SENTENZA N. 81
ANNO 1983
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Leopoldo ELIA, Presidente
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giuseppe FERRARI
Dott. Francesco SAJA
Prof. Giovanni CONSO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 16, commi primo, secondo e nono, e 150 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077 (Riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato) e dell'art. 9 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, nella parte in cui ha sostituito l'art. 11, comma quarto, della legge 18 marzo 1968, n. 249 (Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali), promossi con le ordinanze emesse dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio in data 10 marzo e 30 giugno 1975, 21 febbraio 1977 (quattro ordinanze) e 19 giugno 1978, rispettivamente iscritte ai nn. 83 e 183 del registro ordinanze 1976, ai nn. da 524 e 527 del registro ordinanze 1978 e al n. 17 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 92 e 99 del 1976 e nn. 24 e 80 del 1979.
Visti gli atti di costituzione di Scalabrino Giovanni, di Cotticelli Alfredo ed altri, di Porreca Silvino ed altro e del Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella pubblica udienza del 19 maggio 1982 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;
uditi gli avvocati Giuseppe Abbamonte, per Cotticelli Alfredo ed altri, Giuseppe Guarino, per Porreca Silvino ed altro, e gli avvocati dello Stato Giovanni Albisinni, per il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e per il Presidente del Consiglio dei ministri, e Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un giudizio in cui era stata contestata la legittimità di bandi di concorsi a direttore di sezione in prova nel ruolo della carriera direttiva dell'amministrazione centrale del Ministero delle finanze, riservati agli impiegati della carriera di concetto, bandi che prevedevano la retrodatazione delle promozioni, il TAR del Lazio, con ordinanza 10 marzo 1975, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, delle norme in base alle quali detti concorsi erano stati banditi e cioé gli artt. 16, commi primo, secondo e nono, e l'art. 150 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, nonché l'art. 9 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, nella parte in cui ha sostituito l'art. 11, quarto comma, della legge 18 marzo 1968, n. 249.
Si espone che l'art. 9 della legge n. 775 del 1970, nel modificare il quarto comma dell'art. 11 della legge 18 marzo 1968, n. 249, stabilì il principio che il passaggio alla carriera superiore fosse consentito, anziché alla qualifica iniziale delle carriere direttive e di concetto, alle qualifiche o classi o posizioni corrispondenti alle qualifiche di direttore di sezione e di primo segretario od assimilate, mediante concorso per esami nella misura di un sesto dei posti disponibili. A questa direttiva si adeguò il Governo, con l'art. 16, primo e secondo comma, del d.P.R. n. 1077 del 1970, disponendo, inoltre, nel nono comma, che la nomina a direttore di sezione dei vincitori del concorso riservato agli impiegati della carriera di concetto (in possesso dei titoli e requisiti di cui ai commi secondo e sesto) decorre a tutti gli effetti dall'1 gennaio dell'anno successivo a quello in cui si é verificata la disponibilità dei posti messi a concorso, e che i vincitori seguono nel ruolo gli impiegati (già appartenenti alla stessa categoria direttiva) promossi mediante scrutinio con la stessa decorrenza.
Secondo il TAR tale normativa comporterebbe senza alcuna razionale giustificazione e in violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione il riconoscimento di una più favorevole posizione al personale di concetto immesso per saltum nel ruolo della carriera direttiva con qualifica intermedia e non iniziale, con grave pregiudizio degli impiegati che, pur avendo superato con priorità nel tempo il concorso nell'ambito interno della categoria direttiva, nondimeno sarebbero scavalcati nel ruolo organico di appartenenza.
Inoltre la stessa previsione della possibilità di accesso alla qualifica direttiva, direttamente da una qualifica intermedia, per gli impiegati della carriera di concetto, comporterebbe violazione dell'art. 97 della Costituzione.
Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che la questione sia dichiarata non fondata.
L'Avvocatura dello Stato osserva che non sussiste alcun principio costituzionale che vincoli il legislatore ordinario a disporre l'accesso alle varie carriere al grado iniziale di ciascuna di esse. Quando, come nella specie, l'accesso diretto alla qualifica intermedia di una data carriera é riservato al personale della carriera immediatamente inferiore in possesso di determinati e particolari requisiti (titolo di studio, anzianità di servizio), non può ritenersi violato il principio di uguaglianza, data la difformità delle situazioni esistenti fra gli impiegati che posseggono tali requisiti e quelli che non li possiedono; né é compromesso il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, perché, come é lasciato al legislatore di fare eccezione all'accesso mediante concorso, così deve considerarsi rimesso alla discrezionalità del legislatore ordinario di valutare se l'aver già superato un concorso di accesso all'impiego ed avere acquisito ulteriori requisiti possano costituire titolo di ammissione ad altro concorso per l'accesso ad una qualifica intermedia di una carriera superiore.
