SENTENZA N. 134
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Marta CARTABIA;
Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 7, 8, 10, 22, 23 e 31 della legge della Regione Liguria 19 aprile 2019, n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette) e alla legge regionale 10 luglio 2009, n. 28 (Disposizioni in materia di tutela e valorizzazione della biodiversità), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 25 giugno-1° luglio 2019, depositato in cancelleria il 2 luglio 2019, iscritto al n. 76 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2019.
Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria, nonché l’atto d’intervento della Onlus Associazione Verdi Ambiente e Società (VAS);
udito il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1) lettere a) e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 20 maggio 2020;
deliberato nella camera di consiglio del 20 maggio 2020.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso del 25 giugno-1° luglio 2019 (reg. ric. n. 76 del 2019) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7, 8, 10, 22, 23 e 31 della legge della Regione Liguria 19 aprile 2019, n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette) e alla legge regionale 10 luglio 2009, n. 28 (Disposizioni in materia di tutela e valorizzazione della biodiversità)», in riferimento agli artt. 97 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
La legge impugnata interviene in tema di aree naturali protette di interesse regionale e locale, modificando, per quanto qui di interesse, la legge della Regione Liguria 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette).
Il ricorrente ritiene che ciò sia avvenuto, quanto alle disposizioni impugnate, in violazione della legge 6 dicembre 1991, n. 394 recante «Legge quadro sulle aree protette» (da ora in avanti: legge quadro).
1.1. – Ciò varrebbe anzitutto per l’art. 7 impugnato, che sostituisce l’art. 11 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995. La norma regionale, quanto ai primi tre commi del nuovo art. 11, regolerebbe i criteri costitutivi della comunità del parco, in contrasto con l’art. 24 della menzionata legge quadro, che affida tale funzione allo statuto della comunità.
Il successivo comma 4 prevede che la comunità concorre all’elaborazione del piano pluriennale socio-economico. A parere del ricorrente, la previsione contrasterebbe con l’art. 10, comma 3, della legge quadro, il quale stabilisce che la comunità deliberi in merito al predetto piano. Sarebbe perciò violato l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. relativo alla competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
Il seguente comma 5 attribuisce alla comunità il potere di rilasciare pareri vincolanti, nei casi previsti dallo statuto. Il ricorrente deduce un contrasto con l’art. 10, comma 2, della citata legge quadro, che prevede pareri obbligatori, ma non vincolanti.
La comunità, secondo il ricorrente, deve restare «un organo consultivo» per non compromettere l’indipendenza dell’ente parco da «strutture di derivazione politico rappresentativa», come si dovrebbe desumere anche dal fatto che, in sede di approvazione del piano pluriennale economico e sociale, l’art. 10, comma 3, della legge n. 394 del 1991 non prevede la natura vincolante del parere della comunità. Anche in tal caso sarebbe leso l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
La disposizione impugnata, a causa dei suoi «riflessi sotto il profilo della regolarità ed efficienza» della comunità violerebbe anche l’art. 97 Cost.
1.2.– L’art. 8 della legge regionale impugnata, che sostituisce l’art. 14 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, il quale, nel confermare al comma 1, le aree naturali protette di interesse regionale, provinciale e locale ivi elencate, sopprime quarantadue aree protette provinciali, in precedenza incluse nell’elenco di cui al decreto ministeriale 27 aprile 2010 (Approvazione dello schema aggiornato relativo al VI Elenco ufficiale delle aree protette, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 3, comma 4, lettera c, della legge 6 dicembre 1994, n. 394 e dall’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281). Ciò sarebbe in contrasto con l’art. 22, comma 1, lettera a), della richiamata legge quadro, che, ai fini della istituzione delle aree, impone di agire con procedimento amministrativo, al quale partecipano gli enti locali interessati. Pertanto, sarebbe illegittimo non osservare «lo stesso procedimento seguito per l’istituzione», quanto alla soppressione dell’area.
Analogamente viziato sarebbe il successivo comma 2 del nuovo testo dell’art. 14 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, che modifica i confini dei Parchi naturali delle Alpi liguri, dell’Antola, dell’Aveto e del Beigua, in contrasto con gli artt. 22, comma 1, lettera a), 23 e 25, comma 2, della legge quadro.
1.3.– Sarebbe coinvolto nella dedotta incostituzionalità anche l’art. 31 impugnato, che regola gli effetti della revisione dei confini.
Tali disposizioni violerebbero, quindi, l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e l’art. 97 Cost., quest’ultimo per le ragioni già esposte in precedenza.
