SENTENZA N.161
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale riapprovata il 6 dicembre 1989 dal Consiglio regionale della Sardegna avente per oggetto: <Inquadramento nel ruolo unico regionale di personale in servizio presso i Comitati di controllo sugli atti degli enti locali> promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 21 dicembre 1989, depositato in cancelleria il 29 successivo ed iscritto al n. 106 del registro ricorsi 1989.
Visto l'atto di costituzione della Regione Sardegna;
udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 1990 il Giudice relatore Luigi Mengoni;
uditi l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il ricorrente, e l'avv. Sergio Panunzio per la Regione.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso notificato il 21 dicembre 1989 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, ha impugnato la delibera del Consiglio regionale della Sardegna, in data 6 dicembre 1989, con la quale é stata riapprovata, dopo il rinvio governativo, la legge regionale recante "Inquadramento nel ruolo unico regionale di personale in servizio presso i comitati di controllo sugli atti degli enti locali". Previo aumento delle dotazioni organiche, il provvedimento favorisce "il passaggio alla Regione, ai fini dell'inquadramento nel ruolo unico regionale" di personale di amministrazioni statali o di enti pubblici regionali o subregionali comandato (ai sensi delle leggi regionali n. 20 del 1985 e n. 46 del 1988) o distaccato (ai sensi dell'art. 28 della legge regionale n. 51 del 1978) presso i Comitati di controllo sugli atti degli enti locali.
Secondo il ricorrente, poichè é da escludere una continuità tra gli attuali rapporti di pubblico impiego con lo Stato o gli enti pubblici di appartenenza e i costituendi rapporti con la Regione, il provvedimento impugnato disciplina casi di accesso al pubblico impiego senza concorso, violando il principio sancito dagli arti. SI, primo comma, e 97, terzo comma, della Costituzione, e ribadito nell'art. 20 della legge-quadro nel pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93, con la quale deve armonizzarsi la legislazione regionale a norma dell'art. 3 dello statuto sardo.
Per giunta é previsto il passaggio automatico del personale comandato a una qualifica funzionale superiore a quella spettante: il che, da un lato, aggrava la violazione della regola del pubblico concorso, dall'altro contrasta anche coi principio dell'art. 17, primo comma, della citata legge-quadro, il quale esclude che i passaggi di qualifica possano raffigurarsi come gradi di un'unica carriera, cioé promozioni anzichè accesso a un nuovo impiego.
2.- Si é costituita in giudizio la Regione Sardegnaconcludendo per l'inammissibilità o, in subordine, l'infondatezza del ricorso.
Sul primo punto si eccepisce che il ricorso sarebbe ictu oculi inammissibile nella parte relativa al personale distaccato, in quanto l'atto di rinvio della legge, in data 15 giugno 1989, si riferisce soltanto al personale comandato; in ordine a quest'ultimo sarebbero pure inammissibili, non trovando riscontro nel detto atto, le censure relative a pretese violazioni degli artt. 17 e 20 della legge-quadro.
Nel merito la Regione rileva che il principio costituzionale del pubblico concorso non é assoluto, e comunque riguarda solo le assunzioni di personale, non le procedure relative a pubblici dipendenti già assunti. In proposito si richiamano le sentenze nn. 47 del 1959 e 726 del 1988 di questa Corte.
Quanto alla pretesa violazione del principio di classificazione per qualifiche funzionali, si obietta che, quand'anche l'art. 17 della legge n. 93 del 1983 fosse compreso tra le norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, ciò vincolerebbe i criteri di classificazione del personale, ma non potrebbe impedire alle regioni di disciplinare liberamente, nel rispetto dei limiti costituzionali, le qualifiche funzionali, gli inquadramenti e anche i passaggi da una qualifica all'altra. Tali materie rientrano nella competenza legislativa regionale ai sensi dell'art. 2 della legge-quadro.
Considerato in diritto
1. -Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene contrastante con gli artt. 51, primo comma, e 97, terzo comma, della Costituzione, nonchè con gli artt. 17, primo comma, e 20, primo comma, della legge-quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93, in relazione all'art. 3 dello statuto sardo, la delibera legislativa riapprovata, dopo il rinvio governativo, dal Consiglio della Regione Sardegna il 6 dicembre 1989, la quale consente il passaggio alla Regione, ai fini dell'inquadramento nel ruolo unico regionale, del personale di Amministrazioni dello Stato e di enti pubblici regionali comandato o distaccato presso i Comitati di controllo sugli enti locali.
La difesa della Regione eccepisce preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per la parte afferente al personale distaccato, nonchè, per quanto attiene al personale comandato, delle censure relative agli artt. 17 e 20 della predetta legge- quadro, sul riflesso che l'atto governativo di rinvio menziona soltanto il personale <comandato> e censura la legge con riferimento ai soli artt. 51 e 97 della Costituzione.
Sotto il primo profilo l'eccezione, improntata a eccessivo formalismo, deve essere respinta. La forma telegrafica del rinvio lascia ragionevolmente supporre che il Governo abbia, brevitatis causa, usato l'espressione <personale comandato> in senso ampio o, se si preferisce, a guisa di sineddoche, per indicare il tutto con una parte: la parte, appunto, di maggiore consistenza e che attira i rilievi critici più diffusi.
Sotto l'altro profilo l'eccezione è irrilevante perchè le norme testè citate della legge statale n. 93 del 1983 non sono referenti necessari della valutazione di merito, ai fini della quale è parametro esauriente l'art. 97 della Costituzione.
