SENTENZA N.100
ANNO 1980
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Prof. Antonio LA PERGOLA
Prof. Virgilio ANDRIOLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Trentino-Alto Adige, notificato il 18 luglio 1979, depositato nella Cancelleria della Corte costituzionale il 27 successivo ed iscritto al n. 22 del registro ricorsi 1979, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del d.P.R. 1° giugno 1979, n. 191, recante: < Disciplina del rapporto di lavoro del personale degli enti locali >.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 aprile 1980 il Giudice relatore Livio Paladin;
uditi l'avv. Giuseppe Guarino per la Regione Trentino-Alto Adige e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - L'Avvocatura dello Stato ha preliminarmente chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile, in quanto il conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Trentino-Alto Adige concernerebbe un atto statale avente forza di legge.
Tuttavia, anche al caso in esame sono riferibili le considerazioni svolte dalla Corte nella sentenza n. 21 di questo anno per escludere che avesse forza di legge l'analogo decreto presidenziale n. 411 del 1976, di approvazione di un accordo riguardante la < disciplina del rapporto di lavoro del personale degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70 >. In primo luogo, cioè, nemmeno il d.P.R. 1° giugno 1979, n. 191, si qualifica affatto come legge delegata. In secondo luogo, dall'art. 6 del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946 (convertito e modificato dalla legge 27 febbraio 1978, n. 43), ai sensi del quale l'atto impugnato ha provveduto ad emanare la < disciplina del rapporto di lavoro del personale degli enti locali >, non si desume l'intenzione di operare alcuna delega di potestà legislativa dal Parlamento al Governo. In terzo luogo, qui pure si prospetta senza limiti di tempo, come già nella legge n. 70 del 1975, una reiterazione triennale degli accordi e delle conseguenti deliberazioni del Consiglio dei ministri; per cui va comunque respinta la pretesa che i decreti presidenziali di approvazione degli accordi stessi costituiscano il frutto di una delegazione, giacché diversamente ne discenderebbe una sicura violazione dell'art. 76 Cost., venendo a difettare come la Corte ha dichiarato nella predetta sentenza < la previsione del momento finale del termine per l'esercizio della potestà delegata >.
2. - Ciò posto, il ricorso dev'essere accolto.
Lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige non si limita ad attribuire alla Regione-ex art. 5 n. 1-potestà legislativa in tema di < ordinamento dei comuni >, come pure si riscontra nello Statuto per il Friuli-Venezia Giulia e, più largamente, nello Statuto siciliano; ma stabilisce altresì, mediante il singolarissimo disposto dell'art. 65, che < l'ordinamento del personale dei comuni è regolato dai comuni stessi, salva l'osservanza dei principi generali che potranno essere stabiliti da una legge regionale >. Su questa base s'é appunto fondata la legge regionale 11 dicembre 1975, n. 11, contenente < disposizioni generali sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti dei Comuni e dei segretari comunali della Regione >. E i regolamenti comunali hanno quindi recepito, in forza dell'art. 28 cpv. di tale legge, gli accordi stipulati dalle organizzazioni rappresentative dei Comuni appartenenti alle Province di Trento e di Bolzano con le organizzazioni sindacali provinciali del personale interessato, per la determinazione dei relativi trattamenti economici.
Ora, estendendo-nell'art. 1 primo comma-il campo della propria applicazione < a tutto il personale dipendente dai comuni, dalle province e dai loro consorzi sia delle regioni a statuto ordinario che di quelle a statuto speciale >, Trentino-Alto Adige incluso, l'accordo approvato per mezzo dell'impugnato decreto presidenziale n. 191 del 1979 concreta indubbiamente un'invasione della sfera di competenza che l'art. 65 dello Statuto speciale assegna alla Regione ricorrente. Nel secondo comma dell'art. 1 si precisa, infatti, che < non è consentito alcun accordo integrativo in sede locale, salvo che ciò sia espressamente previsto dal presente accordo >; e l'art. 34 specifica, in proposito, che < le disposizioni regolamentari vigenti negli enti locali > valgono solo < per quanto non previsto dal presente accordo > e < in quanto compatibili con l'accordo medesimo >. Sennonché la disciplina stabilita dall'accordo nazionale è così dettagliata da non far residuare ambiti in cui possa svolgersi, con esiti significativi, l'autonomia spettante ai Comuni del Trentino-Alto Adige circa il complessivo ordinamento del loro personale; e non riserva comunque uno spazio ciò che più conta in un conflitto di attribuzione vertente fra Regione e Stato-alla legislazione regionale cui l'art. 65 dello Statuto speciale affida il compito di fissare i < principi generali > del settore. Il d.P.R. n. 191 del 1979 si pone anzi in diretto contrasto con la legge regionale n. 11 del 1975, anche al di là di quanto riguarda la definizione dei < livelli retributivo-funzionali > e dei correlativi trattamenti economici: basti citare ad esempio l'accesso alle singole qualifiche dei vari livelli, che in base all'art. 3 dell'accordo nazionale non può avvenire se non per concorso, laddove l'art. 4 della ricordata legge regionale consente, sia pure in certi casi o a certe condizioni, la < chiamata diretta > nonché il < contratto a tempo determinato >.
