SENTENZA N. 143
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Alfonso QUARANTA Presidente
- Franco GALLO Giudice
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento all’art. 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), e al principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni, promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 14 settembre 2011, depositato in cancelleria il 21 settembre 2011 ed iscritto al n. 103 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 aprile 2012 il Giudice relatore Luigi Mazzella;
uditi gli avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 14 settembre 2011, depositato in cancelleria il 21 settembre 2011 e iscritto al n. 103 del registro ricorsi dell’anno 2011, la Regione siciliana ha promosso, tra l’altro, questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento all’articolo 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), all’articolo 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), e al principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni.
1.1.– La ricorrente lamenta che la norma impugnata comprende nella riserva a favore del bilancio statale anche il gettito del contributo unificato di iscrizione a ruolo introdotto dall’art. 37, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011 nei processi tributari, senza farne salva, per quelli celebrati in Sicilia, la spettanza alla Regione nemmeno della quota sostitutiva dell’imposta di bollo che la stessa norma statale ha contestualmente abolito.
La difesa della Regione, ricordato che questa Corte ha già affermato la natura di «entrata tributaria erariale» del contributo unificato (sentenza n. 73 del 2005), sostiene che, pur non volendo considerare che la riserva al bilancio statale dei proventi in questione è finalizzata alla realizzazione di non meglio individuati interventi nel settore della giustizia (e non a specifiche finalità idonee a configurare il requisito della clausola di destinazione richiesta dall’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965), nella fattispecie manca l’altro requisito richiesto perché possa farsi eccezione al principio devolutivo stabilito dall’art. 36 dello statuto di autonomia speciale, vale a dire quello della novità dell’entrata tributaria.
Al riguardo la ricorrente deduce che lo stesso art. 37, comma 6, lettera v), del decreto-legge n. 98 del 2011, modificando l’art. 18, comma 1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), ha escluso per gli atti ed i provvedimenti del processo tributario l’imposta di bollo che spettava alla Regione siciliana e dunque, per i gradi di giudizio celebrati in Sicilia, il contributo unificato, difettando del carattere di novità, deve essere mantenuto alla Regione almeno per la quota sostitutiva dell’imposta di bollo.
1.2.– La difesa regionale sostiene, poi, che l’art. 37, comma 10, del decreto-legge n. 98 del 2011 è lesivo delle attribuzioni statutarie in materia finanziaria anche sotto il profilo della violazione del principio di leale cooperazione, nella parte in cui, riservando allo Stato il maggior gettito derivante dai nuovi importi fissati per il contributo unificato nel processo civile e nel processo amministrativo, non prevede la partecipazione della Regione siciliana al procedimento di ripartizione tra Stato e Regione dei relativi proventi riscossi in Sicilia.
In proposito la ricorrente ricorda come questa Corte abbia più di una volta dichiarato l’illegittimità costituzionale di clausole di riserva all’erario di nuove entrate che non contenevano una tale previsione, poiché tali clausole costituiscono un meccanismo di deroga alla regola della spettanza alla Regione siciliana del gettito dei tributi erariali riscosso nel territorio della medesima e la loro attuazione incide direttamente sulla effettività della garanzia dell’autonomia finanziaria regionale (la difesa regionale menziona le sentenze n. 228 del 2001 e n. 98, n. 347 e n. 348 del 2000).
2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nel giudizio di legittimità costituzionale e ha chiesto che le questioni siano dichiarate infondate.
La difesa dello Stato premette che la norma impugnata costituisce una forma finanziaria eccezionale finalizzata a fronteggiare una situazione economica emergenziale e si colloca in un complesso percorso di risanamento della finanza pubblica al quale sono chiamati a concorrere tutti i livelli di governo, incluse le Regioni ad autonomia speciale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri aggiunge che l’art. 37, comma 10, del decreto-legge n. 98 del 2011 non vìola l’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, poiché per «nuova entrata tributaria» non deve necessariamente intendersi un nuovo tributo, essendo sufficiente anche l’incremento di un tributo preesistente, e perché la destinazione delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni sul contributo unificato alla «realizzazione di interventi urgenti in materia civile, amministrativa e tributaria» costituiscono condizioni sufficienti, nell’attuale contesto emergenziale del Paese, a giustificare la riserva allo Stato, la quale, comunque, essendo diretta a coprire spese relative ad interventi sociali di notevole spessore, è destinata a produrre benefici finanziari anche nelle singole Regioni.
Considerato in diritto
1.– La Regione siciliana ha promosso, tra l’altro, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento all’art. 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), all’art. 2 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), e al principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni.
1.1.– In particolare, ad avviso della ricorrente, l’art. 37, comma 10, del decreto-legge n. 98 del 2011, nella parte in cui comprende nella riserva a favore del bilancio statale il contributo unificato di iscrizione a ruolo dovuto nei processi tributari, senza farne salva, per quelli celebrati in Sicilia, la spettanza alla Regione nemmeno della quota sostitutiva dell’imposta di bollo, violerebbe l’art. 36 del r.d.lgs. n. 455 del 1946 e l’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, a norma dei quali spettano alla Regione siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime.
1.2.– Inoltre, lo stesso art. 37, comma 10, nella parte in cui, attribuendo allo Stato il maggior gettito derivante dai nuovi importi fissati per il contributo unificato nel processo civile e nel processo amministrativo, non prevede la partecipazione della Regione siciliana al procedimento di ripartizione tra Stato e Regione dei relativi proventi riscossi in Sicilia, violerebbe il principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni.
