SENTENZA N. 49
ANNO 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giorgio LATTANZI;
Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 7-ter, secondo periodo, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, promosso dal Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, nel procedimento instaurato da MA.GE.MA. società agricola cooperativa contro l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e contro l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), con ordinanza del 22 febbraio 2018, iscritta al n. 100 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visti gli atti di costituzione dell’INPS e dell’INAIL;
udito nell’udienza pubblica del 5 febbraio 2019 il Giudice relatore Silvana Sciarra;
uditi l’avvocato Carla D’Aloisio per l’INPS e l’avvocato Lorella Frasconà per l’INAIL.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 22 febbraio 2018, iscritta al n. 100 del registro ordinanze 2018, il Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 7-ter, secondo periodo, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, il quale esclude la ripetizione «di eventuali versamenti contributivi effettuati» prima dell’entrata in vigore della disposizione censurata.
1.1.– Il rimettente espone di dover decidere sui ricorsi di una società agricola cooperativa a scopo mutualistico, che ha dedotto di avere «per oggetto la lavorazione, macellazione, trasformazione, conservazione e vendita di carni animali» e di annoverare tra i soci «tutte aziende agricole, che effettuano l’attività di allevamento presso aziende di proprietà o si servono dello strumento del contratto di affitto o di soccida per acquisire la disponibilità del bene-terra da sfruttare, che può essere ubicato in territori di pianura, di montagna o aree svantaggiate».
Nel ricostruire gli antecedenti della controversia, il rimettente specifica che l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ha dapprima rimborsato i contributi pagati dal 1996 al 2005 «in riferimento alla lavorazione dei prodotti conferiti» dai soci della società ricorrente e provenienti da territori montani e da aree svantaggiate, in applicazione dell’art. 9 della legge 11 marzo 1988, n. 67, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988)».
I benefici contributivi sarebbero stati successivamente negati «per i prodotti che, benché conferiti direttamente dai soci della cooperativa, provengono da soggetti terzi, in virtù di contratti di tipo associativo con il socio della cooperativa, ma estranei al rapporto societario», sulla scorta di un’interpretazione restrittiva dell’art. 9 della legge n. 67 del 1988 (Messaggio INPS 18 maggio 2012, n. 8594), che ha indotto l’istituto previdenziale a intraprendere nei confronti della società ricorrente un’azione di ripetizione dei contributi indebitamente restituiti.
L’art. 32, comma 7-ter, del d.l. n. 69 del 2013, nell’offrire l’interpretazione autentica dell’art. 9, comma 5, della legge n. 67 del 1988, ha riconosciuto il pagamento dei contributi previdenziali e assicurativi in misura ridotta anche a favore delle cooperative e dei consorzi che non operano in zone svantaggiate e di montagna, «in misura proporzionale alla quantità di prodotto coltivato o allevato dai propri soci, anche avvalendosi di contratti agrari di natura associativa di cui al libro V, titolo II, capo II, del codice civile, in zone di montagna o svantaggiate e successivamente conferito alla cooperativa». La disciplina interpretativa ha tuttavia escluso la «ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati» prima della sua entrata in vigore (avvenuta il 21 agosto 2013).
La parte ricorrente nel giudizio principale ha chiesto la restituzione dei contributi previdenziali che asserisce di avere indebitamente versato all’INPS e dei contributi e dei premi assicurativi che avrebbe corrisposto all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) in misura superiore al dovuto. A fondamento di tale richiesta, la società ha eccepito l’illegittimità costituzionale della normativa di interpretazione autentica che, pur provvista di efficacia retroattiva, nega il rimborso delle somme già indebitamente versate.
1.2.– Il giudice a quo reputa impraticabile un’interpretazione adeguatrice della disposizione citata, perché contraddistinta da un significato inequivocabile.
1.3.– In punto di rilevanza delle questioni, il rimettente evidenzia che la cooperativa ha versato i «contributi previdenziali e assistenziali» senza beneficiare degli sgravi concessi dalla normativa di interpretazione autentica anche alle cooperative che, al pari della parte ricorrente nel giudizio principale, non hanno sede in zone svantaggiate o di montagna, ma sono «conferitarie di prodotti coltivati o allevati» dai soci, anche mediante contratti agrari di natura associativa, nelle zone svantaggiate o di montagna.
