Sentenza n. 312 del 1983

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SENTENZA N. 312

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

          Prof. Virgilio ANDRIOLI  

          Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

1) nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 3 settembre 1979, n. 12 (servizio sanitario provinciale - conoscenza della lingua tedesca) promosso con ordinanza emessa il 16 dicembre 1980 dal Consiglio di Stato - Sez. IV giurisdizionale sui ricorsi riuniti proposti da D'Andrea Sergio ed altri contro la Provincia autonoma di Bolzano ed altri, iscritta al n. 603 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 345 del 1981;

2) nel giudizio promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri contro la Provincia autonoma di Bolzano, ricorso notificato il 29 luglio 1980, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 4 agosto successivo e iscritto al n. 20 del registro ricorsi 1980, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del provvedimento del Medico provinciale di Bolzano in data 30 maggio 1980 con il quale é stato bandito concorso per titoli e per esami per l'assegnazione delle farmacie vacanti e di nuova istituzione della provincia. Visti gli atti di costituzione di D'Andrea Sergio ed altro, di Cirio Maria Elisa ed altri e della Provincia autonoma di Bolzano e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e della Provincia autonoma di Bolzano;

udito, nella pubblica udienza del 12 aprile 1983 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

uditi l'avv. Massimo Severo Giannini per D'Andrea Sergio ed altro, l'avv. Umberto Pototschnig, per Cirio Maria Elisa ed altri, l'avv. Giuseppe Guarino e l'avv. Armando Bertorelle, per la Provincia autonoma di Bolzano e l'avvocato dello Stato Giacomo Mataloni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio avente ad oggetto l'impugnativa di un bando di concorso per il conferimento di 24 sedi farmaceutiche indetto dal medico Provinciale di Bolzano il 30 maggio 1980 e pubblicato nel Boll. Uff. della Regione T.-A.A. n. 31 del 10 giugno 1980 (suppl. ord. n. 1), bando nel quale era tra l'altro richiesto (art. 10) il possesso di un attestato comprovante la conoscenza della lingua italiana e tedesca, giusta quanto previsto dall'art. 1 della legge provinciale 3 settembre 1979, n. 12, il Consiglio di Stato, sez. IV giurisdizionale, con ordinanza del 16 dicembre 1980 sollevava questione di legittimità costituzionale di quest'ultima disposizione assumendone il contrasto con gli artt. 3, 6 e 41 della Costituzione, nonché con gli artt. 4 e 8 dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, appr. con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, in relazione all'art. 48 della l. 23 dicembre 1978 n. 833, e con gli artt. 8,9,100 e 107 del cit. Statuto in relazione al d.P.R. 26 luglio 1976 n. 752, così come modificato e integrato dal d.P.R. 31 luglio 1978 n. 571.

Il citato art. 1, disponendo che "al personale sanitario e alle categorie non mediche che viene integrato, ai sensi dell'art. 48 della l. 23 dicembre 1978 n. 833, nel servizio sanitario nazionale, si applica il titolo primo del d.P.R. 26 luglio 1976 n. 752" (contenente le norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzionale negli uffici statali siti in provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego), richiama, tra l'altro le disposizioni di tale decreto (artt. 3 e 4) regolanti le modalità per l'accertamento - da parte di apposite commissioni paritetiche - della conoscenza della lingua italiana e tedesca, "adeguata alle esigenze del buon andamento del servizio" e per il rilascio del conseguente attestato.

La norma de qua violerebbe innanzitutto - secondo il Consiglio di Stato - il principio di uguaglianza sostanziale di tutti i cittadini, in quanto questo "postula l'insussistenza di distinzioni basate anche sulla lingua", nonché l'art. 6 Cost., "che demanda alle leggi dello Stato la competenza in ordine alla tutela delle minoranze linguistiche". Né una competenza della Provincia di Bolzano sarebbe desumibile da altre norme costituzionali, essendo stato, invece, riconosciuto da questa Corte che "la competenza normativa in ordine all'uso della lingua appartiene esclusivamente allo Stato, quale che sia la materia con riferimento alla quale l'uso della lingua debba essere regolato" (sent. n. 1/61).

Sul rilievo, inoltre, che le farmacie "nonostante il carattere pubblicistico della loro disciplina determinato da esigenze inerenti alla tutela sanitaria, restano imprese private sia pure sottoposte a rigorosi controlli" (sent. n. 68/61), il Consiglio di Stato assumeva il contrasto della norma impugnata con l'art. 41 Cost., in quanto con essa l'attività professionale di farmacista verrebbe "ingiustificatamente sottoposta a particolari condizioni restrittive" esulanti dalle attribuzioni legislative della Provincia di Bolzano.