1.4.– L’art. 10 impugnato sostituisce l’art. 17 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, stabilendo, al comma 4, che il piano del parco integra, e in caso di contrasto prevale sui piani territoriali regionali, provinciali e comunali.
Il ricorrente ritiene leso l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 25, comma 2, della citata legge quadro, che invece stabilisce che il piano del parco sostituisce la pianificazione paesistica, territoriale o urbanistica.
Il testo vigente dell’art. 17, comma 6, della legge reg. Liguria n. 12 del 1995 sarebbe poi costituzionalmente illegittimo, laddove prevede che il piano del parco possa apportare modifiche ai confini dell’area protetta, senza osservare il procedimento definito dall’art. 22, comma 1, lettera a), della legge quadro. Anche per tale parte l’art. 10 impugnato sarebbe in contrasto con gli artt. 97 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., per i motivi già esposti sopra.
1.5.– L’art. 22 impugnato sostituisce l’art. 32 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, permettendo (comma 3) all’ente di gestione dell’area protetta di stipulare convenzioni con soggetti preposti istituzionalmente alla vigilanza sul territorio, ovvero all’accertamento e alla contestazione di violazioni in materia ambientale, faunistica, venatoria e ittica.
Il ricorrente reputa che tale facoltà di convenzionarsi «anche con soggetti privati non istituzionali» contrasti con l’art. 23 della legge quadro, che vieta convenzioni con «enti pubblici» e «soggetti privati (ad esempio, guardie ecologiche, venatorie, ittiche e micologiche volontarie)» per l’esercizio della vigilanza nei parchi.
Da qui la lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), e dell’art. 97 Cost.
1.6.– L’art. 23 della legge regionale impugnata sostituisce l’art. 33 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, fissando la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie comminate per la violazione di specifici divieti inerenti al parco, del suo piano, o del regolamento.
Posto che “entità” e “tipologia” di violazione sarebbero divergenti da quanto previsto dall’art. 30, comma 2, della legge quadro, sarebbero violati, secondo il ricorrente, gli artt. 97 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.
2.– In data 8 agosto 2019 si è costituita la Regione Liguria, chiedendo il rigetto del ricorso.
2.1.– Quanto all’art. 7 impugnato, la Regione resistente afferma che esso, attenendo a profili organizzativi di un ente regionale e non derogando a standard ambientali minimi, andrebbe ricondotto alla competenza legislativa residuale regionale in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa» di cui all’art. 117, quarto comma, Cost.
In ogni caso, non vi sarebbe neppure contrasto con l’art. 24 della legge quadro, poiché tale norma non vieterebbe alle Regioni di adottare “linee-guida” ai fini della formazione dello statuto dell’ente. Natura di linee-guida avrebbero appunto i criteri che la norma impugnata demanda alla Giunta regionale di determinare ai fini della costituzione della comunità del parco.
Inoltre, in tema di piano pluriennale economico e sociale, la Regione Liguria contesta l’applicabilità dell’art. 10 della legge quadro quale norma interposta, poiché alle aree protette regionali si applicherebbero le sole disposizioni contenute nel Titolo III della menzionata legge quadro.
In relazione al nuovo testo dell’art. 11, comma 5, della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, la Regione ribadisce l’inapplicabilità dell’art. 10 della legge quadro alle aree protette regionali. La disposizione impugnata, nel consentire l’emanazione di pareri vincolanti in tassative ipotesi da parte della comunità del parco non altererebbe la natura consultiva e propositiva di quest’ultima, che sarebbe compatibile con l’adozione di tale tipologia di parere.
2.2.– Con riferimento agli artt. 8 e 31 impugnati, la Regione resistente sostiene che la legge n. 394 del 1991 si limiti ad assegnare alla legge regionale la perimetrazione provvisoria dei confini delle aree protette, ma non vieti, con ciò, l’impiego della forma della legge, che, anzi, è stata utilizzata sia dalla Regione Liguria, sia da numerose altre Regioni nel corso degli anni. Del resto, la partecipazione degli enti locali sarebbe assicurata dall’art. 66 della legge statutaria della Regione Liguria 3 maggio 2005, n. 1 (Statuto della Regione Liguria) anche nel procedimento legislativo, mediante il parere reso sul progetto di legge dal Consiglio delle autonomie locali.
Con specifico riferimento alla soppressione di aree protette, la Regione afferma che la questione si ponga solo con riguardo alla Provincia di Savona. In tal caso le aree protette sono state istituite dalla Provincia in forza di delega regionale, ora revocata dall’art. 33, comma 1, lettera b), della legge reg. Liguria n. 3 del 2019. Per tale parte, il ricorso sarebbe inammissibile per omessa impugnativa di tale ultima disposizione da parte dello Stato.
