SENTENZA N. 151
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 685, 688 e 689, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 29 febbraio 2016, depositato in cancelleria l’8 marzo 2016 ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 2016.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 10 maggio 2017 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi l’avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.− La Regione siciliana, con ricorso notificato il 29 febbraio 2016 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 8 marzo, ha impugnato numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», tra cui l’art. 1, commi 685, 688 e 689, in riferimento, nel complesso, agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), «e correlate norme di attuazione», all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), nonché agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, della Costituzione, anche in riferimento all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
2.− La Regione siciliana premette che le norme impugnate danno luogo a insostenibili riduzioni di risorse, incidendo sulla propria finanza già gravemente compromessa, come si rileva anche dai dati richiamati dalla Corte dei conti in sede di parifica del rendiconto per l’esercizio finanziario dell’anno 2014 e per l’esercizio finanziario dell’anno 2015.
3.− L’art. 1, comma 685, della legge n. 208 del 2015, nell’attribuire alla Regione siciliana l’importo di 900 milioni di euro per l’anno 2016, stabilisce «Nelle more dell’adeguamento delle norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana alle modifiche intervenute nella legislazione tributaria, al fine di omogeneizzare il comparto delle autonomie speciali, in modo da addivenire, tra l’altro, a un chiarimento sulla compartecipazione regionale e sulla revisione della percentuale di compartecipazione al gettito tributario […]».
La norma è sospettata di illegittimità costituzionale, per la violazione dell’art. 43 del r.d.lgs. n. 455 del 1946, nella parte in cui non prevede in modo espresso che il disposto «adeguamento delle norme di attuazione dello Statuto» debba essere effettuato secondo la procedura prescritta dal medesimo art. 43 dello statuto siciliano.
4.− L’art. 1, comma 688, della legge n. 208 del 2015, è impugnato in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto siciliano, e correlate norme di attuazione, e agli artt. 97, primo comma (per l’aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni), 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost., anche in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
5.− La norma stabilisce il versamento all’entrata del bilancio dello Stato da parte di ciascuna Regione e, in caso di mancato versamento, attraverso corrispondente riduzione dei trasferimenti a qualunque titolo dovuti alle Regioni interessate, della somma complessiva, come ripartita, di 6,6 milioni di euro per l’anno 2016, di 9,8 milioni di euro per l’anno 2017, di 12,1 milioni di euro per l’anno 2018, e di 14,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019.
Deduce la Regione siciliana che, in assenza di indicazioni sulle ragioni dei suddetti versamenti, potrebbe ad un primo esame ipotizzarsi che gli stessi possano essere ricondotti alla erogazione complessiva dell’importo di 1.550 milioni di euro «disposta dalla modifica al comma 683 e dai commi 685 e 686 nei confronti, rispettivamente, delle regioni a statuto ordinario, della Regione Sicilia e della Regione Valle d’Aosta. Tale erogazione corrisponde alla somma versata all’entrata dal comma 687 e, qualora ciò comportasse la necessità di nuove emissioni di titoli di Stato, i versamenti in esame – come pure quelli di cui al comma 689 – potrebbero correlarsi agli oneri per interessi, ma su tale ipotesi appare opportuna una conferma da parte del Governo».
La disposizione, prospetta la difesa regionale, comporta un ulteriore aggravio per il bilancio della Regione e, in quanto ad essa applicabile, risulterebbe lesiva dei parametri sopra indicati.
In ogni caso l’art. 1, comma 688, della legge n. 208 del 2015, sarebbe illegittimo laddove quantifica il recupero per anni successivi, e ne aumenta l’importo a decorrere dal 2019, senza apporre un termine finale a tale recupero.
6.− L’art. 1, comma 689, della legge n. 208 del 2015, analogamente, è censurato per la violazione degli artt. 36 e 43 dello statuto siciliano, e correlate norme di attuazione, dell’art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965, e degli artt. 97, primo comma (per l’aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni), 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost. − princìpi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni − anche in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
La norma stabilisce il recupero all’erario, attraverso un maggiore accantonamento nei confronti della Regione siciliana, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, dei seguenti importi: 9,9 milioni di euro per il 2016; 14,8 milioni di euro per il 2017; 18,2 milioni di euro per il 2018; 21,2 milioni di euro a decorrere dal 2019.
