SENTENZA N. 314
ANNO 1987
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
Dott. Francesco SAJA , Presidente
Prof. Virgilio ANDRIOLI
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Prof. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco P. CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 27 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, 15 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e 10 del d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 513 " Trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali", "Adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali", "Trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti civili dello Stato" promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 16 maggio 1979 dalla Corte dei conti - sezioni riunite - sul ricorso proposto da d'Acunzo Aurelio, iscritta al n. 95 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 112 dell'anno 1980;
2) ordinanza emessa il 20 febbraio 1980 dalla Corte dei conti - sezioni riunite - sul ricorso proposto da Buscema Salvatore ed altri, iscritta al n. 464 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 222 dell'anno 1980;
3) ordinanza emessa il 26 aprile 1982 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Soreca Giorgio ed altri contro il Ministero dei Lavori Pubblici ed altro, iscritta al n. 995 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 102 dell'anno 1984;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell'udienza pubblica del 1ø luglio 1987 il giudice relatore Vincenzo Caianiello;
Udito l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
La Corte dei conti, adita in sede di giurisdizione speciale per le controversie relative al proprio personale, dal Presidente di Sezione dr. Aurelio d'Acunzo per la riliquidazione delle somma a lui corrisposte a titolo di indennità di comando per il periodo di servizio (10 gennaio 1976-28 febbraio 1977) prestato in sede diversa da quella che gli sarebbe normalmente spettata in base al ruolo di appartenenza, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, comma primo, legge 18 dicembre 1973, n. 836, nella parte in cui dispone che l'indennità di comando spetta "nelle misure" anteriormente stabilite.
Attribuita a quel personale che, pur appartenendo ai ruoli centrali delle ammonistrazioni dello Stato, viene destinato a prestare servizio presso uffici aventi sede fuori della Capitale (art. 8 D.L.Lt. 7 luglio 1945, n. 320), l'indennità in parola é calcolata in base ad un'aliquota dell'indennità di missione (art. 18 l. 29 giugno 1951, n. 489). Osserva al riguardo il giudice a quo che il rinvio alla diaria stabilita per i dipendenti comandati in missione - che di volta in volta il legislatore ha adeguato alle mutate esigenze del costo della vita - é venuto meno per effetto dell'art. 27 della legge 18 dicembre 1973, n. 836, il quale testualmente dispone che "Tutte le indennità, comunque denominate, commisurate ad una aliquota dell'indennità di trasferta........... restano stabilite nelle misure spettanti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge".
La norma impugnata, dunque, bloccando il meccanismo quantificativo dell'indennità ai valori fissati dalle precedenti disposizioni, verrebbe a determinare importi contrastanti sia con il principio della giusta retribuzione che con il principio di eguaglianza.
Quanto al primo aspetto, ravvisata nell'indennità di comando, una natura fondamentalmente retributiva, il collegio remittente osserva che l'interruzione del "rinvio dinamico", che consentiva al compenso di seguire automaticamente il crescente andamento della vita economica rivalutandosi nella stessa misura in cui si rivalutava l'indennità di missione (artt. 8 D.L.Lt. 7 luglio 1945, n. 320 e 18 l. 29 giugno 1951, n. 489) ha finito con lo svuotare di effettivo contenuto retributivo l'indennità di comando, creando un sistema destinato a renderla sempre più inadeguata alla sua finalità.
Di qui il dubbio di legittimità costituzionale in relazione al principio della giusta retribuzione che, ispirato ad un criterio di ragionevolezza, non potrebbe non ritenersi vulnerato dalla scelta legislativa di retribuire un lavoro in base a parametri ormai svalutati e destinati a divenire sempre più inadeguati "in presenza di una dinamica retributiva che segue e talora rincorre l'inarrestabile dinamica dei prezzi e dell'erosione del valore monetario".
Quanto alla violazione del principio di eguaglianza, il giudice a quo rileva che il compenso non più realisticamente tale in quanto privo di effettivo contenuto economico, porrebbe su un piano retributivo non apprezzabilmente diverso i dipendenti che prestano servizio negli uffici periferici, e che versano pertanto in una situazione lavorativa maggiormente onerosa, e quelli che invece prestano servizio nella capitale.
2. - Identica questione é stata sollevata, con successiva ordinanza in data 20 febbraio 1980 e sempre in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., dallo stesso organo giurisdizionale, investito del medesimo oggetto processuale in seguito al ricorso presentato dal dr. Salvatore Buscema all'epoca avente la qualifica di Consigliere della Corte dei conti e da altri.
