Sentenza n. 100 del 2019

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SENTENZA N. 100

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 3, e 13, comma 1, della legge della Regione Veneto 28 novembre 2014, n. 37 (Istituzione dell’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario), come, rispettivamente, modificati dall’art. 57, commi 3 e 4, della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilità regionale per l’esercizio 2015), promosso dal Tribunale ordinario di Venezia, sezione per le controversie di lavoro, nel procedimento vertente tra F. F. e l’Azienda regionale per i settori agricolo, forestale e agroalimentare “Veneto Agricoltura” in liquidazione e altra, con ordinanza del 12 gennaio 2018, iscritta al n. 61 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti l’atto di costituzione di F. F., nonché l’atto di intervento della Regione Veneto;

udito nell’udienza pubblica del 19 febbraio 2019 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi gli avvocati Fabio Corvaja e Alessandro Capuzzo per F. F. e Ezio Zanon e Luigi Manzi per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale ordinario di Venezia, sezione per le controversie di lavoro, con ordinanza del 12 gennaio 2018 (reg. ord. n. 61 del 2018), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 39, 97, secondo comma, e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, degli artt. 12, comma 3, e 13, comma 1, della legge della Regione Veneto 28 novembre 2014, n. 37 (Istituzione dell’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario), come, rispettivamente, modificati dall’art. 57, commi 3 e 4, della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilità regionale per l’esercizio 2015).

Il censurato art. 12, comma 3, stabilisce che «[a]i dirigenti e dipendenti dell’Agenzia si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende municipalizzate di igiene ambientale, nel rispetto dei vincoli e delle limitazioni contenute nell’articolo 13»; il successivo art. 13, comma 1, stabilisce che «[f]erma restando l’attuale consistenza organica, il personale in servizio nella soppressa Azienda regionale “Veneto Agricoltura” mantiene il contratto di lavoro in essere e, per quanto riguarda le dinamiche contrattuali, segue il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie locali».

La questione è stata sollevata dal rimettente nel giudizio relativo al ricorso proposto da F. F. nei confronti dell’Azienda regionale per i settori agricolo, forestale e agroalimentare Veneto Agricoltura, in liquidazione, alla quale è subentrata, con effetto dal 1°gennaio 2017, l’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario (AVISP), entrambe enti pubblici economici strumentali della Regione Veneto.

Più precisamente, il ricorrente, riconosciuta l’applicabilità anche al suo caso della misura del congelamento della retribuzione stabilita dall’art. 9, comma l, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e, successivamente, prorogata sino al 31 dicembre 2014 dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)», lamentava che, una volta venuto meno il blocco, non si fosse dato corso al riconoscimento nei suoi confronti degli incrementi della retribuzione tabellare e dell’indennità integrativa, degli scatti di anzianità e delle progressioni parametrali maturate nel periodo 20l0-2014 e successivamente, in conformità di quanto stabilito dai Contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) Federambiente del 2008, del 2011 e del 2016, applicabili ratione temporis.

1.1.– Sotto il profilo della rilevanza della questione, il giudice a quo ritiene che il previo accertamento della eventuale illegittimità delle norme censurate costituisca necessario presupposto per la definizione del giudizio.

Più precisamente, il Tribunale ordinario di Venezia rileva che, senza l’intervento delle disposizioni censurate, la normativa applicabile al rapporto di lavoro oggetto di giudizio, «pacificamente di carattere privatistico», avrebbe imposto dal 1° gennaio 2015 a Veneto Agricoltura ed in seguito (dal 1° gennaio 2017) ad AVISP «di applicare nei confronti del personale ivi trasferito da Veneto Agricoltura la disciplina sia normativa che economica di cui al CCNL Federambiente».

1.2.– In ordine alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo evidenzia, con riferimento all’art. 39 Cost., che le norme censurate imporrebbero di «applicare ai singoli rapporti di lavoro due contratti collettivi diversi e precisamente, da un lato, di continuare ad applicare il C.c.n.l. Federambiente (come via via rinnovato), ma con l’esclusione di quelle delle sue previsioni che, dopo il 2010, determinano l’entità della retribuzione tabellare e dell’indennità integrativa, di quelle che disciplinano l’acquisizione degli scatti di anzianità e la loro entità e di quelle che disciplinano la progressione di carriera dal parametro B al parametro A e le relative conseguenze economiche; dall’altro, di applicare per gli ora menzionati aspetti alcune norme del diverso contratto collettivo degli Enti Locali, che disciplina un altro settore (quello pubblico) e un’altra categoria di lavoratori (quella appunto del comparto Regioni ed Autonomie Locali) ed è stipulato da altre OO.SS. (Aran e organizzazioni sindacali rappresentative del comparto in questione)».