Per quanto riguarda, poi, la retrodatazione della nomina dei vincitori del concorso di accesso alla indicata qualifica intermedia, l'ordinanza di rimessione trascura che analoga retrodatazione é prevista dall'art. 15 dello stesso decreto n. 1077 del 1970, che fa decorrere la promozione a direttore di sezione dalla data del compimento dell'anzianità necessaria per l'ammissione allo scrutinio, cosicché il principio di uguaglianza é invocato senza ragione, dal momento che la retrodatazione della promozione deve dirsi elevata a sistema generale per quanto riguarda la qualifica di direttore di sezione di cui si tratta.
Inoltre, gli impiegati della carriera direttiva che partecipano agli scrutini per la copertura dei posti di direttore di sezione resisi disponibili nello stesso anno sono tutelati dalla norma di cui all'ultima parte del comma nono dell'art. 16 del d.P.R. n. 1077/1970, che dispone espressamente che i vincitori del concorso riservato sono collocati in ruolo dopo i promossi per scrutinio.
Infine, gli impiegati della carriera direttiva che partecipano agli scrutini di promozione per la copertura dei posti resisi disponibili negli anni successivi, non possono dolersi di essere iscritti in ruolo successivamente ai vincitori del concorso riservato, relativo alle vacanze degli anni precedenti. É evidente infatti che in tale caso il preteso scavalcamento nel ruolo é soltanto formale, perché i promossi per scrutinio hanno concorso per la copertura dei posti resisi disponibili in epoca successiva a quella in cui si é operata la riserva di posti degli anni precedenti.
Si é costituita pure la parte privata, la quale ha insistito perché la questione sia ritenuta fondata.
Analoga questione é stata sollevata con ordinanza 30 giugno 1975 del TAR del Lazio, nel corso di analogo giudizio dinanzi a sé promosso da taluni direttori di sezione del ruolo dell'Ispettorato del lavoro per contestare la legittimità di bandi di concorsi a posti di ispettore superiore nel ruolo della carriera direttiva dell'Ispettorato del lavoro, riservato agli impiegati della carriera di concetto.
L'ordinanza é in tutto simile alla precedente, limitandosi in questa il TAR a chiarire peraltro che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 150 del d.P.R. n. 1077 del 1970, viene sollevata "nella parte in cui determina all'1 gennaio 1971 la decorrenza degli effetti della nomina da attribuirsi al vincitore del primo dei concorsi da espletare".
Il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro del lavoro (parte nel giudizio a quo), chiedono che la questione sia dichiarata non fondata.
Nella memoria depositata si contesta che le norme impugnate rendano possibile il conseguimento di qualifiche non iniziali in posti di organico di una carriera superiore, quella direttiva, senza salvaguardia per le posizioni dei dipendenti già in possesso di dette qualifiche, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
Si deduce al riguardo che esiste una sostanziale diversità di posizioni tra i consiglieri che, avendo compiuto quattro anni e sei mesi di effettivo servizio nella qualifica, conseguono a ruolo aperto la promozione a direttore di sezione mediante scrutinio per merito comparativo, e i vincitori di concorso riservato per passaggio di carriera, con diritto alla nomina a direttore di sezione, giacché - tra l'altro - per l'ammissione al concorso dei secondi é richiesta la condizione che essi abbiano già maturato una considerevole anzianità di effettivo servizio in carriera di concetto dalla quale provengono.
Quanto all'art. 97 della Costituzione, per l'immissione degli impiegati della carriera di concetto, per saltum, in quella direttiva, la si contesta sottolineando che il passaggio alla carriera direttiva richiede non solo una valutazione del Consiglio di amministrazione in ordine all'attitudine alle funzioni direttive, ma anche della qualità del servizio prestato, del rendimento e del risultato conseguito nei corsi di integrazione (art. 16, sesto comma).
Inoltre é richiesta una considerevole anzianità di effettivo servizio nella carriera di provenienza.
