Ordinanza n. 159 del 1994

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ORDINANZA N. 159

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

Giudici

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

 nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 29, secondo comma, della legge della Regione Sicilia 9 dicembre 1980, n. 127 (Disposizioni per la coltivazione dei giacimenti minerari da cava e provvedimenti per il rilancio e lo sviluppo del comparto lapideo di pregio nel territorio della regione siciliana), in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione e 11 e 23 della legge 24 novembre 1981, n.689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 21 giugno 1993 dal Pretore di Marsala, sezione distaccata di Pantelleria nel procedimento civile vertente tra Antonio Bonomo ed il Corpo regionale delle miniere di Palermo, iscritta al n. 692 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1994 il Giudice relatore Gabriele Pescatore.

 

Ritenuto che nel corso di un giudizio di opposizione avente ad oggetto l'irrogazione della sanzione amministrativa prevista dall'art. 29 della legge della Regione Sicilia 9 dicembre 1980, n. 127 (Disposizioni per la coltivazione dei giacimenti minerari da cava e provvedimenti per il rilancio e lo sviluppo del comparto lapideo di pregio nel territorio della regione siciliana), il pretore di Marsala - sezione distaccata di Pantelleria - con ordinanza del 21 giugno 1993, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione e 11 e 23 della legge n. 689 del 1981 - questione di legittimità costituzionale del precitato art. 29 nella parte in cui prevede per l'esercizio non autorizzato di attività di escavazione una sanzione fissa (di lire cinque milioni), precludendo così al giudice di graduare la sanzione da comminare al trasgressore, in relazione al caso di specie;

 

ritenuto che il giudice a quo reputa che il vizio di costituzionalità concerna:

 

a) l'art. 27 della Costituzione nonchè gli artt. 11 e 23 della legge n. 689 del 1981 i quali sarebbero a loro volta - espressione e specificazione del principio di personalità della pena;

 

b) l'art. 3 della Costituzione sotto un duplice profilo: diretto ed indiretto. In ordine al primo aspetto la norma censurata sarebbe viziata da irragionevolezza, in quanto prevede lo stesso trattamento sanzionatorio anche nel caso di illeciti di lieve entità ovvero commessi " da soggetto meritevole di una sanzione inferiore al massimo".

 

Sotto il secondo profilo l'asserita violazione dell'art. 3 si prospetta come mediata, atteso che - secondo il remittente - nella normativa di raffronto (art. 27 della Costituzione e artt. 11 e 23 della legge n. 689 del 1981) vi sarebbe "una regola generale e assoluta" che imporrebbe la graduazione della sanzione e precisamente l'art. 27 della Costituzione sancirebbe il principio di personalità della pena per tutti i tipi di illecito e gli artt. 11 e 23 costituirebbero specificazione di detto principio valevole per tutti gli illeciti amministrativi;

 

considerato che l'illecito amministrativo e, per relationem, la sanzione amministrativa sono dotati di spiccata specificità ed autonomia rispetto al sistema sanzionatorio penale e ciò emerge anzitutto dal riconoscimento di ordini diversi di parametri costituzionali (art. 25, secondo comma e art. 27 della Costituzione che disciplinano le sanzioni penali, mentre gli artt. 23 e 97 disciplinano la potestà sanzionatoria amministrativa) nonchè dal regime specifico della sanzione amministrativa, quale quello disegnato dalla legislazione ordinaria e in particolare dalla legge 24 novembre 1981, n. 689;

 

che, pertanto, come ribadito più volte da questa Corte, il principio della personalità della pena non ha alcuna attinenza con le sanzioni amministrative, concernendo esclusivamente quelle penali (sentenza n. 29 del 1961, ordinanze nn. 420 e 502 del 1987);

 

che - per tali ragioni - la questione sollevata in riferimento all'art. 27 della Costituzione, va dichiarata manifestamente infondata;

 

che la già richiamata autonomia del sistema sanzionatorio amministrativo rispetto a quello penale esclude quella omogeneità di situazioni ex art. 27 della Costituzione, che il giudice a quo pone a fondamento della relativa questione e che la stessa va ritenuta - in riferimento all'art. 3 della Costituzione - manifestamente infondata;

 

che - avuto riguardo alla prospettazione del giudice a quo - il contrasto della norma censurata con gli artt. 11 e 23 della l. n. 698 del 1981 appare privo di valenza autonoma in quanto accede e specifica quello denunciato con l'art. 27 della Costituzione, ovvero il contrasto con il principio di personalità della pena;

