SENTENZA N. 487
ANNO 1991
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Dott. Aldo CORASANITI Presidente
Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice
Dott. Francesco GRECO “
Prof. Gabriele PESCATORE “
Avv. Ugo SPAGNOLI “
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA “
Prof. Antonio BALDASSARRE “
Prof. Vincenzo CAIANIELLO “
Avv. Mauro FERRI “
Prof. Luigi MENGONI “
Prof. Enzo CHELI “
Dott. Renato GRANATA “
Prof. Giuliano VASSALLI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Veneto riapprovata il 23 maggio 1991 dal Consiglio regionale, avente per oggetto: "Norme di accesso per profili professionali specifici", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato l'11 giugno 1991, depositato in cancelleria il 19 giugno successivo ed iscritto al n. 27 del registro ricorsi 1991;
Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto;
Udito nell'udienza pubblica del 19 novembre 1991 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;
Uditi l'Avvocato dello Stato Franco Favara, per il ricorrente, e l'avv. Guido Viola per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato l'11 giugno 1991, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge della Regione Veneto, riapprovata dal Consiglio regionale il 23 maggio 1991, in riferimento agli artt. 97 e 117 Cost.
Tale legge prevede (art. 1) che, in occasione dei processi di adeguamento dell'assetto organizzativo regionale, ferme restando le norme di accesso previste dall'art. 5 della legge regionale 3 maggio 1988, n. 25, la Giunta regionale può individuare, d'intesa con le Organizzazioni Sindacali, specifici profili professionali che richiedono esperienze acquisibili all'interno dell'ente, ai fini della copertura mediante procedure concorsuali interne, nei limiti della dotazione organica tabellare.
Nel ricorso si deduce che la norma si pone in contrasto con il principio generale secondo il quale "il passaggio ad una fascia funzionale superiore, in quanto comporta l'accesso a un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate, è soggetto alla regola del pubblico concorso", che può essere derogata solo garantendosi adeguatamente il buon andamento dell'amministrazione (art. 97 Cost.). La genericità della norma renderebbe carente tale necessaria garanzia.
Inoltre, la legge 29 marzo 1983, n. 93 - recante principi che costituiscono limite per la legislazione regionale - riserva il reclutamento e i criteri per la determinazione delle qualifiche funzionali alla legge (art. 2, nn. 2 e 3), e l'identificazione delle qualifiche funzionali, in rapporto ai profili professionali ed alle mansioni (art. 3, n. 3), agli accordi previsti dagli artt. 6 e segg. Nel ricorso si deduce che, in contrasto con detti principi, la norma impugnata rimette le relative statuizioni ad un'intesa fra Giunta regionale e sindacato, derogando illegittimamente tanto alla riserva di legge, che al regime degli accordi ex artt. 6 e segg., stabiliti dalla legge n. 93 del 1983.
Davanti a questa Corte si è costituita la Regione Veneto, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
Nell'atto di costituzione si afferma al riguardo che, rientrando la materia nell'autonomia delle Regioni, queste possono con propria legge stabilire i criteri e le modalità per l'accesso alle carriere e ai "profili professionali". Inoltre, la regola del pubblico concorso vale esclusivamente per l'accesso nella p.a., non per la progressione interna, attraverso il reinquadramento in qualifiche, alla quale può provvedersi senza pubblico concorso.
Contrariamente a quanto è sostenuto nel ricorso, poi, l'organizzazione in senso proprio non viene modificata dalla legge in questione, prevedendo essa il rispetto della dotazione organica tabellare. Essa non lederebbe, inoltre, il buon andamento della p.a., tenuto conto che l'art. 5 della legge reg. 4 giugno 1987, n. 29 già abilitava la Giunta regionale a determinare i profili professionali e la nuova disposizione si limita a demandare alla Giunta stessa di individuare, d'intesa con le organizzazioni sindacali, profili professionali specifici, per i quali sia razionale ed opportuno ricorrere a personale regionale in possesso di esperienze acquisite all'interno dell'ente.
Successivamente la Regione ha depositato una memoria, eccependo l'inammissibilità del ricorso, poiché i motivi di esso non coinciderebbero con i motivi del rinvio della legge al Consiglio regionale.
Quanto al merito, la Regione ha dedotto che le procedure concorsuali interne sono legittimate dalla preesistente legge regionale n. 25 del 1988. Inoltre, la normativa dell'art. 10 della legge quadro sul pubblico impiego (legge 29 marzo 1983, n. 93) così come risulta dopo l'integrazione apportata dall'art. 2 della legge n. 425 del 1985, consente alla legislazione regionale un largo margine di adattamento all'accordo nazionale e, soprattutto, alla contrattazione decentrata, cosicché le intese con le organizzazioni sindacali rientrano nella normalità dei procedimenti deliberativi in materia di pubblico impiego.