In ogni caso, con la norma impugnata la Regione si sarebbe “riappropriata” della funzione, esercitandola con legge regionale. Né ciò sarebbe in contrasto con l’art. 22, comma 1, lettera a), della legge quadro, che si riferirebbe alle sole aree protette regionali, e non locali come quelle in discussione.
2.3.– Con riguardo all’art. 10 impugnato, la resistente rileva che la differente formulazione della norma regionale rispetto alla normativa statale interposta produca nella sostanza il medesimo effetto di prevalenza del piano del parco sui piani paesaggistici.
In relazione al vigente art. 17, comma 6, della legge reg. Liguria n. 12 del 1995 introdotto dall’art. 10 impugnato, la Regione obietta che sarebbe di competenza regionale la scelta in ordine al procedimento di modifica dei confini del parco, e che quindi non sia costituzionalmente illegittimo attribuire tale compito al piano del parco, come lo stesso ricorrente avrebbe ammesso censurando gli artt. 8 e 31.
2.4.– Quanto all’art. 22 impugnato, la Regione sostiene che la normativa statale interposta vieti «la esternalizzazione della gestione del servizio di sorveglianza, non certo la cooperazione di soggetti terzi», tra cui volontari. A questi ultimi sarebbero già affidate funzioni di vigilanza nei parchi e nelle aree aperte alla caccia, in forza dell’art. 2 della legge della Regione Liguria 2 maggio 1990, n. 30 (Disciplina del servizio volontario di vigilanza ecologica) e dall’art. 27, comma 1, lettera b), della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). Pertanto la norma impugnata, incrementando gli standard di tutela ambientale, si limiterebbe a permettere la regolamentazione di un’attività che i volontari potrebbero già esercitare “in virtù di autonomo titolo”.
2.5.– Con riferimento all’art. 23 impugnato, la Regione rileva che l’art. 30 della legge quadro sarebbe ambiguo, poiché, al comma 2, prevede sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione delle disposizioni emanate dagli organismi di gestione delle aree protette. Non sarebbe chiaro né a quali violazioni ci si riferisca, né se esse siano contestabili nelle aree protette regionali. A fronte di ciò, la Regione Liguria, come molte altre, ha ritenuto di dotarsi di “un proprio apparato sanzionatorio”, più severo di quello statale, e dunque a incremento della tutela ambientale.
3.– Il 2 agosto 2019 è intervenuta ad adiuvandum nel presente giudizio l’Associazione Verdi Ambiente e Società (VAS), motivando sulla propria legittimazione ad intervenire, e chiedendo l’accoglimento del ricorso, fatta eccezione per la censura relativa all’art. 23 impugnato.
4.– Nell’imminenza della decisione, in data 11 maggio 2020, l’Avvocatura dello Stato ha depositato memoria, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso del 25 giugno-1° luglio 2019, depositato il successivo 2 luglio 2019 (reg. ric. n. 76 del 2019), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7, 8, 10, 22, 23 e 31 della legge della Regione Liguria 19 aprile 2019, n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette) e alla legge regionale 10 luglio 2009, n. 28 (Disposizioni in materia di tutela e valorizzazione della biodiversità)», in riferimento agli artt. 97 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
La legge impugnata, per quanto qui interessa, reca modifiche alla legge della Regione Liguria 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette) in tema di riordino delle aree protette naturali. Quest’ultima, a sua volta, fu adottata sulla base della legge statale di cornice 6 dicembre 1991, n. 394 recante «Legge quadro sulle aree protette» (da ora in avanti: legge quadro), che continua a tutt’oggi ad esprimere standard inderogabili di tutela dell’ambiente, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (sentenze n. 290 del 2019 e n. 44 del 2011).
Il ricorrente reputa che le disposizioni impugnate, che hanno ad oggetto le aree naturali protette regionali e locali, decrementino tali standard, nel rapporto con le norme contenute nella menzionata legge quadro.
Questa Corte ha infatti ripetutamente ricondotto all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. la disciplina ambientale dei parchi (da ultimo, sentenze n. 290 del 2019; n. 121 del 2018), pur riconoscendo che il parco regionale resta «tipica espressione dell’autonomia regionale» (sentenza n. 108 del 2005), e che esso «ben può essere oggetto di regolamentazione da parte della Regione, in materie riconducibili ai commi terzo e quarto dell’art. 117 Cost., purché in linea con il nucleo minimo di salvaguardia del patrimonio naturale, da ritenere vincolante per le Regioni» (sentenza n. 44 del 2011).