2.-Nella parte concernente il personale di enti strumentali regionali <distaccato> presso i Comitati di controllo, il ricorso non è fondato.
In favore di questo personale, già assunto in un pubblico impiego mediante concorso, l'art. 5 prevede la possibilità di transito nel ruolo unico regionale <nella medesima qualifica funzionale, con il profilo professionale e con il trattamento economico in atto presso l'ente di provenienza>.
L'elemento formale della costituzione di un nuovo rapporto d'impiego con la Regione, mentre quello originario con l'ente di provenienza si estingue, non è sufficiente da solo per ricondurre il passaggio alle dipendenze della Regione nel concetto di reclutamento, e quindi nel campo di applicazione del principio del concorso. Ad ogni modo, anche ammesso che il caso disciplinato dall'art. 5 della legge impugnata rientri nella nozione di <accesso> a pubblici impieghi di cui all'art. 97, terzo comma, Cost., va osservato che la domanda del dipendente è subordinata a una valutazione positiva dell'amministrazione (motivata in base al servizio precedentemente prestato), restando così assicurato, sia pure senza le garanzie del pubblico concorso, il principio della selezione.
3. - Il ricorso è fondato nella parte relativa al personale <comandato>.
Per questa categoria l'art. 1 prevede il passaggio automatico a domanda, alla sola condizione che il dipendente abbia maturato l'anzianità di <un anno di servizio reso in posizione di comando>. Ancora a differenza del personale distaccato, l'art. 2, sulla base delle corrispondenze indicate nell'allegata tabella A, consente l'inquadramento nel ruolo unico regionale in una qualifica funzionale superiore a quella spettante all'impiegato in posizione di comando presso l'ente di provenienza: a questo fine l'art. 6 dispone un aumento della dotazione organica del ruolo unico regionale anche per la settima qualifica, inesistente nell'ordinamento del personale addetto ai Comitati di controllo, nel quale la progressione delle qualifiche si ferma alla sesta (cfr. art. 2 della legge regionale n. 20 del 1985).
Come giustamente osserva l' Avvocatura dello Stato, argomentando dall'art. 19 della più volte citata legge-quadro, il passaggio a una fascia funzionale superiore, in quanto comporta l'accesso a un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate, è una figura di reclutamento soggetta alla regola del pubblico concorso. A tale regola la legge può derogare, ma sempre col limite della razionalità. E poichè tra i criteri di razionalità della deroga, ammessa dal terzo comma dell'art. 97 Cost., è sicuramente compresa l'esigenza, risultante dal primo comma, che non sia pregiudicato il buon andamento dell'amministrazione, è da escludere, secondo un rilievo ripetutamente espresso da questa Corte, la legittimità costituzionale di una legge che consenta il passaggio di una categoria di personale da una fascia funzionale ad altra superiore, pertinente a qualifiche diverse, sulla base del solo parametro automatico dell'anzianità di servizio (cfr. sent. n. 19 del 1989).
La deroga al principio del pubblico concorso è da considerare frutto di una scelta irragionevole o arbitraria qualora non contempli nessun altro criterio di selezione, e in particolare <una valutazione (caso per caso) congrua e razionale dell'attività pregressa del dipendente, diretta a far ragionevolmente ritenere che egli sia in possesso dei requisiti necessari> (sent. n. 21 del 1989). La valutazione del servizio prestato, prevista dall'art. 4 del testo di legge sotto esame, ha natura e scopo affatto diversi: essa presuppone già attuato l'inquadramento automatico nel ruolo regionale del personale che si avvale della facoltà di cui al precedente art. 2, e attiene alla determinazione dell'anzianità e del connesso trattamento giuridico ed economico del dipendente ai sensi dell'art. 46 della legge regionale n. 51 del 1978.
Non varrebbe obiettare che le due sentenze sopra richiamate si fondano sul primo comma dell'art. 97 Cost., mentre nel ricorso del Governo si fa riferimento soltanto al terzo. Il terzo comma si coordina non solo con l'art. 51, primo comma, in funzione di garanzia dell'eguaglianza dei cittadini, ma anche col primo comma dello stesso art. 97, il pubblico concorso essendo uno strumento destinato ad assicurare l'efficienza della selezione. Perciò il riferimento al terzo comma dell'art. 97 coinvolge anche il primo.
Nemmeno giova addurre il carattere transitorio del provvedimento.
Tale carattere potrebbe semmai giustificare la deroga al sistema del pubblico concorso, ma non l'abbandono di qualsiasi criterio di selezione.
Del resto l'asserita transitorietà, la quale dovrebbe comportare, secondo il proposito espresso nella relazione al disegno di legge, la soppressione delle norme che autorizzano ulteriori comandi presso i Comitati di controllo, è contraddetta dall'art. 6, dove si dispone soltanto una riduzione delle unità di personale che l'Amministrazione regionale può acquisire in posizione di comando ai sensi dell'art. 3 della legge regionale n. 46 del 1986.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4 e 6 della legge della Regione Sardegna riapprovata dal Consiglio regionale il 6 dicembre 1989, recante :<Inquadramento nel ruolo unico regionale di personale in servizio presso i Comitati di controllo sugli atti degli enti locali>;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'Art. 5 della legge regionale predetta, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri col ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/03/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Luigi MENGONI, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 04/04/90.