SENTENZA N. 65
ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Franco BILE Presidente
- Giovanni Maria FLICK Giudice
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 30 settembre 2004, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’onorevole Sandro Bondi nei confronti di Luca Gianaroli e Claudio Giorlandino, promosso con ricorso del Tribunale di Roma, sezione XIII civile, notificato il 23 marzo 2005, depositato in cancelleria il 1° aprile 2005 ed iscritto al n. 17 del registro conflitti 2005.
Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;
udito nell’udienza pubblica del 26 settembre 2006 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
udito l’avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.
Ritenuto in fatto
1. – Nel corso del procedimento civile promosso da Luca Gianaroli e Claudio Giorlandino, medici ginecologi, esperti nelle tecniche di fecondazione artificiale, nei confronti del deputato Sandro Bondi, per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni asseritamente subiti per effetto delle dichiarazioni, ritenute lesive del loro onore e della loro reputazione, rilasciate dal convenuto ai quotidiani “La Repubblica” e “Il Messaggero” l’8 dicembre 2003, giorno successivo alla trasmissione televisiva “Domenica in” alla quale avevano partecipato i predetti professionisti, contenenti alcune osservazioni critiche di tipo tecnico-scientifico in ordine al disegno di legge sulla procreazione medicalmente assistita, che sarebbe poi stato approvato, divenendo la legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), l’adito Tribunale di Roma, sezione XIII civile, in composizione monocratica, con ricorso del 29 ottobre 2004, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della deliberazione del 30 settembre dello stesso anno (doc. IV-quater, n. 106), con la quale la Camera dei deputati, in conformità alla proposta della Giunta per le autorizzazioni, aveva ritenuto insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, le dichiarazioni del deputato Bondi, del seguente tenore: «Si è sentita una sola campana, per lo più stonata, condita da informazioni unilaterali e false, senza avvertire il dovere di ascoltare altre voci, soprattutto di carattere scientifico, visto che erano presenti due medici entrambi contrari alla legge in discussione in Parlamento».
Il Tribunale ricorrente deduce anzitutto la nullità o inesistenza della delibera in questione. Al riguardo, dalla generale premessa che la delibera di insindacabilità è inquadrabile, piuttosto che nella categoria degli atti politici, in quella delle decisioni, il ricorrente fa discendere la necessità, anche al fine di consentire il controllo ab externo dalla Corte costituzionale, in caso di conflitto di attribuzione, che detta delibera sia fondata su di una concreta valutazione dei fatti per i quali sia stata richiesta, e che inoltre sia congruamente motivata. Nella specie, rileva il Tribunale, mancano entrambi i requisiti, essendo stata la delibera di cui si tratta approvata senza alcuna relazione introduttiva, ed in assenza di alcuna discussione. La allegazione della relazione predisposta dalla Giunta per le autorizzazioni al resoconto stenografico della seduta della Camera – dal quale, peraltro, non risulterebbe che il contenuto della relazione stessa fosse stato portato a conoscenza dell’assemblea prima della votazione – non varrebbe a sanare le predette carenze, in quanto successiva alla decisione.
In proposito, il Tribunale ricorrente si fa carico dell’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo il quale, nei conflitti di attribuzione aventi ad oggetto la deliberazione di insindacabilità ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, la decisione della Corte costituzionale non si configura come mero sindacato sulla esistenza e congruità della motivazione, ma richiede che si verifichi se, nella specie, l’opinione sia stata espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari; e tuttavia auspica il superamento di detto orientamento invocando il precedente costituito dalla sentenza n. 11 del 2000, in cui si afferma che, in sede di conflitto di attribuzione, spetta alla Corte accertare se vi sia stata una illegittima interferenza nella sfera del potere ricorrente, verificando la eventuale sussistenza di vizi del procedimento ovvero l’omessa o erronea valutazione delle condizioni e dei presupposti richiesti dall’art. 68, primo comma, Cost.. Rileva, altresì, il Tribunale che, costituendo la delibera di insindacabilità l’atto presupposto per l’accoglimento della eccezione di improcedibilità nei confronti di un parlamentare, ove essa non si perfezioni, ovvero si perfezioni in modo viziato, la Camera (ovvero il Senato) consuma il potere di deliberare l’insindacabilità, ed il giudice torna ad essere arbitro della fondatezza della eccezione di improcedibilità ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost.