Il che determinerebbe, ad avviso del Tribunale ordinario di Venezia, la violazione della «clausola di inscindibilità contrattuale prevista, come in tutti i contratti collettivi, anche dal C.c.n.l. Federambiente, ovvero del C.c.n.l. che l’Ente è obbligato ad applicare ed applica ai rapporti di lavoro in questione (art. 74, immutato in occasione dei rinnovi del 2011 e del 2016)», con la conseguente lesione dell’intera disciplina prevista dal contratto collettivo e, con ciò, della libertà sindacale come si esprime nella contrattazione collettiva.

In relazione all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., il giudice a quo nota, invece, che detta disposizione costituzionale «riserva allo Stato la legislazione esclusiva in materia di “ordinamento civile”, ivi compresa la disciplina del contratto di lavoro, esclusi solo i profili relativi alla “tutela e sicurezza del lavoro” e alla “formazione professionale” (nel caso di specie evidentemente non pertinenti), che appartengono invece alla competenza concorrente/esclusiva delle Regioni (cfr. sentenze della Corte Cost. 50/05, 17/14; 175/16; 81/17; 234/17)», per cui le norme regionali censurate introdurrebbero una deroga alla normativa statale in tema di rapporto di lavoro, intervenendo in una materia riservata alla competenza legislativa dello Stato.

Infine, in relazione all’art. 97, secondo comma, Cost., il rimettente rileva che la norma regionale «assegna all’ASPIV [recte: AVISP] – ente pubblico, sia pure economico – un ambito di discrezionalità irragionevole nel determinare il trattamento economico-retributivo spettante al personale acquisito da Veneto Agricoltura», con conseguente violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa.

2.– Con atto depositato l’8 maggio 2018 si è costituito in giudizio F. F., ricorrente nel giudizio principale, che, condividendo gli argomenti esposti nell’ordinanza di rimessione dal giudice a quo, ha chiesto che la questione sia dichiarata fondata.

3.– Con atto depositato l’8 maggio 2018 è intervenuta in giudizio la Regione Veneto, sostenendo l’inammissibilità della questione con riferimento agli artt. 39 e 97, secondo comma, Cost., e, comunque, la sua infondatezza nel merito con riferimento a tutti i parametri costituzionali evocati.

3.1.– In relazione alle dedotte eccezioni di inammissibilità, la difesa della Regione sostiene, per la questione sollevata in riferimento all’art. 39 Cost., l’inammissibilità della censura sulla base della considerazione che «la natura “esterna” della disposizione di legge regionale sospettata di incostituzionalità sembra elidere ab origine i dubbi di costituzionalità, in presenza di una lesione che può derivare dalle concrete modalità di attuazione della stessa e non dal suo contenuto precettivo».

3.2.– In riferimento, invece, all’art. 97, secondo comma, Cost., la Regione Veneto evidenzia come la questione sollevata non possa che essere riferita all’esercizio di potestà pubblicistiche e non già all’esercizio dei poteri di determinazione della retribuzione, da riconoscere al datore di lavoro nell’ambito di un rapporto privatistico come quello oggetto del giudizio. Secondo la difesa regionale non sarebbe perciò chiaro come il buon andamento della pubblica amministrazione possa essere leso nel caso in esame, per cui bisognerebbe concludere «prima ancora che per l’infondatezza del motivo di costituzionalità, per la sua inammissibilità, data l’indeterminatezza dello specifico motivo di impugnazione».

3.3.– Nel merito, ad avviso della Regione Veneto, la questione sarebbe da ritenere non fondata in riferimento a tutti i parametri costituzionali evocati.

In particolare, in relazione alla questione riferita all’art. 97, secondo comma, Cost., la difesa regionale ne sostiene la non fondatezza in quanto l’art. 13, comma 1, della legge reg. Veneto n. 37 del 2014 porrebbe «un vincolo temporale e un limite dimensionale economico-finanziario di spesa chiaro nel suo significato e nei suoi effetti precettivi, che lascia all’amministrazione unicamente un necessario margine di discrezionalità tecnica diretta esclusivamente a determinare in concreto come rispettare il limite economico-finanziario posto dalla legge», e senza che si possa, quindi, ipotizzare, sotto alcun profilo, una violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa.