Dopo l'ammissione al concorso i candidati debbono risultare vincitori, superando esami a carattere teorico-pratico, tendenti ad accertare la preparazione professionale e l'attitudine dei concorrenti alla soluzione di questioni di carattere amministrativo e tecnico (art. 16, quinto comma), il cui programma é stabilito con decreto del Ministro, sentito il Consiglio superiore della P.A. e deve comprendere prove dirette ad accertare il possesso di una adeguata cultura economico- giuridica o tecnica del candidato (art. 16, commi quinto e sesto).
Le parti private Botticelli, D'Angeli, Esposito, Sogliano e Terracciano hanno chiesto la declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'art. 150, terzo comma, del d.P.R. n. 1077 del 1970.
Le parti private Porreca e Amendola hanno chiesto che la questione sollevata sia dichiarata non fondata, insistendo sul carattere differenziato della posizione dei consiglieri della carriera direttiva, i quali, avendo compiuto quattro anni e sei mesi di effettivo servizio nella qualifica, conseguono a ruolo aperto la promozione a direttore di sezione mediante scrutinio per merito comparativo, e vincitori di concorso riservato per passaggio di carriera con diritto alla nomina a direttore di sezione.
Essi hanno sostenuto, altresì, in relazione alla dedotta violazione dell'art. 97 della Costituzione, che il passaggio alla carriera direttiva previo concorso é garanzia di adeguata selezione ed, infine che la retrodatazione prevista dalle norme impugnate trova riscontro, per coloro che già appartengono alla carriera direttiva in analoga retrodatazione prevista dall'art. 15 del d.P.R. n. 1077 del 1970 e che lo stesso art. 16 impugnato, col suo meccanismo, impedisce irragionevoli scavalcamenti.
Questione analoga é stata sollevata pure dal TAR del Lazio con altre cinque ordinanze, quattro identiche del 21 febbraio 1977 e una del 19 giugno 1978.
Considerato in diritto
1. - I giudizi promossi con le sette ordinanze di cui in epigrafe, avendo ad oggetto le medesime disposizioni di legge e sollevando identiche questioni di legittimità costituzionale, vanno riuniti ai fini di un'unica pronuncia.
2. - Alla Corte vengono sottoposte le seguenti questioni:
a) - se l'art. 9 della legge 28 ottobre 1970, n. 775 ("Modifiche e integrazioni alla legge 18 marzo 1968, n. 249"), nella parte in cui ha sostituito l'art. 11, quarto comma della legge 18 marzo 1968, n. 249 ("Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali") e gli artt. 16, primo, secondo e nono comma, e 150 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077 ("Riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato"), prevedendo il passaggio alla qualifica intermedia della carriera immediatamente superiore dei dipendenti civili della Amministrazione dello Stato, siano costituzionalmente legittimi in relazione agli artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione;
b) - se lo stesso art. 150, terzo comma, del d.P.R. n. 1077/1970, nella parte in cui dispone in via transitoria che nella prima applicazione dell'art. 16 dello stesso d.P.R. i passaggi alla cennata qualificata intermedia avranno effetto dall'1 gennaio 1971, sia costituzionalmente legittimo in relazione agli artt. 3, primo comma, e 97, primo comma della Costituzione.
Le questioni non sono fondate
3. - Quanto alla prima osserva la Corte che non può negarsi al legislatore un'ampia discrezionalità nello scegliere i sistemi e le procedure per la costituzione del rapporto di pubblico impiego e per la progressione in carriera; il limite a questa discrezionalità é dato essenzialmente dall'art. 97, primo comma, Cost., dal quale discende la necessità che le norme siano tali da garantire il buon andamento della P.A.; il che, per quanto attiene al momento della costituzione del rapporto d'impiego, consiste nel far sì che nella P.A. siano immessi soggetti i quali dimostrino convenientemente la loro generica attitudine a svolgere le funzioni che vengono affidate a chi deve agire per la P.A. e, per quanto attiene alla progressione, consiste nel valutare congruamente e razionalmente la attività pregressa del dipendente, sì da trarne utili elementi per ritenere che egli possa bene svolgere anche le funzioni superiori.
A tal fine lo stesso art. 97, terzo comma, ritiene che il sistema preferibile per la prima ammissione in carriera, e cioè per l'accertamento della predetta generica attitudine sia quello del pubblico concorso: ma non lo eleva a regola assoluta, lasciando libero il legislatore di adottare sistemi diversi, purché anch'essi congrui e ragionevoli in rapporto al fine da raggiungere ed all'interesse da soddisfare.
Ora non sembra alla Corte che nel caso di specie queste regole siano state travalicate o trascurate.
