Ordinanza n.367

del 2002

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ORDINANZA N.367

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                                                RUPERTO         Presidente

- Riccardo                                            CHIEPPA                 Giudice

- Gustavo                                             ZAGREBELSKY           "

- Valerio                                               ONIDA                               "

- Carlo                                                   MEZZANOTTE               "

- Guido                                                 NEPPI MODONA          "

- Piero Alberto                                    CAPOTOSTI                     "

- Franco                                                BILE                                    "

- Giovanni Maria                                FLICK                                 "

- Francesco                                          AMIRANTE                     "

- Ugo                                                    DE SIERVO                      "

- Romano                                             VACCARELLA              "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli con ordinanza del 21 novembre 2001, iscritta al n. 91 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 2002.

Visto l'atto di costituzione di due degli imputati nel procedimento a quo;

udito nell'udienza pubblica del 18 giugno 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona;

udito l'avvocato Fabio La Rotonda per le  parti private.

Ritenuto che con ordinanza del 21 novembre 2001 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità a celebrare l'udienza preliminare del giudice che abbia già valutato la posizione degli imputati in altro processo definito con sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato <<nei confronti di coimputati concorrenti necessari>> nel medesimo reato;

che il giudice a quo premette di aver giudicato con il rito abbreviato dodici persone imputate di traffico illecito e di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope; di avere dichiarato, nell'ambito dello stesso procedimento, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pubblico ministero nei confronti di altri dieci imputati concorrenti negli stessi reati e, a seguito di nuova richiesta del pubblico ministero, di aver fissato udienza preliminare nei confronti di tali imputati;

che nelle more del procedimento la Corte ha dichiarato con sentenza n. 224 del 2001 l'illegittimità costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede la incompatibilità alla funzione di giudice dell'udienza preliminare del giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza, poi annullata, nei confronti del medesimo imputato e per lo stesso fatto;

che, a seguito di tale decisione, il rimettente ha presentato dichiarazione di astensione per gravi ragioni di convenienza, per avere già valutato con sentenza in altro procedimento la posizione dei coimputati concorrenti necessari, ma che l'astensione non è stata accolta dal Presidente del Tribunale;

che il giudice a quo ritiene che dalla sentenza n. 224 del 2001 – con la quale la Corte ha affermato che, dopo le profonde modifiche introdotte dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, <<la decisione assunta al termine dell'udienza preliminare ha valore equiparabile al giudizio, trattandosi di una valutazione di merito priva "di quei caratteri di sommarietà che prima della riforma erano tipici di una delibazione tendenzialmente circoscritta allo stato degli atti">> - discende che ora tale decisione è <<pregiudicante rispetto a decisioni successive di merito nell'ambito dello stesso processo e pregiudicabile rispetto a precedenti decisioni già assunte>>;

che il rimettente rileva peraltro che con la sentenza n. 113 del 2000 la Corte, richiamando la propria precedente giurisprudenza, ha precisato che nelle ipotesi di concorso di persone nel reato l'aver pronunciato sentenza nei confronti di alcuno dei concorrenti non rende per ciò stesso il giudice incompatibile al successivo giudizio nei confronti degli altri, in quanto all'unitarietà delle figure di concorso fa riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti;

che, tuttavia, <<l'incompatibilità si può verificare […] nelle situazioni estreme individuate dalla sentenza n. 371 del 1996>> in relazione alla posizione dei concorrenti necessari di un reato associativo, mentre nelle altre ipotesi di concorso di persone nel reato la tutela del giusto processo è assicurata, ove sussista in concreto pregiudizio per l'imparzialità del giudice, dagli istituti dell'astensione ex art. 36, comma 1, lettera h), cod. proc. pen., nell'interpretazione che ne è stata data dalla sentenza n. 113 del 2000, e della ricusazione;

che il giudice a quo  ritiene di trovarsi proprio in presenza di una situazione equiparabile a quella presa in esame dalla Corte con la menzionata sentenza n. 371 del 1996, in quanto dovrebbe celebrare l'udienza preliminare nonostante abbia pronunciato, nei confronti di altri imputati concorrenti nel medesimo reato associativo, sentenza con la quale ha già valutato la posizione degli odierni imputati;