La Regione Liguria obietta, perciò, che le disposizioni impugnate non abbiano ecceduto dai limiti propri dell’autonomia regionale.
2.– In via preliminare, va dichiarato inammissibile l’intervento nel processo costituzionale dell’Associazione Verdi Ambiente e Società (VAS), «in quanto il giudizio di legittimità costituzionale in via principale si svolge esclusivamente tra soggetti titolari di potestà legislativa e non ammette l’intervento di soggetti che ne siano privi, fermi restando per costoro, ove ne ricorrano i presupposti, gli altri mezzi di tutela giurisdizionale eventualmente esperibili» (ex plurimis, ordinanza n. 213 del 2019).
3.– Altresì, sono da dichiarare inammissibili tutte le questioni di costituzionalità poste in relazione all’art. 97 Cost. Il ricorrente afferma, ma non prova neppure a dimostrare, che l’assetto impresso alla gestione delle aree protette regionali dalla legge regionale impugnata comprometta il buon andamento della pubblica amministrazione. Ma, quand’anche tale assetto non dovesse corrispondere al riparto delle competenze legislative tra Stato e Regione, non per questo esso genererebbe di per sé inefficienza dell’azione amministrativa (sentenza n. 43 del 2020).
Le questioni vanno perciò valutate con riguardo al solo titolo di competenza invocato dallo Stato, ovvero l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
4.– L’art. 7 della legge regionale impugnata sostituisce l’art. 11 della legge della Regione Liguria n. 12 del 1995, ed è censurato dal ricorrente per tre distinti profili.
4.1.– Il vigente art. 11, comma 3, della menzionata legge reg. Liguria n. 12 del 1995, modificata dalle disposizioni impugnate, stabilisce che la composizione della comunità del parco, «secondo i criteri previsti dai commi 1 e 2» precedenti, e le modalità del suo funzionamento sono stabilite dallo statuto dell’ente.
Tuttavia, i commi 1 e 2 recano regole stringenti in ordine alla costituzione della comunità, tali da imporsi allo statuto.
Il ricorrente ravvisa un contrasto tra tali commi e l’art. 24 della legge quadro, relativo alla organizzazione del parco naturale regionale, ove si prevede che «[i]n relazione alla peculiarità di ciascuna area interessata, ciascun parco naturale regionale prevede, con apposito statuto, una differenziata forma organizzativa».
Il ricorrente, incentrando l’attenzione in particolare sui criteri di partecipazione alla comunità, sostiene che la norma impugnata abbia illegittimamente regolato la fattispecie con legge, sottraendola alla riserva statutaria.
4.1.1.– La questione è fondata in riferimento ai commi 1, 2 e 3, quest’ultimo limitatamente alle parole «secondo i criteri previsti dai commi 1 e 2».
L’art. 24 della citata legge quadro conferisce competenza organizzativa alla fonte statutaria, perché essa permette di adeguare l’organizzazione del parco alle “peculiarità” del territorio. Una disciplina uniforme, come quella contenuta nella norma impugnata, non è perciò idonea ad adattarsi alla specificità dell’area del parco, ponendo così a repentaglio lo standard minimo di tutela dell’ambiente prescritto dal legislatore statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. A quest’ultimo deve conformarsi la potestà legislativa residuale della Regione in tema di organizzazione dei propri enti, che la resistente invano richiama.
Lo stesso schema tipo di statuto, che la Giunta approva ai sensi dell’art. 13 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, non può integralmente sovrapporsi al contenuto che di volta in volta lo statuto assumerà, posto che è fatta salva la competenza di quest’ultimo in tema di composizione e attribuzioni degli organi del parco (e, tra questi, della comunità).
4.2.– L’attuale art. 11, comma 5, della legge reg. Liguria n. 12 del 1995 stabilisce che la comunità esprima parere obbligatorio o vincolante, secondo quanto deciso dallo statuto, in merito ad una serie di oggetti, sui quali dovrà deliberare l’ente di gestione del parco.
Il ricorrente deduce il contrasto di tale previsione con l’art. 10 della legge quadro che sancisce il carattere obbligatorio, ma non vincolante dei pareri della comunità del parco.
4.2.1.– La questione non è fondata.
L’art. 10 è disposizione contenuta nel Titolo II della citata legge quadro, concernente le aree protette nazionali.
La giurisprudenza di questa Corte non esclude che disposizioni aventi tale oggetto possano applicarsi anche ai parchi regionali (sentenze n. 290 del 2019 e n. 44 del 2011), ma a condizione che vi si rifletta una generale scelta di politica ambientale non surrogabile dalla fonte regionale. Tale è l’opzione normativa, desumibile dai criteri di composizione degli organi del parco nazionale e dai loro reciproci assetti, che comporta di non affidare ad organi politici elettivi l’integrale governo del parco, al quale, invece debbono concorrere soggetti dotati di competenze tecniche adeguate (artt. 9 e 10 della menzionata legge quadro).
