SENTENZA N. 217
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alessandro CRISCUOLO Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, e 5, comma 1, della legge della Regione Umbria 7 novembre 2014, n. 19 (Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 9-13 gennaio 2015, depositato in cancelleria il 19 gennaio 2015 ed iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2015.
Udito nell’udienza pubblica del 20 ottobre 2015 il Giudice relatore Silvana Sciarra;
udito l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per la notifica il 9 gennaio 2015, ricevuto dalla resistente il successivo 13 gennaio, e depositato nella cancelleria il 19 gennaio 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, là dove riserva allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nelle materie «professioni» e «tutela della salute», questione principale di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, e 5, comma 1, della legge della Regione Umbria 7 novembre 2014, n. 19 (Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali).
Il ricorrente Presidente del Consiglio dei ministri, premesso che la legge della Regione Umbria n. 19 del 2014 si pone l’obiettivo di valorizzare le discipline bionaturali, favorendo il coordinamento tra gli operatori e promuovendo la qualificazione dell’offerta dei relativi servizi (art. 1), analizza il contenuto delle disposizioni censurate.
L’art. 2, comma 1, della legge prevede che «Ai fini della presente legge per discipline bionaturali si intendono le attività e le pratiche individuate dalla Giunta regionale, con proprio atto, che hanno come finalità il mantenimento o il recupero dello stato di benessere della persona per il miglioramento della sua qualità di vita. Tali pratiche, che non hanno carattere di prestazione sanitaria, tendono a stimolare le risorse vitali dell’individuo con metodi ed elementi naturali la cui efficacia sia stata verificata nei contesti culturali e geografici in cui le discipline sono sorte e si sono sviluppate». Il ricorrente osserva che la norma non individua puntualmente le attività e le pratiche cui fa riferimento, ma rinvia tale compito alla Giunta regionale e si limita a caratterizzare le stesse con riferimento a generiche finalità – quali il benessere della persona e il miglioramento della qualità della vita – da conseguire stimolando le risorse vitali con metodi ed elementi naturali. Lo stesso ricorrente precisa che le citate pratiche sono inoltre qualificate dal connotato negativo della esclusione del «carattere di prestazione sanitaria».
Quanto all’art. 5, comma 1, della legge reg. Umbria n. 19 del 2014, il ricorrente osserva che esso prevede l’istituzione, presso la struttura competente della Giunta regionale, per le finalità di cui all’art. 1 della stessa legge, dell’«elenco regionale ricognitivo degli operatori in discipline bionaturali».
Il ricorrente precisa infine che la legge regionale n. 19 del 2014 prevede ancora la promozione, da parte della Regione Umbria, di «reti del benessere» tra gli operatori in discipline bionaturali (art. 3), l’istituzione, presso la struttura competente della Giunta regionale, di un elenco dei soggetti che offrono formazione nelle stesse discipline (art. 2), l’istituzione di un Comitato tecnico per la valorizzazione delle discipline bionaturali, del quale sono definiti la composizione, le funzioni ed i compiti (art. 6).
Tanto premesso, il Presidente del Consiglio dei ministri afferma che, come le analoghe disposizioni di legge approvate da altre Regioni e dichiarate incostituzionali con le sentenze n. 353 del 2003 e n. 40 del 2006, anche le impugnate norme della Regione Umbria illegittimamente riconoscerebbero professioni – aventi ad oggetto, in particolare, l’esercizio di pratiche terapeutiche – non ancora istituite dalla legislazione dello Stato. A quest’ultima competerebbe, infatti, in via esclusiva, la previa formulazione dei principi fondamentali nella materia, in mancanza dei quali alle Regioni non spetterebbe di emanare norme che istituiscono figure di operatori professionali non ancora individuate dalla legge statale e che disciplinano pratiche terapeutiche mediante l’istituzione di registri, albi od elenchi e la regolamentazione dei requisiti per l’iscrizione agli stessi. Il ricorrente rammenta che l’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e l’art. 1, comma 2, della legge 26 febbraio 1999, n. 42 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie), hanno riservato allo Stato l’individuazione delle figure professionali sanitarie e che, come affermato dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 353 del 2003, «A seguito dell’entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione, la disciplina de qua è da ricondurre […] nell’ambito della competenza concorrente in materia di “professioni”» e deve «rispettare il principio […] secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti didattici» deve «essere riservata allo Stato».