Nel merito, il ricorrente ritiene palesemente insussistente il nesso funzionale tra le opinioni espresse dal deputato Bondi e l’esercizio delle sue funzioni parlamentari. Tale nesso era stato ravvisato dalla Giunta per le autorizzazioni nella circostanza che, nella seduta dell’11 giugno 2002, e cioè 18 mesi prima dei fatti oggetto del giudizio civile, lo stesso deputato aveva preso la parola nel corso della discussione sul disegno di legge che sarebbe poi divenuto la legge 19 febbraio 2004, n. 40. In proposito, rileva il Tribunale di Roma che l’intervento tenuto dal deputato Bondi nella richiamata occasione non aveva riguardato alcuna questione tecnica legata alla procreazione medicalmente assistita, né aveva affrontato alcuno degli argomenti oggetto delle dichiarazioni rese dai citati ginecologi nel corso della trasmissione televisiva del 7 dicembre 2003, in relazione alle quali il deputato Bondi avrebbe successivamente rivolto ad essi l’accusa di falsità. Il richiamato intervento si era limitato a sottolineare la necessità di superamento delle tradizionali divisioni tra le forze politiche al fine di cercare un dialogo nella materia de qua. E, secondo lo stesso insegnamento della giurisprudenza costituzionale, una generica comunanza di temi o argomenti rispetto al tenore delle affermazioni oggetto della delibera di insindacabilità non è sufficiente per la configurabilità del nesso funzionale.
Del resto, lo stesso rilevante arco di tempo trascorso tra l’intervento di cui si tratta e l’intervista oggetto del giudizio civile che ha dato luogo al conflitto varrebbe, secondo il ricorrente, a recidere ogni collegamento funzionale tra il primo e la seconda.
Inoltre, nel giudizio di insindacabilità da parte della Camera, sarebbero entrate, secondo il ricorrente, questioni riservate alla competenza del giudice: in particolare, il Tribunale fa riferimento alla interpretazione della domanda e alla delimitazione del petitum che sarebbe stata operata dalla Camera, richiamando il passaggio della relazione della Giunta per le autorizzazioni in cui si afferma che l’intervista rilasciata dal deputato Bondi era intesa a richiamare l’attenzione sulla necessità che, nelle trasmissioni televisive nelle quali si dibattesse sulle questioni oggetto di esame da parte del Parlamento, fosse garantito il contraddittorio tra i sostenitori di orientamenti contrapposti, e si sottolinea come tale questione avesse costituito oggetto di aspri contrasti tra le forze politiche, senza alcun approfondimento sulla sussistenza del nesso funzionale tra intervista e attività parlamentare, in base alla osservazione, definita «sbrigativa» dal ricorrente, che «non è di questo che si dolgono gli attori».
Né sarebbe ravvisabile, nel caso in esame, alcuno degli indici individuati dalla giurisprudenza costituzionale ai fini della verifica della sussistenza del nesso funzionale tra atto atipico riferibile al parlamentare e funzione parlamentare: non la natura ufficiale e pubblica dell’atto, trattandosi di una intervista rilasciata ad un quotidiano; non il contenuto politico sul quale si articoli la opinione espressa dal deputato, in quanto nella intervista in questione non si formula alcuna opinione, ma si afferma la falsità delle dichiarazioni dei due professionisti; non la circostanza che l’atto atipico sia compiuto in un contesto cronologico unitario rispetto all’atto parlamentare tipico o che sia conseguenziale ad un atto tipico, costituendone la divulgazione, né che le dichiarazioni rese dal parlamentare siano «specifiche e circostanziate», risultando l’accusa di falsità del tutto generica, e priva della indicazione delle ragioni della stessa; e neppure la corrispondenza sostanziale di significato tra l’atto atipico e il precedente atto tipico, corrispondenza per la cui ravvisabilità non è sufficiente la semplice comunanza di argomenti, né la semplice riconducibilità ad un medesimo contesto politico.
