Sentenza n. 282 del 1991

 

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 282

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Ettore GALLO                                                   Presidente

Dott. Aldo CORASANITI                                         Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 4 dicembre 1990 dal T.A.R. della Toscana sul ricorso proposto da Saluzzi Gaetano contro il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, iscritta al n. 171 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Udito nella camera di consiglio del 22 maggio 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri;

 

Ritenuto in fatto

 

In sede di esame della domanda di sospensione, proposta da Saluzzi Gaetano, del provvedimento della Direzione provinciale delle Poste di Siena con cui il ricorrente era stato collocato a riposo, senza diritto a pensione, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, ai sensi dell'art. 4, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, il TAR della Toscana ha sollevato questione di legittimità costituzionale di detta norma - in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione - "nella parte in cui non prevede il diritto al trattenimento in servizio del personale statale ultrasessantacinquenne che non abbia ancora maturato l'anzianità di servizio minima per il conseguimento del diritto a pensione".

Il giudice remittente, premesso che questa Corte con sentenza n. 461 del 1989 - pur auspicando una più ampia attuazione del diritto garantito dall'art. 38, secondo comma, Cost. - dichiarò non fondata la anzidetta questione, rileva che, successivamente, con sentenza n. 444 del 1990, la Corte stessa, dopo aver osservato che si è avuta di recente una evoluzione legislativa nel senso da essa auspicato, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477 nella parte in cui non consente al personale scolastico, assunto dopo il 1° ottobre 1974, che al compimento del 65° anno di età non abbia ancora maturato il diritto alla pensione, di rimanere in servizio a richiesta fino al conseguimento del diritto medesimo (e comunque non oltre il 70° anno di età).

Ciò posto, il remittente osserva che le deroghe al principio generale del collocamento a riposo dei dipendenti statali al compimento del 65° anno di età (quelle previste dal legislatore e quelle riconosciute da questa Corte), hanno finito con l'assumere un'ampiezza tale da minare profondamente la saldezza del principio stesso, nei cui confronti non appare più praticabile la regola della sua intangibilità a fronte di peculiari situazioni prese in considerazione per specifiche esigenze di settore.

Pertanto, e soprattutto alla luce della motivazione della citata sentenza n. 444 del 1990, il giudice a quo ritiene che la mutata situazione imponga di rimettere nuovamente a questa Corte la questione relativa all'art. 4 del d.P.R. n. 1092 del 1973, nella parte in cui non prevede il trattenimento in servizio del personale statale oltre il 65° anno di età (e comunque non oltre il 70°) per il tempo necessario al conseguimento del diritto a pensione: e ciò sia in riferimento all'art. 3 Cost., per disparità di trattamento tra i beneficiari delle ricordate deroghe e coloro che tuttora sono esclusi da tale beneficio, sia all'art. 38, secondo comma, Cost. in relazione al diritto per i lavoratori ad una adeguata posizione previdenziale. Con riguardo a tale diritto va, infine, evidenziata, conclude il TAR remittente, la irrazionalità della norma impugnata rispetto alla legge 2 aprile 1968, n. 482, in quanto, mentre quest'ultima consente l'assunzione presso la pubblica amministrazione degli invalidi fino all'età di 55 anni, il censurato art. 4, negando il trattenimento in servizio per il conseguimento del diritto a pensione, viene a neutralizzare la posizione di favore delle categorie protette proprio nel momento in cui ne hanno maggior bisogno (ed in tale situazione si trova il ricorrente, assunto quale invalido civile all'età di 51 anni il 1° dicembre 1976).

 

Considerato in diritto

 

1. - Il TAR della Toscana solleva questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, della Costituzione, dell'art. 4, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non prevede il trattenimento in servizio del personale statale che al compimento del 65° anno di età non abbia ancora maturato l'anzianità di servizio minima per il conseguimento del diritto a pensione, per il tempo necessario al raggiungimento di tale anzianità minima (e comunque non oltre il 70° anno di età).

Il giudice remittente rileva che successivamente alla sentenza n. 461 del 1989, con cui questa Corte dichiarò non fondata la medesima questione, è intervenuta la sentenza n. 444 del 1990, con la quale la Corte stessa, preso atto che si era nel frattempo verificata una evoluzione legislativa tendente ad una più compiuta attuazione del principio sancito nell'art. 38, secondo comma, della Costituzione (più volte auspicata dalla propria giurisprudenza), ha riconosciuto il diritto al trattenimento in servizio oltre il 65° anno di età, fino al raggiungimento del minimo della pensione, a tutto il personale della scuola.