7.− La Regione siciliana prospetta l’illegittimità della norma sia in relazione al previsto recupero tramite accantonamento, sia con riguardo alla decorrenza dell’accantonamento dal 2019, senza la previsione di un termine finale.
8.− A fondamento della censura sono poste le stesse argomentazioni illustrate in relazione all’impugnazione del comma 688.
9.− La previsione sottrae somme all’economia della Regione siciliana e mina in modo grave il bilancio di quest’ultima.
La norma prevede un aggravio dell’onere finanziario della Regione mediante un meccanismo alla stessa non applicabile (quote di compartecipazione ai tributi erariali).
In assenza dei presupposti previsti dall’art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965, stabilisce una deroga al principio della spettanza alla Regione del gettito dei tributi riscossi sul proprio territorio, sottraendo entrate che potrebbero essere destinate alle spese di competenza della medesima.
10.− Seppure le pubbliche amministrazioni debbano concorrere all’equilibrio finanziario del bilancio dello Stato ed alla sostenibilità del debito pubblico, le stesse sono tenute (art. 119 Cost.) anche a garantire l’equilibrio del proprio bilancio, con la conseguenza che la norma impugnata, incidendo su tale profilo, lederebbe gli artt. 81, ultimo comma, 97, primo comma e 119, primo e sesto comma, Cost., nonché, l’art. 43 dello statuto.
11.− Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia rigettato.
12.− In relazione all’impugnazione dell’art. 1, comma 685, della legge n. 208 del 2015, osserva la difesa dello Stato che le doglianze della Regione siciliana sono pretestuose perché è la stessa natura della disposizione statutaria che impone che venga adottata la procedura ivi prevista.
13.− Con riguardo all’impugnazione dell’art. 1, commi 688 e 689, della legge n. 208 del 2015, rileva il Presidente del Consiglio dei ministri che le relative censure sono prive di fondamento.
La previsione di cui al comma 688 dell’art. 1 riguarda le sole Regioni a statuto ordinario.
Quanto previsto dal comma 689, poiché attiene ad un contributo stabilito in ragione della erogazione della somma di 900 milioni di euro a favore della Regione siciliana, costituisce un legittimo ristoro a favore del bilancio statale per compensare i maggiori oneri per interessi passivi derivanti dall’erogazione della predetta somma.
14.− Infine, l’Avvocatura dello Stato ricorda che ai sensi dell’art. 1, comma 992, della legge n. 208 del 2015 «Le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3».
15.− La difesa dello Stato in data 18 aprile 2017 ha depositato memoria con la quale ha ribadito le argomentazioni svolte.
Considerato in diritto
1.− La Regione siciliana, con ricorso notificato il 29 febbraio 2016 e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo 8 marzo, ha impugnato, tra l’altro, l’art. 1, commi 685, 688 e 689, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», in riferimento, nel complesso, agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), «e correlate norme di attuazione», all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), e agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma e 119, primo e sesto comma, della Costituzione, anche in riferimento all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
2.− Devono essere riservate a separate pronunce le decisioni sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale proposte con lo stesso ricorso.
3.− In via preliminare, va rilevato che il generico richiamo a «correlate norme di attuazione», non è idoneo ad integrare il relativo parametro.
4.− Sempre in via preliminare, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la cosiddetta clausola di salvaguardia, di cui al comma 992 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, richiamata dallo Stato a sostegno della non lesività delle norme impugnate, non esclude i vizi di costituzionalità allorché «tale clausola entri in contraddizione con quanto testualmente affermato dalle norme impugnate, che facciano esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome» (ex multis, sentenza n. 40 del 2016), ciò che si verifica nella specie.
5.− Il comma 685 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 attribuisce alla Regione siciliana l’importo di 900 milioni di euro per l’anno 2016, nelle more anche dell’adeguamento delle norme di attuazione dello statuto regionale alle modifiche intervenute nella legislazione tributaria, al fine di omogeneizzare il comparto delle autonomie speciali, in modo da addivenire, tra l’altro, a un chiarimento sulla compartecipazione regionale e sulla revisione della percentuale di compartecipazione al gettito tributario.