Il Tribunale ricorrente ha, pertanto, chiesto che la Corte costituzionale accerti e dichiari che non spettava alla Camera dei deputati dichiarare la insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Sandro Bondi, per le quali pende il procedimento civile promosso dai dottori Luca Gianaroli e Claudio Giorlandino, e, per l’effetto, annulli la deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati il 30 settembre 2004.
2. – Il conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza di questa Corte n. 119 del 2005, depositata il 18 marzo 2005.
Il Tribunale di Roma ha provveduto a notificare tale ordinanza, e l’atto introduttivo del giudizio innanzi a questa Corte, alla Camera dei deputati in data 23 marzo 2005, e li ha, quindi, depositati il 1° aprile 2005.
3. – Si è costituita in giudizio, con memoria depositata il 12 aprile 2005, la Camera dei deputati, eccependo la inammissibilità e/o irricevibilità nonché la improcedibilità del ricorso, e, nel merito, la infondatezza dello stesso.
Sotto il primo profilo, la difesa della Camera eccepisce la inammissibilità della censura, dedotta dal Tribunale, relativa al procedimento seguito dalla Camera dei deputati per l’approvazione della delibera di insindacabilità, rilevando lo sconfinamento dell’autorità ricorrente in un sindacato sugli interna corporis del Parlamento, tra l’altro esulante dal terreno del conflitto di attribuzione. Si sottolinea, al riguardo, il carattere del relativo giudizio, che non è di tipo impugnatorio, consistendo nello scrutinio sulla effettiva sussistenza dei presupposti di operatività dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, e non già sulla mera esistenza e congruità della motivazione della delibera di insindacabilità, come confermato dall’art. 3, comma 8, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato). In ogni caso, si fa presente che l’oggetto della delibera in questione era fissato nell’ordine del giorno dei lavori dell’Assemblea, e che la relazione della Giunta per le autorizzazioni era nella disponibilità dei parlamentari. Quanto alla motivazione della delibera, essa sarebbe ampiamente desumibile sia dalla stessa relazione della Giunta, che ne costituisce parte integrante, sia dagli articolati interventi resi in sede di dichiarazione di voto da parte dei deputati intervenuti.
Nel merito, la difesa della Camera conclude per il rigetto del ricorso, rilevando un inscindibile nesso funzionale tra le predette dichiarazioni e la funzione parlamentare, e sottolineando, in particolare, che le prime altro non sarebbero che la riproposizione, ancorché in forma necessariamente più sintetica, di opinioni già manifestate dallo stesso deputato in Assemblea nella seduta dell’11 giugno 2002.
Né rileva, secondo la difesa della Camera, alla stregua della giurisprudenza costituzionale, l’anteriorità di detti interventi rispetto alle dichiarazioni di cui si tratta, tanto più che l’arco temporale che separa i due interventi è il medesimo nel corso del quale si è articolata la discussione pubblica e parlamentare in ordine alla disciplina della procreazione assistita. Si sottolinea, inoltre, che l’intervento del giugno 2002, contrariamente alla versione riduttiva accreditata dal ricorrente, presenterebbe un più ampio respiro, investendo soprattutto quei richiami di metodo, riferiti alla necessità della completezza delle argomentazioni in campo, del ruolo della scienza e della enucleazione delle diverse posizioni scientifiche, la cui inosservanza è stata oggetto delle dichiarazioni critiche rivolte alla trasmissione televisiva dalle quali ha avuto origine il procedimento civile pendente presso il Tribunale di Roma.
In definitiva, l’oggetto della critica mossa dal deputato non sarebbero state le posizioni assunte dai due medici, ma le modalità organizzative del dibattito nel cui contesto quelle posizioni hanno avuto modo di manifestarsi.
4. – Nell’imminenza della data fissata per la pubblica udienza, la difesa della Camera dei deputati ha depositato una memoria con la quale, nel sottolineare la contraddittorietà del ricorso, che, mentre fa valere una pretesa carenza di motivazione, contesta proprio le motivazioni addotte in sede parlamentare, ribadisce che l’iter della delibera si è svolto secondo le cadenze fissate dal regolamento della Camera e le prassi organizzative, segnalando, in particolare, che la relazione della Giunta per le autorizzazioni, cui si è conformata l’Assemblea, era rubricata come «Doc. IV-quater, n. 106», come attestato dalla apertura della discussione da parte del Presidente: sicché detto documento era sicuramente a conoscenza dei membri della Camera prima che si svolgesse la relativa relazione in Assemblea.
