SENTENZA
N. 188
ANNO
2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI
Presidente
- Aldo CAROSI
Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto
Antonio BARBERA ”
- Giovanni AMOROSO ”
- Francesco VIGANÒ ”
- Luca ANTONINI ”
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale dell’art. 23, comma
1, lettera a), della legge della Regione Calabria 23 luglio 2003, n. 11
(Disposizioni per la bonifica e la tutela del territorio rurale. Ordinamento
dei Consorzi di Bonifica), promosso dalla Commissione tributaria
provinciale di Cosenza, nel procedimento vertente tra Emilio Intrieri e il Consorzio di bonifica integrale dei bacini
meridionali del Cosentino ed Equitalia Sud spa, con ordinanza
del 12 giugno 2017, iscritta al n. 194 del registro ordinanze 2017 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie
speciale, dell’anno 2018.
Visto l’atto di
costituzione del Consorzio di bonifica integrale dei bacini meridionali del
Cosentino;
udito nella udienza pubblica del 25 settembre 2018 il Giudice relatore
Giovanni Amoroso;
udito l’avvocato Giuseppe Falcone per il Consorzio di bonifica
integrale dei bacini meridionali del Cosentino.
Ritenuto
in fatto
1.– Con ordinanza del 12 giugno 2017, depositata
il 20 dicembre 2017, la Commissione tributaria provinciale (CTP) di Cosenza,
adita con ricorso proposto da Emilio Intrieri contro
il Consorzio di bonifica integrale bacini meridionali del Cosentino ed Equitalia Sud spa avverso una cartella di pagamento per
contributi consortili dovuti per l’anno 2010, ha sollevato questioni
incidentali di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1, lettera a),
della legge della Regione Calabria 23 luglio 2003, n. 11 (Disposizioni per la
bonifica e la tutela del territorio rurale. Ordinamento dei Consorzi di
Bonifica), in riferimento agli artt. 119 e 23 della
Costituzione.
Riferisce la CTP rimettente che il ricorrente –
oltre ad eccepire l’invalidità della notificazione della cartella di pagamento,
essendo stata la stessa effettuata a mezzo del servizio postale e non dagli
ufficiali della riscossione, e l’insufficienza della motivazione, consistente
unicamente nel riferimento alla proprietà di un immobile all’interno del
comprensorio del Consorzio – ha dedotto l’insussistenza di un concreto
beneficio per il fondo, derivante dall’attività del Consorzio di bonifica.
Quest’ultimo, costituendosi, ha specificatamente
replicato rilevando che la quota di tributo richiesto prescindeva, per espressa
previsione dell’art. 23, comma 1, lettera a), citato, da qualsivoglia beneficio
per il fondo.
1.1.– La CTP rimettente premette che l’art. 59
del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica
integrale), prevede che i consorzi di bonifica, per l’adempimento dei loro fini
istituzionali, hanno il potere d’imporre contributi alle proprietà e che l’art.
860 del codice civile stabilisce che «I proprietari dei beni situati entro il
perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria
per la esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere in ragione del
beneficio che traggono dalla bonifica».
La CTP richiama la giurisprudenza di questa
Corte (sentenza
n. 55 del 1963) secondo cui l’art. 59 citato, nella parte in cui impone ai
proprietari consorziati la corresponsione di un contributo utile a finanziare
l’adempimento dei fini istituzionali dell’ente, delinea una prestazione
patrimoniale ricompresa nell’art. 23 Cost., costituzionalmente legittima solo e
soltanto in quanto determinata o determinabile sulla base e in proporzione dei
benefici derivanti dalla bonifica.
Anche alla luce della giurisprudenza di
legittimità – prosegue il rimettente − detto «vantaggio» dev’essere
diretto e specifico, conseguito o conseguibile dal singolo fondo a causa della
bonifica, idoneo a tradursi in una qualità del fondo, non essendo sufficiente
un beneficio relativo al complessivo territorio e meramente derivante solo per
riflesso dall’inclusione in esso del bene (ex plurimis,
Corte di cassazione, sezione quinta civile, sentenza 15 maggio 2013, n. 11801).
La CTP rileva inoltre, quanto al riparto delle
competenze legislative, che tra le materie di competenza concorrente di cui
all’art. 117 Cost., nella sua originaria formulazione,
vi è quella che concerne il settore "agricoltura e foreste”, competenza poi
concretamente trasferita dallo Stato alle Regioni. Sicché esse sono state
delegate a legiferare in materia di bonifica, pur sempre nell’ambito dei
principi stabiliti con il citato r.d. n. 215 del
1933.
Anche dopo la riforma del Titolo V della Parte
seconda della Costituzione, le Regioni sono state ritenute competenti a
disciplinare l’attività di bonifica, a programmarle sul territorio, a regolarne
l’esercizio da parte degli enti pubblici e dei privati proprietari, a stabilire
le modalità di gestione delle relative opere.
Nella specie la Regione Calabria, con propria
legge regionale del 10 marzo 1988, n. 5 (Norme in materia di bonifica), ha
definito gli scopi dell’attività di bonifica nella Regione, e le azioni, gli
interventi, la disciplina e il funzionamento degli organi che devono
applicarla.
Con la successiva legge reg. n. 11 del 2003, la
Regione Calabria ha poi provveduto a riorganizzare l’intero comparto regionale
dei consorzi di bonifica integrale.
Quanto alla contribuzione, la disciplina
regionale ha previsto la ripartizione dell’intero territorio regionale in
ambiti territoriali denominati «comprensori di bonifica» (art. 13).
I proprietari di immobili agricoli ed extra
agricoli situati nell’ambito di un comprensorio di bonifica, acquisiscono la
qualità di consorziati-contribuenti con l’iscrizione degli immobili stessi nel
perimetro di contribuenza, risultante
dall’approvazione del «piano di classifica» (art. 17).