Essendo poi la tutela delle minoranze linguistiche locali - ai sensi dell'art. 4 dello Statuto di autonomia (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) - espressamente ricompresa tra gli interessi nazionali, il giudice a quo sosteneva che essa potrebbe essere disciplinata solo attraverso la normativa statale, senza che sia consentita in proposito un'interpretazione estensiva dei successivi artt. 8 e 9, regolanti la potestà legislativa provinciale: e ciò, conformemente a quanto ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 32/60, ove é affermata l'esclusiva potestà del legislatore statale in materia di uso della lingua e di tutela delle minoranze linguistiche. La norma provinciale sarebbe inoltre in contrasto con l'art. 100 del medesimo Statuto, che riconosce al cittadino di lingua tedesca della provincia di Bolzano la facoltà di usare la propria lingua nei rapporti con gli uffici giudiziari, con gli organi ed uffici della P.A. situati nella provincia e "con i concessionari di servizi di pubblico interesse svolti nella provincia". Tale regola statutaria vedrebbe infatti circoscritto il suo ambito applicativo dalle relative norme statali di attuazione (d.P.R. n. 752/76, modificato con d.P.R. n. 571/78), le quali obbligano alla conoscenza delle due lingue solo "coloro che instaurano un rapporto d'impiego con le amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nella Provincia di Bolzano (art. 1)" nonché "coloro che instaurano un rapporto di lavoro con concessionari di pubblici servizi" (artt. 20 e ss.) e non anche, quindi, i concessionari stessi. E nello stesso senso, l'art. 8 d.P.R. n. 571/78 specifica che la regola del bilinguismo si applica agli enti pubblici economici solo per le attività costituenti esercizio di un servizio di pubblico interesse in concessione. Mancando perciò una specifica norma statale di attuazione (secondo quanto previsto dall'art. 107 dello Statuto) tale obbligo non sarebbe estensibile ai titolari di farmacia.

Il regime cui é assoggettato il servizio farmaceutico (art. 1 l. 2 aprile 1968, n. 475) é d'altra parte - secondo il Consiglio di Stato - di tipo piuttosto autorizzatorio che non concessorio, e comunque non del tutto assimilabile a quello previsto in generale per i concessionari di servizi pubblici. Perciò, anche a ritenere che la legge provinciale impugnata potesse estendere il titolo primo del d.P.R. 752/76 ai concessionari di servizi di pubblico interesse, non per questo l'estensione poteva riguardare i farmacisti.

Il Consiglio di Stato ravvisava, infine, un ulteriore profilo d'illegittimità costituzionale in riferimento all'art. 48 della l. n. 833/1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale. Questa, ridisegnando tutto il sistema dell'assistenza sanitaria, si inquadra tra quelle riforme sociali della Repubblica i cui principi non possono, ai sensi degli artt. 4 e 8 d.P.R. n. 670/72, essere contraddetti dal legislatore regionale e provinciale. Tra tali principi rientra, ad avviso del Consiglio di Stato, la particolare procedura partecipativa prevista dagli artt. 47 e 48 l. 833/1978, secondo la quale alla definizione del trattamento economico e normativo del personale sanitario dipendente e convenzionato si deve pervenire in conformità agli accordi collettivi nazionali stipulati tra Governo, Regioni, ANCI e sindacati maggiormente rappresentativi, al fine di garantire l'uniformità di tale trattamento su tutto il territorio nazionale. A questo principio non si sarebbe attenuta la legge impugnata, giacché essa ha regolato unilateralmente un aspetto normativo del rapporto, con ciò incidendo sulla necessaria uniformità di trattamento. Né a giustificare ciò potrebbe addursi il disposto dell'art. 80 della medesima legge n. 833 del 1978, laddove si parla di "rispetto, per quanto attiene alla Provincia Autonoma di Bolzano, anche delle norme relative alla ripartizione proporzionale fra i gruppi linguistici e alla parificazione delle lingue italiana e tedesca". Tale previsione non sarebbe infatti idonea a radicare in tale materia una potestà normativa della Provincia, essendo questa, per le ragioni già dette, riservata allo Stato.

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata veniva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 345 del 16 dicembre 1981.

2. - Nel giudizio così instaurato intervenivano D'Andrea Sergio e Bacchielli Marcello, ricorrenti nel procedimento a quo, i quali richiamavano sostanzialmente i profili d'incostituzionalità e le argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione.