Nella memoria si sostiene, infine, che l'individuazione dei profili professionali specifici è coerente sia con gli artt. 10 e 14 della legge quadro sul pubblico impiego, sia con la normativa attuativa di accordi sindacali. Infatti l'art. 26 del d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, riproduttivo dell'accordo sindacale per il personale dello Stato del 26 marzo 1987, prevede espressamente che nell'ambito degli accordi sindacali decentrati e, quindi, delle intese con le organizzazioni sindacali in sede locale o di comparto, si possano individuare profili da istituire, modificare o sopprimere, e il terzo comma di tale articolo delinea una procedura di individuazione di profili professionali da effettuare proprio "d'intesa con le organizzazioni sindacali".
Considerato in diritto
1. - Questa Corte è chiamata a decidere se la legge riapprovata dal Consiglio regionale del Veneto il 23 maggio 1991 - la quale prevede che, in occasione dei processi di adeguamento dell'assetto organizzativo regionale, ferme restando le norme di accesso previste dall'art. 5 della legge regionale 3 maggio 1988, n. 25, la Giunta regionale può individuare, d'intesa con le Organizzazioni sindacali, specifici profili professionali che richiedono esperienze acquisibili all'interno dell'ente, ai fini della copertura mediante procedure concorsuali interne, nei limiti della dotazione organica tabellare - violi:
a) l'art. 97 Cost., derogando alla regola generale dell'accesso a funzioni più elevate attraverso pubblico concorso, senza garantire adeguatamente il rispetto del principio del buon andamento della pubblica amministrazione;
b) l'art. 117 Cost., avendo violato i principi della legislazione statale stabiliti dagli artt. 2 e 3 della legge 29 marzo 1983, n. 93, i quali riservano il reclutamento e i criteri per la determinazione delle qualifiche funzionali alla legge (art. 2, nn. 2 e 3), e l'identificazione delle qualifiche funzionali, in rapporto ai profili professionali ed alle mansioni (art. 3, n. 3), ai particolari accordi previsti dagli artt. 6 e segg., cioè a fonti diverse dall'"intesa" tra Giunta regionale e organizzazioni sindacali.
2. - Va in via preliminare respinta l'eccezione d'inammissibilità proposta dalla Regione sotto il profilo della mancata corrispondenza fra motivi del ricorso e motivi del rinvio al Consiglio regionale.
Risulta dagli atti che il rinvio della legge al Consiglio regionale, ai sensi dell'art. 127 Cost., è stato motivato con la difformità delle procedure concorsuali interne - da detta legge previste - dalla "vigente normativa contrattuale" e con il contrasto, "per la sua generica formulazione, con il principio di buona amministrazione di cui all'art. 97 Cost.". Rispetto a tale motivazione, quella del ricorso non introduce profili nuovi e diversi, costituendone solo un più ampio e dettagliato svolgimento, consentito dall'art. 127 Cost., che questa Corte ha costantemente interpretato nel senso che il principio della corrispondenza tra motivi del rinvio e motivi del ricorso si intende rispettato anche quando i primi siano formulati in modo sintetico e sommario, sempreché la regione sia stata ragionevolmente messa in grado di rendersi conto della consistenza delle obiezioni rivoltele in sede di rinvio e che queste coincidano sostanzialmente con quelle più ampiamente trattate nel ricorso (cfr. da ultimo le sentenze nn. 100, 122 e 261 del 1990).
3. - Nel merito la questione proposta è fondata.
Va premesso che la Regione Veneto, già in sede di recepimento nell'ordinamento regionale dell'accordo relativo al contratto nazionale per il personale delle Regioni a statuto ordinario per il periodo 1° gennaio 1976 - 31 dicembre 1978 (legge regionale 24 agosto 1979, n. 65), aveva disposto che l'assunzione nel "ruolo unico del personale regionale" avvenisse per pubblico concorso, da bandirsi in relazione a ciascun "livello funzionale" e che parimenti, per pubblico concorso, avvenisse il passaggio da un livello funzionale ad un livello superiore (art. 4). Riguardo a quest'ultima ipotesi, era però stabilito che un quarto dei posti a concorso fosse riservato agli impiegati regionali che avessero una determinata anzianità, "purché in possesso almeno del titolo di studio immediatamente inferiore a quello previsto normalmente per l'accesso al singolo livello".
Normativa analoga si rinviene nella successiva legge regionale 3 luglio 1984, n. 30 (di recepimento nell'ordinamento regionale del terzo accordo nazionale concernente il personale delle regioni a statuto ordinario), dove riserve di posti - in sede di pubblico concorso - erano previste, per l'attribuzione di livelli superiori al più basso, in favore del personale già in servizio, ma erano ben limitate in riferimento alla percentuale dei posti ed ai requisiti (artt. 15, 19 e 20).
