Ordinanza n. 146 del 2014

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 146

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Gaetano                       SILVESTRI                                     Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

-           Giuliano                       AMATO                                                   ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3, della legge della Regione siciliana 6 luglio 1976, n. 79 (Provvedimenti intesi a favorire la più ampia informazione democratica sull’attività della Regione), promosso dal Tribunale ordinario di Palermo, in funzione di giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra F.G. ed altro e la Presidenza della Regione siciliana ed altro con ordinanza del 27 maggio 2013, iscritta al n. 264 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visti l’atto di costituzione di F.G. ed altro, nonché l’atto di intervento dell’Associazione Siciliana della Stampa ed altra;

udito nell’udienza pubblica dell’8 aprile 2014 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi gli avvocati Salvatore V. Greco per l’Associazione siciliana della Stampa ed altra e Gaetano Armao per F.G. ed altro.

Ritenuto che con ordinanza emessa in data 27 maggio 2013 e iscritta al n. 264 del registro ordinanze 2013, il Tribunale ordinario di Palermo, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3, della legge della Regione siciliana 6 luglio 1976, n. 79 (Provvedimenti intesi a favorire la più ampia informazione democratica sull’attività della Regione), in riferimento agli artt. 3 e 97, terzo comma, della Costituzione;

che il rimettente premette di essere stato investito di due ricorsi – successivamente riuniti – con cui F.G. e A.G. deducevano di aver svolto attività lavorativa alle dipendenze e quali componenti dell’Ufficio stampa e documentazione costituito presso la Presidenza della Regione siciliana, con qualifica di redattore capo, a far data, l’uno dal 1° dicembre 1992, l’altro dal 1° giugno 1991 e che, rispettivamente in data 11 dicembre 2012 e 6 dicembre 2012, avevano ricevuto la nota del Presidente della Regione con cui veniva comunicata la cessazione da componente di detto ufficio con efficacia retroattiva fin dal 10 novembre 2012;

che i ricorrenti nel giudizio a quo, ritenuto che tale atto fosse un vero e proprio licenziamento, chiedevano al Tribunale che ne fosse dichiarata la nullità o comunque l’illegittimità «con le conseguenti statuizioni, in via gradatamente subordinata, previste dall’art. 18 st. lav., come modificato dalla legge n. 92/2012, ovvero nella sua formulazione precedente»;

che nel giudizio a quo si sono costituiti la Presidenza della Regione siciliana e l’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica i quali hanno chiesto il rigetto dei ricorsi opponendo che il rapporto in essere tra le parti avrebbe natura di incarico fiduciario e non già di rapporto di lavoro subordinato;

che il rimettente ritiene che la soluzione della controversia al suo esame presupponga necessariamente l’individuazione della natura giuridica del rapporto intercorso tra le parti;

che, a tale riguardo, il Tribunale, dopo aver richiamato la normativa regionale in vigore al momento della nomina dei ricorrenti, ritiene applicabile ratione temporis l’art. 11, comma 3, della legge reg. n. 79 del 1976 il quale – a suo avviso – prevedrebbe l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato tra il giornalista nominato come addetto all’Ufficio stampa e la Regione siciliana;

che a tale conclusione il giudice a quo perviene in considerazione sia della circostanza che i posti in pianta organica presso detto ufficio sarebbero stati istituiti con legge, sia del fatto che l’art. 11 citato richiamerebbe il trattamento normativo ed economico previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) per i giornalisti in relazione alle qualifiche di equiparazione;

che proprio il richiamo non solo al trattamento economico, ma anche al trattamento normativo, renderebbe chiaro trattarsi nel caso di specie di un rapporto di lavoro pubblico subordinato;

che, ciò nonostante, l’art. 1 della legge reg. n. 79 del 1976 non contemplerebbe ai fini della instaurazione del rapporto di lavoro in parola alcuna procedura concorsuale, o comunque di selezione, rivolta al pubblico o ad una determinata categoria di soggetti limitandosi a prevedere che per il conferimento dell’incarico sia necessario che un giornalista, iscritto da almeno tre anni all’Ordine professionale, abbia presentato domanda alla Regione, e che la domanda ottenga il parere favorevole della Commissione legislativa permanente per il questioni istituzionali presso l’Assemblea regionale nonché l’atto di assenso della Giunta regionale;

che, pertanto, ad avviso del giudice a quo, la mancata previsione di un procedimento concorsuale da parte dell’art. 11, comma 3, della legge reg. n. 79 del 1976 violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost.;

che, in ordine alla rilevanza della questione, il rimettente osserva come l’applicazione della disposizione censurata che prevede l’instaurazione di un rapporto di lavoro pubblico subordinato «comporterebbe la qualificazione del recesso intimato dall’Amministrazione regionale come licenziamento e la declaratoria di illegittimità del licenziamento in oggetto» e l’applicazione della tutela reintegratoria, mentre la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma «porterebbe ad una pronuncia all’evidenza di segno diametralmente opposto, essendo legittimo risolvere ad nutum un rapporto di collaborazione fiduciaria»;