Per tale ragione, nel sistema dei parchi nazionali, la comunità, che è composta da Presidenti delle Giunte regionali, delle Province, delle Comunità montane e da sindaci, esprime pareri obbligatori, ma non vincolanti.
Nel caso dei parchi regionali, al contrario, è lo stesso art. 24 della legge quadro ad attribuire allo statuto il potere di definire le forme di organizzazione del parco e i criteri di composizione dei suoi organi, sicché non si vede perché tale fonte non possa incidere sul rapporto tra comunità ed ente di gestione, rendendo vincolanti taluni pareri della prima.
Non in questo profilo è ravvisabile un’eventuale illegittimità costituzionale, ma, semmai, nell’adozione concomitante da parte dello statuto di criteri costitutivi della comunità che rendano gli organi politici elettivi determinanti, attraverso il parere vincolante, nel governo del parco. Ma con ciò si potrà porre, semmai, un problema attinente alla composizione della comunità, mentre la norma impugnata si limita a prevedere che lo statuto del parco, in accordo con l’art. 24 della legge quadro, può decidere sulla natura dei pareri di tale organo. Porre a confronto tale natura con l’effettiva composizione della comunità è questione affatto distinta, che il ricorrente non promuove.
4.3.– Infine, il nuovo art. 11, comma 4, della legge reg. Liguria n. 12 del 1995 prevede che la comunità partecipa all’elaborazione del piano pluriennale socio-economico di cui al seguente art. 22.
Il ricorrente contesta la contrarietà della norma rispetto all’art. 10, comma 3, della legge quadro, che, invece, attribuisce alla comunità il potere non solo di partecipare, ma di deliberare sul piano pluriennale.
4.3.1.– La questione non è fondata.
Come si è visto, l’art. 10 della legge quadro non è applicabile nei suoi aspetti minuti ai parchi regionali. Inoltre, la norma statale attribuisce sì alla comunità la funzione deliberativa, ma su proposta vincolante del consiglio direttivo, sicché, nella sostanza, il ruolo della comunità nei parchi liguri non è sminuito rispetto all’assetto statale. Ad essa spetta, infatti, il compito di elaborare e redigere il piano pluriennale (art. 22 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995).
5.– L’art. 8 della legge regionale impugnata sostituisce l’art. 14 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, provvedendo al riordino delle aree protette esistenti.
Il nuovo art. 14, comma 1, “conferma” le aree protette di interesse regionale, provinciale e locale ivi indicate.
Ne deriva che sono soppresse, in quanto non riportate nell’elenco, le aree protette della Provincia di Savona.
Esse sono state costituite, in quanto di interesse locale, dalla Provincia stessa, alla quale tale funzione era stata assegnata dall’art. 20 della legge della Regione Liguria 22 gennaio 1999, n. 3 (Conferimento agli enti locali di funzioni e compiti amministrativi della Regione in materia di edilizia residenziale pubblica, opere pubbliche, espropriazioni, viabilità, trasporti e aree naturali protette).
Tale disposizione è stata abrogata dall’art. 33, comma 1, lettera b), della legge regionale impugnata, che ha così riaccentrato in sede regionale il compito di istituire, e parallelamente di sopprimere, le aree protette di interesse locale già di pertinenza della Provincia di Savona. La disposizione impugnata ha provveduto in tal senso.
Il ricorrente contesta che tale soppressione possa avvenire con legge provvedimento, senza che quest’ultima garantisca la partecipazione degli enti locali interessati, come invece prevede l’art. 22, comma 1, lettera a), della legge quadro. Secondo tale disposizione, costituiscono principi fondamentali per la disciplina delle aree protette regionali «la partecipazione delle province, delle comunità montane e dei comuni al procedimento di istituzione dell’area protetta».
5.1.– La Regione ha eccepito l’inammissibilità della questione, perché il ricorrente non ha impugnato l’art. 33, comma 1, lettera b), della legge reg. Liguria n. 3 del 2019, con il quale si è abrogata la competenza provinciale sulle aree protette locali.
L’eccezione è manifestamente infondata, perché il ricorso statale non pone un problema di distribuzione delle competenze tra Regione e Province, e non contesta, in particolare, che la Regione Liguria potesse sopprimere l’area, ma, piuttosto, l’inosservanza delle garanzie partecipative previste a favore degli enti locali nel procedimento.