Né varrebbe obiettare, sempre secondo il ricorrente, che l’impugnato art. 2, comma 1, prevede che le pratiche bionaturali «non hanno carattere di prestazione sanitaria». In primo luogo, perché si tratta comunque di «professioni», la cui disciplina di principio è devoluta allo Stato anche qualora non si tratti di professioni sanitarie (è citata, al riguardo, la sentenza della Corte costituzionale n. 355 del 2005). In secondo luogo, perché tale previsione legale non è idonea ad obliterare la reale natura delle pratiche bionaturali, che emergerebbe, senza possibilità di dubbio, dalla definizione che, delle medesime, fornisce la stessa disposizione impugnata. Il fatto, poi, che l’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 19 del 2014, ometta di individuare le dette pratiche e demandi tale compito alla Giunta regionale, attribuendo ad essa una discrezionalità talmente ampia da consentirle qualunque scelta, comporterebbe il grave rischio che venga lasciato spazio ad attività curative prive di garanzie quanto alla loro efficacia e perfino alla loro natura non lesiva, con gravi conseguenze per la tutela della salute pubblica, il cui controllo sarebbe del tutto sottratto alla normativa statale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri asserisce ancora che la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 300 del 2007, ha valorizzato, quale sintomo dell’individuazione di nuove figure professionali, proprio la descrizione indeterminata dei compiti assegnati agli operatori delle discipline bionaturali compendiata nelle espressioni, assai simili a quella che ricorre nelle disposizioni ora impugnate, contenute nella legge della Regione Liguria 14 marzo 2006, n. 6 (Norme regionali in materia di discipline bionaturali per il benessere a tutela dei consumatori), e nella legge della Regione Veneto 6 ottobre 2006, n. 19 (Interventi per la formazione degli operatori di discipline bio-naturali). Il ricorrente conclude che si tratterebbe «di una terminologia il cui significato reale è già stato chiarito e la cui reiterazione in leggi successive assume carattere di riproposizione di normative la cui legittimità è già stata negata».
Sotto altro aspetto, il ricorrente sottolinea come, nella citata sentenza n. 300 del 2007, la Corte costituzionale abbia escluso che discipline analoghe a quella ora impugnata possano essere ricondotte alla materia «formazione professionale».
Il Presidente del Consiglio dei ministri afferma conclusivamente che, nonostante il tempo trascorso dalla sentenza n. 300 del 2007, permarrebbe immutato il principio fondamentale secondo cui l’individuazione delle figure professionali e l’istituzione di nuovi albi sono riservati allo Stato. Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera di singoli precetti normativi, configura un limite di ordine generale invalicabile da parte della legge regionale (sono citate le sentenze n. 424 e n. 319 del 2005 e n. 40 del 2006).
Il ricorrente chiede quindi alla Corte di dichiarare l’illegittimità costituzionale degli impugnati artt. 2, comma 1, e 5, comma 1, della legge reg. Umbria n. 19 del 2014.
Lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri chiede altresì alla Corte di «valutare se le restanti disposizioni contenute nella Legge regionale presentino quelle inscindibili connessioni con quelle oggetto di specifica impugnazione tali da comportare l’estensione della declaratoria di illegittimità all’intero testo ai sensi dell’art. 27 L. 87/1953».
2. – La Regione Umbria non si è costituita nel giudizio.
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione principale di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, e 5, comma 1, della legge della Regione Umbria 7 novembre 2014, n. 19 (Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali), chiedendo, altresì, a questa Corte, di valutare se le ulteriori disposizioni della stessa legge regionale debbano essere anch’esse dichiarate incostituzionali in via consequenziale.
