ORDINANZA N. 317
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
- Giuliano AMATO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 20 dicembre 2012, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Maurizio Gasparri nei confronti di Marco Travaglio, promosso dal Tribunale ordinario di Roma, prima sezione civile, con ricorso depositato in cancelleria il 2 agosto 2013 ed iscritto al n. 10 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2013, fase di ammissibilità.
Udito nella camera di consiglio del 6 novembre 2013 il Giudice relatore Sergio Mattarella.
Ritenuto che, con ordinanza-ricorso del 22 luglio 2013, depositato il successivo 2 agosto (reg. confl. pot. amm. n. 10 del 2013), il giudice della prima sezione civile del Tribunale ordinario di Roma ha sollevato, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla deliberazione del 20 dicembre 2012 (Atti Senato, XVI legislatura, Doc. IV-ter n. 30-A), con cui il Senato della Repubblica ha affermato che le dichiarazioni in relazione alle quali, nel giudizio civile pendente davanti a detto giudice, è stata avanzata domanda risarcitoria da parte di Marco Travaglio nei confronti del senatore Maurizio Gasparri, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono pertanto insindacabili ai sensi dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione;
che, secondo quanto riferito dal medesimo giudice: a) Marco Travaglio, in data 9 dicembre 2009, conveniva in giudizio il senatore Maurizio Gasparri al fine di ottenere – previo accertamento incidentale del reato di diffamazione aggravato dall’uso del mezzo televisivo e della stampa e dalla reiterata attribuzione di fatti determinati, nonché della violazione del diritto alla reputazione e all’identità personale – la condanna al risarcimento dei danni derivanti dalle affermazioni, ritenute diffamatorie e lesive della sua onorabilità, rilasciate dal convenuto nel corso dei programmi televisivi della RAI “Rainews24” (25 settembre 2009) e “Porta a porta” (15 ottobre 2009), nonché in successive pubbliche dichiarazioni riprese dalle agenzie di stampa (28 settembre, 1°, 9 e 17 ottobre 2009); b) in particolare, secondo l’attore, sarebbero state lesive della sua immagine e onorabilità le affermazioni del senatore Gasparri concernenti il presunto pagamento da parte di un condannato per reati di mafia, l’ex maresciallo Ciuro, di una vacanza che egli avrebbe trascorso in Sicilia; le frasi che sarebbero state pronunciate dal senatore Gasparri – riprendendo, a suo dire, i fatti in questione da un’inchiesta giornalistica di Giuseppe D’Avanzo sul quotidiano “La Repubblica” – come riportate dall’attore e oggetto della delibera camerale di insindacabilità ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost., sarebbero, tra le altre, del seguente tenore: «io vorrei fare una trasmissione dedicata al fatto che Travaglio anni fa in Sicilia è andato in vacanza a spese di un condannato per mafia […]. Questo è Travaglio! Andava in vacanza in un posto e il conto lo pagava un signore condannato per mafia. Poi va a parlare di Schifani e altro. La moralità di Travaglio non esiste [...] quindi vorrei fare un’intervista […] a Travaglio sulle sue frequentazioni di persone in Sicilia condannate per mafia. Questo vorrei discutere, gli italiani ne sanno poco» (25 settembre 2009); «Non prendiamo lezioni di antimafia da chi si faceva pagare le vacanze da un condannato per mafia» (28 settembre 2009); «Leggo divertito un articolo di Marco Travaglio che contiene solo spocchia senza fatti. L’euforia dell’articolista è ben nota, fin dai tempi in cui condannati per mafia provvedevano ad organizzare le sue vacanze in Sicilia» (1° ottobre 2009); «Molto ci sarebbe da dire sulla faziosità della conduzione e sulla pochezza dei contenuti della trasmissione Annozero […]. Ci limitiamo solo a chiedere: perché [...] durante la puntata in onda ieri sera non si è parlato dei condannati per mafia che hanno organizzato le vacanze in Sicilia di Travaglio?» (9 ottobre 2009); «ognuno si occupa di quello che vuole in questo paese. C’è un editorialista di punta, Marco Travaglio, che è stato un anno e mezzo fa colpito da molti articoli di D’Avanzo, giornalista di Repubblica, che evidenziò che Travaglio andava a fare delle vacanze organizzate da personaggi poi condannati per mafia […]. La vacanza è stata organizzata da uno condannato poi per mafia. L’ex maresciallo Ciuro [...] È la verità!» (15 ottobre 2009); «In materia di lotta alla mafia, la sinistra ed alcuni suoi addetti stampa hanno ben poco da dire. Per quanto riguarda Marco Travaglio confermo al di là di ogni smentita che, come scrisse D’Avanzo su Repubblica, le sue vacanze in Sicilia alcuni anni fa furono caratterizzate dalla presenza e dalla attività organizzativa di personaggi condannati per concorso in associazioni mafiose» (17 