Il giudice a quo riferisce che è stata espletata una consulenza tecnica d’ufficio, allo scopo di accertare l’entità rilevante dei contributi che l’INPS e l’INAIL, in mancanza della disposizione censurata, sarebbero obbligati a restituire.
1.4.– In punto di non manifesta infondatezza delle medesime questioni, il rimettente muove dalla premessa che la disposizione censurata abbia natura interpretativa, e conseguentemente retroattiva, alla luce del significato letterale e della finalità di appianare un reale contrasto sulla corretta interpretazione della disciplina.
La disposizione in esame, che dovrebbe applicarsi in via generale anche alle situazioni pregresse, si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza, in quanto «ha discriminato, senza ragionevole motivo, due situazioni sostanzialmente identiche, ossia la posizione di chi ha pagato i contributi non dovuti da quella di chi non ha pagato i contributi non dovuti, escludendo per i primi l’applicazione della norma interpretativa retroattiva».
Sarebbe violato anche il principio di ragionevolezza, «per contraddittorietà intrinseca tra la complessiva finalità perseguita dal legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata». Il legislatore, pur qualificando un versamento contributivo come non dovuto, lo sottrae in pari tempo all’azione di ripetizione dell’indebito. Disposizioni strutturate in maniera analoga sarebbero state già dichiarate incostituzionali da questa Corte (si citano le sentenze n. 320 del 2005, n. 416 del 2000 e n. 421 del 1995).
La disposizione censurata sarebbe lesiva anche del diritto di azione tutelato dall’art. 24 Cost., poiché riconoscerebbe «l’esistenza di un diritto privo di qualsiasi possibilità di azione».
2.– Con atto depositato il 26 luglio 2018, si è costituito l’INPS e ha chiesto di dichiarare irrilevanti, inammissibili e comunque infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale ordinario di Ravenna.
Le questioni sarebbero inammissibili per carente motivazione in punto di rilevanza. L’INPS sostiene, infatti, che il rimettente non abbia motivato in maniera adeguata sui presupposti dello sgravio contributivo, che postula la qualità di datore di lavoro agricolo e il pagamento della contribuzione nella misura ordinaria e alla naturale scadenza. Tale pagamento sarebbe stato specificamente contestato, anche sulla scorta di precise risultanze documentali.
Le questioni, nel merito, non sarebbero fondate. L’INPS evidenzia che non è precluso al legislatore, nell’àmbito di una legge interpretativa, far salvi con valenza generale i versamenti contributivi effettuati prima dell’entrata in vigore della legge, in modo da non mettere a repentaglio «il bilancio dello Stato».
3.– In data 30 luglio 2018, si è costituito l’INAIL e ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità o la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale proposte dal Tribunale ordinario di Ravenna.
Con la disposizione censurata il legislatore non avrebbe inteso comporre contrasti interpretativi, ma soltanto ampliare il preesistente beneficio contributivo, senza alcuna efficacia retroattiva. La scelta del legislatore di chiarire il significato della disciplina degli sgravi contributivi e di disporre soltanto per il futuro l’applicazione di tale normativa non sarebbe irragionevole e non sarebbero pertinenti i richiami alla giurisprudenza di questa Corte sulle diverse fattispecie delle imposte e delle agevolazioni tributarie, che non possono essere poste a raffronto con i peculiari premi INAIL.
L’accoglimento delle questioni obbligherebbe l’INAIL «a restituire ingenti somme alle ditte che hanno regolarmente pagato i premi (per importi pari a diversi milioni di euro), senza che sia stata prevista alcuna norma di copertura finanziaria» e determinerebbe la necessità di «aumentare i premi alle altre ditte del medesimo settore operanti anche in altre regioni», in contrasto con i «principi di eguaglianza, concorrenza e ragionevolezza».
Sarebbe proprio l’estensione dei benefici, auspicata dal rimettente, a generare disparità di trattamento e conseguenze irragionevoli, «privilegiando chi ha intentato azione giurisdizionale pur in assenza di una norma che consentiva l’applicazione del beneficio» e incidendo sui rapporti esauriti, connessi al già effettuato pagamento dei contributi.