Nel merito, la difesa della Camera dei deputati insiste sul collegamento tra le dichiarazioni del deputato Bondi di cui si tratta e l’attività parlamentare dello stesso, con particolare riferimento all’intervento nella seduta dell’Assemblea dell’11 giugno 2002, svolto nel corso dei lavori preparatori relativi al progetto di legge recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita», presentato alla Camera in data 31 maggio 2001, ed approvato definitivamente, dopo un complesso iter parlamentare, in data 10 febbraio 2004. Né il lasso di tempo intercorso tra detto intervento e le dichiarazioni in questione precluderebbe la possibilità di avvalersi del citato atto parlamentare per legittimare la operatività della garanzia di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione, avuto riguardo al fatto che l’atto tipico e la dichiarazione resa extra moenia dal deputato Bondi si collocano nello stesso arco temporale, corrispondente allo svolgimento del dibattito parlamentare sulla disciplina della fecondazione assistita. In realtà, detta dichiarazione non rappresenta altro che la divulgazione, ancorché in forma sintetica, delle riflessioni presenti nell’intervento dell’11 giugno 2002, con riguardo alla relatività e controvertibilità delle conoscenze scientifiche, e, quindi, alla loro «falsificabilità», caratteristiche che avrebbero dovuto spingere ad adottare il metodo del confronto tra le diverse posizioni, e non già quello delle esposizioni unilaterali.
Si sottolinea, altresì, nella memoria che il deputato Bondi, partecipando regolarmente alle votazioni relative ai singoli articoli del progetto di legge, aveva preso posizione sulle specifiche discipline oggetto della critica avanzata dai due medici.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale di Roma ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione adottata dall’Assemblea nella seduta del 30 settembre 2004 (Documento IV-quater, n. 106), con la quale è stato affermato che le dichiarazioni per le quali il deputato è convenuto in un giudizio civile per risarcimento del danno concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono, pertanto, insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
2. – Preliminarmente, deve essere confermata l’ammissibilità del conflitto sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi, come già ritenuto nell’ordinanza n. 119 del 2005.
3. – E’ priva di fondamento la deduzione di nullità o di inesistenza della delibera della Camera, avanzata sotto il profilo che sarebbe mancata una concreta valutazione dei fatti per i quali era stata richiesta, nonché una congrua motivazione, essendo stata la delibera di cui si tratta approvata senza alcuna relazione introduttiva ed in assenza di alcuna discussione, mentre la relazione predisposta dalla Giunta per le autorizzazioni sarebbe stata allegata al resoconto stenografico della seduta della Camera, senza che da ciò potesse risultare che il contenuto della relazione stessa fosse stato portato a conoscenza dell’Assemblea prima della votazione.
Il giudizio della Corte sul conflitto di attribuzione non si configura come giudizio impugnatorio, essendo diretto non già a valutare la congruità della motivazione della delibera di insindacabilità, ma ad accertare la effettiva sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
D’altra parte, come sottolineato dalla difesa della Camera, la relazione della Giunta per le autorizzazioni, cui la delibera dell’Assemblea rinvia quanto alla motivazione, era stata presentata, come è prassi, alla Presidenza della Camera, in modo da essere nella disponibilità di ognuno dei deputati, che erano tutti, pertanto, in grado di conoscere i fatti e compiere valutazioni. In ogni caso, gli interventi svolti in sede di dichiarazione di voto da parte dei parlamentari intervenuti testimoniano l’ampiezza della discussione svolta sul tema in sede di Assemblea.