Il sistema di riparto prevede, quindi, la
preliminare individuazione, all’interno del «comprensorio» di bonifica
(coincidente con l’ambito territoriale in cui opera l’ente) di un perimetro di contribuenza (coincidente con l’insieme degli immobili
destinatari di benefici diretti, indiretti e potenziali, derivanti
dall’attività di bonifica agli immobili ricadenti nei comprensori), e di indici
di contribuenza per ciascun immobile, evidentemente e
ragionevolmente finalizzati al riparto delle contribuzioni.
In relazione a quest’ultimo, l’art. 23 dispone:
«Il contributo consortile di bonifica è costituito dalle quote dovute da
ciascun consorziato per il funzionamento dei Consorzi ed è applicato secondo i
seguenti criteri: a) per le spese afferenti il conseguimento dei fini
istituzionali, indipendentemente dal beneficio fondiario; b) per le spese
riferibili al successivo art. 24, comma 1, lettera b), sulla base del
beneficio».
Nella specie – osserva ancora la CTP – in
Calabria, il Piano di classifica, di cui al citato art. 24 della legge reg.
Calabria n. 11 del 2003, non è stato adottato da nessuno dei consorzi operanti
nei comprensori di bonifica, sicché i consorzi esercitano la potestà impositiva
utilizzando unicamente il criterio di cui alla lettera a) del citato art. 23 e
dunque richiedono ai consorziati le somme necessarie al funzionamento dell’ente
«indipendentemente dal beneficio fondiario».
1.2.– Secondo la CTP la
disposizione di cui all’art. 23, comma 1, lettera a), della legge reg. Calabra
n. 11 del 2003, posta a fondamento della pretesa contributiva del Consorzio, si
pone in contrasto con gli artt. 119 e 23 Cost.
Le questioni di costituzionalità sarebbero
rilevanti poiché da esse dipende l’esito del ricorso proposto dal ricorrente,
che non contesta di essere proprietario di terreni agricoli insistenti nel
comprensorio di bonifica, ma si limita a eccepire l’insussistenza di alcun
beneficio.
Secondo la CTP è violato l’art. 119 Cost., come
novellato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione), che prevede che le Regioni e gli
enti locali territoriali «hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa»
nonché «risorse autonome» e «stabiliscono e applicano tributi ed entrate
propri», con il limite che questi ultimi siano «in armonia con la Costituzione
e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario».
Nel caso di specie, le norme statali di
coordinamento, contenute negli artt. 10, 11 e 59 del r.d.
n. 215 del 1933, sarebbero state violate, atteso che la disposizione censurata
esplicitamente consente l’imposizione di un contributo ai consorziati
«indipendentemente dal beneficio fondiario».
In subordine – prosegue la CTP – sarebbe
comunque violato l’art. 23 Cost., in ragione della
mancanza di direttive e criteri idonei a delimitare la discrezionalità
dell’ente impositore circa la ripartizione dell’onere finanziario tra i
proprietari.
L’espressa esclusione, da parte del legislatore
regionale, del riferimento ai benefici derivanti dalla concreta bonifica,
comporterebbe la mancanza di «direttive e criteri idonei a delimitare la
discrezionalità dell’ente impositore».
2.– Con memoria del 29 gennaio 2018, depositata
il 31 gennaio 2018, si è costituito il Consorzio di bonifica integrale bacini
meridionali del Cosentino, eccependo l’inammissibilità delle questioni di
legittimità costituzionale in quanto la CTP non avrebbe disposto la notifica dell’ordinanza
al legale rappresentante della Regione venendo meno all’obbligo imposto
dall’art. 23, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).
Inoltre, il Consorzio ha sostenuto
l’inammissibilità delle questioni sul rilievo che la disposizione censurata è
stata sostituita dall’art. 1 della legge della Regione Calabria 9 maggio 2017,
n. 13, recante «Modifiche alla legge regionale 23 luglio 2003, n. 11
(Disposizioni per la bonifica e la tutela del territorio rurale. Ordinamento
dei Consorzi di bonifica)», che, a decorrere dal 10 maggio 2017 (ai sensi di
quanto stabilito dall’art. 6, comma 1, della medesima legge regionale), ha
eliminato l’obbligo contributivo indipendente dal beneficio. La norma
attualmente in vigore, infatti, prevede che sono obbligati al pagamento del
contributo consortile «i proprietari di beni immobili agricoli ed extragricoli ricadenti nell’ambito di un comprensorio di
bonifica, che traggono un beneficio, consistente nella conservazione o
nell’incremento del valore degli immobili, derivante dalle opere pubbliche o
dall’attività di bonifica effettuate o gestite dal Consorzio» nonché, «in
ragione del beneficio ottenuto, tutti coloro che utilizzano canali consortili
come recapito di scarichi, anche se depurati, e provenienti da insediamenti di
qualsiasi natura».
Nel merito, il Consorzio ha sostenuto
l’infondatezza delle questioni. Il contributo imposto per i fini istituzionali
è collegato alla qualità di consorziato che si acquista non per volontà del
privato, bensì per effetto dell’ubicazione dell’immobile all’interno di un
territorio sul quale il Consorzio, istituzionalmente, compie attività di
bonifica.
2.1.– Con memoria del 6
luglio 2018, depositata il 13 luglio 2018, il Consorzio ha ribadito le proprie
difese.
3.– La Regione Calabria
non è intervenuta in giudizio.
Considerato
in diritto
1.– Con ordinanza del
12 giugno 2017 la Commissione tributaria provinciale (CTP) di Cosenza ha
sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1,
lettera a), della legge della Regione Calabria 23 luglio 2003, n. 11
(Disposizioni per la bonifica e la tutela del territorio rurale. Ordinamento
dei Consorzi di Bonifica), in riferimento agli artt. 119 e 23 della
Costituzione, nella parte in cui prevede, a carico dei consorziati, l’obbligo
di corrispondere il pagamento della quota del contributo consortile di bonifica
imputabile alle spese afferenti al conseguimento dei fini istituzionali del
consorzio, «indipendentemente dal beneficio fondiario».
