Sentenza n. 227

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SENTENZA N.227

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof.    Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 1991, n. 16 (Adeguamento alle disposizioni di cui al decreto legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 37. Elevazione limiti di età per il collocamento a riposo dei dirigenti della Regione Puglia), promosso con ordinanza emessa il 12 dicembre 1995-7 febbraio 1996 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia sui ricorsi riuniti proposti da Guido Licio contro la Regione Puglia, iscritta al n. 464 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale dell'anno 1996.

Udito nella camera di consiglio del 7 maggio 1997 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto in fatto

 

1. In data 6 marzo 1995, Licio Guido, dirigente in servizio presso la Regione Puglia con qualifica di coordinatore dell'Ufficio del Genio civile di Bari, presentava istanza di trattenimento in servizio fino al 70° anno di età, assumendo di aver maturato, a quella data, un'anzianità di servizio utile a pensione di anni 42, comprensivi, però, di cinque anni corrispondenti al corso legale della laurea in Ingegneria, già ammessi a riscatto con decreto del Ministero dei lavori pubblici, dai cui ruoli egli proveniva essendo successivamente transitato in quelli della Regione. Pertanto, l'interessato revocava la propria istanza relativa all'ammissibilità a riscatto del detto periodo di studi, sicchè, non raggiungendo con il solo servizio effettivo il tetto massimo di anni 40, riteneva di aver diritto a permanere in servizio fino al raggiungimento di tale tetto e, comunque, fino a 70 anni.

Contro il provvedimento del responsabile del settore personale della Regione che rigettava tale domanda, disponendo il collocamento a riposo dell'ing. Guido alla data del 31 agosto 1995, lo stesso presentava ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Puglia, che accoglieva la richiesta di sospensiva proposta in via incidentale dal Guido.

Con successivo ricorso, veniva impugnata la delibera con la quale la Giunta regionale, prendendo a sua volta in esame, dopo l'intervento dell'ordinanza suddetta, la domanda del Guido, la aveva rigettata.

Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia sospendeva l'efficacia anche del nuovo provvedimento.

Nel corso dell'udienza di merito, l'adito Tribunale amministrativo regionale, con ordinanza del 12 dicembre 1995 (r.o. n. 464 del 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 1991, n. 16 (Adeguamento alle disposizioni di cui al decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 37. Elevazione limiti di età per collocamento a riposo dei dirigenti della Regione Puglia), nella parte in cui essa prevede che il servizio utile per il conseguimento del massimo della pensione debba ricomprendere i "servizi riscattabili e ricongiungibili" e non già quelli riscattati e ricongiunti con atto formale.

Tale disciplina, ad avviso del giudice a quo, precludendo la facoltà di revoca della istanza di riscatto dei servizi, si porrebbe in contrasto con la normativa statale di cui al decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 37, secondo l'interpretazione fornitane dalla Corte dei conti, che ha ritenuto che la circostanza che il dipendente si sia avvalso del beneficio del riscatto non esclude che egli possa in seguito rinunciarvi, fino al momento in cui il riscatto non si sia attualizzato nel provvedimento di liquidazione della pensione.

Sarebbe, in tal modo, violato l'art. 117 della Costituzione. Inoltre, si determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra i dipendenti statali e quelli della Regione Puglia, cui non é consentito di rinunciare alla domanda di riscatto già presentata al fine di avvalersi del beneficio del trattenimento in servizio.

Tale disparità sarebbe, tra l'altro, operata in un momento in cui, per l'allungamento della vita media dei pensionati e per l'esigenza di arginare la rilevantissima spesa pubblica in materia previdenziale, comunque a carico dello Stato, si tende a scoraggiare il pensionamento anticipato e a favorire, invece, il mantenimento in servizio dei dipendenti pubblici.

2. Nel giudizio non ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

 

1. La questione di legittimità costituzionale sottoposta all'esame della Corte riguarda l'art. 1 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 1991, n. 16 (Adeguamento alle disposizioni di cui al d.l. 27 dicembre 1989, n. 413, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 37. Elevazione limiti di età per collocamento a riposo dei dirigenti della Regione Puglia), nella parte in cui, nel consentire al personale dirigenziale che debba essere collocato a riposo per raggiunti limiti di età e che non abbia maturato gli anni di servizio attualmente richiesti per il massimo della pensione, di essere trattenuto in servizio fino al 70° anno di età, prevede che il servizio utile per il conseguimento del massimo della pensione debba ricomprendere i servizi "riscattabili e ricongiungibili", anzichè riscattati e ricongiunti con atto formale secondo la disciplina della normativa statale di cui al d.l. n. 413 del 1989, convertito, con modificazioni, nella legge n. 37 del 1990. Sarebbero violati l'art. 117 della Costituzione per il contrasto con i principi fondamentali della normativa statale in materia, e l'art. 3 della Costituzione per la ingiustificata disparità di trattamento che si determinerebbe tra i dirigenti statali e quelli regionali.

La differente formulazione della norma impugnata rispetto alla legge statale escluderebbe, infatti, ad avviso del Tribunale amministrativo regionale della Puglia, la facoltà di revocare l'istanza, eventualmente già presentata, di riscatto dei servizi utili a fini pensionistici, a differenza di quanto accadrebbe per i dirigenti statali, che potrebbero invece rinunciarvi fino al momento in cui il riscatto non si sia attualizzato nel provvedimento di liquidazione della pensione.