5.2.– Nel merito, la questione è fondata nella parte in cui sopprime le aree naturali protette non espressamente menzionate.
Bisogna premettere che l’art. 22 della legge quadro è senza dubbio applicabile non solo alle aree naturali protette regionali in senso stretto, ma anche a quelle di interesse provinciale e locale, perché queste ultime rientrano nel «sistema regionale delle aree protette», ai sensi dell’art. 4, comma 5, della legge reg. Liguria n. 12 del 1995.
Tale “sistema”, a sua volta, corrisponde alla competenza regionale di istituire parchi di interesse regionale o locale, riconosciuta dall’art. 2, comma 8, della legge quadro. Quando, perciò, essa disciplina le aree naturali protette regionali, come accade con l’art. 22, si riferisce al loro insieme, che è competenza delle Regioni istituire e classificare, e dunque, anche alle aree di interesse locale.
L’indicato art. 22, come si è visto, vincola però la Regione a coinvolgere gli enti locali interessati nel procedimento istitutivo del parco.
Questa Corte ha già affermato che in tale materia è imposta, ai fini della soppressione dell’area protetta, l’osservanza del medesimo procedimento previsto per la sua istituzione (sentenza n. 263 del 2011, con riferimento alla cancellazione delle aree contigue).
Nel caso di specie, la legge regionale impugnata si è limitata ad assumere il parere del Consiglio delle autonomie locali in seno al procedimento legislativo, sulla base dell’art. 66 della legge statutaria della Regione Liguria 3 maggio 2005, n. 1 (Statuto della Regione Liguria). Esso non può però ritenersi equipollente alla diretta partecipazione dei soli enti locali interessati, il cui punto di vista ben potrebbe non coincidere con quello del Consiglio delle autonomie.
Questa Corte ha infatti già ritenuto che la partecipazione di tali enti locali è necessaria e non è surrogabile con forme alternative di coinvolgimento (sentenza n. 282 del 2000).
Essa, nell’attuale riparto delle competenze legislative, esprime uno standard minimo inderogabile di tutela dell’ambiente, perché garantisce che sia acquisita al procedimento di istituzione e di soppressione di detti parchi la voce di chi rappresenta lo specifico territorio, i cui interessi sono in tal modo posti in rilievo.
Il mancato coinvolgimento degli enti locali, attraverso la formazione del documento indicato dall’art. 22 della legge quadro, costituisce un vizio della fase procedimentale, che si trasferisce alla legge provvedimento con cui essa è stata conclusa e di cui conosce questa Corte (sentenze n. 2 del 2018; n. 241 del 2008; n. 311 del 1999).
La disposizione impugnata è perciò costituzionalmente illegittima, nella parte in cui dispone la soppressione delle aree protette già istituite e non indicate tra quelle “confermate” nell’art. 14 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995.
5.3.– Analogamente, è fondata la questione di legittimità dell’art. 8 della legge reg. Liguria n. 3 del 2019, nella parte in cui sostituendo l’art. 14, comma 2, della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, ridefinisce i confini dei parchi naturali delle Alpi Liguri, dell’Antola, dell’Aveto e del Beigua, senza coinvolgimento degli enti locali interessati.
L’art. 22, comma 1, lettera c), della legge quadro garantisce agli enti locali la partecipazione alla gestione dell’area protetta, sicché essi non possono essere estromessi dal procedimento con cui si compie un atto di evidente rilievo gestionale, ovvero la variazione dei confini del parco.
Del resto, tale variazione non è stata affidata a modifiche del piano del parco, alle quali avrebbero potuto partecipare i rappresentanti degli enti locali, ma è avvenuta direttamente con legge, e deve perciò osservare il medesimo procedimento seguito dal legislatore ai fini della perimetrazione provvisoria dei confini, ai sensi dell’art. 22 della legge quadro, compresa la interlocuzione con le autonomie locali.
5.4.– Ne segue la fondatezza anche della questione relativa all’art. 31 della legge regionale impugnata, che si limita a regolare il regime transitorio delle aree i cui confini sono stati modificati o soppressi con il nuovo art. 14, di cui è stata già accertata l’illegittimità costituzionale.
6.– L’art. 10 della legge reg. Liguria n. 3 del 2019 sostituisce l’art. 17 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995.
6.1.– Il nuovo art. 17, comma 6, stabilisce che il piano del parco possa prevedere una diversa perimetrazione dell’area protetta, salvo il caso dei confini stabiliti con legge.
6.1.1.– Il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 22 della menzionata legge quadro, perché spetterebbe alla sola legge regionale delimitare i confini.
La questione non è fondata.
