ORDINANZA N. 50
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 231, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come sostituito dall’articolo 24, comma 26, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) e dell’art. 4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504 (Riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma dell’art. 1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 288) promosso con ordinanza del 30 settembre 2002 dalla Commissione tributaria provinciale di Pistoia sul ricorso proposto dalla Giada – Bet s.r.l. contro l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Pescia, iscritta al n. 225 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visto l’atto di costituzione della Giada – Bet s.r.l., nonché gli atti di intervento del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, CONI e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 25 novembre 2003 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro;
uditi gli avvocati Nicolò Zanon e Andrea Manzi per Giada – Bet s.r.l., Giuseppe Morbidelli e Massimo Ranieri per il Comitato Olimpico Nazionale, CONI e l’Avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che la Commissione Tributaria Provinciale di Pistoia – con ordinanza del 30 settembre 2002 – ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 231, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come sostituito dall’articolo 24, comma 26, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), nonché dell’art. 4, comma 1, lett. b), del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504 (Riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma dell’art. 1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 288), in riferimento all’art. 23 della Costituzione, per contrasto con la riserva relativa di legge in materia di prestazioni patrimoniali;
che il remittente – investito del ricorso presentato dalla Giada – Bet s.r.l. (concessionaria del servizio di scommesse) per l’annullamento del provvedimento (atto n. 26572/02) emesso dall’Agenzia delle Entrate di Pescia, contenente la determinazione degli omessi e ritardati versamenti dell’imposta unica sulle scommesse relativamente all’anno 2001 e la contestuale irrogazione della sanzione – si sofferma preliminarmente sulla ammissibilità della proposizione del ricorso dinanzi a sé e, quindi, sulla natura dell’atto impugnato;
che in proposito sottolinea che si tratta di atto impositivo, impugnabile ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 32 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), poiché costituisce la premessa sufficiente per l’escussione della garanzia prestata dal contribuente, restando invece irrilevante la forma e la denominazione dello stesso e l’omissione in calce delle modalità per il ricorso; omissione che avrebbe potuto eventualmente rilevare solo ai fini dell’irregolarità e conseguente remissione in termini per l’instaurazione del giudizio;
che, sotto il profilo della rilevanza, la Commissione Tributaria argomenta che se – in accoglimento della eccezione di costituzionalità prospettata dalla parte – non sollevasse la questione, dovrebbe rigettare il ricorso atteso che: l’amministrazione finanziaria ha correttamente applicato le norme di legge e regolamento in materia di imposta unica sulle scommesse, essendo l’atto sufficientemente motivato, senza che rilevino, nella specie, le vicende relative al d.m. 13 dicembre 2001;
che, con riferimento alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo sostiene che l’art. 3, comma 231, legge n. 549 del 1995, il quale disciplina le quote di prelievo sulle scommesse sportive spettanti al CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), viola direttamente il principio costituzionale della riserva relativa di legge per le prestazioni patrimoniali imposte e che, in via derivata, lo stesso principio è violato dall’art. 4, comma 1, lett. b), d. lgs. n. 504 del 1998, essendo le aliquote dell’imposta unica sulle scommesse individuate quale percentuale delle suddette quote di prelievo;
che le predette quote hanno natura di prestazione patrimoniale imposta, nella quale hanno peso decisivo gli aspetti pubblicistici dell’intervento delle autorità e che ciò che conta è la disciplina della destinazione e dell’uso di beni o servizi, per i quali – in considerazione della loro natura giuridica, della situazione di monopolio pubblico o della essenzialità di alcuni bisogni della vita soddisfatti da quei beni o servizi – accade che la determinazione della prestazione è unilateralmente imposta con atti autoritativi i quali, incidendo sostanzialmente sulla sfera dell’autonomia privata, giustificano la previsione di una riserva di legge;