Alle tesi svolte nell'ordinanza aderivano altresì i ricorrenti Cirio Maria Elisa, Zanella Maria Pia, Lepore Mario e Maccani Paola i quali sostenevano, in particolare, che le norme di attuazione dell'art. 100 dello Statuto speciale (d.P.R. 752/ 76) si riferiscono esclusivamente al personale dipendente, che norme analoghe non esistono per i concessionari, e che la posizione del farmacista non sarebbe assimilabile a quella dei concessionari di servizi di pubblico interesse.

3. - Nel giudizio interveniva la Provincia di Bolzano, in persona del Presidente pro tempore, la quale rilevava che la parità linguistica é il principio cardine della stessa civile convivenza nella provincia, enunciato e svolto in molteplici norme statutarie (artt. 2, 4, 19, 61, 62, 89, 99, 100, 101, 102) e che l'emanazione di specifiche norme statali di attuazione dell'art. 100 é stata ritenuta necessaria solo rispetto al pubblico impiego, dato che in questo sono evidenti e rilevanti gli interessi dello Stato e vi é la preminente esigenza di contemperare i principi organizzativi generali della materia con quelli espressi dalle norme statutarie. Per quanto concerne i concessionari di servizi di pubblico interesse, l'applicazione dell'art. 100 resterebbe invece affidata alla legislazione ordinaria.

D'altra parte, che il servizio farmaceutico abbia carattere marcatamente pubblicistico e vada inquadrato tra le concessioni é non solo affermato dalla prevalente dottrina (che parla in proposito di concessioni costitutive), ma si desume dalla disciplina positiva (L. 2 aprile 1968 n. 475 e reg. appr. con d.P.R. 21 agosto 1971, n. 1275; t.u. 15 ottobre 1925, n. 2578, art. 1, n. 6). Questa caratterizzazione come servizio pubblico é stata poi accentuata dalla riforma sanitaria (L. 833/78) con il prevedere che l'assistenza farmaceutica - qualificata come una delle funzioni fondamentali della U.S.L. (art. 14 lett. n) - debba esplicarsi attraverso tutte indistintamente le farmacie, le quali, con la convenzione, entrano a far parte integrante del servizio sanitario nazionale. Non potendosi perciò dubitare che il servizio farmaceutico sia compreso tra i "servizi di pubblico interesse svolti nella provincia" di cui all'art. 100 Statuto, esso - osservava la Provincia - necessariamente comporta l'uso pariordinato delle lingue italiana e tedesca.

D'altra parte, anche a ritenere - secondo quanto affermato, nella vigenza del vecchio Statuto, da una non recente giurisprudenza della Corte - che in materia di uso della lingua esista una riserva di potestà legislativa dello Stato, a diversa conclusione - secondo la Provincia - dovrebbe per venirsi in base al tenore dell'art. 80 l. 833/78: il quale, prevedendo (fra l'altro) il "rispetto, per quanto attiene alla provincia autonoma di Bolzano, anche delle norme relative alla ripartizione proporzionale fra i gruppi linguistici e alla parificazione delle lingue italiana e tedesca", ha voluto chiarire che nell'attuazione della riforma sanitaria, la Provincia di Bolzano può (anzi deve) adattarne le norme alle particolari esigenze del bilinguismo e ai principi che lo reggono: e quindi dettare norme anche in ordine all'uso della lingua.

Quanto alle altre censure mosse con l'ordinanza di rimessione, la Provincia osservava che "il principio d'uguaglianza é garantito in provincia di Bolzano dalla parità linguistica, e sarebbe violato se il cittadino utente di un pubblico servizio non potesse comunicare con il gestore del servizio stesso, perché non ne comprende la lingua". L'essere poi il requisito del bilinguismo posto da norme di rango costituzionale toglie fondamento alle censure di presunta disparità di trattamento rispetto ad aspiranti alla titolarità del servizio residenti in altri territori e di indebita limitazione dell'esercizio dell'attività di farmacista (artt. 3 e 41 Cost.). Il fatto, infine, che il requisito del bilinguismo sia prescritto dal d.P.R. 752/76 (art. 20) solo rispetto ai dipendenti dei concessionari di pubblici servizi trova ragione nell'essere tale decreto volto a disciplinare solamente il rapporto di impiego presso tali enti, oltre che presso lo Stato: sicché resta impregiudicato, e lasciato alla disciplina di diritto comune, il problema della conoscenza delle due lingue da parte del concessionario che sia persona fisica.