5.1.− La doglianza della Regione verte sulla circostanza che per l’adeguamento delle norme di attuazione dello statuto siciliano non sia richiamato l’art. 43 dello stesso statuto, secondo cui «Una Commissione paritetica di quattro membri nominati dall’Alto Commissario della Sicilia e dal Governo dello Stato, determinerà le norme transitorie relative al passaggio degli uffici e del personale dello Stato alla Regione, nonché le norme per l’attuazione del presente Statuto».
5.2.− La questione non è fondata per erroneità del presupposto interpretativo.
La mancanza di un espresso richiamo della norma statutaria non può essere in alcun modo intesa come espressione della volontà di fare eccezione ad una disciplina di rango costituzionale (art. 1, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, recante «Conversione in legge costituzionale dello Statuto della Regione siciliana, approvato col R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455».
Non esiste, dunque, la lamentata lesione dell’autonomia differenziata riconosciuta dallo statuto speciale.
6.− Il comma 688 dispone il versamento al bilancio dello Stato, da parte di ciascuna Regione, della somma complessiva, come ripartita, di 6,6 milioni di euro per il 2016, di 9,8 milioni di euro per il 2017, di 12,1 milioni di euro per il 2018 e di 14,2 milioni di euro a decorrere dal 2019.
6.1.− La questione, peraltro prospettata in chiave ipotetica, è inammissibile, per carenza di interesse, attesa la evidente non riferibilità della disposizione censurata alle Regioni ad autonomia differenziata, quale è la Regione siciliana, come eccepito dall’Avvocatura dello Stato.
7.− Il comma 689 stabilisce che «L’importo di 9,9 milioni di euro per l’anno 2016, di 14,8 milioni di euro per l’anno 2017, di 18,2 milioni di euro per l’anno 2018 e di 21,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019 è recuperato all’erario attraverso un maggiore accantonamento nei confronti della Regione siciliana a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali ed è corrispondentemente migliorato per ciascun anno l’obiettivo di finanza pubblica della Regione siciliana».
7.1.− La Regione, sollevando preliminarmente dubbi sulla natura e sul fondamento della pretesa, deduce la violazione degli artt. 36 e 43 dello statuto siciliano, dell’art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1074 del 1965, degli artt. 97, primo comma (per l’aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni), 81, ultimo comma, e 119, primo e sesto comma, Cost. − princìpi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni − anche in riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, sia con riguardo al previsto recupero mediante accantonamento, sia con riguardo alla stabilita indeterminata decorrenza dall’anno 2019.
8.− La questione prospettata con riguardo alla lesione dell’art. 97, primo comma, Cost. (per l’aspetto della garanzia degli equilibri di bilancio delle pubbliche amministrazioni), è inammissibile.
Questa Corte ha più volte affermato che le Regioni possono evocare parametri di legittimità diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo quando la violazione denunciata sia potenzialmente idonea a determinare una lesione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni, e queste ultime abbiano sufficientemente motivato in ordine ai profili di una possibile ridondanza della violazione dei parametri in questione sul riparto di competenze, assolvendo all’onere di indicare la specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione.
Nella specie, queste condizioni di ammissibilità non sono soddisfatte, mancando ogni considerazione al riguardo.
8.1.− Anche la censura di violazione dell’art. 81, ultimo comma, Cost., è inammissibile, atteso che la Regione omette di spiegare in che modo si verificherebbe la lesione della propria autonomia finanziaria.
In particolare la giurisprudenza costituzionale ha precisato che grava sulla Regione l’onere probatorio circa il pregiudizio lamentato, onere da soddisfarsi mediante la dimostrazione, anche attraverso dati quantitativi, dell’incidenza delle riduzioni di provvista finanziaria sull’esercizio delle funzioni (ex plurimis, sentenze n. 239 del 2015, n. 26 e n. 23 del 2014).
Nel caso di specie, l’asserito squilibrio e la compromissione delle proprie funzioni non sono né argomentati, né tantomeno provati, e tale carenza non è colmata dal riferimento alla relazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti in sede di parifica del rendiconto, in cui si rappresenta solo lo sviluppo dell’indebitamento regionale, come si precisa puntualmente nella sentenza n. 127 del 2016.