La CTP osserva che – essendo il contributo
consortile di bonifica previsto dalla legge statale e, dunque, non costituendo
un tributo proprio della Regione – la disposizione censurata, che ne disciplina
i criteri di applicazione, si pone in contrasto con l’art. 119 Cost. che, nel riconoscere alle Regioni autonomia finanziaria di
entrata e di spesa, prescrive l’osservanza dei princìpi di coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario. Nella fattispecie, il censurato art.
23, comma 1, lettera a), nel prevedere la debenza del
contributo consortile anche in assenza di alcun beneficio per il soggetto
obbligato, si porrebbe in contrasto con le norme di coordinamento del sistema
tributario che, nel settore della bonifica, sono individuabili nell’art. 59 del
regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale),
e nell’art. 860 del codice civile; disposizioni che invece presuppongono che ci
sia sempre un beneficio per l’immobile ricadente nel perimetro del territorio
del Consorzio di bonifica.
In via subordinata sarebbe violato l’art. 23 Cost., perché la disposizione censurata – secondo la CTP –
non contiene alcuna direttiva o criterio sul presupposto fondante l’obbligo di
pagamento dei contributi consortili.
2.– È innanzi tutto
manifestamente infondata l’eccezione di mancata notifica dell’ordinanza di
rimessione al Presidente della Regione Calabria – eccezione sulla quale non ha
insistito il Consorzio, che l’ha sollevata inizialmente – perché risulta dagli
atti che la CTP rimettente ha ritualmente provveduto a tale notifica,
effettuata in data 20 ottobre 2017 (data attestata nella ricevuta di avvenuta
consegna dell’atto).
3.– Altresì infondata è
l’eccezione di inammissibilità delle questioni in ragione dello ius superveniens costituito
dall’art. 1 della legge della Regione Calabria 9 maggio 2017, n. 13, recante
«Modifiche alla legge regionale 23 luglio 2003, n. 11 (Disposizioni per la
bonifica e la tutela del territorio rurale. Ordinamento dei Consorzi di
bonifica)», che ha sostituito la disposizione censurata richiedendo ora, in
ogni caso, per la debenza dei contributi consortili,
il beneficio per l’immobile ricadente nel comprensorio di bonifica.
In disparte ogni altra possibile considerazione,
è sufficiente rilevare che tale normativa successiva, di cui si dirà anche in
seguito, si applica ai contributi consortili dovuti per annualità successive
alla entrata in vigore della nuova legge, che pertanto non regola la
fattispecie oggetto del giudizio a quo, relativa a contributi consortili dovuti
per l’anno 2010.
Per la stessa ragione, non occorre restituire
gli atti al giudice rimettente per una nuova valutazione della rilevanza delle
questioni di costituzionalità, trattandosi, in tutta evidenza, di disposizione
che, in quanto innovativa ex nunc, egli non deve
applicare (ex plurimis, sentenza n. 177 del
2018) e non già di disposizione modificativa ex tunc
della norma applicabile; ciò che invece avrebbe richiesto di valutare se
permanessero, o no, le condizioni di ammissibilità della questione stessa (sentenza n. 125 del
2018).
4.– La questione di
costituzionalità è, poi, ammissibile perché rilevante nel giudizio a quo,
dovendo la CTP fare applicazione della disposizione censurata per decidere se accogliere,
o no, l’opposizione del contribuente che lamenta, in special modo, di non aver
conseguito alcun beneficio dall’attività del Consorzio.
In particolare, quanto all’ordine delle
questioni poste alla CTP dal ricorso in opposizione alla cartella di pagamento,
deve considerarsi che – secondo la giurisprudenza di legittimità (Corte di
cassazione, sezioni unite, sentenza 8 maggio 2014, n. 9936) – nel giudizio
civile, come anche nel giudizio tributario, il giudice – una volta che abbia
verificato, anche implicitamente, la propria giurisdizione – può esaminare per
prima una questione preliminare o di merito sulla base del criterio della
ragione più liquida che comporti l’assorbimento di altre questioni.
Nella specie la CPT – che ha giurisdizione avendo
la controversia ad oggetto un tributo (ciò di cui si dirà più diffusamente in
seguito) – ha evidentemente ritenuto esser tale la questione della necessità
del beneficio fondiario per l’assoggettabilità alla contribuzione consortile,
rispetto alle eccezioni di irritualità della notifica della cartella di
pagamento e di difetto di motivazione.
Anche sotto questo profilo – rientrando l’ordine
delle questioni nell’apprezzamento del giudice rimettente, ove non
manifestamente incongruo – la questione di costituzionalità è ammissibile.
5.– Nel merito la
questione è fondata.
Preliminarmente va svolta una duplice premessa:
la prima concernente la sussistenza ed estensione della competenza del
legislatore regionale nel settore della bonifica e l’altra relativa alla natura
tributaria della prestazione patrimoniale obbligatoria posta a carico dei
consorziati.
6.– I contributi
consortili, regolati dalla disposizione censurata, ricadono nel più ampio
ambito della disciplina della bonifica, la quale, già prima della riforma del
Titolo V della Parte seconda della Costituzione, costituiva un settore,
riguardante diversi ambiti, che radicava la competenza legislativa concorrente
e delegata delle Regioni a statuto ordinario.