3. - Questione di legittimità costituzionale degli artt. 27 l. 18 dicembre 1973, n. 836, 15 l. 26 giugno 1978, n. 417 e 10 d.P.R. 16 gennaio 1978 n. 513, in relazione agli artt. 3, 36 e 97 Cost. é stata sollevata anche, con ordinanza del 26 aprile 1982, dal TAR del Lazio, nel giudizio istauratosi in seguito al ricorso proposto dal dr. Giorgio Soreca ed altri funzioni del Ministero dei lavori pubblici per il riconoscimento del loro diritto all'adeguamento dell'indennità di comando ai nuovi valori previsti per l'indennità di missione dai provvedimenti legislativi n. 417 del 1978 e n. 513 del 1978, nonché, per il periodo anteriore all'entrata in vigore dell'anzidetta normativa, ai valori fissati per la medesima indennità dalla legge n. 836 del 1973.
Ritiene in questo caso il giudice remittente che le norme impugnate, risulterebbero del tutto illogiche e irrazionali dal momento che, pur riconoscendo in linea di principio una certa corrispondenza tra il sacrificio connesso al servizio prestato in uffici periferici e quello affrontato dai dipendenti in missione, accordano poi al solo personale comandato un trattamento economico rigidamente ancorato a valori non più rispondenti alla realtà socio-economica, rendendo così irrisoria e priva di contenuto economico la misura della relativa indennità.
Onde il ravvisato profilo incostituzionalità del nuovo sistema di quantificazione, che, da un lato sembra destinato ad incidere negativamente sul rendimento della categoria interessata (art. 97 Cost.), la cui retribuzione peraltro non risulterebbe adeguata - per la parte in esame - al sacrificio derivante dal servizio prestato (art. 36 Cost.), e, dall'altro, introduce elementi di sperequazione con il trattamento riservato al personale in missione (art. 3 Cost. con conseguente violazione del principio di buon andamento, art. 97 Cost.) che, almeno per taluni profili verserebbe in analoga situazione.
4. - Non si sono costituite le parti private, mentre, nel solo giudizio instauratosi a seguito della citata ordinanza del TAR Lazio, ha spiegato intervento l'Avvocatura Generale dello Stato, evidenziando in primo luogo come i servizi periferici delle amministrazioni statali (Ragionerie regionali dello Stato, Provveditorati alle OO.PP., Delegazioni regionali della Corte dei Conti), per le cui esigenze era stata in origine prevista l'apposita indennità, si siano, nel tempo, istituzionalizzati, con la conseguenza che i relativi ruoli avrebbero assunto, seppure implicitamente, la caratteristica di ruolo unico (centrale e periferico). Ciò spiegherebbe la ragione per cui il legislatore, pur non avendo soppresso la predetta indennità, ne avrebbe comunque bloccato gli importi allo scopo di giungere ad un graduale svuotamento del compenso ormai privo di una sua giustificazione sostanziale.
Con le norme impugnate inoltre si sarebbe voluto differenziare, anche al livello retributivo, i due istituti del comando e della missione che già presentavano, sul piano della disciplina, obiettivi elementi di diversità, (requisiti di applicabilità e durata). Da questo punto di vista, pertanto, non sussisterebbe violazione del principio di eguaglianza tenuto soprattutto conto della diversa situazione in cui versa chi é chiamato a prestare il proprio lavoro occasionalmente e per periodi limitati fuori dalla sede abituale da chi é invece comandato a prestare la propria attività con carattere di stabilità in sede diversa da quella romana.
Egualmente infondato apparirebbe il contrasto con l'art. 36 della Costituzione, non comprendendosi come, alla luce delle argomentazioni svolte, i criteri di determinazione dell'indennità di comando possano incidere sul principio della giusta retribuzione, mentre insussistente risulterebbe infine anche l'asserita violazione dell'art. 97 della Costituzione, atteso che una differenza di trattamento economico di irrilevante entità, rispetto all'intera retribuzione, non potrebbe in alcun modo costituire una turbativa al rendimento del personale.
Considerato in diritto
1. - É stato sollevato incidente di legittimità costituzionale (Corte dei Conti reg. ord. nn. 95 e 464 del 1980 e TAR Lazio n. 995 del 1983) dell'art. 27 della legge 18 dicembre 1973 n. 836, nella parte in cui prescrive che tutte le indennità commisurate ad una aliquota dell'indennità di trasferta, e fra esse quella di comando prevista dall'art. 8 del d.l. lt. 7 giugno 1945 n. 320 "restano stabilite nelle misure spettanti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge".
