Sentenza n. 148 del 2009

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SENTENZA N. 148

ANNO 2009

 

Commento alla decisione di

Marco Cammelli

Legislatore, giudici e società in mano pubblica: buone intenzioni, incerti strumenti, modesti risultati

 

 

(per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Francesco                AMIRANTE                           Presidente

-    Ugo                        DE SIERVO                             Giudice

-    Paolo                      MADDALENA                          "

-    Alfio                       FINOCCHIARO                       "

-    Alfonso                   QUARANTA                            "

-    Franco                    GALLO                                    "

-    Luigi                       MAZZELLA                             "

-    Gaetano                   SILVESTRI                              "

-    Sabino                     CASSESE                                "

-    Maria Rita               SAULLE                                  "

-    Giuseppe                 TESAURO                                "

-    Paolo Maria             NAPOLITANO                         "

-    Giuseppe                 FRIGO                                     "

-    Alessandro               CRISCUOLO                           "

-    Paolo                      GROSSI                                   "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi da 27 a 32 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 26 febbraio 2008, depositato in cancelleria il 5 marzo 2008 ed iscritto al n. 19 del registro ricorsi 2008.

         Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

         udito nell’udienza pubblica del 21 aprile 2009 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;

         uditi l’avvocato Mario Bertolissi per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Michele Dipace per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– La Regione Veneto, con ricorso notificato il 26 febbraio 2008, depositato il successivo 5 marzo, ha promosso questione di legittimità costituzionale di alcune norme della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), e, tra queste, dell’art. 3, commi da 27 a32, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost. ed 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

2.– L’art. 3, commi da 27 a 29, della legge n. 244 del 2007 dispone che, «al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche),  non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte» di dette amministrazioni nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza (comma 27); inoltre, stabilisce le modalità per l’assunzione di nuove partecipazioni ed il mantenimento di quelle già possedute, nel caso di sussistenza dei presupposti del comma 27 (comma 28), nonché della dismissione delle partecipazioni detenute in violazione del comma 27 (comma 29).

I successivi commi da 30 a 32 del citato art. 3 recano le direttive in tema di trasferimento delle risorse umane e finanziarie e di determinazione delle dotazioni organiche, nel caso di costituzione di società o enti, ovvero di assunzione di partecipazioni in società, consorzi o altri organismi, effettuate nel rispetto del comma 27 (commi 30 e 31) e dispongono che i collegi dei revisori e gli organi di controllo interno delle amministrazioni e dei soggetti interessati dai processi di cui ai commi 30 e 31 devono asseverare il trasferimento delle risorse umane e finanziarie, trasmettendo una relazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – e segnalando eventuali inadempimenti anche alle sezioni competenti della Corte dei conti (comma 32).

La ricorrente, anche nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, deduce che le norme impugnate, «nella parte in cui si indirizzano anche alle Regioni […], finiscono per interferire con la materia “organizzazione amministrativa della Regione”, che, non essendo elencata né tra le materie di cui all’art. 117, comma 2, Cost. […], né tra le materie di cui all’art. 117, comma 3, Cost. […], deve essere ascritta alla potestà legislativa residuale della Regione»; quindi, esse violerebbero l’art. 117, comma quarto, Cost. e, conseguentemente, l’art. 118 Cost.

A suo avviso, anche riconducendo le disposizioni in esame alla materia «tutela della concorrenza», esse comunque interferirebbero con la materia «organizzazione amministrativa della Regione», quindi violerebbero il principio di leale collaborazione. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel caso di concorrenza di competenze e di impossibilità di ritenere prevalente una delle materie oggetto di una determinata disciplina, il legislatore statale, in virtù del principio di leale collaborazione, dovrebbe, infatti, approntare adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia delle loro competenze.