Nel regime del riparto delle competenze legislative
previste dall’art. 117, primo comma, Cost., nella sua originaria formulazione,
e nel contesto della preesistente disciplina statale della materia, contenuta
nel r.d. n. 215 del 1933, il legislatore regionale
poteva esercitare la sua competenza concorrente in materia di «agricoltura e
foreste», in cui ricadeva prevalentemente la disciplina della bonifica; al
legislatore statale spettava porre i principi fondamentali, già ricavabili
dalla citata normativa del 1933 e da quella del codice civile (artt. da 857 a
865), integrata da quella successiva sia di settore – quale la bonifica montana
di cui alla legge 25 luglio 1952, n. 991 (Provvedimenti in favore dei territori
montani) – sia, più in generale, risultante dalla delega in materia di
consorzi, di cui all’art. 31 della legge 2 giugno 1961, n. 454 (Piano
quinquennale per lo sviluppo dell’agricoltura), esercitata con il d.P.R. 23 giugno 1962, n. 947 (Norme sui Consorzi di
bonifica, in attuazione della delega prevista dall’art. 31 della legge 2 giugno
1961, n. 454). Inoltre, disposizioni speciali sono state dettate proprio per la
Regione Calabria dalla legge 28 marzo 1968, n. 437 (Provvedimenti straordinari
per la Calabria), che in particolare, all’art. 7, ha previsto che tutto il
territorio della Regione potesse essere oggetto di bonifica, sia integrale che
specificamente montana.
La competenza regionale, in prosieguo di tempo,
è risultata coniugata a quella delegata alle Regioni. Infatti – come
riconosciuto da questa Corte (sentenza n. 66 del
1992) – le competenze in materia di bonifica sono state assegnate alle
Regioni a statuto ordinario con il d.P.R. 15 gennaio
1972, n. 11 (Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni
amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e di
pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici), nell’ambito del
trasferimento delle funzioni in materia di agricoltura e foreste, poi
completato dal d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616
(Attuazione della delega di cui all’art. 1 della L. 22 luglio 1975 n. 382),
che, agli artt. 66, 69 e 73, ha precisato che oggetto delle funzioni assegnate
alle Regioni erano le attività di bonifica integrale e montana e di
sistemazione idrogeologica, ivi comprese quelle svolgentesi a livello
interregionale e inclusi i poteri di vigilanza già esercitati sui consorzi di
bonifica dagli organi dello Stato.
Sicché questa Corte (sentenza n. 326 del
1998) ha potuto affermare che «la materia della "bonifica integrale e
montana” risulta inclusa in quella della "agricoltura e foreste”, di competenza
regionale». Ciò ha avuto «l’effetto di rendere esercitabile la potestà
legislativa regionale nella materia medesima […] con i soli limiti derivanti
dai principi fondamentali della legislazione statale nella materia»; principi
ricavabili dalla disciplina statale contenuta nelle disposizioni del cod. civ. sulla bonifica (artt. da 857 a 865) e, prima ancora, nel
citato r.d. n. 215 del 1933.
Anche in seguito si è ribadito (sentenza n. 282 del
2004), con riferimento ad una normativa regionale precedente alla riforma
costituzionale del 2001, che la bonifica è riconducibile ad una competenza
regionale fondamentalmente concorrente, relativa, da un lato, alla materia
dell’"agricoltura e foreste”, e, dall’altro, in un quadro più ampio, all’azione
pubblica per la difesa del suolo, la tutela e l’uso delle risorse idriche, la
tutela dell’ambiente come ecosistema, in una «concezione globale degli
interventi sul territorio».
6.1.– La riforma del
Titolo V della Parte seconda della Costituzione, con la legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione), ha modificato radicalmente il riparto di competenze legislative
tra Stato e Regioni. In particolare, non è più prevista la competenza legislativa
in materia di «agricoltura e foreste», che ora ricade nella competenza
residuale del legislatore regionale, ma la disciplina della bonifica si colloca
in un più complesso e multifunzionale intreccio di competenze.
Nel nuovo testo dell’art. 117 Cost. vengono infatti in rilievo, oltre alla competenza regionale
residuale, che comprende molti aspetti della disciplina del settore agricolo
(quarto comma), anche quella esclusiva dello Stato in materia di «tutela
dell’ambiente» e «dell’ecosistema» (secondo comma, lettera s), nonché la
competenza concorrente in materia di «governo del territorio» (terzo comma).
Con riferimento a detta disciplina della
bonifica, pur nell’ambito di un ampliamento della competenza regionale in
materia di agricoltura – da concorrente a residuale – è previsto d’altra parte
il necessario rispetto sia dei "princìpi fondamentali” della legislazione dello
Stato nella materia del «governo del territorio», sia, più in generale, della
competenza esclusiva statale in materia di «ambiente» ed «ecosistema».
Inoltre, la più specifica disciplina dei
consorzi di bonifica – che questa Corte ha ritenuto non essere riconducibili
alla nozione di «enti locali» ai sensi del previgente art. 130 Cost. (sentenza n. 346 del
1994), ma alla categoria degli enti pubblici locali operanti nelle materie
di competenza regionale, e dunque degli «enti amministrativi dipendenti dalla
regione» (sentenza
n. 326 del 1998) – può altresì presentare profili attinenti alla materia
dell’«ordinamento civile», di competenza esclusiva del legislatore statale;
viene poi in rilievo, in particolare quanto alla regolamentazione della
prestazione obbligatoria dei contributi consortili, avente natura tributaria,
anche il coordinamento del sistema tributario, di competenza concorrente (art.
117, terzo comma, Cost.), nonché il limite all’autonomia finanziaria delle
Regioni (art. 119, secondo comma, Cost.).
6.2.– Ed è proprio
nell’esercizio di questa multifunzionale competenza concorrente – come ritenuto
da questa Corte (sentenza
n. 139 del 2009) – che, dopo la riforma costituzionale del 2001, il
legislatore statale è intervenuto dettando disposizioni in materia di riordino
dei consorzi di bonifica.
L’art. 27 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n.
248 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni
urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 28
febbraio 2008, n. 31, ha previsto che le Regioni procedessero al riordino,
anche mediante accorpamento o eventuale soppressione di singoli consorzi, dei
consorzi di bonifica, secondo criteri definiti a seguito di intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano, su proposta dei Ministri delle politiche
agricole alimentari e forestali e delle infrastrutture. Ha inoltre prescritto
in particolare che «i contributi consortili devono essere contenuti nei limiti
dei costi sostenuti per l’attività istituzionale».