Analogo incidente (reg. ord. n. 995 del 1983) é stato sollevato dal TAR Lazio in ordine all'art. 15 della legge 26 luglio 1978 n. 417 e all'art. 10 del d.P.R. 16 gennaio 1978 n. 513 che hanno successivamente prescritto che le indennità suddette e tra queste quella di comando, restino stabilite nelle misure e secondo le tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge n. 836 del 18 dicembre 1973.
2. - Dalla Corte dei Conti si assume il contrasto delle norme denunciate con gli artt. 3 e 36 Cost. mentre nell'ordinanza del TAR Lazio si assumono come parametri di riferimento, circa l'asserita illegittimità, gli artt. 3, 36 e 97 Cost.
Si afferma sostanzialmente dai giudici a quibus che l'indennità di comando é stata istituita con il d.l. lt. del 1945 n. 320 per compensare il maggior disagio cui vanno incontro gli impiegati inquadrati nei ruoli dell'Amministrazione centrale che siano destinati in sedi periferiche. Al momento della sua istituzione, tale indennità (art. 45 d.l. lt. n. 320 del 1945) venne commisurata ad un'aliquota di quella di missione e quindi il non aver mantenuto nelle norme denunziate il collegamento della indennità di comando con l'altra, che é stata aumentata nel tempo, avrebbe cristallizzato l'originaria misura violando così il principio della giusta retribuzione.
Si sarebbe altresì determinata una disparità a scapito dei dipendenti cui é attribuita l'indennità di comando, rimasta immutata, rispetto a coloro che fruiscono di quella di missione che é invece stata aggiornata nel tempo, nonché con coloro che sono destinati nella capitale senza dover affrontare i disagi del comando.
3. - Le questioni, in quanto connesse, vanno decise con unica sentenza.
Devesi preliminarmente rilevare la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 del d.P.R. 16 gennaio 1978 n. 513. Essa attiene infatti ad una norma contenuta in un atto che non ha forza di legge, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare in relazione ad altri decreti presidenziali, di uguale natura, emanati per l'approvazione di accordi collettivi disciplinanti il trattamento economico del personale del parastato e degli enti locali (sent. n. 21 e n. 100 del 1980).
4. - Anche le altre questioni come formulate sono inammissibili.
Va rilevato che nelle ordinanze della Corte dei conti, che sono quelle che si sono soffermate sul problema della qualificazione dell'indennità di comando, si é partiti dal riconoscerle natura retributiva e non "risarcitoria" come per quella di missione. É proprio questa qualificazione a rendere inconferente il riferimento all'art. 3 Cost. perché la riconosciuta diversità fa venir meno il presupposto stesso per far reclamare l'esigenza del costante adeguamento fra le due indennità.
5. - L'affermata natura retributiva della indennità di comando fa poi venir meno anche il presupposto per potersi affrontare il problema della sua congruità con riferimento all'art. 36 Cost. perché, come é stato costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 141 del 1979; n. 176 del 1980; n. 227 del 1982; n. 229 del 1983; n. 1 del 1986), il principio, contenuto nell'art. 36 Cost., attiene alla retribuzione considerata nel suo complesso e non alle singole componenti di essa o alle prestazioni accessorie.
6. - Per quel che riguarda l'altra questione sollevata con riferimento all'art. 3 Cost. nell'assunto della disparità che, in mancanza dell'adeguamento dell'indennità di comando, verrebbe a determinarsi a scapito degli impiegati comandati a prestare servizio in periferia rispetto a quelli che restano nella capitale, va rilevato che, una volta escluso che l'adeguatezza dell'indennità possa essere valutata isolatamente, il problema riguarda la retribuzione globalmente intesa e, come tale - in mancanza fra l'altro di specifici parametri di riferimento e stante la pluralità delle soluzioni normative possibili - investe la discrezionalità del legislatore.
7. - Infine, anche la questione sollevata dal TAR Lazio in riferimento all'art. 97 Cost., é inammissibile in quanto il richiamo al precetto costituzionale é assolutamente generico e privo di ogni motivazione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 27 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 (trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali), dell'art. 15 della legge 26 luglio 1978 n. 417 (adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali), dell'art. 10 d.P.R. 16 gennaio 1978, n. 513 (trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti civili dello Stato) sollevate dalla Corte dei conti (reg. ord. n. 95 del 1980 e n. 464 del 1980) e dal TAR Lazio (reg. ord. n. 995 del 1983) con riferimento agli artt. 3, 36 e 97 Cost.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 ottobre 1987.
Il Presidente: SAJA
Il Redattore: CAIANIELLO
Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1987.
Il direttore della cancelleria: MINELLI