che, rispetto alla disciplina che impone ai concessionari del servizio di scommesse il versamento delle quote, il remittente sottolinea: la situazione di monopolio del servizio, riservato all’autorità e affidato ai privati solo tramite concessioni; la non contrattabilità nella convenzione stipulata dal privato della percentuale del prelievo, imposta da fonti pubblicistiche; l’irrilevanza della qualificazione delle quote di prelievo quali corrispettivo della concessione, atteso che la Corte costituzionale non attribuisce rilievo alla qualificazione formale della prestazione, né alla natura negoziale o meno della fonte dell’obbligazione, né alla circostanza che l’obbligazione imposta ex lege si inserisca in uno schema negoziale;
che il remittente argomenta in ordine alla violazione della riserva relativa di legge e che, secondo la giurisprudenza costituzionale (sent. n. 129 del 1969, n. 27 del 1979, n. 157 del 1996, nn. 7 e 323 del 2001), il legislatore ha l’obbligo di determinare preventivamente e sufficientemente criteri direttivi di base o linee generali idonee a limitare la discrezionalità amministrativa nella produzione di fonti secondarie e che la norma censurata relativa alle quote di prelievo (art. 3, comma 231, della legge n. 549 del 1995) si limita ad individuare il soggetto competente alla decisione (Ministro delle finanze con decreto) e la destinazione al CONI, al netto dell’imposta unica e delle spese, con la conseguenza che, non solo le percentuali, ma anche i criteri per stabilirle sono contenuti nella fonte secondaria (d.m. 15 febbraio 1999);
che le aliquote dell’imposta unica sulle scommesse sono individuate quale percentuale delle suddette quote di prelievo, sicché lo stesso principio è violato in via derivata dall’art. 4, comma 1, lett. b), d. lgs. n. 504 del 1998;
che, anche a non voler riconoscere la natura di prestazione patrimoniale imposta all’art. 3, comma 231, della legge n. 549 del 1995) e, quindi a non pervenire per questa via al mancato rispetto dell’art. 23 della Costituzione, comunque la disposizione sull’imposta unica (art. 4, comma 1, lett. b), cit.) viola anche direttamente lo stesso principio costituzionale poiché un elemento essenziale della prestazione tributaria è comunque desunto da una fonte secondaria e non primaria, sicché, in sostanza, l’aliquota dell’imposta unica sulle scommesse sportive non è determinata con riferimento a criteri e parametri chiaramente prestabiliti nella legge, ma dipende di fatto da decisioni amministrative (sulle quote di prelievo) a loro volta non ancorate a parametri e criteri fissati in fonte primaria;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata, perché l’attività inerente alla raccolta delle scommesse sportive è – contrariamente a quanto ritenuto dall’ordinanza di rimessione – pienamente libera, ricadendo nella sfera di autonomia contrattuale del soggetto concessionario (Tar Lazio, sez. II, 10 novembre 1984, n. 1592), con conseguente non operatività dell’art. 23 della Costituzione, poiché si versa in una di quelle ipotesi in cui la prestazione patrimoniale richiesta, comprese le modalità per la sua determinazione, è stata previamente e liberamente accettata dal soggetto sul quale grava, e perchè il legislatore, nel rimettere al Ministro delle finanze la determinazione delle quote di prelievo, ha delimitato compiutamente l’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione rispettando la riserva relativa di legge (C.d.S., sez. VI. 13 febbraio 1984, n. 72);
che è legittimo disciplinare l’entità di un tributo attraverso il ricorso alla normazione secondaria sulla base di norma primaria che individui i principi generali relativi all’imposizione (Corte dei conti, sez. I, 19 settembre 1983, n. 113) e che, nel caso di specie, il d.m. 15 febbraio 1999 è stata adottato sulla base dei criteri previsti dall’art. 1 della legge 3 agosto 1998, n. 288, e cioè l’esigenza del mantenimento del livello complessivo del gettito e la differenziazione delle aliquote percentuali sulla base del grado di difficoltà e della propensione degli scommettitori ai diversi tipi di scommesse;
che si è costituita la società Giada–Bet. s.r.l., parte nel giudizio a quo, chiedendo l’accoglimento della questione di costituzionalità e riservando le motivazioni ad una futura memoria;
che è intervenuto il CONI il quale – premesso che il giudizio di merito ha per oggetto il provvedimento con il quale è stato richiesto il pagamento di poste creditorie dovute a titolo di quote di prelievo e di avere un interesse diretto ed immediato alla questione, essendo il destinatario di dette quote, nonché di essere parte nel giudizio a quo – chiede che la questione sia dichiarata infondata;
