ORDINANZA N. 12
ANNO 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giorgio LATTANZI Giudice
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettere a) e b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, promosso dal Giudice di pace di Grosseto nel procedimento vertente tra Studio Fabio Massimo Srl e Provincia di Grosseto con ordinanza del 28 ottobre 2015, iscritta al n. 347 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2016.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 7 dicembre 2016 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera.
Ritenuto che il Giudice di pace di Grosseto, con ordinanza del 28 ottobre 2015, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) (di seguito: codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettere a) e b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 24 novembre 2006, n. 286;
che, secondo il giudice a quo, una società a responsabilità limitata ha proposto opposizione, ai sensi dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), avverso il verbale di accertamento della Polizia provinciale di Grosseto, avente ad oggetto l’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 126-bis, comma 2, codice della strada, in quanto non aveva comunicato, senza giustificato motivo, i dati personali e della patente del conducente di un autoveicolo di sua proprietà, con il quale era stata commessa l’infrazione prevista dall’art. 142, comma 8, codice della strada;
che, a suo avviso, l’opponente ha chiesto l’annullamento del citato verbale, ascrivendo l’omissione ad un errore «dell’ente accertatore, laddove viene dato atto che dalla violazione suddetta consegue la sanzione: nessuna», mentre la costituita Provincia di Grosseto ha contestato la fondatezza di tale deduzione;
che il rimettente ha sollevato, d’ufficio, questione di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, codice della strada, nella parte in cui dispone che al proprietario del veicolo, il quale omette di fornire i dati identificativi del conducente dello stesso, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 286 ad euro 1.142, stabilita quindi «senza alcun riferimento alla gravità della violazione principale da cui trae origine»;
che, secondo il Giudice di pace, la questione sarebbe rilevante, in quanto «il collegamento giuridico, e non di mero fatto, tra la res iudicanda e la norma incostituzionale, appare del tutto evidente» e l’eventuale infondatezza delle censure comporterebbe che «si dovrebbe riconoscere la validità del verbale impugnato e, all’esito sfavorevole per l’opponente in giudizio, condannare quest’ultimo al pagamento della sanzione pecuniaria amministrativa per l’importo di complessivi E. 286,00, come richiesto nel verbale di contravvenzione della Polizia provinciale»;
che, a suo avviso, la comunicazione prescritta dal citato art. 126-bis, comma 2, sarebbe strumentale rispetto allo scopo di applicare al conducente del veicolo la decurtazione del punteggio della patente, ma può accadere che, qualora l’infrazione da questi commessa consista nella violazione del limite di velocità, soprattutto nei casi più gravi, «generalmente riconducibili ad auto di grossa cilindrata», i proprietari – che «è verosimile ritenere […] siano presuntivamente di livello economico medio/alto» – preferiscano non comunicare i dati identificativi del conducente e pagare la sanzione amministrativa pecuniaria prevista da detta norma censurata, evitando in tal modo la decurtazione del punteggio;
che, secondo l’ordinanza di rimessione, l’art. 126-bis, comma 2, codice della strada violerebbe gli artt. 3 e 53 Cost., poiché il censurato criterio di quantificazione della sanzione in esame avvantaggerebbe quanti possiedono un’elevata capacità patrimoniale, realizzando una ingiustificata disparità di trattamento, dal momento che «le persone più ricche ne patiscono meno l’incidenza» e, quindi, nel caso in cui l’infrazione presupposta consista nella violazione del limite di velocità, la sanzione dovrebbe essere stabilita in un importo almeno pari a quello previsto per quest’ultima e, comunque, graduato in relazione alla gravità della stessa, sulla scorta di un criterio analogo a quello dell’art. 142, commi 9 e 9-bis, codice della strada;
che la norma censurata si porrebbe, inoltre, in contrasto con l’art. 3 Cost., poiché la mancata commisurazione della sanzione a quella prevista per la violazione presupposta penalizzerebbe, in violazione del principio di eguaglianza, colui il quale ha commesso «un’infrazione di minore impatto sociale», rendendola un non «efficace deterrente»;
che dunque, secondo il Giudice di pace, «si rende necessario che il legislatore stabilisca che l’ammontare della sanzione prevista per mancata ottemperanza dell’obbligo di comunicazione […] sia proporzionato in termini monetari a quello della specifica infrazione che ne costituisce il presupposto»;
che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha eccepito l’inammissibilità della questione per l’omessa indicazione delle condizioni economiche dell’attore nel processo principale, con conseguente difetto di rilevanza della stessa;
che, a suo avviso, la questione è comunque infondata, in quanto la sanzione in esame non sarebbe graduabile: poiché «colpisce l’integralità di una condotta che non può non essere posta in essere se non nella sua interezza (omessa comunicazione delle generalità del conducente)»; in quanto il codice della strada non stabilisce, quale principio generale, la commisurazione dell’importo della sanzione pecuniaria alle condizioni economiche del trasgressore e la stessa è stata stabilita tenendo conto esclusivamente della «rilevanza oggettiva della condotta sanzionata».
Considerato che l’ordinanza di rimessione manca di ogni riferimento in ordine sia al tipo ed alle caratteristiche dell’autovettura con cui è stata commessa l’infrazione presupposta, sia alle condizioni economico-patrimoniali dell’attore nel giudizio principale;
che siffatte carenze nella descrizione della fattispecie – non emendabili attraverso la lettura degli atti di causa, in ragione del principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione (tra le ultime, ordinanza n. 237 del 2016), e concernenti circostanze pregnanti nella prospettazione delle censure (per l’importanza di dette indicazioni in fattispecie omologa a quella in esame, ordinanza n. 244 del 2006) – comportano, come eccepito dall’interveniente, la manifesta inammissibilità della questione, per difetto di motivazione sulla rilevanza, rendendola astratta ed ipotetica;
che la censura riferita all’art. 53 Cost. è, inoltre, anche priva di un’adeguata motivazione in ordine alle ragioni dell’asserita violazione di detto parametro e tale lacuna costituisce ragione di manifesta inammissibilità (ex plurimis, ordinanza n. 29 del 2015), la quale ha carattere preliminare ed assorbente rispetto all’inconferenza dello stesso, siccome non evocato in riferimento ad obblighi tributari;
che il petitum, tenuto conto del contenuto dell’intervento additivo richiesto dal rimettente, sopra sintetizzato, si connota, infine, per un cospicuo tasso di manipolatività, derivante dalla natura creativa e non costituzionalmente obbligata della soluzione evocata, in un ambito, quale quello dell’individuazione delle condotte punibili, della scelta e della quantificazione delle sanzioni amministrative, riservato alla discrezionalità del legislatore ordinario (ordinanze n. 23 del 2009, n. 169 del 2006, n. 1 del 2003), avendo peraltro questa Corte, proprio con riguardo alle sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, ritenuto «paradossale» l’ipotizzata necessità di «una “graduazione” legislativa della misura delle sanzioni pecuniarie […], non già in base alla gravità dell’infrazione commessa, bensì alle capacità economiche del responsabile della violazione» (ordinanza n. 292 del 2006);
che, pertanto, sussistendo plurimi profili ostativi allo scrutinio della sollevata questione, la stessa è manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 126-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall’art. 2, comma 164, lettere a) e b), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n. 286, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dal Giudice di pace di Grosseto, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 dicembre 2016.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2017.