Dall’art. 23 della legge quadro si evince che il legislatore può limitarsi alla perimetrazione provvisoria dei confini con la legge istitutiva del parco regionale. È perciò implicito nel sistema legislativo statale che la perimetrazione definitiva possa essere affidata dalla legge regionale ad una fase procedimentale successiva, ed in particolare al piano del parco. Si tratta, del resto, di un atto alla cui elaborazione partecipano gli organi del parco, i cui componenti sono in parte, come si è visto, rappresentanti degli enti locali interessati.
La disposizione impugnata, pertanto, disciplinando la specifica fattispecie della perimetrazione definitiva del confine, per i casi di perimetrazione provvisoria da parte del legislatore regionale, resiste alla censura.
6.2.– Il nuovo art. 17, comma 4, della legge reg. Liguria n. 12 del 1995 prevede che il piano del parco vincola la pianificazione territoriale di livello regionale, provinciale e comunale, integrandola e prevalendo su di essa in caso di contrasto.
Il ricorrente sottolinea il contrasto di tale disposizione con l’art. 25, comma 2, della legge quadro, secondo il quale il piano del parco «ha valore anche di piano paesistico e di piano urbanistico e sostituisce i piani paesistici e i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello».
Il meccanismo sostitutivo sarebbe più efficace nel tutelare l’ambiente, che non quello di integrazione e prevalenza.
6.2.1.– La questione è fondata.
Va premesso che, in base all’art. 145, comma 3, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), oggi è il piano paesistico a prevalere sul piano del parco. Di ciò mostra di essere consapevole il legislatore regionale, che infatti, con la norma impugnata, fa espressamente salvi gli effetti dei piani paesaggistici di cui all’art. 145.
Il meccanismo sostitutivo opera ancora con riguardo ai piani territoriali o urbanistici, assicurando una più diretta, immediata ed efficace affermazione, rispetto alla componente meramente urbanistica, dei profili connessi alla tutela dell’ambiente e coagulati nel piano del parco.
Il solo meccanismo di integrazione o prevalenza non solo può ingenerare dubbi interpretativi, ma consente al piano del parco di ritrarsi da sfere valutative di propria pertinenza, grazie all’appoggio offerto dal piano urbanistico.
In tal modo, la norma impugnata compromette uno standard uniforme di tutela ambientale, esponendosi alla censura di illegittimità costituzionale.
7.– L’art. 22 della legge regionale impugnata sostituisce l’art. 32 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, in tema di vigilanza sulle aree protette.
Il nuovo art. 32, comma 3, permette all’ente di gestione del parco di stipulare convenzioni con soggetti istituzionalmente preposti alla vigilanza sul territorio, ovvero competenti all’accertamento e alla contestazione di violazioni in materia ambientale, faunistica, venatoria, ittica ai sensi della normativa vigente, con particolare riferimento al Corpo forestale dello Stato, che l’art. 27 della legge n. 394 del 1991 ammette a convenzionamento con la Regione in materia di vigilanza.
Il ricorrente osserva che l’art. 23 della citata legge quadro, in tema di parchi regionali, permette il convenzionamento per la gestione del parco, «esclusa la vigilanza». In effetti, in tale settore, il successivo art. 27 ammette convenzioni della Regione con il solo corpo forestale, sicché parrebbe conseguente che a tale limite si debba attenere anche l’ente parco, ai quali la legge regionale conferisce l’esercizio del potere di vigilanza.
La norma impugnata avrebbe in tale prospettiva illegittimamente ampliato le ipotesi di convenzionamento, permettendo che esso sopraggiunga anche con «soggetti privati non istituzionali» quali «guardie ecologiche, venatorie, ittiche e micologiche volontarie».
7.1.– La questione non è fondata.
Nel nuovo assetto di competenze tra Stato e Regione sui parchi naturali regionali non ogni disposizione della legge quadro si può imporre alla sfera legislativa regionale.
A tal fine, è invece necessario che essa attinga ad un livello di protezione ambientale non inferiore a quello che la Regione consegue quale effetto indiretto dell’esercizio delle sue attribuzioni legislative, o comunque uniforme, per fondamentali esigenze di equilibrio che spetta alla normativa statale perseguire (sentenza n. 307 del 2003).
Le competenze legislative e organizzative della Regione sui parchi regionali sono di particolare ampiezza (sentenze n. 44 del 2011 e n. 108 del 2005), e subirebbero una grave compressione se fosse loro inibito di potenziare la vigilanza, ricorrendo a figure già istituzionalmente adibite, sia pure per altri scopi, a tale compito sul territorio.