Ne consegue, conclude il giudice a quo, che la questione relativa alla legittimità del principio generale del collocamento a riposo al 65° anno (sancito nella norma impugnata) debba, a seguito del mutamento del quadro normativo, essere nuovamente esaminata sia in riferimento al citato art. 38, secondo comma, per lesione del diritto sociale alla pensione minima, sia all'art. 3 della Costituzione, considerato che le ipotesi in cui è stata riconosciuta la facoltà di deroga a tale principio sono oramai divenute così numerose da non poter più ritenere razionalmente giustificata la mancata estensione di tale facoltà alle categorie di personale che tuttora non ne beneficiano.

2. - In riferimento all'art. 38, secondo comma, della Costituzione, la questione è fondata.

Nella citata sentenza n. 444 del 1990 questa Corte ha evidenziato che la propria pregressa giurisprudenza aveva già avuto modo di sottolineare, da un lato, che erano rispondenti a finalità sociali di particolare pregio costituzionale - in relazione appunto all'art. 38, secondo comma - le leggi emanate da alcune regioni che avevano riconosciuto ai propri dipendenti ultrasessantacinquennila facoltà del trattenimento in servizio per il periodo necessario al conseguimento della pensione (sent. n. 238 del 1988), e, dall'altro, - pur dichiarando in quella sede l'infondatezza della medesima questione ora nuovamente sollevata - che l'interesse del lavoratore a tale beneficio era da considerarsi, nella prospettiva di una più ampia attuazione del citato precetto costituzionale, meritevole di considerazione, anche perché la presunzione di una diminuita disponibilità di energie lavorative al compimento del 65° anno era destinata col tempo sempre più ad affievolirsi (sent. n. 461 del 1989).

Sulla base di tali enunciazioni di principio e preso atto del fatto che, successivamente a dette pronunce, vi era stata un'evoluzione legislativa tendente ad estendere il beneficio in discussione ad altre categorie di personale oltre quelle che già, in via derogatoria, ne fruivano (v. legge 28 febbraio 1990, n. 37 che ha reso applicabili ai dirigenti civili dello Stato le disposizioni dell'art. 15 della legge n. 477 del 1973, relativa al personale scolastico), questa Corte, con la predetta pronuncia n. 444 del 1990, ha dichiarato illegittimo l'ora citato art. 15 della legge n. 477 del 1973, in quanto limitava la facoltà del trattenimento in servizio solo al personale scolastico assunto prima di una certa data, ritenendo tale limitazione non più rispondente, nell'attuale quadro normativo, al precetto dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione.

Le argomentazioni svolte in detta sentenza non possono non condurre all'accoglimento anche della presente questione: il principio, allora affermato, secondo cui "non può essere preclusa, senza violare l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, la possibilità per il personale in questione che al compimento del 65° anno - quale che sia la data di assunzione - non abbia ancora maturato il diritto a pensione, di derogare a tale limite per il collocamento a riposo, al solo scopo di completare il periodo minimo di servizio richiesto dalla legge per il conseguimento di tale diritto", non può che avere, infatti, valenza generale.

Occorre anche rilevare che le considerazioni in ordine alla discrezionalità legislativa derivante dalla necessità di bilanciare l'interesse del lavoratore al conseguimento del diritto alla pensione con altri interessi anch'essi costituzionalmente rilevanti (quali la politica dell'occupazione giovanile), considerazioni che indussero questa Corte a dichiarare infondata la questione nella richiamata sentenza n. 461 del 1989, non possono più ritenersi sufficienti a tal fine, sia perché il momento attuale appare caratterizzato da una generale tendenza a rendere possibile il prolungamento dell'età lavorativa (in coincidenza, del resto, con l'aumento dell'età media della popolazione), sia perché, comunque, la facoltà in questione va riconosciuta - ai fini del rispetto dell'invocato precetto costituzionale - soltanto per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell'anzianità minima per il diritto a pensione.

Vale la pena, infine, di porre in evidenza, come esattamente osserva il TAR remittente, che la rigidità del principio contenuto nella norma impugnata appare ancor più illegittima in quei casi in cui, come nella fattispecie di cui al giudizio a quo, il mancato raggiungimento del minimo pensionistico discende da altra norma di legge, la quale, allo scopo di agevolare determinate categorie di soggetti meritevoli di particolari benefici, dispone l'elevazione, per esse, a 55 anni del limite massimo di età per l'accesso all'impiego.

3. - Resta assorbito il profilo di censura relativo all'art. 3 della Costituzione.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), nella parte in cui non consente al personale ivi contemplato che al raggiungimento del limite di età per il collocamento a riposo non abbia compiuto il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione, di rimanere in servizio su richiesta fino al conseguimento di tale anzianità minima, e comunque non oltre il 70° anno di età.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, 3 giugno 1991.

 

Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 18 giugno 1991.