SENTENZA N. 162
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Liguria, riapprovata il 10 aprile 1996, recante "Norme sul collocamento a riposo dei dipendenti regionali", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 30 aprile 1996, depositato in Cancelleria l'8 maggio successivo ed iscritto al n. 22 del registro ricorsi 1996.
Visto l'atto di costituzione della Regione Liguria;
udito nell'udienza pubblica del 25 febbraio 1997 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il ricorrente, e l'avvocato Federico Sorrentino per la Regione Liguria.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso notificato in data 30 aprile 1996 e depositato in data 8 maggio 1996, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato, in via principale, in riferimento agli artt. 117, 3 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Liguria recante "Norme sul collocamento a riposo dei dipendenti regionali", riapprovata il 10 aprile 1996 a seguito di rinvio governativo.
La legge impugnata consta di un solo articolo, che nei primi due commi stabilisce la cessazione dal servizio dei dipendenti e dirigenti regionali al compimento del sessantacinquesimo anno di età con effetto dal primo giorno del mese successivo a quello del compimento di tale età, e al comma 3 conferisce all'amministrazione la facoltà di accettare, per motivate esigenze di servizio, la domanda di trattenimento in servizio fino a un massimo di due anni, presentata dal personale di cui al comma 1.
Osserva l'autorità ricorrente che quest'ultima disposizione differisce profondamente da quella dettata dall'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, riguardante il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, alla stregua del quale la permanenza in servizio dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici per un biennio oltre i limiti di età previsti é rimessa alla facoltà dei dipendenti stessi, senza alcuna condizione.
Pertanto, la legge regionale de qua sarebbe in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in quanto la norma statale si porrebbe come norma di principio, non derogabile ad opera di leggi regionali.
Essa determinerebbe inoltre, in violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza, equità e imparzialità dell'amministrazione di cui agli artt. 13 (recte: 3) e 97 della Costituzione, una disparità di trattamento dei dipendenti della Regione Liguria rispetto a quelli dello Stato e di altre Regioni.
2. Nel giudizio si é costituita la Regione Liguria, sostenendo la infondatezza del ricorso.
Nell'atto di costituzione si osserva anzitutto che la censura relativa al presunto contrasto con un principio fondamentale della legislazione statale sarebbe da considerare indeterminata, in quanto non consentirebbe di cogliere il principio che si assume vulnerato. In ogni caso la disposizione di cui al citato art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992 non esprimerebbe alcun principio fondamentale. Essa, al contrario, sarebbe da qualificare come norma speciale all'interno del testo normativo che la prevede, riferendosi solo ad alcune categorie di dipendenti pubblici.
Del resto, tale differenziazione della disciplina del collocamento a riposo sarebbe espressione di ampia discrezionalità del legislatore in materia. La natura della previsione non potrebbe, dunque, consentirne un'interpretazione estensiva.
Ma, se anche la disposizione statale fosse astrattamente idonea ad esprimere un principio fondamentale, e, come tale, vincolante per la legislazione regionale, la norma di principio non sarebbe comunque, secondo la Regione Liguria, quella indicata dal ricorrente. Al contrario, l'eventuale principio sarebbe esclusivamente quello del carattere facoltativo della permanenza in servizio, ma non potrebbe essere escluso il potere dell'amministrazione di valutare la compatibilità della permanenza in servizio del dipendente con le esigenze organizzative e di servizio.
Nè la normativa impugnata determinerebbe, secondo la Regione Liguria, alcuna disparità di trattamento.
L'affermazione di una necessaria e generale omogeneità di trattamento dei pubblici dipendenti sarebbe contraddittoria, si osserva nell'atto di costituzione, rispetto alla previsione di una competenza legislativa regionale in materia. Del resto, lo stesso legislatore statale detta disposizioni estremamente diversificate in ordine al limite di età per il collocamento a riposo.
Invece, sarebbe proprio l'interpretazione dell'autorità ricorrente a porsi in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. Infatti, per un verso, la massima estensione della norma la renderebbe applicabile anche alle categorie di dipendenti per le quali la legge già ammette un limite di età più elevato; per l'altro, la negazione di qualsiasi potere dell'amministrazione di valutazione dell'interesse pubblico comporterebbe una violazione del principio del buon andamento dell'amministrazione e della ragionevolezza.
La Regione Liguria solleva perciò, per l'eventualità che venga ritenuta fondata l'interpretazione dell'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992 proposta dal Governo, la questione di legittimità costituzionale della citata norma per sospetta violazione dell'art. 97 della Costituzione nella parte in cui consente applicazioni lesive del principio di buon andamento e di ragionevolezza.
3. Nell'imminenza dell'udienza l'Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria con la quale insiste per l'accoglimento del ricorso e per la declaratoria di infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Regione Liguria.