4.– In vista dell’udienza, l’INPS ha depositato una memoria illustrativa, per confermare le conclusioni già rassegnate.
Secondo l’INPS, l’art. 9 della legge n. 67 del 1988 ha introdotto, a favore dei datori di lavoro agricoli, uno sgravio contributivo, che rappresenta pur sempre una disciplina derogatoria ed eccezionale, di stretta interpretazione.
La giurisprudenza di questa Corte, richiamata dal rimettente, riguarderebbe fattispecie diverse, in cui, sin dall’origine, non sussisteva alcuna obbligazione. La cooperativa ricorrente, «prima dell’entrata in vigore della disposizione innovativa con efficacia retroattiva» introdotta dal d.l. n. 69 del 2013, non avrebbe potuto beneficiare degli sgravi contributivi e, al tempo dell’adempimento, sarebbe stata pertanto obbligata a corrispondere i contributi «nella misura ordinaria».
Nella prospettiva dell’INPS, tale interpretazione garantisce che le risorse pubbliche siano destinate soltanto «a quelle fattispecie esonerative successive all’entrata in vigore della disposizione ampliativa dell’ambito di efficacia soggettiva della disposizione dettata dal comma quinto dell’art. 9 della l. n. 67 del 1988»
Considerato in diritto
1.– Il Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 7-ter, secondo periodo, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, il quale esclude la restituzione «di eventuali versamenti contributivi effettuati» prima dell’entrata in vigore – il 21 agosto 2013 – della disposizione in esame, che definisce, anche per il passato, i presupposti per godere degli sgravi contributivi riguardanti le zone agricole svantaggiate o di montagna.
Pur dettando una norma interpretativa, che si dovrebbe applicare in via generale anche alle situazioni pregresse, il legislatore escluderebbe la portata retroattiva della previsione per chi abbia già effettuato i versamenti contributivi relativi a somme «sicuramente non più dovute».
Il rimettente assume che l’irripetibilità dei contributi già versati contrasti con l’art. 3 Cost., sotto un duplice profilo.
Sarebbe anzitutto violato il principio di eguaglianza. Il legislatore sottoporrebbe a un trattamento diversificato «senza ragionevole motivo, due situazioni sostanzialmente identiche, ossia la posizione di chi ha pagato i contributi non dovuti» e «quella di chi non ha pagato i contributi non dovuti, escludendo per i primi l’applicazione della norma interpretativa retroattiva».
La disposizione censurata entrerebbe in conflitto anche con il principio di ragionevolezza. Il rimettente, a tale riguardo, ravvisa una «contraddittorietà intrinseca tra la complessiva finalità perseguita dal legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata» e osserva che il legislatore incorre in «una contraddizione formale», nell’escludere la restituzione di un versamento contributivo, che pure qualifica come indebito.
Il rimettente denuncia anche il vulnus al diritto di azione tutelato dall’art. 24 Cost. e argomenta, a sostegno di tale censura, che la legge nega l’azione volta a tutelare un diritto che, pure, in astratto riconosce sul piano sostanziale. Ne conseguirebbe «l’esistenza di un diritto privo di qualsiasi possibilità di azione».
2.– L’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ha eccepito, in linea preliminare, l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale per carente motivazione in punto di rilevanza. Il rimettente, infatti, non avrebbe fornito ragguagli di sorta sul tempestivo pagamento dei contributi nella misura ordinaria, che rappresenta un presupposto imprescindibile per beneficiare degli sgravi richiesti. Tale elemento sarebbe stato specificamente contestato dall’INPS e sarebbe contraddetto dalle risultanze documentali acquisite.
L’eccezione non è fondata.
Con una motivazione che supera il vaglio di non implausibilità demandato a questa Corte sul requisito della rilevanza, il giudice a quo osserva che è proprio l’irripetibilità dei versamenti già effettuati prima dell’entrata in vigore della disposizione a precludere in radice l’accoglimento della domanda. In questa prospettiva, si coglie la necessità di fare applicazione della previsione censurata, con la conseguente rilevanza del dubbio di costituzionalità prospettato (sentenza n. 20 del 2018, punto 2. del Considerato in diritto).