Secondo il ricorrente, le disposizioni impugnate violano l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, che attribuisce allo Stato la determinazione dei principi fondamentali nelle materie «professioni» e «tutela della salute», perché, in contrasto con il principio fondamentale che riserva allo Stato l’individuazione delle figure professionali – principio che, per le professioni sanitarie, si ricava, in particolare, dall’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e dall’art. 1, comma 2, della legge 26 febbraio 1999, n. 42 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie) – individuano la figura professionale, da ascrivere all’ambito di quelle sanitarie, di operatore in discipline bionaturali.
2.– La questione è fondata perché gli impugnati artt. 2, comma 1, e 5, comma 1, della legge regionale n. 19 del 2014, eccedono i limiti della competenza legislativa regionale nella materia, di legislazione concorrente, delle «professioni».
2.1.– Con la legge regionale n. 19 del 2014, la Regione Umbria ha dettato una regolamentazione complessiva delle discipline bionaturali, al dichiarato scopo di valorizzare le stesse, favorendo il coordinamento tra gli operatori e promuovendo la qualificazione dell’offerta dei relativi servizi (art. 1).
Le due disposizioni specificamente impugnate stabiliscono, rispettivamente, che «Ai fini della presente legge per discipline bionaturali si intendono le attività e le pratiche individuate dalla Giunta regionale, con proprio atto, che hanno come finalità il mantenimento o il recupero dello stato di benessere della persona per il miglioramento della sua qualità di vita. Tali pratiche, che non hanno carattere di prestazione sanitaria, tendono a stimolare le risorse vitali dell’individuo con metodi ed elementi naturali la cui efficacia sia stata verificata nei contesti culturali e geografici in cui le discipline sono sorte e si sono sviluppate» (art. 2, comma 1) e che «Per le finalità di cui all’articolo 1, presso la struttura competente della Giunta regionale, è istituito l’elenco regionale ricognitivo degli operatori in discipline bionaturali» (art. 5, comma 1).
La legge regionale n. 19 del 2014, inoltre, sempre per la finalità indicata nell’art. 1, istituisce, presso la struttura competente della Giunta regionale, l’elenco dei soggetti che offrono formazione nelle discipline bionaturali (art. 3); assegna alla Regione il compito di promuovere la costituzione di reti per il benessere tra gli operatori in tali discipline attraverso la costituzione di associazioni professionali (art. 4); dispone che l’iscrizione nell’elenco regionale degli operatori in discipline bionaturali ha luogo su richiesta di questi ultimi alla competente struttura regionale, la quale può verificare il possesso dei requisiti dichiarati a tale fine (art. 5, commi 2 e 3) e demanda alla Giunta regionale la definizione delle modalità, delle procedure e della documentazione da presentare per l’iscrizione nell’elenco (art. 5, comma 4); istituisce, presso la Giunta regionale, il Comitato tecnico per la valorizzazione delle discipline bionaturali, stabilendone la composizione, le funzioni ed i compiti (art. 6); prevede che la Giunta regionale presenti, con cadenza biennale, alla competente Commissione consiliare permanente dell’Assemblea legislativa della Regione Umbria, una relazione sullo stato di attuazione della legge (art. 7); disciplina la copertura finanziaria (art. 8).
2.2.– Questa Corte ha in più occasioni scrutinato, nell’ambito di giudizi promossi in via principale, normative regionali di regolamentazione di attività professionali.
In tali occasioni, e, in particolare, a proposito della regolamentazione, da parte di alcune Regioni, delle attività definite discipline bionaturali, è stato costantemente ribadito che «la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle “professioni” deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale; e che tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura […] quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale, da ciò derivando che non è nei poteri delle Regioni dar vita a nuove figure professionali (sentenze n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del 2007, n. 40 del 2006 e n. 424 del 2005)» (sentenza n. 98 del 2013).