 

 che - tanto premesso - la previsione di cui all'art. 11 della legge n.689 del 1981 - che consente al giudice di graduare la sanzione secondo i criteri ivi indicati - non configura affatto una regola assoluta, essendo ovviamente dettata soltanto per le sanzioni amministrative graduate fra un limite minimo e massimo (sent. n. 250 del 1992);

 

che, analogamente, il potere di riforma della ordinanza, riconosciuto al giudice dell'opposizione ex art. 23, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, concerne esclusivamente il sindacato sulle sanzioni c.d. graduabili;

 

che conseguentemente gli artt. 11 e 23 citati, avendo un ambito di applicazione circoscritto alle sanzioni graduabili, non escludono (anzi ammettono espressamente) figure di sanzioni fisse o proporzionali;

 

che, pertanto, il modello di sanzione previsto dall'art.29 impugnato non contrasta affatto ma è pienamente compatibile con gli artt. 11 e 23 della legge n. 689 del 1981;

 

che infondato è, anche per questa via, il ricorso all'art. 3 della Costituzione, in quanto viene meno il fondamento su cui poggia la relativa questione sollevata dal giudice a quo e che consiste nella esistenza di una regola generale "per tutti gli illeciti amministrativi";

 

che infondato è pure il contrasto con il principio di ragionevolezza, in quanto la previsione di una sanzione fissa rientra nella discrezionalità del legislatore, sempre che non assuma connotati di arbitrarietà;

 

che - nel caso di specie - il legislatore ha inteso predeterminare ogni elemento ai fini dell'applicazione della sanzione, non già per imporre una valutazione omogenea per fatti di diversa gravità, bensì per garantire una graduazione della sanzione in funzione esclusiva del termine entro il quale viene adempiuto l'ordine di sospensione (e cioè di un elemento oggettivo dell'illecito), di guisa che la sanzione di cinque milioni prevista per il caso di ottemperanza immediata viene aumentata della metà nel caso in cui si adempia con ritardo;

 

che le eventuali differenze fra i casi rientranti nella previsione normativa non appaiono di tale rilievo da imporre diversificazioni nelle sanzioni, atteso che la oggettiva esistenza e consistenza del pericolo è sufficientemente definita dalla trasgressione al dovere di astensione in difetto della relativa autorizzazione, la cui funzione preventiva è indispensabile per la salvaguardia degli interessi pubblici sottostanti alla attività di cava;

 

che i poteri di sospensione dei lavori di escavazione sono diretti a prevenire i danni che l'attività di coltivazione della cava - ove svolta in spregio a regole tecniche di prudenza o in mancanza della dovuta ponderazione degli interessi pubblici coinvolti da parte della p.a. - può arre care alla sicurezza e alla salute, al razionale sfruttamento del territorio nonchè ad attività di preminente interesse generale (viabilità, trasporti pubblici ecc., sent. n. 218 del 1988);

 

che, tutto ciò considerato, il regime di autorizzazione si presenta come mezzo di controllo di rilevanti interessi pubblici ed in particolare del rispetto, tra le altre, delle esigenze di ricettività del territorio, di tutela dall'inquinamento, di determinazione della quantità del materiale estraibile in relazione alle necessità obiettive del suo impiego nonchè come mezzo per l'attuazione di un piano regionale di attività estrattiva, sicchè esso si estende alla tutela dell'assetto ambientale e idro-geologico oltre che a quella delle bellezze naturali (sent. n. 9 del 1973; sent. n. 7 del 1982; sentt. nn.79 e 148 del 1993;

 

che, pertanto, la norma impugnata stabilisce un trattamento che appare congruo e razionale rispetto al tipo di illecito sanzionato;

 

che, comunque, anche in relazione a fattispecie penali, è stato ritenuto da questa Corte che una previsione edittale rigida non sia di per sè incompatibile con i limiti imposti dalla Costituzione alla potestà punitiva ed è quindi del tutto compatibile con il principio di legalità (sentenze nn. 50 del 1980, 167 del 1971, 67 del 1963, 15 del 1962);

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma secondo, della legge della Regione Sicilia 9 dicembre 1980, n. 127 (Disposizioni per la coltivazione dei giacimenti minerari da cava e provvedimenti per il rilancio e lo sviluppo del comparto lapideo di pregio nel territorio della regione siciliana), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione e 11 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), dal pretore di Marsala - sez.distaccata di Pantelleria - con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/04/94.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Gabriele PESCATORE, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 21/04/94.