Sentenza n. 261 del 1992

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SENTENZA N. 261

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Aldo CORASANIT,I Presidente

-        Prof. Giuseppe BORZELLINO

-        Dott. Francesco GRECO

-        Prof. Gabriele PESCATORE

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di Marinaro Massimo, iscritta al n.71 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 20 maggio 1992 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto in fatto

1.- Chiamato a procedere a giudizio abbreviato dopo aver emesso decreto di citazione per il giudizio immediato, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli ha sollevato d'ufficio una questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale - nella parte in cui, secondo l'interpretazione fornitane da questa Corte nella sentenza n. 401 del 1991, sancisce l'incompatibilità del giudice che abbia emesso il decreto di giudizio immediato a celebrare il successivo giudizio abbreviato - assumendone il contrasto con gli artt.76 e 77, primo comma, della Costituzione in relazione alla direttiva n. 67 di cui all'art. 2 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81.

Ad avviso del giudice a quo, l'impiego nella norma impugnata della locuzione "giudizio" in luogo di quella di "dibattimento" contenuta nella citata direttiva darebbe luogo a violazione di questa: sia perchè al momento della sua approvazione si ritennero esaurite tutte le ipotesi di incompatibilità; sia perchè la Relazione al progetto definitivo del codice, nel descrivere (p. 190) la trasformazione del giudizio immediato in giudizio abbreviato, presuppone l'identità personale dell'organo chiamato a provvedere nei due casi.

D'altra parte, non vi sarebbe ragione - secondo il giudice rimettente - di prevedere l'incompatibilità nell'ipotesi in esame, dato che emettendo il decreto di giudizio immediato il giudice è chiamato a valutare l'evidenza della prova "non con riferimento ad un giudizio prognostico di responsabilità (il che potrebbe costituire un "pre-giudizio"), quanto in relazione alla necessità di celebrazione dell'udienza preliminare"; tant'è "che gli è preclusa la possibilità di adottare la sentenza di non luogo a procedere ex art. 129 c.p.p.". Del resto, i casi di incompatibilità non sono suscettibili di interpretazione estensiva.

2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile perchè già decisa con la citata sentenza n. 401 del 1991.

Da tale decisione si desume infatti, ad avviso dell'Avvocatura, che l'unica interpretazione valida sotto il profilo costituzionale del punto 67 della legge delega è quella di intendere la locuzione "dibattimento" nel suo significato più ampio di un "processo che in base ad un esame delle prove pervenga ad una decisione di merito". Ogni altra interpretazione restrittiva incorrerebbe nel vizio di incostituzionalità, in quanto lesiva del principio di imparzialità del giudice.

Considerato in diritto

1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli dubita che l'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui - secondo l'interpretazione datane nella sentenza n. 401 del 1991 di questa Corte - stabilisce l'incompatibilità a celebrare il giudizio abbreviato del giudice che ha emesso il decreto di giudizio immediato, contrasti con la direttiva n. 67 della legge delega, e quindi con gli artt. 76 e 77 Cost.. A suo avviso, l'impiego in tale norma della locuzione "giudizio" in luogo di quella più restrittiva di "dibattimento", se inteso come volto a ricomprendere il caso in questione, contrasterebbe con l'opinione del legislatore delegante di avere, con le enunciazioni espresse contenute in tale direttiva, esaurito tutte le ipotesi di incompatibilità; nè vi sarebbero state ragioni di stabilirla in detto caso, giacchè l'emissione del decreto di giudizio immediato comporta non un giudizio prognostico di responsabilità, ma una valutazione di non necessità di celebrazione dell'udienza preliminare.

2.- La questione non è fondata.

Può prescindersi dal rilievo che il passo dei lavori preparatori sull'esaustività della delega cui il remittente mostra di riferirsi (Atti Senato, Assemblea, seduta del 21 novembre 1986, dichiarazioni del relatore, p. 34) non evidenzia ciò che egli ne desume, ma solo la manifestazione del dubbio che la formulazione della direttiva poi approvata fosse idonea a ricomprendere tutte le ipotesi di incompatibilità. Ciò che conta, in realtà, è che la valutazione circa il sostanziale rispetto della delega comporta "la verifica della ricorrenza o meno, nei singoli casi, delle ragioni che hanno ispirato" il legislatore delegante nel dettare le ipotesi di incompatibilità (cfr. sentenza n. 496 del 1990).

Il giudice a quo, assumendo che il decreto di giudizio immediato suppone (solo) una valutazione di superfluità dell'udienza preliminare, mostra di non intendere che la ragione dell'omissione di tale filtro sta nello stesso presupposto del giudizio immediato, costituito dall'"evidenza" della prova (art. 453 cod. proc. pen.): la quale indiscutibilmente, comporta un giudizio di verosimile attribuibilità del fatto all'imputato, che è come tale idoneo a radicare un pericolo di "pregiudizio" suscettibile di influire sulla decisione di merito. Se così non fosse, non si comprenderebbe perchè il legislatore delegante abbia ritenuto necessario sancire l'incompatibilità del giudice che abbia compiuto una valutazione siffatta a celebrare il giudizio dibattimentale. E poichè col giudizio abbreviato si perviene ad una decisione di merito omologa a quella conclusiva del dibattimento, non vi sarebbe stata ragione di prevedere l'incompatibilità nell'un caso e non nell'altro.

Tali considerazioni, già svolte nella sentenza n. 401 del 1991, da un lato corroborano l'interpretazione della locuzione "giudizio" come comprensiva - giusta il suo tenore letterale - del giudizio abbreviato; dall'altro, valgono a chiarire che, impiegandola, il legislatore delegato, lungi dal violare la delega conferitagli, ne ha correttamente inteso lo spirito.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.34, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli con ordinanza del 21 novembre 1991.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 01/06/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Ugo SPAGNOLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 08/06/92.