A tale considerazione di ordine generale, questa Corte ha aggiunto che «tra gli indici sintomatici della istituzione di una nuova professione» vi è «quello della previsione di appositi elenchi, disciplinati dalla Regione, connessi allo svolgimento della attività che la legge regolamenta, giacché “l’istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per la iscrizione in esso hanno, già di per sé, una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale” (sentenze n. 93 del 2008, n. 300 e 57 del 2007 e n. 355 del 2005), prescindendosi dalla circostanza che tale iscrizione si caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello svolgimento della attività cui l’elenco fa riferimento (sentenza n. 300 del 2007)» (sentenza n. 98 del 2013; nello stesso senso, da ultimo, sentenza n. 178 del 2014).
2.3.– Nella fattispecie di cui qui si discute il legislatore regionale ha individuato nuove figure professionali, ignote, come tali, alla legge statale.
L’impugnato art. 2, comma 1, della legge regionale n. 19 del 2014, definisce i compiti lavorativi assegnati agli operatori in discipline bionaturali, compendiati nel riferimento alla finalità del «mantenimento o [del] recupero dello stato di benessere della persona per il miglioramento della sua qualità di vita», nonché nell’indicazione che tale fine venga conseguito stimolando «le risorse vitali dell’individuo con metodi ed elementi naturali». E’ irrilevante l’incompiuta definizione dell’attività lavorativa, posto che è rimesso ai meccanismi procedurali previsti dalla stessa legge denunciata – in specie, ad un atto della Giunta regionale, cui si demanda la puntuale individuazione delle attività e delle pratiche che costituiscono discipline bionaturali – riempire i contenuti lasciati parzialmente aperti dall’art. 2, comma 1 (sentenza n. 93 del 2008; sentenze n. 230 e n. 77 del 2011, n. 449 del 2006).
Si deve anche notare che l’istituzione, ad opera dell’impugnato art. 5, comma 1, dell’elenco degli operatori in discipline bionaturali, è di per sé sintomatica dell’individuazione di una nuova professione. Né varrebbe osservare che lo stesso art. 5, comma 1, definisce «ricognitivo» l’elenco in questione. Non si tratta, in realtà, di porre in essere una mera ricognizione di professioni già riconosciute dalla legge dello Stato, come alla legge regionale sarebbe consentito fare (sentenze n. 230 del 2011 e n. 271 del 2009), quanto piuttosto di individuarne una nuova. Non a caso i commi 4 e 3 dell’art. 5 prevedono, rispettivamente, la definizione, da parte della Giunta regionale, della documentazione da presentare per l’iscrizione nell’elenco e la verifica del possesso dei requisiti dichiarati a tale fine.
Si deve quindi concludere che le disposizioni impugnate identificano la nuova professione di operatore in discipline bionaturali e travalicano i limiti della potestà legislativa regionale nella materia, di competenza concorrente, delle «professioni».
2.4.– L’inquadramento dell’impugnata disciplina nell’ambito materiale delle «professioni» rende priva di rilievo, ai fini che qui interessano, l’indagine sul se le pratiche bionaturali abbiano (come affermato dall’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 19 del 2014) o no (come sostenuto nel ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri) carattere di prestazione sanitaria, atteso che «l’individuazione di una specifica area caratterizzante la “professione” è ininfluente ai fini della regolamentazione delle competenze derivante dall’applicazione nella materia in esame del terzo comma dell’art. 117 Cost.» (sentenza n. 40 del 2006; nello stesso senso, sentenze n. 230 del 2011, n. 271 e n. 138 del 2009, n. 222 e n. 93 del 2008, n. 424 del 2005).
3.– Le restanti disposizioni contenute nella legge reg. Umbria n. 19 del 2014 presentano un inscindibile legame funzionale con quelle fatte oggetto di specifica impugnazione. In assenza di queste ultime, le prime restano, di conseguenza, prive di autonoma portata normativa. Pertanto, la declaratoria di illegittimità costituzionale non può non estendersi all’intero testo della legge regionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, e 5, comma 1, della legge della Regione Umbria 7 novembre 2014, n. 19 (Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali) e, di conseguenza, delle restanti disposizioni della medesima legge regionale.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 ottobre 2015
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 5 novembre 2015.