Ordinanza n. 151 del 2004

ORDINANZA N.151

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

- Gustavo                      ZAGREBELSKY             Presidente

- Valerio                        ONIDA                               Giudice

- Carlo                           MEZZANOTTE                       "

- Fernanda                     CONTRI                                   "

- Guido                         NEPPI MODONA                   "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                            "

- Annibale                     MARINI                                   "

- Franco                         BILE                                         "

- Giovanni Maria           FLICK                                      "

- Francesco                    AMIRANTE                             "

- Ugo                             DE SIERVO                             "

- Romano                      VACCARELLA                      "

- Paolo                           MADDALENA                        "

- Alfonso                       QUARANTA                           "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso, nell’ambito di un procedimento penale, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rossano con ordinanza in data 11 aprile 2003, iscritta al n. 504 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 aprile 2004 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rossano ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al successivo giudizio camerale sulla richiesta di applicazione di pena concordata ex art. 444 cod. proc. pen., avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, il medesimo giudice che abbia emesso il decreto penale di condanna oggetto di opposizione»;

che il rimettente premette di avere emesso decreto penale di condanna avverso il quale l’imputato ha proposto opposizione chiedendo l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 cod. proc. pen.;

che il giudice a quo, dato atto che sia il decreto di condanna, sia la sentenza che applica la pena richiesta a norma dell’art. 444 cod. proc. pen. integrano gli estremi di «un vero e proprio giudizio di merito», ritiene che il termine “giudizio” di cui all’art. 34, comma 2, cod. proc. pen. vada interpretato nel senso che al giudice che ha emesso il decreto penale di condanna sia inibita soltanto la partecipazione «all’eventuale successivo dibattimento»;

che tale lettura riduttiva sarebbe imposta dal tenore complessivo della norma censurata, che «prevede l’incompatibilità anche del giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell’udienza preliminare, o ha disposto il giudizio immediato», cioè in ipotesi nelle quali il successivo “giudizio” altro non potrebbe essere che quello dibattimentale;

che, così interpretata, secondo il rimettente la norma violerebbe gli artt. 2, 3, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 111, secondo comma, Cost., «perché la successiva valutazione dei medesimi fatti prima in sede di emissione di decreto penale di condanna e poi in sede di valutazione della richiesta di applicazione di pena concordata, da parte del medesimo giudice delle indagini preliminari, appare chiaramente vulnerare il principio di terzietà del giudice e comunque l’inviolabile diritto […] ad essere sottoposto a giudizio da parte di giudice […] che non abbia già espresso alcuna precedente valutazione di merito […], con conseguente lesione del diritto di eguaglianza, trattandosi di ipotesi di incompatibilità sicuramente analoga a tutte le altre disciplinate dall’art. 34, comma 2, cod. proc. pen. per come integrato dalle molteplici pronunzie della Corte costituzionale»;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso riportandosi integralmente all’atto d’intervento relativo alla questione sollevata con l’ordinanza n. 345 del r.o. del 2000, decisa con ordinanza n. 112 del 2001.

Considerato che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rossano dubita, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità del giudice che ha emesso decreto penale di condanna a giudicare sulla richiesta di applicazione di pena concordata ex art. 444 cod. proc. pen. avanzata in sede di opposizione al decreto;

che la questione è sollevata sulla base del presupposto interpretativo che il “giudizio” in relazione al quale la norma censurata stabilisce la regola dell’incompatibilità sia esclusivamente quello dibattimentale;

che tale interpretazione, oltre a non trovare alcun riscontro nella formulazione letterale dell’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., è smentita dalla costante giurisprudenza di questa Corte, che ha reiteratamente affermato che «la locuzione “giudizio” è di per sé tale da comprendere qualsiasi tipo di giudizio, cioè ogni processo che in base ad un esame delle prove pervenga ad una decisione di merito», e che «la circostanza che tale ampia locuzione sia stata adottata in luogo di quella restrittiva (“divieto di esercitare le funzioni di giudice del dibattimento”) contenuta nella […] direttiva n. 67 è indice univoco di una precisa determinazione in tal senso del legislatore delegato» (sentenza n. 410 del 1991, e nello stesso senso, tra molte, sentenze n. 124, n. 186 e n. 261 del 1992, n. 439 del 1993, n. 453 del 1994, n. 131 e n. 155 del 1996);

che, in particolare, nella sentenza n. 131 del 1996, richiamata dalla stessa sentenza n. 346 del 1997 citata dal rimettente e dalle ordinanze n. 281 del 1996 e n. 91 del 1998, la Corte ha precisato che la decisione sulla richiesta di applicazione della pena concordata dalle parti, «che spazia dal merito alla legittimità» (sentenza n. 124 del 1992), integra un vero e proprio giudizio di merito, sia pure in forma di controllo sul contenuto dell’accordo tra le parti (sentenza n. 313 del 1990);

che, essendo l’ipotesi di incompatibilità che il rimettente vorrebbe introdurre già prevista dalla norma censurata, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rossano, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, palazzo della Consulta, il 13 maggio 2004.

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 maggio 2004.