che, sostiene il CONI, la quota di prelievo non è una prestazione patrimoniale imposta e, quindi, non è soggetta al rispetto dell’art. 23 della Costituzione, e che, comunque, in subordine, la riserva di legge è rispettata, dal momento che i criteri per delimitare la discrezionalità dell’ente impositore possono essere desunti, secondo la giurisprudenza costituzionale, dalla destinazione della prestazione o dalla composizione e funzionamento degli organi competenti a determinare la misura (sent. n. 90 del 1994, n. 507 del 1988, n. 67 del 1973, n. 21 del 1969) o è sufficiente l’individuazione di un modulo procedimentale dell’amministrazione (sent. n. 34 del 1986), ed è consentita la determinazione delle aliquote dell’imposizione mediante atto amministrativo (sent. n. 21 del 1969);
che, nel caso di specie, la norma impugnata contiene gli elementi per escludere che la determinazione del quantum delle quote di prelievo sia rimessa all’arbitrio dell’amministrazione, rinviando ad un d.m. del Ministro delle finanze, che è ampiamente procedimentalizzato, tanto è vero che ha determinato l’ammontare tenendo conto della propensione degli scommettitori e dell’esigenza di garantire al CONI lo svolgimento dei compiti istituzionali;
che, in prossimità dell’udienza, la Giada–Bet s.r.l. ha depositato memoria con la quale – previa contestazione della legittimazione del CONI all’intervento non essendo parte nel processo dinanzi al giudice a quo – ha sviluppato varie argomentazioni a sostegno dell’accoglimento della questione di costituzionalità;
che le quote di prelievo sono determinate solo da un organo politico, quale il Ministro delle finanze, che non ha competenza tecnica neutrale, ed in assenza di qualunque modulo procedimentale a mezzo del quale possa dirsi realizzata la collaborazione tra più organi, come invece richiede la giurisprudenza;
che in prossimità dell’udienza ha pure depositato memoria – fuori termine – il CONI, il quale insiste sulle argomentazioni già sviluppate con l’atto di intervento, osservando in particolare che manca il requisito della essenzialità, per i bisogni della vita, del servizio delle scommesse, in ragione del quale è dovuta la quota di prelievo, e che la stessa costituisce il corrispettivo di un rapporto contrattuale di tipo privatistico, concludendo nel senso che la quota di prelievo non è prestazione patrimoniale imposta (citando a conferma Tar Lombardia, sez. Brescia, 26 febbraio 2003, n. 287);
che, per escludere che il quantum delle quote sia rimesso all’arbitrio dell’amministrazione, l’intervenuto si sofferma sulla destinazione al CONI e sui vincoli posti dalla norma all’utilizzazione dei proventi, nonché sulla procedimentalizzazione del decreto di determinazione delle quote.
Considerato che, con ordinanza allegata, emessa nel corso dell’udienza pubblica, l’intervento del CONI è stato ritenuto ammissibile;
che il giudice remittente ha sollevato la questione di costituzionalità in modo contraddittorio, prospettando cioè due diverse interpretazioni della norma relativa alle quote di prelievo, sia pure in modo subordinato l’una all’altra, dal momento che secondo la prima interpretazione le quote di prelievo vengono classificate come prestazioni patrimoniali imposte ricadenti nella sfera di applicabilità dell’art. 23 della Costituzione, mentre secondo l’altra interpretazione l’incostituzionalità viene sostenuta anche non accettando la tesi per cui le stesse quote di prelievo sono prestazioni patrimoniali imposte;
che tale prospettazione contraddittoria rende la questione di costituzionalità manifestamente inammissibile (cfr. ordinanza n. 407 del 1991).
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 231, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come sostituito dall’articolo 24, comma 26, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) e dell’art. 4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504 (Riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma dell’art. 1, comma 2, della legge 3 agosto 1998, n. 288), sollevata, in riferimento all’art. 23 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Pistoia con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 2004.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 29 gennaio 2004.
Allegato:
ordinanza letta all’udienza del 25 novembre 2003
ORDINANZA
Considerato che il CONI è destinatario per legge del provento della prestazione della cui costituzionalità si discute e che quindi è titolare di una posizione giuridica specifica coinvolta nel giudizio
PER QUESTI MOTIVI
dichiara ammissibile l’intervento del CONI.
Riccardo CHIEPPA, Presidente