Sentenza n. 90 del 1992

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SENTENZA N. 90

 

ANNO 1992

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

Dott. Francesco GRECO

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 53, primo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), promosso con ordinanza emessa il 3 maggio 1991 dal T.A.R. per il Veneto sui ricorsi riuniti proposti da Sesti Antonio Giulio contro la U.S.L. n. 21 di Padova ed il CORECO -Sezione di Venezia- iscritta al n. 569 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1991.

 

Visto l'atto di intervento di intervento di Giulietti Giulio;

 

udito nella camera di consiglio del 5 febbraio 1992 il Giudice relatore Francesco Greco.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il dr. Antonio Giulio Sesti, aiuto ospedaliero presso la U.S.L. n. 21 di Padova, ricorreva al T.A.R. per il Veneto contro il provvedimento del CORECO -sezione di Venezia- che aveva annullato la deliberazione della U.S.L. con la quale si disponeva il suo trattenimento in servizio fino al 30 ottobre 1990, data in cui avrebbe maturato il diritto al trattamento minimo di pensione

 

Il T.A.R., con ordinanza emessa il 3 maggio 1991 (R.O. n. 569 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, primo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979, nella parte in cui, al fine di maturare il minimo della pensione, non prevede deroghe al collocamento a riposo a sessantacinque anni, entro il limite massimo di settant'anni.

 

A parere del remittente, sarebbero violati gli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, per la disparità di trattamento che si verificherebbe a danno degli assistenti e aiuti ospedalieri, rispetto ad altre categorie di dipendenti pubblici anche appartenenti alle categorie dei sanitari, tra cui principalmente i primari ospedalieri, per i quali è previsto il collocamento a riposo a settant'anni di età per conseguire il massimo della pensione.

 

2. - L'ordinanza è stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

 

3. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte non si sono costituite le parti private, nè è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, ma ha spiegato intervento il dr. Giulio Giulietti che, però, non è parte del giudizio che si svolge dinanzi al giudice remittente.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il T.A.R. per il Veneto dubita della legittimità costituzionale dell'art. 53, primo comma, del d.P.R. n. 761 del 1979, nella parte in cui non prevede, per il collocamento a riposo del personale sanitario delle UU.SS.LL. fissato a sessantacinque anni, le deroghe necessarie al fine di conseguire l'anzianità necessaria per il minimo della pensione, entro il limite di settant'anni di età. A suo parere sarebbero violati gli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, verificandosi disparità di trattamento a danno degli assistenti ed aiuti ospedalieri rispetto ad alcune categorie di dirigenti pubblici e in particolare del personale sanitario tra cui principalmente i primari ospedalieri, per i quali è previsto il collocamento a riposo a settant'anni per conseguire il massimo della pensione.

 

2. - Si osserva preliminarmente che non è ammissibile l'intervento del dr.Giulio Giulietti, in quanto nel giudizio che si svolge dinanzi a questa Corte sono parti solo quelle del giudizio pendente dinanzi al giudice che ha emesso l'ordinanza di remissione della questione di legittimità costituzionale e non sono ammessi interventi estranei a quel giudizio (sentt. nn. 63 e 119 del 1991).

 

3. - La questione è fondata.

 

Si è già affermato (sentt. nn. 444 del 1990, 282 del 1991), che è principio di ordine generale quello secondo cui non può essere preclusa, senza violare l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, la possibilità, per il dipendente pubblico che al compimento del sessantacinquesimo anno di età, qualunque sia la data di assunzione, non abbia maturato il diritto a pensione, di derogare a tale limite fissato per il collocamento a riposo, al solo scopo di completare il periodo minimo di servizio richiesto dalla legge per il conseguimento di tale diritto.

 

Si è anche osservato che le considerazioni in ordine alla discrezionalità del legislatore derivanti dalla necessità di bilanciare l'interesse del lavoratore al conseguimento del diritto alla pensione con altri interessi costituzionalmente rilevanti non sono sufficienti per fondare il non accoglimento della questione, sia perchè in genere si è ritenuto possibile il prolungamento dell'età lavorativa per l'aumento dell'età media, sia perchè la facoltà in questione va riconosciuta solo per il tempo strettamente necessario per il raggiungimento dell'anzianità minima per conseguire il diritto alla pensione.

 

Si deve, infatti, conferire il massimo di effettività alla garanzia del diritto sociale alla pensione da riconoscersi a tutti i lavoratori in base all'art. 38, secondo comma, della Costituzione, e la realizzazione di detto obiettivo rientra in finalità costituzionalmente protette (sent. 440 del 1991). Mentre, la garanzia del raggiungimento di un trattamento pensionistico massimo è affidata alla discrezionalità del legislatore e il suo mancato riconoscimento non importa violazione dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 53, primo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), nella parte in cui non consente al personale ivi contemplato che al raggiungimento del limite di età per il collocamento a riposo non abbia compiuto il numero degli anni richiesti per ottenere il minimo della pensione, di rimanere, su richiesta, in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima e, comunque, non oltre il settantesimo anno di età.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/02/92.

 

Aldo CORASANITI, Presidente

 

Francesco GRECO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 9 marzo del 1992.