che la disciplina censurata si porrebbe in contrasto: con l'art. 3 Cost., per disparità di trattamento rispetto alla <<situazione oramai identica>> per cui è già stata dichiarata, con la  sentenza n. 371 del 1996, l'illegittimità costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen.; con l'art. 24 Cost., perché lede il diritto di difesa dell'imputato, compromesso dalla precedente valutazione effettuata nella sentenza di condanna; con l'art. 111 Cost., perché i principi di imparzialità e terzietà vengono ad essere sacrificati <<dalla naturale propensione [del giudice] a tener fermo il giudizio precedentemente espresso in ordine alla medesima res iudicanda>>;

che nel giudizio si sono costituiti due imputati nel procedimento a quo, rappresentati e difesi dall'avvocato Fabio La Rotonda, che ha depositato note difensive a sostegno dell'accoglimento della questione di legittimità costituzionale, richiamandosi alle argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione.

Considerato che il giudice a quo chiede a questa Corte una pronuncia che estenda la sfera di operatività dell'istituto dell'incompatibilità all'ipotesi in cui il giudice, chiamato a celebrare l'udienza preliminare nei confronti di alcuni imputati, abbia già emesso sentenza in esito a giudizio abbreviato nei confronti di altri imputati concorrenti nel medesimo reato;

che, sia con la sentenza n. 224 del 2001, richiamata dal rimettente, sia con la successiva sentenza n. 335 del 2002, questa Corte ha affermato che l'udienza preliminare è divenuta <<un momento di "giudizio">> e quindi, ove ne sussistano i presupposti, rientra <<pianamente nelle previsioni dell'art. 34 del codice che dispongono per l'appunto l'incompatibilità a giudicare del giudice che abbia già giudicato sulla medesima res iudicanda>>;

che, in caso di concorso di persone nel reato, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte alla comunanza dell'imputazione fa riscontro una pluralità di condotte distintamente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti, tali da formare oggetto di autonome valutazioni, scindibili l'una dall'altra, salve le ipotesi estreme, prese in esame dalle sentenze n. 371 del 1996 e n. 241 del 1999 e precisate da successive decisioni (v., in particolare, la sentenza n. 113 del 2000), che giustificano l’operatività dell’istituto dell’incompatibilità anche quando le funzioni pregiudicante e pregiudicata si collocano in procedimenti diversi;

che nel caso di specie non si versa nella peculiare situazione individuata dal rimettente con riferimento alla sentenza n. 371 del 1996, posto che la posizione dei concorrenti nel medesimo reato, già oggetto di precedente valutazione, non costituisce <<elemento essenziale per la stessa configurabilità del reato contestato agli altri concorrenti>>;

che non vi è pertanto motivo di discostarsi dall'indirizzo, costantemente seguito da questa Corte, secondo cui la sfera di applicazione dell'istituto dell'incompatibilità si riferisce a situazioni di pregiudizio per l'imparzialità del giudice che si verificano all'interno del medesimo procedimento (v. da ultimo sentenze n. 283 e n. 113 del 2000 e ordinanza n. 441 del 2001, nonché le sentenze n. 306, n. 307 e n. 308 del 1997), mentre, se il pregiudizio per l'imparzialità del giudice deriva da attività compiute in un procedimento diverso, il principio del giusto processo trova attuazione mediante gli istituti dell'astensione e della ricusazione, <<anch'essi preordinati alla salvaguardia delle esigenze di imparzialità della funzione giudicante, ma secondo una logica a posteriori e in concreto>> (v. da ultimo, in una situazione speculare a quella oggetto del presente giudizio, ordinanza n. 441 del 2001 e le precedenti decisioni in materia ivi richiamate);

 che in particolare, al fine di porre rimedio all’eventuale pregiudizio per l'imparzialità del giudice dell'udienza preliminare denunciato dal rimettente, soccorrono gli istituti della astensione per "altre gravi ragioni di convenienza", estesa alle funzioni giurisdizionali legittimamente svolte in altro procedimento alla stregua dell’interpretazione  riservata dalla sentenza n. 113 del 2000 all'art. 36, comma 1, lettera h), cod. proc. pen., e della ricusazione, alla quale, a seguito della sentenza n. 283 del 2000, si può fare ricorso anche nelle ipotesi in cui il giudice abbia già espresso in un diverso procedimento una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto;

che pertanto, tenuto conto della diversa sfera di operatività degli istituti dell'incompatibilità e dell'astensione-ricusazione, egualmente preordinati alla piena tutela del principio del giusto processo, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2002.