Successivamente è stata raggiunta la prescritta
intesa in data 18 settembre 2008, che ha previsto che l’ambito territoriale di
operatività dei Consorzi di bonifica, definito comprensorio di bonifica, è
delimitato dalla Regione su cui insiste il territorio di competenza e, quanto
ai contributi consortili, ha stabilito, come principio, che le spese del
consorzio sono a carico dei consorziati «i cui immobili traggono beneficio
dalle azioni dei Consorzi».
Sicché, quanto al territorio di competenza dei
consorzi, il legislatore regionale può delimitare i comprensori di bonifica e
provvedere anche alla loro unificazione, come riconosciuto da ultimo nella sentenza n. 160 del
2018 di questa Corte. In questa più recente pronuncia la Corte ha
considerato, da una parte, che una legge regionale (quella della Regione
Basilicata, oggetto di impugnativa) avesse legittimamente esercitato la
competenza in materia, prevedendo l’accorpamento di tutti i consorzi di
bonifica in un unico nuovo consorzio sull’intero territorio regionale (così
come già in passato aveva fatto una legge della Regione Emilia-Romagna: sentenza n. 66 del
1992); d’altra parte, ha ritenuto l’illegittimità costituzionale della
specifica disciplina della liquidazione dei vecchi consorzi perché ricadente
nella materia dell’ordinamento civile di competenza esclusiva statale. Per la
stessa ragione, in precedenza, era stata ritenuta costituzionalmente
illegittima la previsione di una legge della Regione Puglia sul non
assoggettamento a esecuzione forzata di entrate dei consorzi di bonifica (sentenza n. 273 del
2012).
Inoltre, quanto anche ai contributi consortili,
il legislatore regionale può regolamentarli, tenendo però conto che, nella
misura in cui è riconosciuta la natura tributaria di queste prestazioni
obbligatorie, e segnatamente di tributo derivato sui generis, opera il limite
generale dell’art. 119, secondo comma, Cost. che
prescrive il rispetto dei princìpi di coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario anche con riferimento ad un tributo − quale è
quello in esame – che trovi origine in una fonte statale.
7.– La seconda
premessa, di cui si diceva, riguarda la natura tributaria dei contributi
consortili, ritenuta dalla CTP rimettente in conformità alla giurisprudenza di
legittimità della Corte di cassazione.
7.1.– In generale, il legislatore statale, nel
disciplinare la provvista di un servizio pubblico, può escludere o,
all’opposto, prevedere una relazione sinallagmatica con il servizio, seppur non
in termini di stretta corrispettività, conformando una prestazione patrimoniale
obbligatoria come tributo piuttosto che come canone o tariffa, conseguendo da
ciò – «indipendentemente dalla qualificazione» della stessa (ex plurimis, sentenza n. 167 del
2018) – non solo la giurisdizione del giudice tributario, ma anche
l’applicazione della disciplina dei tributi a partire dal canone della capacità
contributiva previsto dall’art. 53, primo comma, Cost. All’opposto, non può il
legislatore qualificare come tributo ciò che in concreto, in ragione della sua
regolamentazione, è conformato come canone o tariffa, perché da ciò
conseguirebbe una illegittima deroga al canone generale della giurisdizione del
giudice ordinario di cui all’art. 102, primo comma, Cost. (la
sentenza n. 64
del 2008 ha affermato che «l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di
controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto
costituzionale di istituire giudici speciali»).
E pertanto il legislatore, nell’esercizio della
sua discrezionalità in materia di politica economica e fiscale, può anche
passare da un sistema basato sulla fiscalità di un contributo ad uno fondato
sulla corrispettività di una tariffa o di un canone, come è avvenuto
nell’ipotesi della tariffa di igiene ambientale, istituita con l’art. 49 del
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva
91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e
della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio),
inizialmente di natura tributaria (sentenza n. 238 del
2009 e, da ultimo, Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanza 10 aprile
2018, n. 8822), poi sostituita dalla tariffa per la gestione dei rifiuti urbani
ex art. 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia
ambientale), prestazione patrimoniale ritenuta di natura non tributaria (Corte
di cassazione, sezione terza civile, ordinanza 21 giugno 2018, n. 16332), al
pari della tariffa per il servizio di fognatura e depurazione (sentenza n. 335 del
2008).
7.2.– In particolare,
quanto ai contributi consortili, poteva inizialmente apparire dubbia la loro
natura tributaria in ragione del marcato collegamento tra la spesa sostenuta
dal consorzio per le opere di bonifica e la contribuzione a tale spesa di cui i
consorziati erano onerati, atteso che l’art. 11 del r.d.
n. 215 del 1933 fa riferimento alla «ripartizione della quota di spesa tra i
proprietari» degli immobili ricadenti nel perimetro di contribuenza,
e l’art. 860 cod. civ. considera il «concorso dei
proprietari alla spesa» necessaria per le opere di bonifica.
Nondimeno si è progressivamente affermata in
giurisprudenza la natura tributaria dei contributi consortili.
Inizialmente questa Corte (sentenza n. 26 del
1998), nell’esaminare la questione di legittimità costituzionale di una
disposizione dell’originaria disciplina dei contributi consortili di bonifica
quanto alla possibilità, o no, di sospendere l’esecuzione dei ruoli
esattoriali, ha considerato la natura paratributaria
dei contributi dovuti agli enti di bonifica, quale ritenuta, all’epoca, dalla
giurisprudenza di legittimità, rilevando che «pur dovendosi collocare le
prestazioni patrimoniali in questione nell’area applicativa dell’art. 23 della
Costituzione, l’assimilazione dei contributi consortili ai tributi erariali non
si profila come assoluta, ma limitata piuttosto a taluni fondamentali aspetti,
tra cui quello dell’esazione».