Se dunque si considera che il d.P.R. n. 191 del 1979, non essendo neanche dotato della forza di legge, non ha di per se stesso nessun titolo per abrogare o per contraddire una fonte legislativa locale in materia statutariamente attribuita alla Regione, ne segue che tale atto va annullato, in quanto, nell'approvare la disciplina del rapporto di lavoro del personale degli enti locali contenuta nel menzionato accordo, non detta alcuna clausola di salvaguardia della competenza regionale in ordine al personale dipendente dai Comuni del Trentino-Alto Adige.
3. - Vanamente si obietta, da parte dell'Avvocatura dello Stato, che la legge 27 febbraio 1978, n. 43, persegue un intento perequativo che non potrebbe non ricevere attuazione su tutto il territorio nazionale; che trattasi, inoltre, di una < grande riforma > della finanza locale, come tale vincolante per tutte le Regioni, ordinarie e differenziate; che la legge stessa detta, in ogni caso, < i principi fondamentali nella materia > dell'ordinamento del personale dei Comuni; e che, pertanto, nell'estendere alle Regioni a statuto speciale il campo della propria applicazione, il d.P.R. n. 191 del 1979 ha semplicemente espresso quanto era già implicito nella norma legislativa che ne ha imposto l'adozione.
Per prima cosa, non è contestabile che la legge n. 43 del 1978 come già risulta dai lavori preparatori ed è confermato dall'ultimo comma dell'art. 6 miri a superare le precedenti < disparità di trattamento economico del personale >; ma ciò non basta per considerare immune da vizi l'atto impugnato. In effetti, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che alle stesse Regioni differenziate, nell'esercizio della loro particolare autonomia, siano precluse le arbitrarie discriminazioni, lesive dell'art. 3 Cost. Ma il principio di eguaglianza non rappresenta in tal senso null'altro che un limite, non già il presupposto giustificativo d'una quasi totale compressione delle autonomie locali, come quella che si produce nel caso in esame (e non per effetto della legge n. 43 del 1978, bensì per espresso disposto del d.P.R. n. 191 del 1979) .
Secondariamente, nella specie non è dato ipotizzare una < grande riforma >, in presenza di una legge di conversione d'un decreto- legge intitolato e contenente < provvedimenti urgenti per la finanza locale >. Né va trascurato, d'altra parte, che anche in tema di finanza locale il Trentino-Alto Adige si trova in una condizione peculiare, dato il trasferimento delle relative funzioni a favore delle Province di Trento e di Bolzano, che il d.P.R. 28 marzo 1975, n. 473, ha recentemente disposto prendendo spunto dall'art. 81 dello Statuto speciale.
Infine, è vero che la potestà legislativa regionale prevista dall'art. 65 dello Statuto speciale, non essendo dissociabile dalla più ampia potestà conferita nell'art. 5 n. 1 dello Statuto medesimo (quanto all'ordinamento dei Comuni), subisce anche essa il limite dei principi stabiliti in materia dalle leggi dello Stato; e non va escluso a priori che principi siffatti siano ricavabili dalla stessa legge 27 febbraio 1978, n. 43, malgrado essa non abbia la struttura di una legge-cornice. Ma giova ricordare che l'attuale controversia non ha per oggetto la violazione di un principio fondamentale stabilito da una legge dello Stato, ad opera del legislatore locale; bensì riguarda l'invasione della competenza attribuita alla Regione, da parte di un dettagliatissimo accordo recepito mediante un decreto presidenziale, che oltre tutto non può porre principi suscettibili di vincolare la legislazione regionale, essendo carente della forza di legge.
Le considerazioni ora esposte contribuiscono, dunque, a far concludere che il diciassettesimo comma dell'art. 6 del decreto- legge n. 946 del 1977, introdotto dalla legge n. 43 del 1978 (per cui < il trattamento giuridico ed economico del personale dei comuni, delle province e dei loro consorzi viene determinato in conformità ai principi, ai criteri ed ai livelli retributivi, risultanti da accordi nazionali a scadenza triennale >), non è riferibile ad una Regione speciale come il Trentino-Alto Adige, dotata in tal campo di un'autonomia statutariamente garantita e già esercitata da parte regionale. In mancanza di un'apposita clausola applicativa, tale comma va invece interpretato come si vuol ritenere in tutti i casi del genere nel senso che esso non sia destinato ad attuarsi anche nell'ambito della Regione ricorrente. E se ne ricava una recente specifica conferma dall'art. 41 cpv. del decreto-legge 7 maggio 1980, n. 153 (contenente < Norme per l'attività gestionale e finanziaria degli enti locali per l'anno 1980 >): in cui si è ritenuto necessario precisare che le norme stesse < sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti >.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che non spetta allo Stato il potere di dettare la disciplina del rapporto di lavoro del personale degli enti locali, senza far salve le attribuzioni spettanti alla Regione Trentino- Alto Adige, in base all'art. 65 dello Statuto speciale; e di conseguenza annulla, nella parte concernente la Regione stessa, l'art. 1, primo comma, dell'accordo approvato con il d.P.R. 1° giugno 1979, n. 191.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19/06/80.
Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI – Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA – Guglielmo ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI – Livio PALADIN – Antonio LA PERGOLA – Virgilio ANDRIOLI
Giovanni VITALE – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 25/06/80.