3.– Nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Secondo la difesa erariale, «la scarna motivazione offerta dalla Regione di per sé sola costituisce chiaro indice della scarsa convinzione» nel censurare le norme in esame che, comunque, hanno ad oggetto una materia – la costituzione da parte delle amministrazioni pubbliche di cui al d.lgs. n. 165 del 2001 di società aventi oggetto diverso da quello strettamente necessario per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali e l’assunzione ed il mantenimento di partecipazioni in tali società – riconducibile alla «tutela della concorrenza», spettante alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.).

In prossimità dell’udienza pubblica, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria in relazione al ricorso proposto dalla Regione Veneto, senza tuttavia sviluppare ulteriori argomenti in relazione all’impugnazione del citato art. 3, commi da 27 a 32.

4.– All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.

 

Considerato in diritto

1.– La Regione Veneto ha promosso questioni di legittimità costituzionale di alcune norme della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008).

Riservata a separate pronunce la decisione sull’impugnazione delle altre disposizioni contenute nella legge n. 244 del 2007, vengono in esame in questa sede le questioni relative all’art. 3, commi da 27 a 32, promosse in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost. ed 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

2.– L’art. 3, commi da 27 a 29, della legge n. 244 del 2007 dispone che, «al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte» di dette amministrazioni nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza (comma 27); inoltre, stabilisce le modalità per l’assunzione di nuove partecipazioni ed il mantenimento di quelle già possedute, nel caso di sussistenza dei presupposti del comma 27 (comma 28), nonché della dismissione delle partecipazioni detenute in violazione del comma 27 (comma 29).

I successivi commi da 30 a 32 del citato art. 3 recano le direttive in tema di trasferimento delle risorse umane e finanziarie e di determinazione delle dotazioni organiche, nel caso di costituzione di società o enti, ovvero di assunzione di partecipazioni in società, consorzi o altri organismi, effettuate nel rispetto del comma 27 (commi 30 e 31) e dispongono che i collegi dei revisori e gli organi di controllo interno delle amministrazioni e dei soggetti interessati dai processi di cui ai commi 30 e 31 devono asseverare il trasferimento delle risorse umane e finanziarie, trasmettendo una relazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – e segnalando eventuali inadempimenti anche alle sezioni competenti della Corte dei conti (comma 32).

Secondo la Regione Veneto, dette norme avrebbero ad oggetto la materia «organizzazione amministrativa della Regione», riconducibile alla competenza legislativa di tipo residuale delle Regioni, quindi violerebbero gli artt. 117, quarto comma, e 118 Cost. e gli ulteriori parametri sopra indicati.

Inoltre, ad avviso della ricorrente, anche ritenendo che le norme impugnate abbiano ad oggetto la «tutela della concorrenza», spettante alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.), nondimeno esse inciderebbero sulla materia «organizzazione amministrativa della Regione» e si porrebbero in contrasto con il principio di leale collaborazione, poiché non sono stati previsti adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia delle loro competenze.

3.– Le questioni aventi ad oggetto l’art. 3, commi da 30 a 32, della legge n. 244 del 2007 sono inammissibili.

Le relative censure sono, infatti, formulate in modo generico (tra le più recenti, sentenze n. 54 del 1999 e n. 326 del 2008), dato che, in considerazione della specificità della disciplina contenuta in detti commi, le argomentazioni svolte nel ricorso sono riferibili soltanto ai commi 27-29 del citato art. 3.

4.– Le questioni concernenti l’art. 3, commi da 27 a 29, della legge n. 244 del 2007 non sono fondate.

4.1.– La norma in esame dispone che le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 «non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società» e stabilisce una deroga al divieto in relazione alle società che producono servizi di interesse generale ed all’assunzione di partecipazioni in tali società da parte di dette amministrazioni, nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza, disciplinando la modalità di assunzione e di mantenimento delle partecipazioni consentite, nonché la dismissione di quelle vietate.

Successivamente alla proposizione del ricorso, il comma 27 dell’articolo impugnato è stato, in parte, modificato dal comma 4-octies dell’art. 18 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), aggiunto dalla legge di conversione 28 gennaio 2009, n. 2. La relativa modifica, pur influendo sui termini delle censure, non è tale da determinare la cessazione della materia del contendere (sentenza n. 326 del 2008).