8.2.− Per le stesse ragioni è inammissibile la censura di violazione dell’art. 119, primo e sesto comma, Cost. − princìpi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni − in riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, senza peraltro che siano indicate le ragioni per le quali il parametro invocato garantirebbe una maggiore autonomia della Regione e sarebbe, perciò, applicabile in luogo di quelli statutari (sentenza n. 250 del 2007).
9.− Non è fondata, invece, la questione di legittimità costituzionale del comma 689 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015, prospettata in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto siciliano, e all’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, con riguardo alla previsione dell’accantonamento in sé.
9.1.− La legittimità dell’istituto è stata più volte ritenuta da questa Corte (sentenze n. 188 e n. 127 del 2016, n. 82 e n. 77 del 2015), che ha anche «costantemente affermato che di regola i princìpi fondamentali fissati dalla legislazione dello Stato nell’esercizio della competenza di coordinamento della finanza pubblica si applicano anche ai soggetti ad autonomia speciale […], in quanto essi sono funzionali a prevenire disavanzi di bilancio, a preservare l’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche e anche a garantire l’unità economica della Repubblica, come richiesto dai principi costituzionali e dai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea» (sentenza n. 82 del 2015, nonché, ex multis, sentenza n. 62 del 2017).
In particolare, nel vagliare l’accantonamento di quote del gettito tributario destinato alla Regione siciliana, con le citate sentenze n. 127 del 2016, n. 82 e n. 77 del 2015, la Corte ha precisato la distinzione tra gli istituti della riserva e dell’accantonamento, affermando la legittimità di quest’ultimo, poiché, mentre attraverso la riserva, lo Stato sottrae definitivamente all’ente territoriale una quota di compartecipazione ai tributi erariali che ad esso sarebbe spettata, e se ne appropria a tutti gli effetti allo scopo di soddisfare specifiche finalità, per mezzo dell’accantonamento le poste attive che spettano alla Regione, in forza degli statuti e della normativa di attuazione, permangono nella titolarità della stessa, ma sono temporaneamente sottratte alla sua disponibilità.
9.2.− Nel fare applicazione di tali princìpi al caso in esame, va premesso che, come chiarito dalla difesa dello Stato, il dubbio della ricorrente, circa la natura e il fondamento della pretesa alla somma oggetto dell’accantonamento, va sciolto nel senso che le somme attengono agli interessi passivi sul contributo destinato alla Regione, ai sensi del comma 685 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015.
9.3.− Una volta ritenuta la legittimità della pretesa dello Stato, l’istituto dell’accantonamento costituisce il mezzo procedurale per anticipare l’adempimento in attesa che sopraggiungano le norme di attuazione di cui all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 169 della Costituzione), mezzo che, come si è visto, non presenta i profili di illegittimità costituzionale lamentati, né in via generale, né in riferimento agli artt. 36 e 43 dello statuto speciale.
10.− È egualmente non fondata la censura relativa alla durata indeterminata dell’accantonamento dopo il 2019 e alla sua conseguente illegittimità alla stregua della giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 188 e n. 127 del 2016, n. 82 e n. 77 del 2015). Difatti, tale durata non può ritenersi indeterminata, poiché la natura stessa del debito comporta un termine implicito, collegato alla scadenza dei titoli emessi per la provvista finanziaria della somma di 900 milioni di euro anticipata alla Regione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservate a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso in epigrafe;
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 688, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», promossa, in riferimento agli artt. 36 e 43 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), e agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma, 119, primo e sesto comma, della Costituzione, anche in riferimento all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 689, della legge n. 208 del 2015, promossa, in riferimento agli artt. 97, primo comma, 81, ultimo comma, 119, primo e sesto comma, Cost., anche in riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 685, della legge n. 208 del 2015, promossa, in riferimento all’art. 43 del r.d.lgs. n. 455 del 1946, dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 689, della legge n. 208 del 2015, promossa, in riferimento agli artt. 36 e 43 del r.d.lgs. n. 455 del 1946, e all’art. 2, del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), dalla Regione siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 maggio 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2017.