La rilevanza non interferisce con il diverso profilo della fondatezza della domanda, che il rimettente potrà esaminare – alla luce delle contrapposte argomentazioni delle parti – soltanto una volta che sia rimosso il radicale divieto di ripetizione, che impedisce ogni valutazione di merito circa la pretesa restitutoria avanzata.
3.– Le questioni riferite all’art. 3 Cost. sono fondate.
4.– La disposizione censurata, nella sua formulazione letterale, offre un’interpretazione autentica dell’art. 9, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988)», che disciplina in modo dettagliato gli sgravi spettanti ai datori di lavoro agricolo attivi nelle zone montane o nelle zone agricole svantaggiate.
Nell’applicazione di tale disciplina, si erano registrate talune incertezze. Il Messaggio INPS 3 marzo 2006, n. 6613 aveva consolidato l’interpretazione più ampia e aveva riconosciuto i benefici alle cooperative e ai loro consorzi di trasformazione anche «qualora le attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione avvengano in territori diversi da quelli di provenienza del prodotto oggetto delle suddette attività». Il successivo Messaggio INPS 18 maggio 2012, n. 8594 aveva invece preferito un’applicazione restrittiva degli sgravi in esame. L’INPS, in particolare, aveva affermato che le agevolazioni non spettano «per i prodotti che, benché conferiti dai soci della cooperativa, provengono da soggetti terzi, in virtù di contratti di tipo associativo con il socio della cooperativa, ma estranei al rapporto societario».
L’art. 32, comma 7-ter, secondo periodo, del d.l. n. 69 del 2013, come convertito nella legge n. 98 del 2013, nel fugare le incertezze interpretative, accorda il pagamento in misura ridotta dei contributi previdenziali e assicurativi anche alle cooperative e ai consorzi che non operano in zone agricole svantaggiate o di montagna, in misura proporzionale alla quantità del prodotto conferito che i soci abbiano coltivato o allevato in tali territori, anche mediante la stipulazione di contratti agrari di natura associativa.
Il legislatore attribuisce dunque rilievo dirimente alla provenienza del prodotto da zone di montagna o svantaggiate. Ai fini del godimento dello sgravio, è ininfluente che le cooperative e i consorzi non operino in zone agricole svantaggiate o di montagna e che i soci, riguardo al prodotto successivamente conferito, abbiano stipulato contratti agrari di natura associativa. Quel che rileva è la provenienza del prodotto, secondo una scelta coerente con la finalità di promozione che il legislatore discrezionalmente si prefigge nel valutare mutevoli situazioni di svantaggio di particolari territori (sentenza n. 354 del 1992, punto 3. del Considerato in diritto, e ordinanza n. 184 del 1999).
Il legislatore ristabilisce dunque l’originaria interpretazione, accreditata dal Messaggio INPS 3 marzo 2006, n. 6613, sulla scorta delle precisazioni già racchiuse «nelle circolari ex SCAU n. 13 del 1984 e n. 28 del 1985». In tal modo, la disposizione censurata, dopo un breve lasso di tempo, supera l’orientamento rigoroso, affermato dall’ente previdenziale nel maggio 2012, in contrasto con una risalente prassi di segno diverso.
5.– Tali rilievi conducono a ritenere corretta la premessa del rimettente circa il carattere interpretativo della disposizione censurata, avvalorato non soltanto dalla espressa qualificazione che la legge racchiude, ma soprattutto dalle finalità che la disciplina si propone.
A fronte di interpretazioni diverse di un dato normativo non sempre univoco, il legislatore fissa un significato conforme alla ratio dei benefici, nell’intento di superare un’applicazione riduttiva degli stessi (Messaggio INPS 1° ottobre 2013, n. 15570, Istruzioni operative, e Circolare INAIL 16 dicembre 2013, n. 60, punto 3.).
La legge interpretativa, che incide inequivocabilmente sui rapporti pendenti, applica anche alle fattispecie pregresse il significato normativo che il legislatore sceglie di enucleare tra le plausibili varianti di senso di una determinata previsione.