che, con atto depositato il 17 dicembre 2013, sono intervenuti in giudizio F.G. e A.G., ricorrenti nel giudizio principale, i quali hanno chiesto di dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, dal momento che, pur dovendo il rapporto di lavoro intercorrente con la Regione qualificarsi senz’altro come lavoro subordinato alla luce della normativa che disciplina l’Ufficio stampa, tuttavia la mancata previsione dell’accesso mediante concorso non violerebbe l’art. 97 Cost. in quanto sarebbe pur sempre prevista una procedura aperta a qualsiasi interessato volta ad accertare la sussistenza dei requisiti;

che la previsione di tale procedura in luogo del pubblico concorso si giustificherebbe in considerazione della peculiarità delle professionalità da reclutare, di tal che ricorrerebbero i presupposti in presenza dei quali la Corte costituzionale ritiene ammissibile la deroga al principio del concorso;

che la parte privata ha sostenuto che tale principio dovrebbe comunque essere bilanciato con quello del legittimo affidamento, in considerazione del lungo tempo durante il quale il rapporto si è in concreto protratto;

che sono intervenute in giudizio l’Associazione siciliana della stampa, sindacato unitario dei giornalisti siciliani, nonché la Sezione Assostampa provinciale di Palermo le quali hanno chiesto il rigetto della questione;

che, a giustificazione del proprio intervento, le predette associazioni deducono di aver agito ai sensi dell’art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme a tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), a seguito del licenziamento collettivo in tronco di tutti i 21 giornalisti componenti l’Ufficio stampa della Presidenza della Regione siciliana, tra cui F.G. e A.G., lamentando la condotta antisindacale tenuta dalla Regione che avrebbe violato l’art. 34 del CCNL dei giornalisti;

che il giudice del lavoro, all’esito della fase sommaria, ha rigettato il ricorso in quanto ha ritenuto doversi escludere la natura subordinata del rapporto di lavoro e che avverso tale decisione l’Associazione siciliana della stampa e la Sezione Assostampa provinciale di Palermo hanno proposto opposizione, la quale è tuttora pendente avanti al giudice del lavoro;

che le intervenienti sostengono che la decisione di quel giudizio sarebbe strettamente correlata con l’incidente di costituzionalità dal momento che dal riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra i giornalisti dell’Ufficio stampa e la Regione, discenderebbe la violazione dell’art. 34 del CCNL che ha dato origine al ricorso.

Considerato che il Tribunale ordinario di Palermo, in funzione di giudice del lavoro, dubita, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3, della legge della Regione siciliana 6 luglio 1976, n. 79 (Provvedimenti intesi a favorire la più ampia informazione democratica sull’attività della Regione), nella parte in cui prevede che la nomina dei giornalisti preposti all’Ufficio stampa e documentazione presso la Presidenza della Regione siciliana avvenga prescindendo da qualsiasi procedura concorsuale o comunque selettiva, senza che ricorrano esigenze pubbliche che giustifichino tale scelta;

che nel giudizio sono intervenute l’Associazione siciliana della stampa e la Sezione Assostampa provinciale di Palermo, le quali hanno chiesto il rigetto della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale;

che, preliminarmente, deve essere confermata l’ordinanza, che si riporta in calce, letta alla pubblica udienza dell’8 aprile 2014 che ha dichiarato inammissibile l’intervento in giudizio spiegato da tali associazioni, atteso che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’intervento di soggetti estranei al giudizio principale è ammissibile solo laddove essi siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis, sentenze n. 237, n. 231, n. 134, n. 116 e n. 85 del 2013; sentenze n. 272 e n. 223 del 2012; ordinanze n. 318 e n. 156 del 2013);

che, infatti, le intervenienti non sono parti del giudizio da cui trae origine la questione di legittimità costituzionale in discussione, né risultano essere titolari di un interesse qualificato inerente in modo diretto al rapporto sostanziale in esso dedotto, di tal che esse sono investite soltanto da effetti riflessi della pronuncia di questa Corte sull’art. 11, comma 3, della legge reg. n. 79 del 1976;

che la questione prospettata dal rimettente è manifestamente inammissibile sotto diversi profili;

che l’art. 11 della legge reg. n. 79 del 1976 stabilisce, al comma 1, che ai giornalisti preposti all’Ufficio stampa e documentazione «si applica il trattamento normativo ed economico previsto dal contratto nazionale di lavoro per i giornalisti, in relazione alle qualifiche di equiparazione» e al comma 3 dispone che «Alla loro nomina si procede su domanda degli interessati comprovante i requisiti di cui all’art. 82 della legge regionale 23 marzo 1971, n. 7, e del precedente art. 10 della presente legge, con le procedure previste dalla legge regionale 20 aprile 1976, n. 35»;