Le suesposte argomentzioni venivano ulteriormente sviluppate dalla Provincia resistente in una memoria aggiunta nella quale in particolare si rilevava che essendo la tutela delle minoranze linguistiche locali - nella nuova formulazione dell'art. 4 St. - esplicitamente ricompresa tra gli "interessi nazionali", essa é da considerare non già una "materia" (riservata o anche ripartita) ma un principio fondamentale che sia lo Stato, sia le regioni o le provincie sono, nell'ambito della loro competenza, tenuti a rispettare ed attuare.

Inoltre l'abrogazione di quella parte dall'originaria formulazione dell'art. 84 st. (attuale art. 99) che stabiliva che "l'uso della lingua tedesca nella vita pubblica viene garantito da quanto in materia dispongono le norme contenute nel presente statuto e nelle leggi speciali della Repubblica" dimostra che si é voluta appunto eliminare una disposizione dalla quale la Corte (sent. 12/80 e 1/61) aveva tratto argomento per escludere la competenza legislativa della Provincia in ordine all'uso della lingua: competenza che, invece, andrebbe oggi affermata anche per l'esplicito collegamento che il citato art. 80 l. 833/78 - interpretato anche alla stregua dei lavori preparatori - instaura tra la competenza legislativa provinciale in materia di igiene e sanità (art. 9, n. 10 st.) e l'art. 100 St.

D'altra parte, la necessità della previa emanazione di norme statali di attuazione ai fini dell'esercizio delle competenze legislative provinciali é stata già negata dalla Corte quando - come nella specie - "il testo statutario abbia in sé "piena completezza" e non abbia quindi bisogno di "integrazioni o specificazioni" (sent. 136 del 1969; conf. sentt. 150 del 1969 e 108 del 1971)".

La Provincia di Bolzano assumeva infine, in via del tutto subordinata, che una potestà legislativa in materia di uso delle lingue dovrebbe esserle almeno riconosciuta in attuazione delle leggi dello Stato, ai sensi dell'art. 117, ult. comma, Cost.: disposizione che, essendo a carattere generale, é applicabile anche alle Regioni a Statuto speciale.

4. - L'art. 10 del bando di concorso 30 maggio 1980 citato all'inizio aveva formato oggetto - già prima dell'insorgere dell'illustrata questione di costituzionalità - di un ricorso per conflitto di attribuzioni proposto il 21 luglio 1980 dal Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, che chiedeva si dichiarasse non spettare alla Provincia Autonoma di Bolzano ed ai suoi organi amministrativi di statuire in materia di possesso dei requisiti per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio delle farmacie per ciò che attiene al bilinguismo, con conseguente annullamento, in parte qua, del provvedimento impugnato. Il ricorrente proponeva altresì istanza di sospensione del medesimo, in considerazione dei gravi pregiudizi che ne conseguono per i soggetti privi dell'attestato di bilinguismo.

Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, il richiamo fatto nell'art. 10 del bando dell'art. 1 della citata legge provinciale n. 12/1979 non é pertinente non potendo i titolari di farmacia ritenersi compresi tra il personale "integrato" - ai sensi dell'art. 48 legge 23 dicembre 1978, n. 833 - nel servizio sanitario nazionale. Ma, anche a ritenere che nella previsione di detta legge rientrino i titolari di farmacie convenzionate ai sensi degli artt. 28 e 48 legge 833/1978, l'obbligo del possesso dell'attestato di bilinguismo nascerebbe solo al momento della stipulazione della convenzione e non potrebbe, invece, costituire requisito per la autorizzazione all'esercizio della farmacia.

Il provvedimento impugnato, inoltre, viola, secondo il ricorrente, l'esclusività della competenza dello Stato - più volte affermata dalla Corte (sent. nn. 32/1960, 1/1961, 46/1961

) - in materia di uso pubblico delle lingue delle minoranze etniche (art. 6 Cost.). Né potrebbe applicarsi estensivamente ai titolari di farmacia il d.P.R. 752/1976, concernendo questo solo le assunzioni ad impieghi nelle amministrazioni dello Stato e negli enti pubblici della Provincia. Oltre a ciò, si avrebbe violazione delle competenze riservate agli organi statali in materia di professioni sanitarie dall'art. 3, n. 9 d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (norme di attuazione dello Statuto per la Regione T. - A.A. nel settore igiene e sanità), non potendo non farsi rientrare in tale riserva anche la determinazione dei requisiti per l'accesso a tali professioni e, per quanto qui interessa, anche per l'esercizio delle farmacie.

