SENTENZA N. 265
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco GALLO Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 28, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 13 gennaio 2012, depositato in cancelleria il 19 gennaio 2012 ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 6 novembre 2012 il Giudice relatore Marta Cartabia;
uditi l’avvocato Marina Valli per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso notificato il 13 gennaio 2012 e depositato il successivo 19 gennaio, la Regione siciliana ha impugnato l’articolo 28, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), per violazione dell’art. 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonché dell’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria).
In particolare l’art. 28, comma 2, della legge n. 183 del 2011 prevede che «il maggior gettito derivante dall’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo è versato all’entrata del bilancio dello Stato, con separata contabilizzazione, per essere riassegnato, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, allo stato di previsione del Ministero della giustizia per assicurare il funzionamento degli uffici giudiziari, con particolare riferimento ai servizi informatici e con esclusione delle spese di personale. Nei rapporti con le autonomie speciali il maggior gettito costituisce riserva all’erario per un periodo di cinque anni».
1.1.— La ricorrente ritiene che simile riserva all’erario del maggior gettito derivante dall’aumento del contributo unificato di iscrizione a ruolo dovuto nei processi (stabilito nei commi 1 e 3 dello stesso art. 28), senza farne salva (neppure per quelli celebrati in Sicilia) la spettanza alla Regione della quota sostitutiva dell’imposta di bollo, sia lesiva delle attribuzioni statutarie in materia finanziaria previste dall’art. 36 dello Statuto di autonomia, che stabilisce la devoluzione alla Regione siciliana di «tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate». Premessa la natura di entrata tributaria erariale del citato contributo unificato (riconosciuta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 73 del 2005), la ricorrente deduce che non potrebbe ritenersi applicabile la previsione dell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, che consente di derogare al principio di integrale devoluzione alla Regione siciliana dei tributi riscossi sul territorio regionale, previsto dal citato art. 36 dello Statuto di autonomia, dal momento che la norma impugnata non avrebbe specificato le «particolari finalità» che giustificherebbero la deroga.
1.2.— Sotto ulteriore profilo la ricorrente lamenta la violazione del principio costituzionale di leale collaborazione, in quanto non sarebbe prevista la partecipazione della Regione siciliana al procedimento di ripartizione tra Stato e Regione dei proventi del contributo unificato riscossi in Sicilia, neppure sulla spettanza alla Regione della quota sostitutiva dell’imposta di bollo, posto che tale partecipazione è già stata riconosciuta come necessaria dalla Corte costituzionale in caso di riserva all’erario di nuove entrate (sentenze n. 228 del 2001, nn. 348, 347 e 98 del 2000).
2.— Con atto depositato in cancelleria il 28 febbraio 2012, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri che ha dedotto la non fondatezza delle censure della ricorrente, posto che risulta adeguatamente giustificata la temporanea destinazione del maggior gettito all’erario dello Stato. Lo scopo della disposizione impugnata consisterebbe, infatti, nell’assicurare un servizio primario per lo Stato, qual è il funzionamento degli uffici giudiziari in un periodo di eccezionale gravità della situazione economica interna. Tali esigenze imporrebbero una temporanea compressione dell’autonomia finanziaria delle Regioni, anche a statuto speciale, per assicurare l’unità economica della Repubblica e il risanamento finanziario dello Stato in conformità a principi di solidarietà nazionale. D’altro canto, secondo il resistente, la destinazione specifica degli introiti al funzionamento degli uffici giudiziari giustificherebbe pienamente, in base alla clausola di cui all’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, il versamento all’erario del gettito supplementare del contributo unificato, in deroga al principio della devoluzione integrale degli introiti alla Regione siciliana, stabilito dallo Statuto.
Considerato in diritto
1.— Con il ricorso indicato in epigrafe, la Regione Siciliana ha impugnato l’articolo 28, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012), secondo cui il maggior gettito derivante dalle nuove disposizioni sul contributo unificato per l’iscrizione a ruolo dei processi (art. 28, commi 1 e 3, della medesima legge n. 183 del 2011) è versato all’entrata del bilancio dello Stato e, nei rapporti finanziari con le autonomie speciali, costituisce riserva all’erario per un periodo di cinque anni.
In primo luogo la ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonché dell’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), in quanto la disposizione impugnata non individua particolari finalità a cui sarebbe destinato il maggior gettito derivante all’erario, così da poter rendere operante la deroga prevista dalle norme di attuazione sopra richiamate, senza far salva (neppure nei processi celebrati in Sicilia) la spettanza alla Regione della quota sostitutiva dell’imposta di bollo.
La medesima Regione ricorrente ritiene altresì che l’impugnato art. 28, comma 2, della legge n. 183 del 2011, violi il principio di leale collaborazione, in quanto non prevede la partecipazione della Regione siciliana al procedimento di ripartizione tra Stato e Regione dei proventi del maggior gettito garantito dall’aumento del contributo unificato per l’iscrizione a ruolo dei processi neppure sulla spettanza alla Regione della quota sostitutiva dell’imposta di bollo.