2.– Riservata a separata pronuncia la decisione sulle questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto altre disposizioni del decreto-legge n. 98 del 2011, va esaminata, in primo luogo, quella relativa all’art. 37, comma 10, nella parte in cui comprende nella riserva a favore del bilancio statale il contributo unificato di iscrizione a ruolo dovuto nei processi tributari.
La questione non è fondata.
In virtù dell’art. 36 dello statuto di autonomia speciale e dell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, spettano alla Regione siciliana tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del suo territorio (ad eccezione di alcuni specifici tributi). È possibile per la legge statale prevedere diversamente, attribuendo allo Stato il gettito di determinati tributi, solamente se ricorrono due condizioni: a) che si tratti di una entrata tributaria «nuova» e b) che il relativo gettito sia specificamente destinato dalla legge alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime.
Questa Corte ha già affermato che il contributo unificato ha natura di «entrata tributaria erariale» ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 (sentenza n. 73 del 2005). La Regione siciliana, nel caso in esame, si duole dell’insussistenza della prima delle menzionate due condizioni richieste dal predetto art. 2 e, cioè, della «novità» del tributo medesimo.
In proposito si deve osservare che «nuova» entrata tributaria (la quale può essere riservata allo Stato, in virtù dell’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965) è, però, anche la maggiore entrata derivante da disposizioni legislative che introducono nuovi tributi o aumentano le aliquote di tributi preesistenti e contestualmente dispongono la soppressione di tributi esistenti o la riduzione delle loro aliquote (sentenza n. 348 del 2000).
Orbene, con riferimento alle controversie tributarie, le disposizioni contenute nell’art. 37 del decreto-legge n. 98 del 2011 hanno sostituito l’imposta di bollo (in precedenza dovuta dalle parti e rientrante tra i tributi il cui gettito era devoluto alla Regione siciliana) con il contributo unificato e nel contempo, con il comma 10, hanno destinato allo Stato solamente il «maggior gettito» conseguitone in applicazione dei commi 6, 7, 8 e 9.
La norma impugnata, quindi, concerne solamente l’incremento di gettito scaturente dalla sostituzione dell’imposta di bollo con il contributo unificato.
In fase di applicazione della norma impugnata, lo Stato può sempre sentire la Regione interessata sul riparto. Ove, invece, riservi a sé una quota del gettito derivante dall’applicazione del contributo unificato alle controversie tributarie ritenuta dalla Regione superiore alla differenza tra il gettito totale e quello in precedenza derivante dall’applicazione dell’imposta di bollo, è in quella sede che l’ente regionale può difendere la propria autonomia finanziaria dalla lesione che ne deriverebbe, attraverso gli strumenti appropriati, ivi incluso il conflitto di attribuzioni (sentenze n. 348 e n. 98 del 2000).
3.– Va esaminata, in secondo luogo, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 10, del decreto-legge n. 98 del 2011, nella parte in cui riserva allo Stato il maggior gettito derivante dall’incremento dell’importo del contributo unificato dovuto nelle cause civili e amministrative disposto dal precedente comma 6.
Anche tale questione non è fondata.
La ricorrente si duole del fatto che la norma non prevede la sua partecipazione al procedimento di ripartizione tra Stato e Regione del gettito derivante dall’applicazione del contributo unificato nelle cause che si svolgono in Sicilia.
Questa Corte ha già affermato che, quando il legislatore riserva all’erario «nuove entrate tributarie», il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni impone la previsione di un procedimento che contempli la partecipazione della Regione siciliana (la quale deve essere posta in grado di interloquire sulle scelte tecniche e sulle stime da effettuare e di rappresentare il proprio punto di vista), solamente se la determinazione in concreto del gettito derivante dalle nuove norme sia complessa (sentenze n. 152 del 2011, n. 288 del 2001, n. 348, n. 347 e n. 98 del 2000).
Tale condizione non è ravvisabile rispetto alle operazioni dirette a distinguere, dopo l’aumento del contributo unificato disposto dall’art. 37, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, la quota del gettito conseguito in Sicilia corrispondente ai precedenti importi del contributo unificato da quella derivante dall’incremento di tali importi.
Il problema, peraltro, si pone soltanto per il contributo unificato dovuto nelle controversie civili, considerato che, per quanto riguarda invece il medesimo contributo dovuto nelle controversie amministrative, non si pone il problema di individuare la quota del gettito derivante dalle tariffe vigenti precedentemente alle modificazioni introdotte dal predetto art. 37. Quel gettito, infatti, non era riservato alla Regione siciliana. Già nel momento in cui il legislatore statale – con l’art. 21 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248 – modificò la disciplina di tale tributo nelle cause in questione, dispose che il relativo maggior gettito dovesse essere riservato allo Stato.
Rilevato, quindi, che l’intervento del legislatore statale oggetto delle doglianze regionali dev’essere circoscritto al solo tributo dovuto nelle cause civili, c’è da osservare che la determinazione di tale ammontare nei singoli casi concreti dipende da elementi di agevole individuazione (essenzialmente il valore della causa dichiarato dalla stessa parte ricorrente). Se, poi, in sede di applicazione della norma, lo Stato dovesse erroneamente determinare tale quota, la Regione, come già precisato sopra, potrà sempre tutelarsi con le opportune iniziative, incluso il conflitto di attribuzioni.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separata pronuncia la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione siciliana con il ricorso iscritto al n. 103 del registro ricorsi 2011,
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, promosse, in riferimento all’art. 36 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), e al principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni, dalla Regione siciliana con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2012.