Con la legge regionale 3 maggio 1988, n. 25 (di recepimento del quarto accordo nazionale concernente il personale delle regioni a statuto ordinario), accanto al concorso per esami, la Regione Veneto ha introdotto (art. 5) una procedura di "corso-concorso pubblico" che, per l'attribuzione di livelli superiori, prevede anch'essa una riserva di posti al personale già in servizio "appartenente alla qualifica funzionale immediatamente inferiore, al posto messo a concorso, in possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso dall'esterno al posto anzidetto e con un'anzianità di servizio di due anni". Solo fino alla settima qualifica, detta legge ha previsto l'ammissione a concorrere ai posti riservati "del personale appartenente alla qualifica immediatamente inferiore con un'anzianità di almeno tre anni e con medesima professionalità o di cinque se di professionalità diversa, in possesso di titolo di studio immediatamente inferiore a quello richiesto per il posto messo a concorso".
La legge impugnata, viceversa, deroga a tale disciplina, statuendo genericamente che "in occasione dei processi di adeguamento dell'assetto organizzativo regionale", la Giunta "può individuare, d'intesa con le organizzazioni sindacali, specifici profili professionali che richiedono esperienze acquisibili all'interno dell'ente, ai fini della copertura mediante procedure concorsuali interne" e la stessa Giunta è autorizzata a stabilirne le modalità.
Deve ritenersi che la normativa così posta, non limitando l'attribuzione dei profili per concorso interno a quelli inerenti alla medesima qualifica funzionale, non impedisce l'esperimento di tale particolare procedura anche in relazione a profili inerenti a qualifiche funzionali superiori; così, essa non soltanto non consente alcuna partecipazione di candidati esterni, ma omette di predeterminare i requisiti, soggettivi ed oggettivi, necessari affinché il passaggio dai profili inerenti a qualifiche funzionali inferiori, a quelli inerenti a qualifiche funzionali superiori, avvenga nel rispetto dei principi stabiliti dall'art. 97 Cost.
4. - Va rammentato in proposito che questa norma, nel primo comma, prescrive che i pubblici uffici siano organizzati in modo da assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione e all'ultimo comma dispone che "agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge".
Tale ultima disposizione, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, va interpretata nel senso che il concorso pubblico costituisce la regola generale per l'accesso ad ogni tipo di pubblico impiego, in quanto è il mezzo maggiormente idoneo ed imparziale per garantire la scelta dei soggetti più capaci ed idonei ad assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione (cfr. da ultimo la sentenza n. 453 del 1990). Inoltre, questa Corte ha affermato che anche "il passaggio ad una fascia funzionale superiore, poiché comporta l'accesso ad un nuovo posto di lavoro, corrispondente a funzioni più elevate, è una figura di reclutamento soggetta alla regola del pubblico concorso" (sentenza n. 161 del 1990).
Tale passaggio è da equiparare, infatti, al primo accesso all'impiego, comportando funzioni differenziate rispetto a quelle in precedenza esercitate, in relazione alle quali è necessario un nuovo e diverso accertamento d'idoneità.
Alla regola generale del pubblico concorso, il legislatore può derogare (art. 97, ultimo comma, Cost.), adottando criteri diversi, con una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (cfr. da ultimo la sentenza n. 187 del 1990) e cioè facendo ricorso a procedure "congrue e ragionevoli in rapporto al fine da raggiungere e all'interesse da soddisfare" (sentenza n. 81 del 1983).
Con la legge impugnata tale limite non è stato rispettato, avendo il legislatore regionale omesso completamente di determinare - come sopra si è segnalato - i requisiti, soggettivi ed oggettivi, necessari a garantire che la deroga apportata alla regola del pubblico concorso, per il conferimento di profili professionali diversi da quelli già ricoperti, salvaguardi il perseguimento dell'interesse dell'amministrazione alla scelta dei soggetti più meritevoli e maggiormente idonei.
Non ha pregio l'argomento della difesa della Regione, secondo il quale la legge sarebbe legittima perché rientra nella competenza regionale stabilire i criteri e le modalità per l'accesso ai profili professionali e una precedente norma regionale (art. 5 della legge reg. 4 giugno 1987, n. 29) aveva già demandato alla Giunta di determinare i profili professionali.
La violazione dell'art. 97 Cost. discende infatti proprio dall'avere la legge impugnata omesso di stabilire i criteri e le modalità d'accesso ai "profili professionali che richiedono esperienze acquisibili all'interno dell'ente", demandando alla Giunta, d'intesa con le organizzazioni sindacali, non soltanto l'individuazione di tali profili ma anche le "modalità" di copertura mediante procedure concorsuali interne. In tal modo, infatti, il legislatore ha derogato alla regola del pubblico concorso, senza stabilire le cautele e garanzie necessarie ad assicurare che la procedura concorsuale - avuto riguardo ai soggetti da ammettere ed ai profili professionali da attribuire - sia idonea a garantire il buon andamento della pubblica amministrazione.
La legge, pertanto, va dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 97 Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Veneto, riapprovata dal Consiglio regionale il 23 maggio 1991, recante: "Norme di accesso per profili professionali specifici".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1991.
Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.
Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1991.