Con l'art. ll, quarto comma, della legge 18 marzo 1968, n. 249, modificato dall'art. 9 della legge n. 775 del 1970, e con l'art. 16 del d.P.R. n. 1077 del 1970, si é posta in essere una forma di progressione in carriera dei dipendenti civili dell'Amministrazione dello Stato che, superando le disposizioni già contenute negli artt. 161, quarto comma, e 173, quarto comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 ("T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato"), ha consentito agli impiegati di categorie inferiori, in aggiunta alla ammissione ai concorsi per la qualifica iniziale della carriera superiore, anche se privi del normale titolo di studio, il passaggio alla qualifica intermedia della stessa carriera superiore.
Si tratta indubbiamente di un sistema non soltanto nuovo, ma altresì eccezionale, il quale si traduce (e lo stesso legislatore se ne é reso conto) in un particolare, rilevantissimo beneficio per i dipendenti.
Proprio perciò, con l'art. 11 della legge n. 249 del 1968, che ha preveduto il nuovo istituto, il legislatore ha voluto "adeguate garanzie", che poi sono state adottate con l'art. 16 del d.P.R. n. 1077, che ha disciplinato in concreto il medesimo istituto.
Il passaggio, limitato numericamente ad un sesto dei posti disponibili nel ruolo organico della carriera superiore, deve avvenire, infatti, attraverso un apposito concorso per esami circondato da notevoli cautele.
Al concorso per la carriera direttiva (che qui interessa) sono ammessi soltanto coloro i quali abbiano raggiunto la qualifica di segretario capo, segretario principale o qualifiche equiparate ed abbiano qui prestato cinque anni di effettivo servizio (si prescinde da tale anzianità solo per coloro i quali possiedano il prescritto titolo di studio). L'ammissione é poi subordinata (per chi non sia in possesso del titolo di studio) al parere favorevole del consiglio di amministrazione, parere il quale deve essere fondato sulla valutazione delle attitudini all'esercizio delle funzioni della carriera direttiva e del risultato conseguito nei corsi di integrazione.
Ancora, gli esami devono avere carattere teorico-pratico e devono tendere ad accertare sia la preparazione professionale sia la attitudine alla soluzione di questioni di carattere amministrativo o tecnico: il relativo programma deve essere stabilito con i criteri e con le modalità proprie di ogni altro concorso di ammissione di cui all'art. 3 del medesimo d.P.R. n. 1077/1970. Ma non par dubbio che la prova sia più severa, in quanto l'art. 3 si riferisce a concorsi svolgentisi fra persone estranee alla P.A. che aspirano ad entrare nei ruoli di questa e che, pertanto, non possono avere alle loro spalle un bagaglio di preparazione e di esperienze simile a quello di coloro i quali già appartengono alla P.A.
Il legislatore ha definito "nomina" la immissione dei soggetti in questione nella qualifica intermedia della carriera superiore e, in coerenza con tale definizione, ha stabilito ancora che i vincitori del concorso sono soggetti al normale periodo di prova di sei mesi, al termine del quale sono restituiti al ruolo di provenienza se la prova fallisce (art. 16, ultimo comma).
Infine i vincitori del concorso (nono comma) conseguono la nomina, a tutti gli effetti, con decorrenza dall'1 gennaio dell'anno successivo a quello nel quale si é verificata la disponibilità dei posti messi a concorso, ma seguiranno nel ruolo gli impiegati promossi mediante scrutinio, e cioè provenienti dalla stessa carriera direttiva ai sensi dell'art. 15.
In tal modo il legislatore non ha trascurato di adottare misure e cautele idonee a salvaguardare gli interessi della P.A., per cui, accomunando norme relative alla prima immissione nei ruoli e norme più proprie alle promozioni, gli appartenenti alla carriera di concetto possono conseguire la "nomina" alla qualifica di direttore di sezione a seguito di una duplice procedura: in primo tempo si ha una valutazione preventiva del servizio già prestato in seno alla P.A. e in un secondo tempo (salvi coloro che possiedono il necessario titolo di studio) si ha il vaglio di un concorso il cui contenuto, come si é detto, é più severo di ogni altro concorso di prima ammissione all'impiego pubblico.
Con questi accorgimenti e con queste limitazioni si può ritenere che sia stata osservata la esigenza di fornire alla P.A., anche nei gradi intermedi, persone atte a svolgere adeguatamente le loro funzioni e che le condizioni previste non siano inferiori, nella loro sostanza, a quelle poste dall'art. 15 per l'avanzamento alla qualifica di direttore di sezione degli appartenenti alla carriera direttiva.