Al riguardo, la difesa del Presidente del Consiglio ribadisce che la norma di cui all'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992 deve intendersi riferita all'area del pubblico impiego nel suo complesso, con esclusione soltanto del personale dipendente degli enti pubblici economici. Essa, inoltre, andrebbe considerata nel contesto generale della disciplina prevista dal d.lgs. n. 503 del 1992, che va nella direzione di ottenere una generalizzata dilazione e riduzione degli oneri previdenziali. In tal senso, essa non potrebbe essere ritenuta una norma di dettaglio.
In siffatto quadro, il riconoscimento in capo all'amministrazione regionale della Liguria del potere di rendere non operativa la domanda di prosecuzione del rapporto, ovvero di accoglierla, stabilendo, peraltro, di autorità il periodo di ulteriore permanenza fino ad un massimo di due anni, violerebbe i principi di uguaglianza e di imparzialità e quello di ragionevolezza, non potendo la valutazione al riguardo essere rimessa all'interesse particolare della Regione, dovendo, invece, essere compiuta alla stregua dell'interesse collettivo di carattere nazionale perseguito con la normativa di cui si tratta.
Del resto, l'accertamento della persistenza dei requisiti di idoneità del dipendente potrebbe essere effettuato in ogni momento, sia nel periodo anteriore al raggiungimento dei limiti di età, sia nel periodo di prosecuzione a domanda del rapporto di impiego oltre tali limiti.
Nè avrebbe giustificazione sempre secondo la difesa della ricorrente la presunzione di inefficienza dei dipendenti che hanno raggiunto i limiti di età, sulla quale la Regione Liguria fonderebbe la rivendicazione di un potere discrezionale di valutazione delle esigenze di servizio idonee a paralizzare la domanda di proroga del rapporto.
Considerato in diritto
1. La questione di legittimità costituzionale, sottoposta all'esame della Corte dal ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, riguarda l'articolo unico della legge della Regione Liguria recante "Norme sul collocamento a riposo dei dipendenti regionali", riapprovata il 10 aprile 1996 a seguito di rinvio governativo, nella parte in cui, al comma 3, conferisce all'amministrazione la facoltà di accettare, per motivate esigenze di servizio, la domanda di trattenimento in servizio del personale di cui si tratta, fino ad un massimo di due anni oltre il raggiungimento del limite del sessantacinquesimo anno di età.
La questione é prospettata sotto il profilo della violazione dell'art. 117 della Costituzione, per contrasto con un principio fondamentale della legislazione statale, di cui sarebbe espressione l'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, che rimette la permanenza in servizio dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici per un biennio oltre i limiti di età alla facoltà dei dipendenti stessi; degli artt. 3 e 97 della Costituzione, per la disparità di trattamento che si determinerebbe tra i dipendenti della Regione Liguria e quelli dello Stato o di altre Regioni, in contrasto con i principi di uguaglianza, di ragionevolezza, di equità e imparzialità della pubblica amministrazione.
Inoltre, per l'eventualità che la Corte ritenga, in conformità alla interpretazione governativa, che l'art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992 per un verso si applichi ad ogni settore del pubblico impiego, e abbia valore di principio vincolante per la legislazione regionale, per l'altro attribuisca al dipendente un diritto incondizionato al mantenimento in servizio, la Regione Liguria ha posto il dubbio della legittimità costituzionale del predetto art. 16 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto consentirebbe applicazioni lesive del principio di buon andamento dell'amministrazione e di ragionevolezza.
2. Il ricorso é privo di fondamento.
Il principio fondamentale della legislazione statale, che si desume dall'art. 16 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, é quello secondo il quale il trattenimento in servizio oltre i limiti di età può avvenire solo su istanza dell'interessato, essendo giuridicamente protetta la posizione del dipendente pubblico diretta ad ottenere il collocamento a riposo al compimento dei limiti di età previsti (in via generale o per il determinato settore di impiego pubblico).
La prosecuzione del rapporto di impiego oltre il limite di età é stata configurata dal legislatore come eccezione alla regola posta in tema di limiti di età per il servizio (rimasti, si nota, immodificati), prevedendosi una prosecuzione del rapporto su domanda dell'interessato "per un periodo massimo di un biennio". La suddetta disposizione di carattere eccezionale, anche se introdotta con finalità di contenimento della spesa pubblica in ordine ai trattamenti di previdenza e di quiescenza (permanendo tuttavia il carico del trattamento di servizio attivo e degli oneri riflessi, in genere complessivamente maggiori rispetto a quelli connessi a nuove assunzioni, meramente eventuali anche in relazione a ricorrenti blocchi), non é incompatibile con le disposizioni normative che prevedono la sussistenza di requisiti per la continuazione del rapporto di pubblico impiego (come l'idoneità fisica, l'assenza di incompatibilità, la persistenza del posto ecc.).