2. La portata della norma censurata e l'esame della relativa questione sotto i profili denunciati non comportano in questa sede la soluzione del problema interpretativo relativo alla possibilità della revoca della domanda di riscatto dei periodi utili e computabili ai fini del trattamento pensionistico, possibilità sulla quale vi é un indirizzo interpretativo del giudice amministrativo e pensionistico tutt'altro che univoco. Infatti, la stessa norma denunciata affronta il problema del trattenimento in servizio a domanda, oltre i limiti di età fino al raggiungimento del limite massimo di anni per il calcolo della pensione, e comunque non oltre il 70° anno di età, ponendo come presupposto soggettivo che il dipendente con qualifica dirigenziale "non abbia maturato gli anni di servizio richiesti per il massimo della pensione, ivi compresi i servizi riscattabili e ricongiungibili".

Tale disposizione testuale, accompagnata, sia pure in modo anomalo, da una osservazione in calce alla legge pubblicata quale che ne possa essere la rilevanza ha la evidente finalità di una migliore e precisa determinazione dei presupposti del beneficio con minore rischio di contenzioso (e perciò stesso non irrazionale nè contraria al buon andamento dell'amministrazione).

La norma, prendendo in considerazione i servizi suscettibili di riscatto o di ricongiunzione, tende a rendere irrilevante ogni problema della attualità del riscatto di periodi e della relativa mutazione a seguito di revoca da parte dell'interessato: la legge regionale ha mantenuto la ratio, comune alle varie norme statali in materia caratterizzate sempre da interventi episodici e settoriali , di dare la possibilità di raggiungere il tetto massimo di anni 40 valutabili (v. ordinanza n. 209 del 1991), ma ha limitato il beneficio a coloro che non avevano la possibilità di raggiungere tale limite massimo, lasciando fuori coloro che tale possibilità avevano già acquisito o erano nelle condizioni di acquisire in base alla preesistente legislazione in materia di periodi riscattabili o ricongiungibili.

3. I principi, desumibili dalla legislazione statale in materia e chiariti da questa Corte, sono che il trattenimento in servizio, oltre i limiti di età stabiliti in via generale per determinati settori o per particolari categorie di dipendenti, può avvenire solo su domanda dell'interessato, e non d'ufficio da parte dell'amministrazione (sentenza n. 162 del 1997 e nei soli casi e per i periodi previsti dal legislatore, che non é tenuto ad una estensione generalizzata; inoltre, che il bene costituzionalmente protetto é rappresentato dal conseguimento della pensione al "minimo", mentre non gode di eguale protezione il raggiungimento del trattamento pensionistico massimo; che in particolare la disciplina legislativa sul trattenimento in servizio, al di là del limite di età fissato per il collocamento a riposo, rientra nella sfera discrezionale del legislatore, statale o regionale, sempre che non sia violato il canone di ragionevolezza (sentenze n. 422 del 1994; n. 475 del 1993; nn. 374 e 90 del 1992; nn. 491,490 e 440 del 1991; ordinanza n. 380 del 1994);

Come sottolineato nella citata sentenza n. 162 del 1997, in materia di limiti di età e di trattenimento in servizio di dipendenti regionali, il legislatore regionale non é tenuto a conformarsi pedissequamente alle singole disposizioni statali relative al pubblico impiego, ma é vincolato dai principi fondamentali della legislazione statale, che "possono consistere in un complesso articolato di criteri direttivi risultanti dalla regola generale vigente nel settore ed integrata dalle possibili deroghe stabilite dalla medesima legislazione. Pertanto lo stesso legislatore dovrà attenersi alla regola generale e potrà distaccarsene soltanto con la previsione di discipline derogatorie identiche a quelle dettate dalle leggi dello Stato, ovvero riconducibili alla medesima ratio [...]. La regola consiste nel divieto per il legislatore regionale di stabilire in via generale una disciplina che preveda per il personale della Regione un'età massima per il collocamento a riposo superiore a quella fissata dalle leggi statali per la corrispondente categoria dei dipendenti" (sentenze n. 162 del 1997; n. 186 del 1990 e n. 238 del 1988).

Infine, il limite massimo dell'età lavorativa, legislativamente fissato a seconda delle categorie, può essere, dallo stesso legislatore, anche da quello regionale, derogato a fini assicurativi e previdenziali (sentenza n. 238 del 1988): il legislatore regionale, come é libero, in una scelta non irragionevole, di accordare in via generale o per determinate categorie il trattenimento in servizio tenuto conto della situazione del personale del settore, così ha la facoltà di circoscrivere la possibilità di usufruire della deroga soltanto al periodo strettamente necessario per raggiungere tale scopo (sentenza n. 238 del 1988).

Le scelte del legislatore regionale della Puglia sono state tutt'altro che manifestamente arbitrarie o irragionevoli o discriminatorie, come sopra rilevato, essendo stati fissati limiti precisi e esattamente corrispondenti alla ratio, di pregio costituzionale, di consentire il raggiungimento del limite massimo di periodi valutabili per la pensione solo a chi non ha altra possibilità di raggiungere tale limite.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 1991, n. 16 (Adeguamento alle disposizioni di cui al decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 37. Elevazione limiti di età per collocamento a riposo dei dirigenti della Regione Puglia), sollevata, in riferimento agli artt. 117 e 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giuno 1997.

Presidente: Giuliano VASSALLI

Redattore: Riccardo CHIEPPA

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1997.