Dalla mera «assimilazione» ai tributi si è
progressivamente passati a riconoscere la piena natura tributaria dei
contributi consortili, escludendo che su di essi potesse applicarsi l’IVA (fin
dalla sentenza della Corte di cassazione, sezione prima civile, 30 gennaio
1979, n. 662) e che, in quanto tributi sì seppur non "locali”, radicassero la
competenza del tribunale «per le cause in materia di imposte e tasse» ai sensi
dell’art. 9, secondo comma, del codice di procedura civile (Corte di
cassazione, sezione prima civile, sentenza 1° febbraio 2000, n. 1093).
Dopo la modifica dell’art. 2 del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione
della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.
413), ad opera dell’art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448,
recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2002)», con conseguente generalizzazione della
giurisdizione tributaria a tutte le prestazioni di natura tributaria, si è
definitivamente affermata la giurisdizione delle commissioni tributarie quale
giudice speciale tributario sulle controversie aventi ad oggetto i contributi
consortili di bonifica (ex plurimis, Corte di
cassazione, sezioni unite, sentenza 3 maggio 2016, n. 8770).
7.3.– Questo approdo,
costante ed univoco, cui è pervenuta la giurisprudenza di legittimità, si fonda
sulla struttura della disciplina della prestazione, sicché può dirsi che il
contributo consortile di bonifica ha natura tributaria, conformemente alla sua
struttura non sinallagmatica, e costituisce un contributo di scopo.
Questo essendo ormai il punto d’arrivo del
diritto vivente, deve conseguentemente identificarsi un vero e proprio potere
impositivo del consorzio nei confronti dei consorziati sul presupposto della
legittima inclusione del bene immobile nel comprensorio di bonifica e del
«beneficio» che all’immobile deriva dall’attività di bonifica.
In ragione di tale qualificazione, il necessario
«beneficio» non è espressione di un rapporto sinallagmatico; ma c’è un tributo
che può definirsi di scopo, almeno in senso lato, perché destinato ad
alimentare la provvista del Consorzio per poter realizzare le opere di
bonifica.
Il beneficio che giustifica l’assoggettamento a
contribuzione consortile non è legato, con nesso sinallagmatico di
corrispettività, all’attività di bonifica, come sarebbe se si trattasse di un
canone o di una tariffa, che invece tale nesso sinallagmatico presuppongono;
con riferimento proprio a una prestazione patrimoniale di natura non tributaria
questa Corte (sentenza
n. 335 del 2008) ha dichiarato incostituzionale la previsione di debenza della tariffa riferita al servizio di depurazione
«anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di
depurazione o questi siano temporaneamente inattivi».
Nondimeno, nel caso dei contributi consortili di
bonifica, il beneficio per il consorziato-contribuente deve necessariamente
sussistere per legittimare l’imposizione fiscale; esso però consiste non solo
nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già
meramente astratta, dell’attività di bonifica, che, in ragione del
miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità
contributiva che giustifica l’imposizione di una prestazione obbligatoria di
natura tributaria.
8.– Fatta questa
duplice premessa, da cui muovere per l’esame delle questioni di
costituzionalità, vengono in rilievo i principi fondamentali del sistema
tributario, che limitano la riconosciuta, pur ampia, competenza legislativa
della Regione; la quale – come si è detto – può regolare non solo il
comprensorio di bonifica e l’appartenenza dell’immobile all’area del Consorzio,
ma anche i contributi consortili.
Fermo restando che la debenza
dei contributi consortili trova la sua fonte (statale) ancora nell’art. 860
cod. civ. – che prescrive che i proprietari dei beni situati entro il perimetro
del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per
l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere di bonifica (per cui,
secondo la sentenza
n. 5 del 1967, «l’obbligo di contribuenza deriva
dalla legge») – la norma di principio, che li governa, può ricavarsi dal canone
generale della stessa disposizione che parametra il contenuto della prestazione
patrimoniale obbligatoria al beneficio che i consorziati traggono dalla
bonifica. Canone questo che è in stretta continuità sia con la previsione del
(tuttora vigente) art. 11 del r.d. n. 215 del 1933 –
secondo cui la ripartizione della «quota di spesa» tra i proprietari è fatta
«in ragione dei benefici conseguiti» per effetto delle opere di bonifica e i
criteri di ripartizione sono fissati negli statuti dei consorzi o con
successiva deliberazione degli stessi – , sia con la richiamata intesa
Stato-Regioni del 18 settembre 2008, che ha previsto che le spese del consorzio
sono a carico dei consorziati «i cui immobili traggono beneficio dalle azioni
dei Consorzi».
Quindi, per i contributi consortili, quali
«quote di partecipazione al costo delle opere di bonifica» a carico dei
proprietari consorziati, il criterio fondamentale di questa prestazione
patrimoniale di natura tributaria è il beneficio tratto dalle opere di bonifica
e più in generale dall’attività del consorzio, secondo criteri fissati negli
statuti o nelle delibere dei consorzi stessi, nel rispetto della disciplina
regionale.
9.– In questo contesto ordinamentale la Regione
Calabria, con la legge 10 marzo 1988, n. 5 (Norme in materia di bonifica), ha
definito gli scopi dell’attività di bonifica e le azioni, gli interventi, la
disciplina e il funzionamento degli organi deputati ad applicarla e, in
particolare, ha qualificato i contributi consortili come «quote di
partecipazione al costo delle opere di bonifica» (art. 39), prevedendo anche la
possibilità per la Regione stessa di farsi carico di parte di tali quote per
evitare che fossero «superati i limiti di sopportabilità della contribuenza a carico degli immobili soggetti ad obblighi
di bonifica» (art. 41).