Né appare violato il principio di uguaglianza per non avere ammesso a tali concorsi coloro i quali appartengono alla carriera direttiva, poiché costoro sono presi in esame ai fini della promozione dopo quattro anni e sei mesi e sono valutati con il più semplice sistema dello scrutinio per merito comparativo, sicché non devono ulteriormente sottoporsi a prove di esame: sono, cioé, diverse le situazioni prese in considerazione dal legislatore, per cui anche a parte la considerazione che l'allargamento di un beneficio particolare rientra nella discrezionalità del medesimo legislatore, sta di fatto che il sistema escogitato per gli appartenenti a carriera inferiore mal si adatterebbe ai fini della promozione nell'ambito della medesima carriera.
Non esatta, infine, é l'affermazione che sulla base del nono comma dell'art. 16 si verificherebbe uno scavalcamento rispetto a coloro che sono promossi ex art. 15.
Il d.P.R. n. 1077 ha adottato il sistema (non di rado seguito dal legislatore e che anzi si va estendendo) di ancorare a data fissa alcuni provvedimenti attinenti alla progressione in carriera: così l'art. 40 ha stabilito che gli scrutini per la promozione alla qualifica intermedia devono avere luogo entro il 30 giugno ed il 31 dicembre di ogni anno, in modo che le promozioni siano disposte con decorrenza, rispettivamente, 1 luglio e 1 gennaio successivi. L'art. 16, a sua volta, ha fissato all'1 gennaio di ogni anno la decorrenza delle "nomine" alla qualifica intermedia della carriera superiore. Questa ultima norma appare razionale, dato che le nomine medesime sono collegate al numero dei posti disponibili entro il 31 dicembre precedente. Ma lo stesso art. 16 (nono comma) ha anche avuto cura di stabilire che coloro i quali sono nominati ex art. 16 devono seguire nel ruolo coloro i quali siano promossi, sotto la stessa data, ex art. 15: i primi, pertanto, precedono soltanto coloro i quali saranno scrutinati ex art. 15 entro il 30 giugno successivo, il che é del tutto ovvio, trattandosi di posti resisi disponibili successivamente a quelli coperti ex art. 16.
4. - Quanto alla seconda questione si deve premettere che l'art. 16 del d.P.R. n. 1077, al fine di precisare in ogni dettaglio forme e termini del procedimento relativo alle "nomine" di cui al medesimo articolo, ha stabilito che, dovendo queste riferirsi ai posti disponibili entro il 31 dicembre di ogni anno e dovendo le nomine avere decorrenza dall'1 gennaio successivo, la procedura ha inizio entro il mese di febbraio con l'accertamento del numero dei posti disponibili e con la emanazione del relativo bando di concorso.
In questo quadro deve essere esaminato il disposto dell'art. 150, che forma oggetto della seconda censura e che si riferisce alla prima applicazione di questo nuovo tipo di nomine, cioè a quelle da conferire con decorrenza 1 gennaio 1971.
Il primo comma dell'art. 11 della legge di delega, nel testo risultante dalla legge n. 775 del 1970, aveva stabilito che il riordinamento delle carriere da attuare con i provvedimenti delegati ivi previsti avesse decorrenza dall'1 luglio 1970: la norma (che in ogni caso non é stata censurata dai giudici a quibus) é conforme al criterio, normalmente seguito quando si procede a riforme nello stato giuridico dei pubblici dipendenti, di fissare una data precisa alla quale riferire le modifiche.
Consegue da ciò che le disposizioni del decreto delegato avrebbero dovuto avere effetto a partire dall'1 luglio 1970: ed infatti l'art. 153, secondo comma, del d.P.R. n. 1077, esplicitamente stabilisce che detto decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla G. U. (e cioè l'8 gennaio 1971) ma "ha effetto dal 1 luglio 1970".
Consegue ancora che dalla ripetuta data 1 luglio 1970 decorreva il computo delle vacanze utili per la prima applicazione delle "nomine" e perciò l'art. 150, terzo comma, da un lato parla, per la prima applicazione, di concorsi da riferire a posti disponibili entro il secondo semestre del 1970, e dall'altro (pur non avendone bisogno, non potendo discostarsi dalle norme della legge di delega) tiene ferma la decorrenza delle nomine dall' 1 gennaio 1971.
