SENTENZA N. 438
ANNO 1994
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 8, secondo comma, e 33 della legge 3 febbraio 1964, n. 3 (Norme per la elezione e la convocazione del primo Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia e disciplina delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità e del contenzioso elettorale) promosso con ordinanza emessa il 4 marzo 1994 dalla Corte d'appello di Trieste sul ricorso proposto da Mioni Elia contro la Giunta regionale della Regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia ed altro, iscritta al n. 250 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1994.
Visto l'atto di costituzione di Mioni Elia;
udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice relatore Mauro Ferri.
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza emessa il 4 marzo 1994, la Corte d'appello di Trieste ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 8, secondo comma, e 33 della legge 3 febbraio 1964, n. 3 ("Norme per l'elezione e la convocazione del primo Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia e disciplina delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità e del contenzioso elettorale").
Premette in fatto la Corte remittente che, con deliberazione senza data notificata il 17 febbraio 1994, il Consiglio della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha annullato l'elezione del consigliere Elia Mioni, ritenendo la sussistenza nei suoi confronti di una causa d'ineleggibilità in relazione al disposto dell'art. 8, primo comma, lett. h), e secondo comma, della legge 3 febbraio 1964, n. 3, richiamato dall'art. 49 della legge elettorale regionale n. 20 del 1968: ciò per avere lo stesso Mioni, dipendente regionale, richiesto il collocamento in aspettativa il 29 aprile 1993, e quindi tardivamente rispetto al termine ultimo di 180 giorni antecedente la data di scadenza del Consiglio uscente stabilito dalla suddetta norma, sull'erroneo presupposto dell'applicabilità della legge 24 aprile 1981, n.154. L'art.2, terzo comma, di quest'ultima legge, con la quale sono state dettate nuove "norme in materia d'ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia d'incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale", prevede infatti, quale termine ultimo per la cessazione dalle funzioni o dalla carica - ai fini dell'inefficacia della causa d'ineleggibilità -, il giorno fissato per la presentazione delle candidature (scaduto nella specie il 5 maggio 1993). Avverso detta deliberazione ha proposto ricorso il Mioni ai sensi dell'art. 33 della citata legge n. 3 del 1964, sostenendo l'applicabilità del citato art. 2 della legge n. 154 del 1981 - il quale avrebbe abrogato l'art. 8 della legge n. 3 del 1964 - e, in subordine, l'illegittimità costituzionale di quest'ultima norma per violazione dell'art. 3 della Costituzione.
Ciò premesso, il giudice a quo osserva preliminarmente che l'art. 2 della legge n. 154 del 1981 non è a suo avviso invocabile nella specie, in quanto l'abrogazione della norma contenuta nella legge n. 3 del 1964, riguardante specificamente la disciplina delle cause d'ineleggibilità e d'incompatibilità per la carica di consigliere regionale della Regione a statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia, avrebbe richiesto, in base ai principi generali, un'abrogazione espressa, o almeno la sussistenza nella legge successiva di elementi dimostranti in maniera non equivoca una volontà in tal senso del legislatore. La circostanza che l'art. 10 della legge n. 154 del 1981, nello specificare espressamente le varie norme da intendersi abrogate, indichi tra queste soltanto gli artt. 4, secondo comma, 5, 6, 7 e 18 della legge n. 108 del 1968, riguardante le elezioni dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale, non consente, in particolare, di ritenere verificata l'ipotesi dell'abrogazione tacita.
Appare a questo punto rilevante e non manifestamente infondata - prosegue il remittente - la proposta questione di costituzionalità, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, dell'art.8, secondo comma, della legge n. 3 del 1964, in quanto la previsione di un termine notevolmente più oneroso di quello di cui alla legge n. 154 del 1981 per la cessazione dalle funzioni al fine di far venir meno la causa d'ineleggibilità non è in effetti sorretta da alcuna razionale o plausibile giustificazione; non è in particolare ipotizzabile alcuna caratteristica o esigenza propria della Regione a statuto speciale che possa attribuire razionale fondamento a tale disparità di trattamento.
Analogo sospetto d'incostituzionalità viene poi espresso relativamente alla mancanza di una previsione concernente l'obbligo dell'Amministrazione dalla quale dipende l'interessato di provvedere entro un termine prefissato sulla richiesta di dimissioni o di collocamento in aspettativa, e l'efficacia comunque di dette richieste, accompagnate dalla cessazione effettiva delle funzioni, a far venir meno la causa d'ineleggibilità in difetto di provvedimento. Anche la mancanza di una previsione in tal senso integra infatti - ad avviso della Corte remittente - un ingiustificato trattamento deteriore rispetto alla disciplina di cui all'art. 2 della legge n. 154 del 1981.