Dopo la riforma costituzionale del 2001, che –
come rilevato – ha inciso significativamente sulla competenza delle Regioni nel
settore della bonifica, lo stesso legislatore regionale è nuovamente
intervenuto in materia con la citata legge reg. n. 11 del 2003, con cui la
Regione Calabria ha provveduto a riorganizzare l’intero comparto dei consorzi
di bonifica integrale; legge che contiene, all’art. 23, la disposizione
censurata dalla CTP rimettente.
Si tratta di una disciplina sistematica e
articolata.
Dopo aver catalogato dettagliatamente gli
interventi di bonifica (art. 3), la legge regionale del 2003 prevede – per
quanto rileva ai fini delle sollevate questioni di costituzionalità – che su
tutto il territorio regionale possano esserci comprensori di bonifica, ciascuno
come area di operatività di un singolo consorzio destinato a realizzare le
opere e l’attività di bonifica (art. 13).
L’art. 17 della medesima legge regionale
prescrive che i proprietari di immobili agricoli ed extra agricoli situati
nell’ambito di un comprensorio di bonifica acquisiscono la qualità di
consorziati-contribuenti con l’iscrizione degli immobili stessi nel perimetro
di contribuenza, risultante dall’approvazione del
piano di classifica di cui al successivo art. 24. Il perimetro di contribuenza è reso pubblico con il mezzo della
trascrizione, ai sensi dell’art. 58 del r.d. n. 215
del 1933. In ragione di tale iscrizione, i consorziati, divenuti
consorziati-contribuenti, sono tenuti al pagamento dei contributi di bonifica
di cui al censurato art. 23.
L’art. 24 stabilisce che il piano di classifica
individua i «benefici diretti, indiretti e potenziali», derivanti dall’attività
di bonifica agli immobili ricadenti nei comprensori di bonifica e stabilisce i
parametri per la quantificazione di detti benefici, determinando l’indice di contribuenza di ciascun immobile.
L’assoggettamento a contribuzione consortile è
quindi condizionato all’iscrizione dell’immobile nel perimetro di contribuenza risultante dal piano di classifica, in ragione
della verificata sussistenza di un beneficio diretto, indiretto o potenziale
per l’immobile, non essendo sufficiente il mero dato spaziale della sua
collocazione nel comprensorio di bonifica.
La medesima legge reg. Calabria n. 11 del 2003
disciplina poi in dettaglio i contributi consortili all’art. 23, disposizione
attualmente censurata, che stabilisce che il contributo consortile di bonifica
è costituito dalle quote dovute da ciascun consorziato per il funzionamento dei
Consorzi ed è applicato secondo i seguenti criteri: a) «per le spese afferenti
il conseguimento dei fini istituzionali, indipendentemente dal beneficio
fondiario»; b) per le spese riferibili al successivo articolo 24, comma 1,
lettera b), sulla base del beneficio. Vi sono quindi due quote del contributo
consortile, la prima delle quali – quota a) – è testualmente indipendente dal
beneficio fondiario, mentre la seconda – quota b) – presuppone il beneficio per
il consorziato.
10.– Quindi il beneficio effettivo per
l’immobile di proprietà del consorziato – come condizione legittimante per
l’inclusione nel perimetro di contribuenza del
comprensorio di bonifica, nonché come criterio per fissare i parametri di
calcolo e quantificazione dei contributi stessi – è in vero ciò che ha
previsto, nella specie, il legislatore regionale prescrivendo, all’art. 24,
comma 2, legge reg. Calabria n. 11 del 2003, che il piano di classifica
individua i «benefici diretti, indiretti e potenziali», derivanti dall’attività
di bonifica agli immobili ricadenti nel comprensorio del Consorzio; beneficio
che dimensiona gli indici di contribuenza di ciascun
immobile.
Però, solo ove risultasse l’unitarietà del
contributo consortile dell’art. 23, benché suddiviso – ma in modo inscindibile
– in una quota di cui alla lettera a) e in una quota di cui alla lettera b) del
comma 1, allora il presupposto del «beneficio», espressamente previsto solo
nella lettera b), condizionerebbe nel complesso la debenza
del contributo stesso e quindi anche la obbligatorietà della quota a).
Ma nella fattispecie in esame – per come la
norma "vive” nell’ordinamento regionale – la quota a) del contributo
consortile, di cui al comma 1 dell’art. 23, non è inscindibilmente collegata
alla quota b) del medesimo comma 1.
E infatti, da una parte, con decreto del
Presidente della Giunta regionale del 12 febbraio 2010, n. 27, istitutivo del
Consorzio di bonifica integrale dei bacini meridionali del Cosentino, al quale
è riferibile la cartella di pagamento impugnata nel giudizio a quo, si è
previsto, all’art. 3, comma 2, che il perimetro di contribuzione per la
riscossione dei ruoli relativi al nuovo Consorzio ed emessi ai sensi dell’art.
23, comma 1, lettera a), della legge reg. Calabria n. 11 del 2003 per i soli
fini istituzionali, coincide con il perimetro del neoistituito Consorzio. Ciò
significa già che l’assoggettamento al contributo consortile è condizionato al
solo dato spaziale dell’essere l’immobile ricompreso nel territorio del
Consorzio.
D’altra parte, la giurisprudenza di legittimità
(Corte di cassazione, sezione sesta civile, ordinanze 24 maggio 2017, n. 13130
e 25 maggio 2017, n. 13264), pronunciandosi su ricorsi dello stesso Consorzio,
ha rilevato l’assoggettamento a contribuzione nel caso di immobile compreso nel
piano di classifica, facendo menzione in motivazione del suddetto decreto del
Presidente della Regione Calabria del 2010 che aveva equiparato il perimetro di
contribuenza all’intero comprensorio del Consorzio.
Anche nel giudizio a quo l’impugnata cartella di
pagamento è stata emessa solo per la indicata quota a) e la CTP riferisce che
nessun piano di classifica è stato redatto dal Consorzio, sicché è mancata una
rilevazione dei benefici diretti, indiretti o potenziali derivanti
dall’attività di bonifica, quale richiesta dall’art. 24 sopraccitato.