5. - Al ricorso, ritualmente notificato il 29 luglio 1980, resisteva la Provincia Autonoma di Bolzano - rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Guarino - deducendone innanzitutto l'inammissibilità, per essere il bando di concorso in questione mera (e puntuale) applicazione dell'art. 1 della legge provinciale n. 12/79, avverso la quale lo Stato non propose a suo tempo ricorso in via principale. Detta legge, invero, ha dichiarato applicabile il titolo I del d.P.R. n. 752/1976 al personale sanitario delle categorie non mediche, che viene integrato ai sensi dell'art. 48 l. 833/1978; e dal combinato disposto degli artt. 28 e 48 risulta chiaramente che sono "integrate" - ed entrano così a far parte del servizio sanitario nazionale - attraverso le apposite convenzioni, tutte indistintamente le farmacie comprese quelle "di cui sono titolari i privati" (art. 48 cit.). L'estensione a queste ultime del requisito del bilinguismo era quindi già contenuta nella citata legge provinciale, contro la quale solo, nella sostanza, si dirige la questione: la quale é peraltro, secondo la Provincia, infondata nel merito, dato che un servizio essenziale di pubblico interesse quale quello farmaceutico non può non comportare l'uso pariordinato delle lingue italiana e tedesca.

Quanto all'istanza di sospensione, la Provincia osservava che la questione non coinvolge un interesse dello Stato, ma semmai un interesse di privati individui, tutelabile dinnanzi agli organi di giustizia amministrativa.

6. - Dopo l'emanazione della citata ordinanza 16 ottobre 1980 del Consiglio di Stato, l'Avvocatura dello Stato, in una memoria aggiunta, faceva proprie - con riguardo alla competenza - la impugnativa e le argomentazioni ivi svolte in riferimento agli artt. 6 e 41 Cost. e 100 e 107 St.; aggiungendo che una limitazione del diritto all'esercizio della professione di farmacista sarebbe preclusa alla Provincia anche dall'art. 120, terzo comma Cost., in relazione all'art. 3, n. 9 d.P.R. n. 474/1976 ed all'art. 48 l. n. 833/1978.

L'Avvocatura insisteva peraltro sulla tesi principale, secondo cui le farmacie esulerebbero dalla previsione dell'art. 1 della citata legge provinciale, osservando ancora che esse, nel sistema delle strutture del servizio sanitario, vengono in considerazione nel loro aspetto di aziende erogatrici di prestazioni farmaceutiche (a prescindere dalla titolarità) sicché non potrebbero "intendersi comprese nella definizione di "personale sanitario" o di "categoria non medica" integrata nel servizio sanitario".

Anche la Provincia di Bolzano produceva una memoria aggiunta, insistendo innanzitutto sull'inammissibilità del ricorso e richiamando in proposito la sentenza n. 206/1975 di questa Corte, alla stregua della quale difetterebbe nella specie l'essenziale requisito dell'attualità del conflitto.

Nel merito, poi, la Provincia ripeteva argomentazioni già svolte nell'incidente di costituzionalità; aggiungendo, quanto all'asserita violazione dell'art. 3, punto 9 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, che questo fa salva la competenza statale relativa "alle professioni sanitarie" esclusivamente con riguardo ai requisiti di ammissione alla professione di tipo medico sanitario, e non impedisce che fonti non statali "aggiungano altri requisiti non attinenti all'ambito sanitario".

7. - La discussione del predetto ricorso per conflitto di attribuzioni, inizialmente fissata per l'udienza del 26 gennaio 1982, é stata rinviata e si é poi svolta all'udienza del 12 aprile 1983. In questa medesima udienza sono state discusse anche le questioni di costituzionalità sollevate dal Consiglio di Stato.

Considerato in diritto

1. - In forza dell'art. 1 della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 12 del 3 settembre 1979: "al personale sanitario e alle categorie non mediche che viene integrato, ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, nel servizio sanitario nazionale, si applica il titolo primo del d.P.R. 26 luglio 1976 n. 752".

A sua volta, il d.P.R. n. 752 del 1976 (portante "norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzionale negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego") per la parte che qui interessa, pone all'art. 1, primo comma, "la conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca, adeguata alle esigenze del buon andamento del servizio", come requisito necessario "per le assunzioni comunque strutturate e denominate ad impieghi nelle amministrazioni dello Stato, comprese quelle ad ordinamento autonomo, e degli enti pubblici in provincia di Bolzano" nonché per il personale di cui al secondo comma del medesimo art. 1.

I successivi artt. 3,4 e 5 disciplinano le composizioni delle commissioni giudicatrici, il rilascio degli attestati in relazione alle prove di esame distinte per carriere, la sede e la data delle prove medesime.

