneamente gli oneri contributivi altrimenti previsti per una certa categoria di neoassunti, incidendo sull’obbligo contributivo, invaderebbe la competenza statale in materia.
Né potrebbe utilmente evocarsi, in senso legittimante, la competenza concorrente demandata alla Regione Siciliana dall’art. 17, lettera f), dello statuto speciale, assoggettata all’ulteriore limite del rispetto dei «minimi stabiliti dalle leggi dello Stato». Al riguardo, da un lato, questa Corte ha negato che il legislatore siciliano possa autonomamente determinare i presupposti dei rapporti previdenziali (sentenza n. 336 del 1989); dall’altro, il concetto di «minimo», testualmente impiegato dalla disposizione statutaria, si attaglia al dato quantitativo della contribuzione, onde l’impedimento a valicarlo al ribasso rispetto a quanto previsto dalla legge statale, così come accadrebbe in caso di esclusione dell’onere.
Tuttavia, come già detto, nella fattispecie tale situazione non si verifica, posto che la disposizione, adottata in via temporanea per far fronte a una situazione di crisi, non comporta l’effetto paventato, in quanto l’onere previdenziale è stato comunque assolto dalla Regione, con conseguente non fondatezza della censura per erroneità del presupposto interpretativo da cui prende le mosse.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 14, della legge della Regione Siciliana 12 maggio 2020, n. 9 (Legge di stabilità regionale 2020-2022), promossa, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 14, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2020, promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere g) e o), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Angelo BUSCEMA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2022.