ORDINANZA N. 490
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 34 del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Venezia con ordinanza del 23 ottobre 2001, iscritta al n. 146 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Udito nella camera di consiglio del 6 novembre 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Venezia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, <<nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudice dell'udienza preliminare del giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza nei confronti di un imputato concorrente nel medesimo fatto>>;
che il giudice a quo premette: di procedere nei confronti di due soggetti imputati, in concorso tra loro, del reato di traffico di sostanze stupefacenti; di avere pronunciato sentenza nei confronti di un imputato a seguito di giudizio abbreviato; di proseguire l'udienza preliminare per la trattazione della posizione dell'altro imputato, <<concorrente nel medesimo fatto>>;
che, ad avviso del rimettente, tale situazione sarebbe <<del tutto simile>> a quella presa in considerazione dalla sentenza n. 376 del 1996 (recte: 371 del 1996), con la quale la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., <<nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità sia già stata comunque valutata>>;
che il rimettente ritiene che l'orientamento della Corte, <<secondo cui non sono ravvisabili eventuali cause di incompatibilità in capo al giudice dell'udienza preliminare>>, non sia più condivisibile dopo le modifiche introdotte dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, grazie alle quali il giudizio emesso all'esito dell'udienza preliminare è stato trasformato in un vero e proprio <<apprezzamento sul merito dell'accusa non diverso da quello espresso in altri momenti processuali ritenuti suscettibili di incidere sulla terzietà e imparzialità del giudice chiamato in seguito a valutare la medesima res iudicanda>>;
che, al riguardo, il rimettente rileva che la stessa Corte ha preso atto di queste profonde innovazioni normative, dichiarando con la sentenza n. 224 del 2001 l'illegittimità costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudice dell'udienza preliminare del giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza poi annullata nei confronti del medesimo imputato e per lo stesso fatto;
che la disciplina censurata si porrebbe quindi in contrasto con:
- l'art. 3 Cost., per disparità di trattamento con la situazione <<del tutto analoga>> per la quale è già stata dichiarata, con la sentenza n. 371 del 1996, l'illegittimità costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen.;
- l'art. 24 Cost., in quanto il diritto di difesa dell'imputato sarebbe compromesso dalla precedente valutazione del materiale probatorio effettuata in sede di pronuncia della sentenza emessa a carico del coimputato;
- l'art. 111 Cost., perché i principi di imparzialità e terzietà verrebbero ad essere compromessi dalla naturale propensione del giudice a <<confermare precedenti valutazioni già espresse>> in ordine alla medesima res iudicanda.
Considerato che il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Venezia chiede a questa Corte una pronuncia che estenda la sfera di operatività dell'istituto dell'incompatibilità all'ipotesi in cui il giudice dell'udienza preliminare abbia già pronunciato a seguito di giudizio abbreviato sentenza nei confronti di un imputato concorrente nel medesimo reato;
che effettivamente, come rileva il rimettente, sia con la sentenza n. 224 del 2001, menzionata dal giudice a quo, sia con la successiva sentenza n. 335 del 2002 questa Corte ha affermato che l'udienza preliminare è divenuta <<un momento di "giudizio">> e pertanto, ove ne sussistano i presupposti, rientra nelle previsioni dell'art. 34 cod. proc. pen. che dispongono <<l'incompatibilità a giudicare del giudice che abbia già giudicato sulla medesima res iudicanda>>;
che peraltro con riferimento alla situazione, oggetto del presente giudizio, di concorso di più persone nel reato, questa Corte ha costantemente affermato che alla comunanza dell'imputazione fa riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, tali da formare oggetto di autonome valutazioni, salvo l'ipotesi estrema, presa in esame dalla sentenza n. 371 del 1996, in cui la posizione del concorrente nel medesimo reato, già oggetto di precedente valutazione, costituisca <<elemento essenziale per la stessa configurabilità del reato contestato agli altri concorrenti>>;
che nel caso di specie non si versa in questa peculiare situazione e non vi è pertanto motivo di discostarsi dall'indirizzo, costantemente seguito da questa Corte, secondo cui se il pregiudizio per l'imparzialità del giudice deriva da attività compiute in un procedimento diverso, a carico di altri soggetti, il principio del giusto processo trova attuazione mediante gli istituti dell'astensione e della ricusazione (v. sentenze n. 283 e n. 113 del 2000 e ordinanza n. 441 del 2001, nonché le sentenze n. 306, n. 307 e n. 308 del 1997);
che pertanto, tenuto conto del diverso ambito di operatività degli istituti dell'incompatibilità e dell'astensione-ricusazione, parimenti preordinati, rispettivamente all'interno del medesimo procedimento e in procedimenti diversi, alla piena tutela del giusto processo, la questione va dichiarata manifestamente infondata (v. da ultimo ordinanza n. 367 del 2002, relativa ad una situazione di fatto simile a quella oggetto del presente giudizio).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Venezia, con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2002.