2. - In applicazione della normativa qui sopra richiamata, il medico provinciale della provincia autonoma di Bolzano, indicendo, in data 30 maggio 1980, bando di concorso per titoli ed esami per l'assegnazione delle farmacie vacanti e di nuova istituzione nella provincia stessa, stabiliva, all'art. 10, che il "rilascio dell'autorizzazione all'esercizio della farmacia é subordinato... al possesso dell'attestato comprovante la conoscenza delle lingue italiana e tedesca corrispondente alla carriera direttiva, rilasciato dall'apposita Commissione ai sensi degli artt. 3 e 4 del d.P.R. 26 luglio 1976 n. 752, come previsto dalla legge provinciale 3 settembre 1979 n. 12".

Di tale articolo del bando di concorso il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso 21 luglio 1980, ha chiesto l'annullamento, sollevando conflitto di attribuzioni nei confronti del Presidente della provincia autonoma di Bolzano, perché, a dire del ricorrente, "non spetta alla" provincia stessa "ed ai suoi organi amministrativi statuire in materia di possesso di requisiti per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio delle farmacie per ciò che attiene il bilinguismo".

Con ordinanza 16 dicembre 1980 il Consiglio di Stato, Sez. IV giurisdizionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge provinciale n. 12 del 1979 per "contrasto con gli artt. 3, 6 e 41 Cost., nonché con gli artt. 4 e 8 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, e con gli artt. 100 e 107 del citato d.P.R. n. 670/72 in relazione al d.P.R. 26 luglio 1976 n. 752, così come modificato e integrato dal d.P.R. 31 luglio 1978 n. 571".

Sia il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri che l'ordinanza del Consiglio di Stato pongono a questa Corte in sostanza, lo stesso quesito: se cioé la provincia autonoma di Bolzano possa legiferare e deliberare sull'uso del bilinguismo o più esattamente sull'obbligo di adeguata conoscenza delle lingue italiana e tedesca per l'esercizio di determinate attività, tra cui quella farmaceutica.

I due giudizi possono, quindi, essere riuniti e decisi con unica sentenza.

3. - In primo luogo vanno esaminate, delle censure avanzate dal Consiglio di Stato, quelle che negano in radice ogni competenza della provincia autonoma di Bolzano a statuire, con propria legge, l'obbligo di una adeguata conoscenza delle lingue italiana e tedesca per l'esercizio dell'attività farmaceutica nella provincia stessa. In questi termini, il giudice a quo prospetta il contrasto dell'art. 1 della citata legge provinciale con l'art. 6 Cost. e con gli artt. 4,8,100 e 107 dello Statuto speciale di autonomia nel testo unificato di cui al d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670.

Delle disposizioni statutarie il giudice rimettente offre peraltro una interpretazione che non tiene in alcun conto le modificazioni introdotte con le leggi costituzionali n. 1 del 1971 e n. 1 del 1972 (recepite, appunto, nel testo unificato), limitandosi a richiamare alcune decisioni di questa Corte tutte anteriori alle modificazioni in discorso.

Al contrario, occorre verificare se le disposizioni costituzionali sopravvenute siano rilevanti di per sé, ai fini del presente giudizio e se esse concorrano a suggerire una lettura dell'art. 6 Cost. diversa da quella adottata da questa Corte in un quadro normativo costituzionale che le predette disposizioni hanno ora modificato.

Ad entrambi i quesiti la risposta non può che essere affermativa.

Anche a prescindere da ogni considerazione se - per la natura meramente strumentale della lingua quale mezzo di comunicazione tra gli uomini - qui si tratti di una "materia" nel senso in cui il termine é usato in Costituzione ai fini del riparto delle competenze legislative e amministrative tra Stato e Regioni (e province autonome); anche ad ignorare la collocazione dell'art. 6 tra i "principi fondamentali" della Costituzione; sta di fatto che dall'art. 4 dello Statuto per la regione Trentino-Alto Adige, nel testo unificato, si deduce con chiarezza che l'interesse nazionale - nel rispetto, anche, degli obblighi internazionali - alla "tutela delle minoranze linguistiche locali" costituisce uno dei principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale, che si pone come limite e al tempo stesso come indirizzo per l'esercizio della potestà legislativa (e amministrativa) regionale e provinciale nel Trentino-Alto Adige.