Tuttavia, nel caso di specie, il legislatore sancisce un limite alla efficacia retroattiva della norma di interpretazione autentica, disponendo l’irripetibilità dei versamenti contributivi effettuati nella misura ordinaria prima dell’entrata in vigore della disciplina interpretativa (21 agosto 2013).
6.– Tale limitazione, che non può essere superata con una interpretazione adeguatrice, contrasta con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza e del canone di ragionevolezza.
6.1.– Il legislatore ben potrebbe introdurre un regime contributivo più favorevole, senza estenderne gli effetti al passato, con ciò esercitando la sua prudente discrezionalità. Come questa Corte ha già avuto occasione di affermare, sarebbe tuttavia irragionevole una disciplina di interpretazione autentica che qualificasse un versamento come non dovuto fin dall’origine e in pari tempo escludesse la ripetizione degli importi già versati «nell’apparente adempimento della (in realtà inesistente) obbligazione» (sentenza n. 82 del 2013, punto 3. del Considerato in diritto).
Proprio con riguardo ai versamenti contributivi, questa Corte ha censurato la contraddizione formale che si insinua in una disciplina così congegnata (sentenza n. 421 del 1995, punto 5. del Considerato in diritto). Oltre che intrinsecamente contraddittoria, tale disciplina è foriera di una ingiustificata disparità di trattamento, come è stato precisato sempre da questa Corte nello scrutinio di una normativa che estendeva anche al passato i versamenti contributivi in misura ridotta e tuttavia stabiliva l’irripetibilità dei versamenti già eseguiti nella misura intera (sentenza n. 292 del 1997, punto 2. del Considerato in diritto).
Tali princìpi, affermati dapprima in tema di versamenti contributivi, si attagliano in chiave più generale a tutte le prestazioni patrimoniali (sentenza n. 227 del 2009), come ha chiarito la costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 330 del 2007, n. 234 del 2006 e n. 320 del 2005), che ha tracciato un chiaro discrimine rispetto alla diversa fattispecie del condono. Le norme di sanatoria, in materia previdenziale o fiscale, «lungi dal rendere non dovuti (o dovuti in misura inferiore) i pagamenti effettuati», si limitano a incentivare i pagamenti non ancora effettuati, «per ragioni connesse ad esigenze della finanza pubblica» (sentenza n. 416 del 2000, punto 5.3. del Considerato in diritto) e, pertanto, non possono che applicarsi «a coloro che ancora debbono regolarizzare la propria posizione» (ordinanza n. 303 del 1997).
6.2.– La norma denunciata esclude sin dall’origine, per le cooperative e i consorzi che comunque ricevano prodotti provenienti da zone agricole svantaggiate o di montagna, l’obbligo di pagare i contributi previdenziali e assicurativi nella misura intera. Essa, tuttavia, preclude irragionevolmente la ripetizione dei contributi che, prima dell’entrata in vigore della disposizione interpretativa, siano stati già corrisposti in misura superiore al dovuto, così incorrendo in una palese contraddizione.
Per tale disparità di trattamento non si riscontra alcuna giustificazione nella peculiarità dell’obbligazione contributiva e dell’agevolazione corrispondente. La particolare modulazione temporale della disciplina pregiudica il datore di lavoro che sia stato sollecito nell’adempiere al proprio debito e premia chi, nella medesima situazione, non abbia eseguito alcun pagamento.
L’intervenuto pagamento, dato contingente ed estrinseco rispetto alla ratio del beneficio, diviene irragionevole elemento distintivo di fattispecie omogenee. Al trattamento deteriore dell’obbligato, che abbia scelto di uniformarsi ai tempi prescritti dalla legge, fa riscontro una disciplina di incongruo privilegio per chi abbia invece procrastinato il pagamento dell’importo dovuto e si trovi così a beneficiare dell’agevolazione estesa dalla legge anche ai periodi già trascorsi.
7.– Si deve dichiarare, pertanto, l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 7-ter, secondo periodo, del d.l. n. 69 del 2013, il quale dispone che «Non si dà luogo alla ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente disposizione».
7.1.– Restano assorbite le ulteriori censure, incentrate sulla violazione dell’art. 24 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 7-ter, secondo periodo, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 15 marzo 2019.