4.2.– Posta questa premessa, occorre anzitutto identificare la materia nella quale si collocano le norme impugnate, con riguardo all’oggetto ed alla disciplina dalle stesse stabilita, per ciò che dispongono, alla luce della loro ratio, così da identificare correttamente e compiutamente l’interesse tutelato (sentenze n. 368, n. 326 e n. 320 del 2008).

In proposito, va osservato che la Relazione al disegno di legge poi divenuto legge n. 244 del 2007, dopo avere indicato che «la creazione di enti e società per lo svolgimento di compiti di rilevanza pubblica è e rimane uno strumento utilissimo per perseguire maggiore efficienza a vantaggio della collettività», espone che «scopo della norma è quello di evitare forme di abuso (la cui esistenza è verosimile, tenuto conto che sono circa tremila, ad esempio, le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni, che sottraggono l’agire amministrativo ai canoni della trasparenza e del controllo da parte degli enti pubblici e della stessa opinione pubblica)» e di «tutelare la concorrenza e il mercato».

In coerenza con questo obiettivo, le norme censurate, come già accaduto in passato con disposizioni di contenuto omologo, che pure hanno costituito oggetto di scrutinio da parte di questa Corte (sentenza n. 326 del 2008), definiscono il proprio ambito di applicazione esclusivamente in relazione all’oggetto sociale delle società e mirano, da un canto, a rafforzare la distinzione tra attività amministrativa in forma privatistica (posta in essere da società che operano per una pubblica amministrazione) ed attività di impresa di enti pubblici, dall’altro, ad evitare che quest’ultima possa essere svolta beneficiando dei privilegi dei quali un soggetto può godere in quanto pubblica amministrazione.

Questa essendo la finalità delle norme, la disciplina in esame va ricondotta alla materia «tutela della concorrenza», attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.), anziché, come sostenuto dalla ricorrente, alla materia dell’organizzazione e del funzionamento della Regione, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. (sentenza n. 159 del 2008).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la prima di dette materie comprende, infatti, «le misure legislative di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione» e quelle «di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, in generale i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche» (sentenze n. 63 del 2008 e n. 430 del 2007).

Ed è questo lo scopo delle norme censurate, le quali, in considerazione del loro contenuto, sono appunto dirette ad evitare che soggetti dotati di privilegi svolgano attività economica al di fuori dei casi nei quali ciò è imprescindibile per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ovvero per la produzione di servizi di interesse generale (casi compiutamente identificati dal citato art. 3, comma 27), al fine di eliminare eventuali distorsioni della concorrenza, quindi sono preordinate a scongiurare una commistione che il legislatore statale ha reputato pregiudizievole della concorrenza (sentenza n. 326 del 2008). Inoltre, esse mirano a realizzare detta finalità con modalità non irragionevoli, siccome il divieto stabilito dalle disposizioni censurate e l’obbligo di dismettere le partecipazioni possedute in violazione del medesimo non hanno carattere di generalità, ma riguardano esclusivamente i casi nei quali non sussista una relazione necessaria tra società, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche, e perseguimento delle finalità istituzionali.

Ricondotte le norme in esame all’àmbito della tutela della concorrenza, il legislatore statale aveva titolo a porre in essere una disciplina dettagliata (sentenze n. 411 e n. 320 del 2008); inoltre, in virtù del criterio della prevalenza, è anche palese l’appartenenza a detta materia del nucleo essenziale della disciplina dalle stesse stabilita (sentenze n. 411, n. 371 e n. 326 del 2008), con conseguente infondatezza della denuncia di violazione del principio di leale collaborazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse, nei confronti della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi da 30 a 32, della legge n. 244 del 2007, promosse, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost. ed 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), dalla Regione Veneto con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi da 27 a 29, della legge n. 244 del 2007, promosse, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost. ed al principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5 e 120, secondo comma, Cost. ed 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001, dalla Regione Veneto con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'8 maggio 2009.