Del resto, la tesi del Consorzio, ribadita anche
in udienza in sede di discussione orale, è proprio questa: è legittimo
l’assoggettamento alla contribuzione consortile in ragione del solo inserimento
dell’immobile nel comprensorio del consorzio e, quindi, «indipendentemente dal
beneficio fondiario», come testualmente prevede la disposizione censurata alla
lettera a) del comma 1 dell’art. 23 della legge reg. Calabria n. 11 del 2003.
11.– Tale testuale
esclusione del beneficio fondiario ha proprio il significato e la portata di
disancorare la debenza della quota a) – così resa
autonoma e distinta dalla quota b) – dal beneficio risultante dalla rilevazione
fatta dal Consorzio con il piano di classifica e con il relativo perimetro di contribuenza.
In tal modo però risulta violato il più volte
citato principio (settoriale) del sistema tributario, che vuole invece che l’assoggettabilità
a contribuzione consortile presupponga il beneficio derivato all’immobile
dall’attività di bonifica.
Il legislatore regionale non può disancorare la debenza del contributo consortile dal beneficio che agli
immobili deriva dall’attività di bonifica, assoggettando a contribuzione
consortile i consorziati per il solo fatto che l’immobile sia ricompreso nel
comprensorio di bonifica (il quale – come già rilevato – potrebbe anche essere
esteso a tutto il territorio della Regione sì da comprendere, indistintamente,
tutti gli immobili), perché, ove ciò facesse, si avrebbe, non più un contributo
di scopo di fonte statale disciplinato dalla legge regionale come tributo
derivato, ma un’imposta fondiaria regionale di nuovo conio che, come tributo regionale
proprio, eccederebbe la competenza del legislatore regionale.
Questa Corte (sentenza n. 102 del
2008) ha infatti affermato che «le Regioni a statuto ordinario sono
assoggettate al duplice limite costituito dall’obbligo di esercitare il proprio
potere di imposizione in coerenza con i princípi
fondamentali di coordinamento e dal divieto di istituire o disciplinare tributi
già istituiti da legge statale o di stabilirne altri aventi lo stesso
presupposto, almeno fino all’emanazione della legislazione statale di
coordinamento» (nello stesso senso, la sentenza n. 37 del
2004). Del resto, la disposizione censurata, in quanto del 2003, si muove
nel contesto ordinamentale precedente alla normativa sul federalismo fiscale,
che ha poi previsto la possibilità per le regioni di istituire tributi propri
secondo i decreti legislativi attuativi della legge delega 5 maggio 2009, n. 42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell’articolo 119 della Costituzione).
12.– La reductio ad legitimitatem della disposizione censurata è univocamente
orientata dallo stesso principio settoriale del sistema tributario nel senso
dell’innesto della previsione, in positivo, del beneficio derivante agli
immobili del comprensorio di bonifica come presupposto dell’assoggettamento
alla contribuzione consortile, invece della (e quindi in sostituzione della)
non rilevanza del beneficio fondiario testualmente prevista dalla medesima
disposizione denunciata. La possibilità di dispositivo additivo sostitutivo è,
da tempo, riconosciuta da questa Corte (da ultimo, sentenze n. 20, n. 22 e n. 120 del 2018).
Pertanto il contributo consortile di bonifica,
quanto alle spese afferenti al conseguimento dei fini istituzionali dei
Consorzi, ex lettera a) del comma 1 dell’art. 23 citato, è dovuto «in presenza
del beneficio» – al pari della quota di cui alla successiva lettera b) del
medesimo comma – invece che «indipendentemente dal beneficio fondiario».
13.– Può aggiungersi, infine, che la successiva
legge reg. Calabria n. 13 del 2017 ha rimediato per il futuro a tale vulnus
perché, all’art. 1, ha novellato il comma 1 dell’art. 23 della legge reg.
Calabria n. 11 del 2003, prevedendo – senza più distinguere tra quota a) e
quota b) – che i proprietari di beni immobili agricoli ed extragricoli
ricadenti nell’ambito di un comprensorio di bonifica, che traggono un
beneficio, consistente nella conservazione o nell’incremento del valore degli
immobili, derivante dalle opere pubbliche o dall’attività di bonifica
effettuate o gestite dal Consorzio, sono obbligati al pagamento di un
contributo consortile, secondo i criteri fissati dai piani di classifica
elaborati e approvati ai sensi del successivo art. 24 e specificando che per
beneficio deve intendersi il vantaggio tratto dall’immobile agricolo ed extragricolo a seguito dell’opera e dell’attività di
bonifica tesa a preservarne, conservarne e incrementarne il relativo valore.
14.− In conclusione va
dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1, lettera a),
della legge reg. Calabria n. 11 del 2003, nella parte in cui prevede che il
contributo consortile di bonifica, quanto alle spese afferenti al conseguimento
dei fini istituzionali dei Consorzi, è dovuto «indipendentemente dal beneficio
fondiario» invece che «in presenza del beneficio».
15.– L’accoglimento
della questione di costituzionalità in riferimento all’art. 119 Cost. comporta l’assorbimento della censura, peraltro subordinata,
di violazione dell’art. 23 Cost., parimenti sollevata dalla CTP rimettente.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 23, comma 1, lettera a),
della legge della Regione Calabria 23 luglio 2003, n. 11 (Disposizioni per la
bonifica e la tutela del territorio rurale. Ordinamento dei Consorzi di Bonifica),
nella parte in cui prevede che il contributo consortile di bonifica, quanto
alle spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali dei Consorzi, è
dovuto «indipendentemente dal beneficio fondiario» invece che «in presenza del
beneficio».
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 settembre 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giovanni AMOROSO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 19 ottobre 2018.