Viene, infine, sollevata d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 33 della medesima legge n. 3 del 1964, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sempre per ingiustificata disparità di trattamento. Il citato art.33 stabilisce infatti che contro le deliberazioni del Consiglio regionale in materia d'ineleggibilità può essere proposto ricorso alla Corte d'appello di Trieste, con ciò prevedendo un solo grado di giudizio in luogo del doppio grado previsto dall'art. 19 della legge n.108 del 1968 in materia d'ineleggibilità ai Consigli delle Regioni a statuto normale, senza che possa rinvenirsi una qualche razionale e plausibile giustificazione in caratteristiche od esigenze proprie della Regione a statuto speciale.
2. Si è costituito dinanzi a questa Corte il ricorrente nel giudizio a quo Elia Mioni, ma fuori termine.
Considerato in diritto
1. La Corte d'appello di Trieste dubita, in riferimento agli artt. 3 e 51 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 8, secondo comma, e 33 della legge 3 febbraio 1964, n. 3, la quale detta il regime delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità, nonchè la disciplina del contenzioso, in ordine all'elezione del Consiglio regionale del Friuli- Venezia Giulia.
2.1. La prima delle norme impugnate concerne la rimozione delle cause di ineleggibilità (indicate nel primo comma del medesimo art. 8) e stabilisce che esse "non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del quadriennio [ora quinquennio] di durata del Consiglio regionale con effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito".
Ad avviso del giudice remittente, la norma viola gli artt. 3 e 51 della Costituzione in quanto determina un trattamento - in tema di elettorato passivo - ingiustificatamente deteriore rispetto alla disciplina prevista in via generale dall'art. 2 della legge 23 aprile 1981, n. 154, norma - sempre ad avviso del giudice a quo - non applicabile nella fattispecie, dovendosi escludere che essa abbia comportato la tacita abrogazione della disposizione impugnata.
Tale irragionevole disparità di trattamento concerne un duplice aspetto.
Innanzitutto essa si verificherebbe in ordine al termine entro il quale devono cessare le funzioni esercitate ai fini della rimozione della causa di ineleggibilità: rispetto al termine fissato dal citato art. 2, commi secondo e terzo, della legge n. 154 del 1981, e cioé "il giorno fissato per la presentazione delle candidature", quello, notevolmente più oneroso, stabilito dalla sopra citata norma impugnata non appare sorretto da alcuna razionale giustificazione, non essendo ipotizzabile alcuna caratteristica propria della Regione Friuli-Venezia Giulia che possa fornirne un fondamento.
In secondo luogo, sarebbe ugualmente irragionevole - e inciderebbe anche in questo caso sul diritto di elettorato passivo - la mancanza della previsione, contenuta invece nel comma quinto del menzionato art.2 della legge n. 154/81, secondo cui l'amministrazione di appartenenza dell'interessato ha l'obbligo di provvedere sulla richiesta di dimissioni o di collocamento in aspettativa entro un termine prefissato, e, in mancanza del provvedimento, la richiesta stessa, accompagnata dalla effettiva cessazione delle funzioni, produce comunque l'effetto di far venir meno la causa di ineleggibilità.
2.2. Entrambe le questioni sono fondate.
Questa Corte ha costantemente affermato che il principio di eguaglianza fra i cittadini nella possibilità di accesso alle cariche elettive esige che la riserva di legge in materia si attui sul piano nazionale in condizioni di parità (cfr. già la sent. n. 105 del 1957, e, da ultimo, la n. 84 del 1994).
Da ciò deriva la conseguenza che discipline differenziate - in tema di elettorato passivo - in relazione al territorio di una determinata regione non possono considerarsi legittime, salvo che sussistano situazioni concernenti categorie di soggetti che siano esclusive per quella regione, ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale; e purchè, in ogni caso, tale diversità di disciplina sia sorretta da motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale.
Tali principi sono stati ripetutamente affermati da questa Corte con sempre maggior rigore (v. cit. sent. n. 84 del 1994 e le precedenti ivi richiamate); e benchè essi siano stati posti con riferimento a norme adottate dalla Regione siciliana nell'esercizio della propria potestà legislativa esclusiva in materia, appare evidente che gli stessi debbano a fortiori valere quando, come nella fattispecie in esame, la normativa impugnata, relativa alla Regione Friuli- Venezia Giulia, è stata dettata, come previsto nello Statuto speciale di quella Regione, da una legge dello Stato.
Ciò posto, certamente non è ravvisabile alcuna ragione, connessa ad una peculiarità di situazione relativa alla Regione interessata, che possa fornire valida giustificazione al fatto che la cessazione dalle funzioni, al fine di rimuovere le cause di ineleggibilità a consigliere regionale del Friuli-Venezia Giulia, debba verificarsi entro un termine diverso (ed anche in misura notevole) rispetto a quello stabilito per l'elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario. Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della legge n. 3 del 1964, nella parte in cui prevede che le cause di ineleggibilità, indicate nel comma precedente, non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate "almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del quadriennio [ora quinquennio] di durata del Consiglio regionale", anzichè "non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature".
Ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, va altresì dichiarata l'illegittimità costituzionale, in via conseguenziale, dei commi terzo e quarto del medesimo art. 8 della legge n. 3 del 1964, i quali rispettivamente prevedono: il primo la data di decorrenza del periodo di durata del Consiglio regionale (ai fini del calcolo del termine dei centottanta giorni antecedenti la scadenza di detto periodo); il secondo che, in caso di scioglimento anticipato del Consiglio, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del decreto di scioglimento, e sempre che questo sia anteriore al termine di centottanta giorni di cui al secondo comma.
2.3. Considerazioni analoghe a quelle dianzi svolte conducono all'accoglimento anche della seconda censura riferita all'art. 8, secondo comma, della legge in esame.
La norma contenuta nell'art. 2, quinto comma, della legge n. 154 del 1981 (secondo cui la pubblica amministrazione è tenuta a provvedere sulla domanda di dimissioni o di collocamento in aspettativa entro cinque giorni dalla richiesta e, se ciò non avvenga, la domanda ha comunque effetto dal quinto giorno successivo alla sua presentazione) mira a contemperare la regola generale in base alla quale per la cessazione da cariche o uffici pubblici è richiesta la presa d'atto ovvero l'accettazione da parte dell'amministrazione con l'esigenza, costituzionalmente garantita, che il soggetto interessato sia posto in condizioni di rimuovere la causa di ineleggibilità con atti e comportamenti propri, senza che questi possano essere resi inefficaci da inerzia o ritardi della pubblica amministrazione (cfr. sentt. nn. 309 e 388 del 1991).
Ciò premesso, appare evidente come anche in questo caso non sia ravvisabile alcuna razionale giustificazione a che tale disciplina di carattere generale non debba trovare applicazione in ordine alle elezioni del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia.
Deve, quindi, dichiararsi l'illegittimità costituzionale dell'art.8, secondo comma, della legge n. 3 del 1964, nella parte in cui non prevede che si applichi la disciplina dell'art. 2, quinto comma, della legge 23 aprile 1981, n. 154.
3. La seconda delle disposizioni impugnate, e cioé l'art. 33 della legge n. 3 del 1964, prevede che contro le deliberazioni del Consiglio regionale in materia di eleggibilità "è ammesso ricorso giurisdizionale alla Corte d'appello di Trieste", e stabilisce, poi, le norme procedurali.
Ad avviso del giudice a quo, la norma viola l'art. 3 della Costituzione in quanto determina una irragionevole disparità di trattamento, in materia di contenzioso elettorale, rispetto alla disciplina dettata, in ordine alle elezioni dei Consigli delle regioni a statuto ordinario, dall'art. 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, il quale prevede il doppio grado di giurisdizione.
Anche tale questione è fondata.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare - proprio in materia di contenzioso elettorale - che "le modalità di esercizio del fondamentale diritto alla tutela giurisdizionale non possono essere diverse in una regione rispetto al restante territorio nazionale, soprattutto quando la diversità verrebbe a tradursi in un sostanziale indebolimento della tutela stessa" (sent. n. 113 del 1993).
Ciò posto, seppure l'istituto del doppio grado di giurisdizione - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentt. nn. 78 del 1984, 301 del 1986, 80 del 1988, 543 del 1989, 433 del 1990) - non ha di per sè rilevanza costituzionale, non sussiste evidentemente alcuna ragione di tale differenziazione di disciplina processuale.
Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 33 in esame, nella parte in cui prevede l'esperibilità, contro le deliberazioni del Consiglio regionale in materia di eleggibilità, del ricorso giurisdizionale alla Corte d'appello di Trieste secondo la procedura ivi indicata, anzichè dei mezzi di impugnazione disciplinati nell'art. 19 della legge 17 febbraio 1968, n.108.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della legge 3 febbraio 1964, n. 3 ("Norme per la elezione e la convocazione del primo Consiglio regionale del Friuli- Venezia Giulia e disciplina delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità e del contenzioso elettorale"), nella parte in cui prevede che le cause di ineleggibilità indicate nel comma precedente non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate "almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del quadriennio [ora quinquennio] di durata del Consiglio regionale", anzichè "non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature";
b) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, della legge 3 febbraio 1964, n. 3, nella parte in cui non prevede che si applichi la disciplina di cui all'art. 2, quinto comma, della legge 23 aprile 1981, n. 154;
c) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 33 della legge 3 febbraio 1964, n. 3, nella parte in cui prevede l'esperibilità, contro le deliberazioni del Consiglio regionale in materia di eleggibilità, del ricorso giurisdizionale alla Corte d'appello di Trieste secondo la procedura ivi indicata, anzichè dei mezzi di impugnazione disciplinati nell'art. 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108.
Visto l'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87:
dichiara l'illegittimità costituzionale del- l'art. 8, terzo e quarto comma, della legge 3 febbraio 1964, n.3.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 1994.
Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente
Mauro FERRI, Redattore
Depositata in cancelleria il 23/12/1994.