Con riguardo, poi, alla questione riferita all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., la difesa regionale sottolinea che la disposizione di legge regionale sospettata di incostituzionalità «non regolamenta, tanto più in via generale e astratta, il rapporto di lavoro, ma si limita a prevedere “limitazione e vincoli” a contenuto economico-finanziario, che si pongono come misure afferenti all’organizzazione amministrativa degli enti pubblici strumentali della regione, idonei unicamente a tracciare il confine “esterno” al riconoscimento di emolumenti a favore dei lavoratori di uno specifico ente pubblico economico strumentale della Regione del Veneto».

Pertanto, ad avviso della difesa regionale, l’art. 13, comma 1, censurato, si potrebbe annoverare «a pieno di diritto tra le misure organizzatorie che si “traducono in un mero risparmio di spesa” (decisione n. 178/2015) e che non afferiscono ad altri ambiti materiali, quali “tributi” o “ordinamento civile”».

Infine, in relazione alla questione sollevata con riferimento all’art. 39 Cost., la Regione Veneto sostiene che la norma regionale di cui all’art. 13, comma 1, censurato, «non è diretta in alcun modo a vincolare l’autonomia collettiva e la libertà sindacale, ma pone unicamente un parametro di riferimento di carattere economico-finanziario volto a garantire il contenimento della spesa pubblica latamente intesa», sottolineando anche come la recente sentenza n. 178 del 2015 di questa Corte ha evidenziato «come norme di tal fatta, volte a garantire la compatibilità con obiettivi generali di politica economica, pur ove pongano vincoli legali all’autonomia collettiva, in tal modo comprimendo la libertà tutelata dall’art. 39 Cost., debbono ritenersi legittime allorché sia in gioco la salvaguardia di superiori interessi generali».

4.– In prossimità dell’udienza pubblica, F.F. ha depositato una memoria illustrativa, in cui contesta gli argomenti e le conclusioni esposti dalla Regione Veneto nel suo atto di intervento, ribadendo le conclusioni già rassegnate nell’atto di costituzione in giudizio.

5.– In data 29 gennaio 2019, anche la Regione Veneto ha depositato una memoria con la quale argomenta, ulteriormente, la ritenuta infondatezza della questione.

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza del 12 gennaio 2018 il Tribunale ordinario di Venezia, sezione per le controversie di lavoro, ha sollevato – in riferimento agli artt. 39, 97, secondo comma, e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione – questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 3, e 13, comma 1, della legge della Regione Veneto 28 novembre 2014, n. 37 (Istituzione dell’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario), come, rispettivamente, modificati dall’art. 57, commi 3 e 4, della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilità regionale per l’esercizio 2015).

Ad avviso del ricorrente, le disposizioni regionali censurate stabilendo, all’art. 12, comma 3, che «[a]i dirigenti e dipendenti dell’Agenzia si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro delle aziende municipalizzate di igiene ambientale, nel rispetto dei vincoli e delle limitazioni contenute nell’articolo 13» e, all’art. 13, comma 1, che «[f]erma restando l’attuale consistenza organica, il personale in servizio nella soppressa Azienda regionale Veneto Agricoltura mantiene il contratto di lavoro in essere e, per quanto riguarda le dinamiche contrattuali, segue il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto regioni-autonomie locali», violano sia l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., intervenendo nella materia «ordinamento civile», riservata alla esclusiva competenza legislativa statale; sia l’art. 39 Cost., perché, imponendo di applicare ai rapporti di lavoro dei dipendenti dell’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario (AVISP) due diversi contratti collettivi, comprimerebbero la libertà sindacale nell’attività di contrattazione collettiva; sia, infine, l’art. 97, secondo comma, Cost., perché, assegnando all’AVISP un eccessivo ambito di discrezionalità nel determinare il trattamento economico-retributivo del personale acquisito dalla Azienda regionale Veneto Agricoltura, si porrebbero in contrasto con il principio di buon andamento dell’azione amministrativa.