Senonché l'art. 150 (compreso in un decreto emanato dal Capo dello Stato il 28 dicembre 1970 e pubblicato successivamente, come si é detto) ha dovuto tenere conto della circostanza che sarebbe stato difficile per l'Amministrazione procedere alla puntuale e tempestiva applicazione dell'art. 16: conseguentemente, pur tenendo ferma la decorrenza 1 gennaio 1971 (data da osservare necessariamente per il disposto dell'art. 11 citato), ha spostato al settembre 1971, per la prima applicazione in parola, il termine normale del febbraio.
In tal modo non si é disposto retroattivamente, ma soltanto s'è stabilito uno spostamento nel tempo degli atti procedurali del caso, spostamento dovuto ad una situazione di necessità, che non poteva influire sulla norma sostanziale che ha posto il criterio fondamentale per le "nomine".
Senonché in punto di fatto i termini fissati dall'art. 150 non sono stati osservati dalle Amministrazioni interessate al presente giudizio: come risulta dalle ordinanze di rimessione, infatti, il Ministero delle finanze ha bandito il primo concorso, relativo ai posti disponibili al 31 dicembre 1970, soltanto il 18 aprile 1974 (ord. n. 83/1976) ed il Ministero del lavoro ha bandito anch'esso il concorso per i posti del 1970 il 12 marzo 1974 (ord. n. 183/1976), lasciando inalterata la decorrenza delle nomine all' 1 gennaio 1971.
Analogamente é avvenuto anche per gli anni successivi: infatti il Ministero del lavoro ha bandito il concorso per il 1971 con decreto del 23 aprile 1975 (ord. n. 17/1979); l'Amministrazione dei Monopoli di Stato ha bandito i concorsi relativi ai posti degli anni 1972, 1973 e 1974 con separati decreti tutti datati però 24 settembre 1975 (ord. nn. 524/1978; 525/1978 e 526/1978) e con decreto dell'8 marzo 1976 ha bandito quello relativo ai posti dell'anno 1975 (ord. n. 527/1978). In ogni caso-ovviamente-sono state sempre lasciate ferme le decorrenze delle nomine dall'1 gennaio dell'anno successivo a quello nel quale le vacanze si erano verificate.
Nel frattempo, però, le stesse Amministrazioni avevano provveduto ad effettuare gli scrutini e le promozioni ai sensi dell'art. 15 con la dovuta tempestività, sicché, sempre in linea di fatto, é avvenuto che, quando sono stati banditi i concorsi ex art. 16 (impugnati dinanzi al giudice amministrativo e che hanno dato luogo al presente giudizio incidentale di legittimità costituzionale), già erano stati promossi alla qualifica di direttore di sezione vari impiegati i quali, in prosieguo di tempo, hanno veduto inserirsi nel ruolo, con una anzianità anteriore, altri dipendenti, e precisamente coloro i quali avevano superato gli esami in parola: ma costoro, come si é detto, aveva diritto a conseguire la nomina con la decorrenza 1 gennaio 1971 (e, per qualcuno, 1 gennaio 1972, 1973, 1974, 1975 o 1976), non avendo rilievo alcuno, ai fini del presente giudizio, il ritardo dell'Amministrazione nello eseguire le procedure.
Nella specie si tratta solo della necessaria regolarizzazione di una situazione anomala creata dalla P.A. e la cui legittimità, ovviamente, può essere sindacata solo dal giudice amministrativo.
Ne consegue che l'art. 150, terzo comma, non ha violato le norme costituzionali richiamate e ciò anche a prescindere dal considerare che, in ogni caso, la retroattività é vietata dalla Costituzione solo in materia penale, e questa Corte ha ritenuto che per le restanti materie la osservanza del principio é rimessa alla prudente valutazione del legislatore, sempre che la retroattività non comporti-evenienza che nella specie non ricorre - la violazione di uno specifico precetto costituzionale (cfr. sentenza n. 194 del 1976).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16, primo, secondo e nono comma, e dell'art. 150 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1970, n. 1077 ("Riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato") nonché dell'art. 11, quarto comma, della legge 18 marzo 1968, n. 249 ("Delega al Governo per il riordinamento dell'Amministrazione dello Stato, per il decentramento delle funzioni e per il riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti statali"), così come modificato dall'art. 9 della legge 28 ottobre 1970, n. 775 ("Modifiche ed integrazioni alla legge 18 marzo 1968, n. 249"), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, con le ordinanze del TAR del Lazio indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 marzo 1983.
Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO – Ettore GALLO
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 7 aprile 1983.