Inoltre, come osserva la difesa della provincia, é stata cancellata anche quella disposizione dello statuto originario di autonomia (art. 84) per cui "l'uso della lingua tedesca nella vita pubblica viene garantito da quanto in materia dispongono le norme contenute nel presente Statuto e nelle leggi speciali della Repubblica", dalla quale la Corte (sentenze nn. 32 del 1960 e 1 del 1961) aveva desunto argomenti per affermare la competenza legislativa esclusiva dello Stato in tale materia. Il vigente art. 99 del testo unificato dello Statuto di autonomia (per effetto dell'art. 52 della legge costituzionale n. 1 del 1971) recita, invece: "Nella regione la lingua tedesca é parificata a quella italiana che é la lingua ufficiale dello Stato. La lingua italiana fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei casi nei quali nel presente Statuto é prevista la redazione bilingue". Non soltanto, dunque, é scomparso il riferimento alle "leggi speciali della Repubblica" in tema di "uso della lingua tedesca nella vita pubblica", ma é solennemente proclamata la parificazione della lingua tedesca a quella italiana: con il corollario, espresso nel successivo art. 100 del medesimo testo unificato, per cui "i cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano hanno facoltà di usare la loro lingua non solo nei rapporti con gli uffici giudiziari e con gli organi e uffici della pubblica amministrazione situati nella provincia o aventi competenza regionale (l'art. 85 dello statuto originario menzionava unicamente gli organi ed uffici della pubblica amministrazione), ma anche "con i concessionari di servizi di pubblico interesse svolti nella provincia stessa", i quali tutti sono tenuti ad usare nella corrispondenza e nei rapporti orali la lingua del richiedente (art. 100 cit. terzo comma).

Per concludere sul punto, una volta affermato in termini costituzionalmente vincolanti l'obbligo di rispettare nella Regione la parità tra la lingua italiana e quella tedesca; una volta riconosciuta la facoltà dei cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano di usare la loro lingua nei rapporti con gli uffici giudiziari e con gli organi e uffici della pubblica amministrazione situati nella provincia o aventi competenza regionale nonché con i concessionari di servizi di pubblico interesse svolti nella provincia stessa; una volta affermato l'obbligo di questi ultimi di usare, anch'essi, la lingua del richiedente (nella risposta); da tutto ciò discende che non viola, ma, al contrario costituisce attuazione del principio costituzionale di cui all'art. 6 Cost. e all'art. 4 dello Statuto di autonomia la normativa provinciale che disciplini in conformità ad essi l'uso delle lingue italiana e tedesca.

4. - Il Consiglio di Stato denuncia anche la violazione dell'art. 107 dello Statuto speciale di autonomia osservando come "l'applicazione della regola del bilinguismo, posta dal (menzionato) art. 100 dello Statuto per i concessionari di servizi di pubblico interesse debba necessariamente passare (così come per i pubblici impiegati) attraverso le norme statali di attuazione".

Neppure questa censura é fondata.

Già vigente la disposizione originaria dello statuto speciale (art. 95) che "si limita(va) a prevedere l'emanazione con decreto legislativo delle norme di attuazione", questa Corte ebbe ad osservare (sent. n. 108 del 1971) che "non sempre né necessariamente queste (norme di attuazione) sono richieste affinché le Regioni possano validamente esercitare la propria potestà legislativa". Ed infatti non é dato ravvisare la necessità di alcuna norma attuativa del principio del bilinguismo quando esso debba trovare applicazione in materia di pacifica competenza provinciale, quale l'assistenza sanitaria (art. 9, n. 10 dello statuto speciale, nel testo unificato).

L'infondatezza della censura in esame appare tanto più evidente quando si ricordi che l'obbligo del bilinguismo in provincia di Bolzano per gli esercenti un servizio di pubblico interesse (quali indubbiamente sono i farmacisti) é posto direttamente da una disposizione statutaria (art. 100) e che la legge provinciale (n. 12 del 1979) si é limitata ad utilizzare il meccanismo previsto dalla legge statale (d.P.R. n. 752 del 1976) per l'accertamento della conoscenza delle due lingue da parte dei soggetti interessati, in conformità al disposto di altra legge statale di riforma (art. 80, legge 833 del 1978).

5. - Parimenti infondata é la censura proposta dal Consiglio di Stato con riferimento al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost.

La parificazione della lingua italiana e tedesca comporta, per la provincia di Bolzano, l'obbligo del bilinguismo per tutti i pubblici funzionari e gli esercenti di servizi di pubblico interesse dovendosi, in quella provincia, porre sullo stesso piano l'obbligo del cittadino di lingua tedesca di conoscere la lingua italiana e del cittadino di lingua italiana di conoscere la lingua tedesca naturalmente nell'esercizio e per l'esercizio di quelle funzioni pubbliche e di quei servizi di pubblico interesse.