2.– In via preliminare, devono essere disattese le eccezioni di inammissibilità avanzate dalla difesa della Regione Veneto in relazione alle questioni sollevate dal giudice a quo in riferimento agli artt. 39 e 97, secondo comma, Cost.

2.1.– La censura formulata dal giudice rimettente con riferimento all’art. 39 Cost. risulta chiaramente imperniata sulla considerazione che la contemporanea applicazione al rapporto di lavoro di due diverse tipologie di contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) determina, comunque, la lesione della libertà sindacale sottesa all’autonomia collettiva.

Ne deriva che la denunciata violazione, così come prospettata nell’ordinanza di rimessione, non potrebbe, in alcun modo, essere considerata meramente eventuale, come invece sostenuto dalla Regione Veneto.

2.2.– Del pari destituita di fondamento è l’eccezione di inammissibilità relativa alla questione sollevata dal rimettente con riferimento all’art. 97, secondo comma, Cost.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della Regione Veneto, la censura sollevata dal rimettente non può, infatti, essere ritenuta indeterminata, essendo formulata in modo che ne rende chiaramente intellegibile il contenuto ed adeguato il supporto motivazionale.

3.– Nel merito la questione è fondata.

3.1.– Va, innanzitutto, esaminata la censura relativa alla violazione della competenza statale in materia di «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

La Regione Veneto afferma che l’intervento normativo in esame afferisce a misure di carattere organizzativo con finalità di risparmio, in linea con i vincoli di finanza pubblica imposti dalle leggi dello Stato.

In particolare, la Regione Veneto incentra la propria difesa sulla necessità di contenere la spesa pubblica per il personale dipendente dell’Agenzia, stante la gravità della complessiva situazione economico-finanziaria della stessa Agenzia e l’esigenza di rispettare le disposizioni statali sulla riduzione della spesa applicabili alla Regione, e, in tale prospettiva, giustifica le disposizioni di legge regionale censurate, che stabiliscono l’applicazione di una dinamica contrattuale meno favorevole, mutuata dal diverso contratto collettivo nazionale per il personale degli enti locali.

Pertanto, ad avviso della difesa regionale, le disposizioni censurate esulerebbero dalla materia «ordinamento civile».

3.2.– Tale assunto non può trovare accoglimento.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’individuazione dell’ambito materiale al quale va ascritta la disposizione censurata va effettuata tenendo conto della sua ratio, della finalità del contenuto e dell’oggetto della disciplina (ex plurimis, sentenze n. 32 del 2017, n. 287 e n. 175 del 2016).

Nel caso in esame, è indubbio che le disposizioni censurate, nell’incidere sulla disciplina del rapporto di lavoro del personale in servizio nella soppressa Azienda regionale “Veneto Agricoltura”, successivamente transitato nell’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge reg. Veneto n. 37 del 2014, afferiscono alla materia «ordinamento civile», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

Invero, dalla formale natura di enti pubblici economici della Azienda regionale “Veneto Agricoltura” e della Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario deriva la natura privatistica dei rapporti di lavoro dei loro dipendenti, regolata dalle disposizioni del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa. Infatti, secondo un consolidato ed univoco indirizzo della giurisprudenza civile, il rapporto tra enti pubblici economici e i propri dipendenti non può che assumere natura privatistica, in quanto l’art. 2093 del codice civile, «con l’estendere lo stato giuridico degli impiegati privati ai dipendenti degli enti pubblici economici, costituisce prova sufficiente della natura del rapporto, non essendo consentito attribuire ad una categoria di dipendenti lo stato giuridico dei dipendenti delle imprese private e nello stesso tempo conservare al relativo rapporto di impiego il carattere ed il contenuto di un rapporto di pubblico impiego» (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 1° ottobre 2003, n. 14672).

4.– Ferma restando la centralità del tema del rapporto tra autonomia collettiva e interventi del legislatore, esso non assume nella specie autonomo rilievo perché tutte le ulteriori censure restano assorbite nella già riscontrata violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

5.– Resta, altresì, assorbita la ulteriore censura relativa alla violazione dell’art. 97 Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 12, comma 3, e 13, comma 1, della legge della Regione Veneto 28 novembre 2014, n. 37 (Istituzione dell’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario), come, rispettivamente, modificati dall’art. 57, commi 3 e 4, della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilità regionale per l’esercizio 2015).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 aprile 2019.