Dalle disposizioni invocate dal ricorrente non può trarsi, invece, un principio fondamentale della legislazione statale (tale da vincolare il legislatore regionale) secondo cui esisterebbe un diritto incondizionato del dipendente pubblico al mantenimento in servizio per un biennio.
3. D'altro canto, in materia di limiti di età e di trattenimento in servizio di dipendenti regionali, il legislatore regionale non é tenuto a conformarsi pedissequamente alle singole disposizioni statali relative al pubblico impiego, tanto più nel caso in cui come nella specie la norma statale interposta, invocata come parametro di valutazione, sia contenuta in un decreto delegato emanato in base a delega sulla previdenza, con oggetto e criteri direttivi non estesi a tutti i dipendenti pubblici, ma limitati al settore dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici (art. 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
Il legislatore regionale, nell'esercizio della competenza in materia di impiego pubblico regionale (cui é ascrivibile la legge impugnata recante norme sul collocamento a riposo di ufficio e sul limite di età), é vincolato dai principi fondamentali della legislazione statale, che "possono consistere in un complesso articolato di criteri direttivi risultanti dalla regola generale vigente nel settore ed integrata dalle possibili deroghe stabilite dalla medesima legislazione. Pertanto lo stesso legislatore dovrà attenersi alla regola generale e potrà distaccarsene soltanto con la previsione di discipline derogatorie identiche a quelle dettate dalle leggi dello Stato, ovvero riconducibili alla medesima ratio.... La regola consiste nel divieto per il legislatore regionale di stabilire in via generale una disciplina che preveda per il personale della Regione un'età massima per il collocamento a riposo superiore a quella fissata dalle leggi statali per la corrispondente categoria dei dipendenti" (sentenze n. 186 del 1990 e n. 238 del 1988).
Certamente nella materia di cui si tratta deve escludersi la esistenza di un limite unico di età generale per l'intero settore pubblico, essendo previsti limiti diversi a seconda delle categorie di personale (argomentando dalle sentenze n. 238 del 1988 e n. 422 del 1994); inoltre, relativamente al prolungamento dell'età pensionabile devesi riconoscere un'ampia discrezionalità del legislatore con il solo limite della manifesta arbitrarietà (da ultimo, ordinanza n. 380 del 1994 e sentenza n. 422 del 1994). Tale discrezionalità deve essere riconosciuta anche al legislatore regionale, la cui scelta, nella fattispecie in esame, deve ritenersi tutt'altro che arbitraria o irragionevole, per avere espressamente attribuito all'amministrazione un potere di valutare motivatamente la coincidenza con esigenze di interesse pubblico attinenti al servizio della facoltà esercitata dal dipendente di rimanere in attività, per un ulteriore periodo massimo di due anni, in aggiunta al limite di età di 65 anni, previsto dall'ordinamento regionale.
Tale potere di valutazione da parte dell'amministrazione regionale (certamente conforme alle esigenze di buon andamento rilevanti sul piano costituzionale), in quanto esercizio di una discrezionalità amministrativa, deve essere caratterizzato da una puntuale motivazione, il cui obbligo é rinforzato dal preciso limite, posto dalla norma primaria, della rilevanza delle sole "esigenze di servizio" ai fini del rifiuto di accettazione della domanda. In altri termini, solo in caso di dimostrata e motivata mancanza di esigenze di servizio (come, ad es., nel caso di sovrabbondanza di personale con identiche funzioni; di accertata non rispondenza delle condizioni fisiche del dipendente allo svolgimento delle funzioni specifiche di istituto; di soppressione di ufficio a seguito di delega a enti locali; ed altri) la regione in una razionale e corretta interpretazione della norma potrà esercitare la facoltà di non accettare la domanda di trattenimento in servizio.
Di conseguenza deve essere esclusa ogni violazione dei principi di eguaglianza, ragionevolezza, equità ed imparzialità invocati nel ricorso (artt. 3 e 97 della Costituzione).
4. Dal rigetto del ricorso principale proposto dallo Stato consegue che non deve essere esaminata la eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 16 del d.lgs n. 503 del 1992, sollevata dalla Regione Liguria in via meramente subordinata e nella sola eventualità di accoglimento della interpretazione, data nel ricorso, della predetta norma.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Liguria, riapprovata il 10 aprile 1996, (Norme sul collocamento a riposo dei dipendenti regionali), sollevata, in riferimento agli artt. 117, 3 e 97 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 giugno 1997.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Riccardo CHIEPPA
Depositata in cancelleria il 4 giugno 1997.