Naturalmente, come si ricava dall’art. 27 della legge quadro quanto alla vigilanza regionale, l’ente di gestione del parco non può spogliarsi del proprio compito di vigilanza diretta, sicché il convenzionamento dovrà risolversi in un ausilio, e non in una surroga, quanto al potere di vigilanza.
In questi limiti, l’art. 23 della legge n. 394 del 1991 non reca in sé un livello di tutela ambientale minimo ed uniforme, tale da imporsi all’autonomia regionale di gestione dei propri parchi, quando essa accresce i mezzi di vigilanza a presidio del bene ambiente.
8.– L’art. 23 della legge regionale impugnata sostituisce l’art. 33 della legge reg. Liguria n. 12 del 1995.
Il nuovo art. 33 determina l’apparato sanzionatorio amministrativo, con riferimento alla violazione dei divieti indicati dal successivo art. 42 (art. 33, comma 1, lettere a e b); alle violazioni del piano del parco o agli interventi non preceduti da nulla osta (art. 33, comma 1, lettera c); alle violazioni dei regolamenti del parco, in quanto non più severamente sanzionate ai sensi delle lettere precedenti (art. 33, comma 1, lettera d).
Il ricorrente reputa tale disposizione in contrasto con l’art. 30 della richiamata legge quadro, perché prevede «sanzioni differenti sia per entità, sia per tipologia».
8.1.– La questione è inammissibile.
L’art. 30, comma 1, contiene sanzioni penali, con le quali, ove applicabili, la norma impugnata non interferisce (art. 33, comma 1, della legge reg. Liguria n. 12 del 1995, come introdotto dal censurato art. 23).
Inoltre, l’art. 30, comma 2, appronta sanzioni amministrative pecuniarie da lire cinquantamila a lire due milioni per chi violi le disposizioni emanate dagli organismi di gestione delle aree protette.
La censura statale contesta che la legge regionale disarticoli l’unitario meccanismo sanzionatorio tracciato dall’art. 30, comma 2, modificandone “entità e tipologia”. Tuttavia non è indicato l’elemento dal quale il ricorrente ha tratto la convinzione che tale unitarietà garantisca uno standard minimo e uniforme di tutela ambientale.
In difetto di tale argomentazione da parte del ricorrente, la norma impugnata si limita ad esercitare la competenza a definire il trattamento sanzionatorio di illeciti amministrativi che le compete descrivere, in virtù del principio del parallelismo (sentenza n. 137 del 2019).
Il ricorrente, infatti, neppure contesta la competenza regionale ad introdurre gli illeciti. Ciò rende di per sé inammissibile una censura diretta contro le sole sanzioni, quando non accompagnata dalla dimostrazione che esse indeboliscano il livello statale di protezione dell’ambiente, complessivamente valutato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile l’intervento dell’Associazione Verdi Ambiente e Società (VAS);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Liguria 19 aprile 2019, n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette) e alla legge regionale 10 luglio 2009, n. 28 (Disposizioni in materia di tutela e valorizzazione della biodiversità)», nella parte in cui sostituisce l’art. 11, commi 1, 2 e 3, quest’ultimo limitatamente alle parole «secondo i criteri previsti dai commi 1 e 2», della legge della Regione Liguria 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette);
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019, come sostituisce l’art. 14, comma 1, della legge della Regione Liguria n. 12 del 1995, nella parte in cui sopprime le aree naturali protette non espressamente menzionate;
4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019, come sostituisce l’art. 14, comma 2, della legge della Regione Liguria n. 12 del 1995, nella parte in cui modifica i confini dei parchi naturali regionali delle Alpi Liguri, dell’Antola, dell’Aveto e del Beigua;
5) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 31 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019;
6) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019, come sostituisce l’art. 17, comma 4, della legge della Regione Liguria n. 12 del 1995, nella parte in cui stabilisce che il piano del parco vincola e integra la pianificazione territoriale di livello regionale, provinciale e comunale, anziché sostituirsi ad essa;
7) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7, 10, 22 e 31 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019, promosse, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
8) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019, che sostituisce l’art. 33 della legge della Regione Liguria n. 12 del 1995, promosse, in riferimento agli artt. 97 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
9) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019, nella parte in cui sostituisce l’art. 11, commi 4 e 5, della legge della Regione Liguria n. 12 del 1995, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
10) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019, nella parte in cui sostituisce l’art. 17, comma 6, della legge della Regione Liguria n. 12 del 1995, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
11) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22 della legge della Regione Liguria n. 3 del 2019, nella parte in cui sostituisce l’art. 32, comma 3, della legge della Regione Liguria n. 12 del 1995, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2020.