che il Tribunale di Palermo limita le proprie censure al solo comma 3 dell’art. 11 citato, omettendo tuttavia di motivare sulle ragioni per cui ritiene di dover applicare la disposizione censurata, ai fini della decisione del ricorso che ha ad oggetto la richiesta di applicazione della tutela reintegratoria prevista dall’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme a tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento);

che tale omissione si risolve in carente motivazione sulla rilevanza della questione;

che un ulteriore profilo di inammissibilità discende dalla insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, atteso che il rimettente non ha fornito nessuna indicazione in ordine alle modalità con cui si è atteggiato, in concreto, il rapporto di lavoro dei ricorrenti, non avendo specificato quali siano state le modalità di instaurazione dello stesso, né se fosse stato previsto o non un termine di durata, ovvero se questo fosse in qualche modo legato al mandato del Presidente della Regione;

che il rimettente, inoltre, non ha specificato che cosa sia accaduto al rapporto in occasione della elezione dei diversi Presidenti succedutisi dal 1991 al 2012, e neppure quali fossero la tipologia e le caratteristiche delle prestazioni richieste ai giornalisti;

che tali omissioni, precludendo a questa Corte di vagliare la effettiva applicabilità della disposizione censurata alla fattispecie oggetto del giudizio a quo, si risolvono in un difetto di motivazione sulla rilevanza;

che, inoltre, il Tribunale, nel sollevare la questione di costituzionalità, muove dal presupposto per cui l’art. 11 della legge reg. n. 79 del 1976 configurerebbe il rapporto di lavoro tra i giornalisti nominati come addetti all’Ufficio stampa e la Regione siciliana in termini di lavoro subordinato, senza tuttavia prevedere che l’instaurazione di tale rapporto debba avvenire tramite pubblico concorso;

che, nel motivare la rilevanza della questione, il rimettente afferma che l’applicazione della citata disposizione «comporterebbe la qualificazione del recesso intimato dall’Amministrazione regionale come licenziamento e la declaratoria di illegittimità del licenziamento in oggetto» con conseguente applicazione della tutela reintegratoria, mentre la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma «porterebbe ad una pronuncia all’evidenza di segno diametralmente opposto, essendo legittimo risolvere ad nutum un rapporto di collaborazione fiduciaria»;

che tale argomentazione appare evidentemente incongrua e contraddittoria atteso che, da un lato, il rimettente chiede che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata in quanto essa configurerebbe un rapporto di lavoro subordinato senza prevedere l’accesso tramite concorso, mentre, dall’altro lato, afferma che la dichiarazione di illegittimità costituzionale – la quale, per le argomentazioni da lui svolte, discenderebbe proprio dalla natura subordinata del rapporto – comporterebbe la qualificazione dello stesso in termini di lavoro autonomo;

che tale conclusione deve ritenersi senz’altro illogica rispetto alle premesse da cui lo stesso rimettente muove per sollevare la questione;

che, per tutte le ragioni esposte, la sollevata questione è manifestamente inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3, della legge della Regione siciliana 6 luglio 1976, n. 79 (Provvedimenti intesi a favorire la più ampia informazione democratica sull’attività della Regione), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Palermo, in funzione di giudice del lavoro, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2014.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 28 maggio 2014.

 

Allegato:

ordinanza letta all’udienza dell’8 aprile 2014

ORDINANZA

Visti gli atti relativi ai giudizi di legittimità costituzionale introdotti con ordinanza del Tribunale di Palermo depositata il 27 maggio 2013 (n. 264 del registro ordinanze 2013);

rilevato che l’Associazione siciliana della stampa e la sezione Assostampa Provinciale di Palermo hanno depositato atto di intervento.

Considerato che le suddette Associazioni non sono parti del giudizio principale;

che la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, cfr. le ordinanze allegate alle sentenze n. 318 del 2013 e n. 134 del 2013) è nel senso che la partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale);

che a tale disciplina è possibile derogare – senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità – soltanto a favore di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura;

che, pertanto, l’incidenza sulla posizione soggettiva dell’interveniente non deve derivare, come per tutte le altre situazioni sostanziali governate dalla legge denunciata, dalla pronuncia della Corte sulla legittimità costituzionale della legge stessa, ma dall’immediato effetto che la decisione della Corte produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo;

che, nel giudizio da cui trae origine la questione di legittimità costituzionale in discussione, le Associazioni intervenute non rivestono l’anzidetta posizione di terzo legittimato a partecipare al giudizio dinanzi a questa Corte;

che, infatti, le suddette Associazioni sarebbero investite soltanto da effetti riflessi della pronuncia di questa Corte sull’art. 11, comma 3, della legge della Regione siciliana 6 luglio 1976, n. 79 (Provvedimenti intesi a favorire la più ampia informazione democratica sull’attività della Regione);

che, pertanto, l’intervento spiegato deve essere dichiarato inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile l’intervento dell’Associazione siciliana della stampa e della sezione Assostampa provinciale di Palermo.

F.to: Gaetano SILVESTRI, Presidente