4. – Nel merito, il ricorso è fondato, per l’inesistenza del nesso funzionale tra le dichiarazioni del deputato Bondi e le sue funzioni parlamentari.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, per la esistenza di un nesso funzionale tra le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare e l’espletamento delle sue funzioni, è necessario che tali dichiarazioni siano identificabili come espressione dell’esercizio di attività parlamentari. Peraltro, il «contesto politico» o comunque l’inerenza a temi di rilievo generale dibattuti in Parlamento, entro cui le dichiarazioni del deputato si possano collocare, non vale in sé a connotarle quali espressive della funzione, ove esse, non costituendo la sostanziale riproduzione delle specifiche opinioni manifestate dal parlamentare nell’esercizio delle proprie attribuzioni, siano non già il riflesso del peculiare contributo che ciascun deputato e ciascun senatore apporta alla vita parlamentare mediante le proprie opinioni e i propri voti (come tale coperto, a garanzia delle prerogative delle Camere, dall’insindacabilità), ma una ulteriore e diversa articolazione di siffatto contributo, elaborata ed offerta alla pubblica opinione nell’esercizio della libera manifestazione del pensiero assicurata a tutti dall’art. 21 della Costituzione (sentenze n. 317 e n. 260 del 2006).
Nella specie, la Camera dei deputati, a sostegno della sussistenza del nesso funzionale, ha richiamato l’intervento svolto in Assemblea dal deputato nella seduta dell’11 giugno 2002 (circa 18 mesi prima della divulgazione delle sue opinioni), durante la discussione del progetto di legge recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita», nel corso della quale il predetto deputato aveva preso la parola sottolineando la necessità di adottare, nella individuazione della disciplina della materia, data la delicatezza della stessa, il metodo della ricerca del più ampio accordo possibile attraverso il confronto su di un nucleo di valori etici fondamentali, e di superare anche la contrapposizione tra cultura laica e cattolica.
Orbene, i due elementi che debbono contemporaneamente ricorrere affinché possa dirsi sussistente il nesso funzionale tra atto atipico e funzione parlamentare sono il legame temporale fra l’attività parlamentare e l’attività esterna, di modo che questa assuma una finalità divulgativa della prima, e la sostanziale corrispondenza di significato tra opinioni espresse nell’esercizio di funzioni parlamentari e atti esterni, non essendo sufficienti né una mera comunanza di argomenti né un mero contesto politico cui esse possano riferirsi (si vedano, ex plurimis, le sentenze n. 317, n. 258 e n. 221 del 2006, n. 176 e n. 28 del 2005).
Nella specie, il requisito della sostanziale corrispondenza di significato tra opinioni espresse nell’esercizio di funzioni parlamentari e atti esterni si rivela del tutto carente, ove si consideri che l’intervento svolto in Assemblea dal deputato era esclusivamente incentrato sulla esigenza del confronto su temi tanto delicati, e non faceva in alcun modo riferimento agli specifici argomenti oggetto delle dichiarazioni rese dai due ginecologi nel corso della trasmissione televisiva «Domenica in», né, ovviamente, alle critiche espresse da costoro (diciotto mesi dopo) nei confronti del testo legislativo da approvare; mentre oggetto del procedimento civile di risarcimento del danno dal quale ha avuto origine il presente conflitto sono essenzialmente le accuse, rivolte dal deputato nella intervista pubblicata dai quotidiani “La Repubblica” e “Il Messaggero” l’8 dicembre 2003, di unilateralità e falsità della informazione fornita nel corso della trasmissione televisiva alla quale avevano partecipato i due ginecologi, che avevano per questo adìto la magistratura civile chiedendo il risarcimento dei danni asseritamente subìti all’onore e alla reputazione.
Resta assorbita ogni altra considerazione relativa all’altro requisito.
Le dichiarazioni contenute negli articoli di stampa a firma del deputato non rientrano, pertanto, nell’esercizio della sua funzione parlamentare e non sono garantite dall’insindacabilità.
Conseguentemente, l’impugnata delibera della Camera dei deputati ha violato l’art. 68, primo comma, della Costituzione, ledendo perciò le attribuzioni dell’autorità giudiziaria ricorrente, e deve essere, pertanto, annullata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spettava alla Camera dei deputati affermare che i fatti oggetto del processo civile, promosso da Luca Gianaroli e Claudio Giorlandino nei confronti del deputato Sandro Bondi, pendente davanti al Tribunale di Roma, sezione XIII civile, in composizione monocratica, concernono opinioni espresse da quest’ultimo nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 30 settembre 2004 (doc.IV–quater, n. 106).
Così deciso, in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2007.