La parificazione delle lingue non rappresenta soltanto un modo di tutela di una minoranza linguistica - tale nell'ambito nazionale, ed invece maggioritaria nella provincia di Bolzano - ma esprime il riconoscimento (anche in adempimento di obblighi internazionali dello Stato) di una tale situazione di fatto e del dovere di ogni cittadino, quale che sia la sua madre lingua, di essere in grado di comunicare con tutti gli altri cittadini, quando é investito di funzioni pubbliche o é tenuto a prestare un servizio di pubblico interesse. Il precetto, perciò, ha come destinatari non soltanto i cittadini (rientranti in quelle categorie e operanti nella provincia di Bolzano) di lingua madre italiana, ma anche quelli di lingua madre tedesca e, lungi dal violare, realizza il principio di eguaglianza, rispetto al quale, come ebbe già a rilevare questa Corte (sent. n. 86 del 1975) "rappresenta qualcosa di diverso e di più", in puntuale applicazione dell'art. 6 Cost.

6. - Quanto, infine, alla pretesa violazione dell'art. 41 Cost., basterà osservare che lo stesso giudice a quo considera il requisito del bilinguismo come una "limitazione all'esercizio dell'attività professionale di farmacista" e che, anche a volerla considerare apposta alla libertà di iniziativa economica, sarebbe pur sempre ispirata alla necessità di evitare che ne possano derivare danni ai cittadini nei cui confronti il farmacista é chiamato a prestare la propria opera e che nella provincia di Bolzano ben possono esprimersi in una delle due lingue indifferentemente. Del resto, come già si é ricordato, é la stessa legge statale (anzi una legge di riforma) e precisamente la legge n. 833 del 1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale, che all'art. 80, nello stabilire che "restano ferme le competenze spettanti alle provincie autonome di Trento e Bolzano secondo le forme e condizioni particolari di autonomia definite dal d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e relative norme di attuazione" ribadisce che ciò debba avvenire "nel rispetto per quanto attiene alla provincia autonoma di Bolzano delle norme relative... alla parificazione delle lingue italiana e tedesca".

7. - Conclusivamente, tutte le questioni sollevate dal Consiglio di Stato devono essere dichiarate infondate.

Invero, la provincia di Bolzano, con la propria legge n. 12 del 1979 ha inteso provvedere, come recita l'intestazione della legge stessa, alla "applicazione delle norme relative alla parificazione delle lingue italiana e tedesca per il personale a rapporto convenzionale nel servizio sanitario provinciale"

L'art. 1 di detta legge, per la parte impugnata, pone lo stesso requisito, di adeguata conoscenza delle due lingue, tanto per il personale sanitario quanto per le categorie non mediche integrate ai sensi dell'art. 48 della legge n. 833 del 1978, nel servizio sanitario nazionale. Tra queste ultime, ex art. 28 della medesima legge 833 del 1978 rientrano i farmacisti, che, a prescindere dalla qualificazione del regime, concessorio o autorizzativo, cui sono sottoposte le farmacie, svolgono indubbiamente un servizio di pubblico interesse.

Se così é, non é dubbio che la provincia di Bolzano ha legiferato in materia nel pieno rispetto dei principi fondamentali di cui all'art. 6 Cost. e 4 dello Statuto speciale di autonomia, in armonia con gli ulteriori disposti di cui agli artt. 99 e 100 dello statuto medesimo.

8. - Le considerazioni sin qui svolte conducono de plano al rigetto del ricorso per conflitto di attribuzioni proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri avverso il provvedimento del medico provinciale di Bolzano di cui all'art. 10 del bando di concorso, emanato il 30 maggio 1980, per la assegnazione di farmacie vacanti e di nuova istituzione nella provincia stessa.

Invero, una volta riconosciuta la competenza legislativa della provincia nella soggetta materia, é evidentemente incontestabile la correlata potestà amministrativa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 3 settembre 1979 n. 12 sollevate in riferimento agli artt. 3, 6 e 41 Cost., nonché agli artt. 4 e 8 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, ed agli artt. 8,9,100 e 107 del suddetto d.P.R. in relazione al d.P.R. 26 luglio 1976 n. 752, così come modificato e integrato dal d.P.R. 31 luglio 1978 n. 571, dal Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale con l'ordinanza 16 dicembre 1980, di cui in epigrafe;

2) dichiara che spetta alla Provincia autonoma di Bolzano ed ai suoi organi amministrativi statuire in materia di possesso di requisiti per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio delle farmacie nella provincia medesima per ciò che attiene al bilinguismo e conseguentemente rigetta il ricorso per conflitto di attribuzioni proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri contro il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano, notificato il 29 luglio 1980, di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 settembre 1983.

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 30 settembre 1983.