2.— Le questioni non sono fondate.
Invero, analoghe doglianze della Regione siciliana in merito alla violazione dell’art. 36 dello statuto di autonomia e dell’art. 2 delle disposizioni di attuazione, nonché in merito al principio di leale collaborazione, sono già state ritenute non fondate da questa Corte con la recente sentenza n. 143 del 2012, in riferimento ad una precedente disposizione statale (art. 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria» convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), che aveva già previsto la destinazione all’erario di un primo aumento del gettito derivante dal contributo unificato di iscrizione a ruolo dei processi.
Le medesime ragioni che hanno indotto questa Corte a una pronuncia di non fondatezza nella sentenza n. 143 del 2012 valgono anche in riferimento all’odierna impugnazione, che riguarda la destinazione erariale di un ulteriore incremento del gettito del medesimo contributo unificato, quello derivante dall’aumento della metà del contributo già previsto per i giudizi di impugnazione e dal suo raddoppio per i processi dinanzi alla Corte di cassazione, nonché dal contributo per la modifica della domanda, la proposizione di domanda riconvenzionale, la chiamata in causa o l’intervento autonomo (art. 28, comma 1, lettere a e b, della legge n. 183 del 2011).
2.1.— Deve, anzitutto, rilevarsi come non risulti contestata dalla stessa ricorrente la “novità” dell’entrata tributaria. Del resto, in conformità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, «per nuova entrata tributaria, di cui all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, contenente le norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria, deve intendersi non un tributo nuovo, ma solo un’entrata derivante da un atto impositivo nuovo, in mancanza del quale l’entrata non si sarebbe verificata, a nulla rilevando che il nuovo atto impositivo introduca un tributo nuovo o ne aumenti soltanto uno precedente» (sentenza n. 49 del 1972 e, più recentemente, ex plurimis, sentenze n. 348 del 2000 e n. 143 del 2012).
Parimenti, devono ritenersi sussistenti le «particolari finalità contingenti o continuative» di cui all’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, in quanto la disposizione impugnata precisa la destinazione del maggior gettito derivante dall’incremento del contributo unificato, specificando che le nuove entrate saranno volte ad «assicurare il funzionamento degli uffici giudiziari, con particolare riferimento ai servizi informatici e con esclusione delle spese di personale».
Devono, quindi, ritenersi integrate le condizioni previste dall’art. 2 del d.P.R. n.1074 del 1965 per derogare al principio di integrale devoluzione alla Regione dei tributi riscossi in Sicilia.
L’aumento del gettito del contributo unificato riservato all’erario dalla disposizione impugnata, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, riguarda non la quota sostitutiva dell’imposta di bollo, ma esclusivamente la parte eccedente detta quota, di tal che anche tale questione non è fondata.
2.2.— Quanto poi al principio di leale collaborazione, come detto l’aumento riservato all’erario non riguarda la quota sostitutiva dell’imposta di bollo e, per il resto, non può che essere ribadita la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale «quando il legislatore riserva all’erario “nuove entrate tributarie”, il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni impone la previsione di un procedimento che contempli la partecipazione della Regione siciliana (la quale deve essere posta in grado di interloquire sulle scelte tecniche e sulle stime da effettuare e di rappresentare il proprio punto di vista), solamente se la determinazione in concreto del gettito derivante dalle nuove norme sia complessa» (sentenze n. 152 del 2011, n. 288 del 2001, n. 348, n. 347 e n. 98 del 2000). Tale condizione non è stata, peraltro, ritenuta ravvisabile proprio «rispetto alle operazioni dirette a distinguere, dopo l’aumento del contributo unificato […], la quota del gettito conseguito in Sicilia corrispondente ai precedenti importi del contributo unificato da quella derivante dall’incremento di tali importi», in quanto «la determinazione di tale ammontare nei singoli casi concreti dipende da elementi di agevole individuazione » (sentenza n. 143 del 2012).
Anche nella specie l’ammontare dell’aumento del gettito dipende da elementi di facile individuazione, in quanto derivanti da una semplice operazione aritmetica (quali l’aumento della metà per i giudizi di impugnazione e il raddoppio per i processi dinanzi alla Corte di cassazione), o dal valore della domanda proposta (per il caso di modifica della domanda, proposizione di domanda riconvenzionale, chiamata in causa o intervento autonomo).
Se, poi, in sede di applicazione della norma, lo Stato dovesse erroneamente determinare la quota di aumento, la Regione, come già precisato in precedenti decisioni di questa Corte (sentenza n. 143 del 2012), potrà sempre tutelarsi con le opportune iniziative, incluso il conflitto di attribuzioni.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 28, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012) promosse, in riferimento all’art. 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria) e al principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2012.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2012.