ottobre «2008» [recte: «2009»]); c) il senatore Gasparri si costituiva in giudizio eccependo, in via preliminare, l’improcedibilità del giudizio ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost. e dell’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato) – che, al comma 1, prevede l’applicabilità della norma costituzionale «per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento» – trattandosi di opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni di parlamentare; d) a seguito della trasmissione degli atti al Senato della Repubblica, quest’ultimo comunicava che l’Assemblea, nella seduta del 20 dicembre 2012, aveva deliberato che le suddette dichiarazioni costituivano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni ed erano, perciò, insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.;
che il giudice del Tribunale ordinario di Roma, posta questa premessa, ritiene che la suindicata delibera del Senato della Repubblica, eccedendo la sfera di attribuzioni di quest’ultimo, abbia comportato una compressione della sfera di attribuzioni della magistratura, sottraendo all’autorità giudiziaria il potere di decidere la controversia, atteso che l’insindacabilità delle opinioni espresse da un membro del Parlamento extra moenia sussiste soltanto qualora queste costituiscano la riproduzione sostanziale, ancorché non letterale, di atti tipici nei quali si estrinsecano le diverse funzioni parlamentari, ovvero sostanzialmente riproduttive di un’opinione espressa in sede parlamentare;
che, a suo avviso, non sussisterebbero, nella specie, i presupposti circa l’applicabilità della prerogativa di insindacabilità deliberata dal Senato della Repubblica, giacché non risulta alcun atto tipico della funzione parlamentare riferibile al senatore Gasparri che possa far ritenere sussistere tra tale funzione e le dichiarazioni extra moenia sopra riportate il «nesso funzionale» richiesto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale ai fini dell’applicabilità dell’art. 68, primo comma, Cost. (sentenze n. 11 e n. 10 del 2000; n. 289 del 1998; nonché, tra le tante, n. 334 del 2011; n. 330 e n. 134 del 2008; n. 53 e n. 13 del 2007);
che, infine, a suo avviso, i richiami contenuti nella deliberazione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari alla situazione di contrapposizione politica esistente tra le parti sarebbero inconferenti, poiché tale contrapposizione non sarebbe inerente all’attività parlamentare e, conseguentemente, sarebbe palese lo sconfinamento di detta deliberazione dalla sfera di attribuzioni riservata al Senato della Repubblica;
che il ricorrente conclude chiedendo l’annullamento dell’impugnata delibera di insindacabilità.
Considerato che, in questa fase del giudizio, la Corte è chiamata, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto vi sia la «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», sussistendone i requisiti soggettivo ed oggettivo e restando impregiudicata ogni ulteriore questione, anche in punto di ammissibilità;
che la forma dell’ordinanza rivestita dall’atto introduttivo può ritenersi idonea ad instaurare il giudizio ove sussistano, come nella specie, gli estremi sostanziali di un valido ricorso (ex plurimis, ordinanze n. 151 e n. 129 del 2013);
che, sotto il profilo del requisito soggettivo, va riconosciuta la legittimazione del ricorrente giudice della prima sezione civile del Tribunale ordinario di Roma a sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell’esercizio delle funzioni attribuitegli;
che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione del Senato della Repubblica – cui apparteneva, all’epoca dei fatti, Maurizio Gasparri (tra le molte, sentenza n. 39 del 2012) – ad essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, per quanto attiene al profilo oggettivo, il giudice ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, in conseguenza di un esercizio ritenuto illegittimo, per inesistenza dei relativi presupposti, del potere spettante al Senato della Repubblica di dichiarare l’insindacabilità delle opinioni espresse dai membri di quel ramo del Parlamento ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.;
che, dunque, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal giudice della prima sezione civile del Tribunale ordinario di Roma nei confronti del Senato della Repubblica con l’ordinanza-ricorso in epigrafe;
2) dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente giudice del Tribunale ordinario di Roma;
b) che il ricorso e la presente ordinanza siano notificati, a cura del ricorrente, al Senato della Repubblica, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di trenta giorni previsto dall’art. 24, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2013.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2013.