Sentenza n. 168 del 1976
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SENTENZA N. 168

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 70, ultimo comma, del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 21 gennaio 1974 dal giudice istruttore del tribunale di Grosseto nel procedimento penale a carico di Avanzati Augusto ed altri, iscritta al n. 83 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 89 del 3 aprile 1974;

2) ordinanza emessa il 10 aprile 1974 dal tribunale di Vercelli nel procedimento penale a carico di Barbagallo Isidoro ed altri, iscritta al n. 298 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974;

3) ordinanza emessa il 3 aprile 1974 dal tribunale di Grosseto nel procedimento penale a carico di Vitalone Wilfredo ed altri, iscritta al n. 309 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 25 settembre 1974;

4) ordinanza emessa l'11 novembre 1974 dal tribunale di Catanzaro nel procedimento penale a carico di Zurlo Anselmo, iscritta al n. 549 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48 del 19 febbraio 1975.

Visto l'atto di costituzione di Barbagallo Isidoro;

udito nell'udienza pubblica del 21 aprile 1976 il Giudice relatore Nicola Reale;

udito l'avv. Gian Domenico Pisapia, per Barbagallo Isidoro.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa il 3 aprile 1974, nel corso di procedimento penale (rimesso, ai sensi dell'art. 70, quarto comma, c.p.p. dal presidente del tribunale di Montepulciano, originariamente competente) il tribunale di Grosseto ha sollevato, in riferimento all'art. 25, comma primo, Cost., questione di legittimità costituzionale del predetto art. 70, quarto comma, c.p.p., in applicazione del quale era stata disposta la rimessione.

2. - Identica questione é stata sollevata in procedimenti diversi dal giudice istruttore presso il tribunale di Grosseto, dal tribunale di Vercelli e dal tribunale di Catanzaro con ordinanze emesse, rispettivamente, il 21 gennaio, il 10 aprile e l'11 novembre 1974.

Le ordinanze sono state ritualmente comunicate, notificate e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. Nel giudizio cui si riferisce l'ordinanza del tribunale di Vercelli si é costituita una parte privata chiedendo che la Corte dichiari l'illegittimità costituzionale della norma impugnata.

Considerato in diritto

1. - Le quattro ordinanze indicate in epigrafe hanno ad oggetto la stessa questione di legittimità costituzionale: i relativi giudizi possono, pertanto, essere riuniti e decisi congiuntamente.

2. - I tribunali di Grosseto, di Vercelli e di Catanzaro (cui ai sensi dell'art. 70, quarto comma, c.p.p. dei procedimenti penali erano stati rimessi, per il giudizio, con ordinanze emanate, rispettivamente, dai presidenti dei tribunali di Montepulciano, di Verbania e di Crotone) ed il giudice istruttore presso il tribunale di Grosseto (investito di un'istruttoria a seguito di rimessione a quel tribunale disposta dal presidente del tribunale di Montepulciano) hanno impugnato, in riferimento all'art. 25, primo comma, Cost. (per cui "nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge"), il sopra ricordato art. 70, quarto comma, c.p.p. - il quale dispone, che "qualora per astensione o per ricusazione" (di alcuno dei giudici) "manchi in un collegio il numero legale, il presidente della corte o del tribunale rimette il procedimento ad un'altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale o ad una corte limitrofe ovvero ad un tribunale limitrofo dello stesso distretto".

I giudici a quibus, richiamandosi alla sentenza n. 88 del 1962 di questa Corte, assumono che il concetto di giudice naturale precostituito per legge deve essere inteso nel senso di una competenza fissata senza alternative, immediatamente ed esclusivamente dalla legge, con esclusione delle stesse alternative previste dalla legge ma risolubili a posteriori mediante provvedimento singolo in relazione ad un dato procedimento. Ma se tale é il significato da attribuire all'art. 25 Cost., si osserva nelle ordinanze di rimessione, non può essere considerato "precostituito per legge" un giudice in base alla generica dizione di "tribunale limitrofo" poiché limitrofi sono tutti i tribunali le cui circoscrizioni confinano con quella del tribunale originariamente competente ed é pertanto il presidente di quest'ultimo che, in concreto, discrezionalmente decide a quale sede giudiziaria rimettere il procedimento.

Di qui i dubbi sulla legittimità costituzionale della norma impugnata.

3. - Tali dubbi non sono fondati.

Invero, questa Corte in numerose occasioni, pur ribadendo che il principio enunciato nell'art. 25, comma primo, Cost., importa che la competenza del giudice sia preventivamente determinata dalla legge in via generale, ha precisato che l'esigenza di assicurare l'indipendenza e l'imparzialità del giudizio (nell'interesse dell'andamento della giustizia e in quello particolare della difesa dell'imputato), senza peraltro compromettere la continuità e la prontezza della funzione giurisdizionale, possono eccezionalmente giustificare la sottrazione di una controversia al giudice originariamente competente (v. sentenze n. 50, 109 e 156 del 1963; 173 del 1970 e 71 del 1975): il tutto in applicazione di norme le quali prevedono spostamenti di competenza da un giudice ad un altro che sia ugualmente precostituito per legge nel senso che la designazione del nuovo giudice discenda direttamente dalla legge e non venga affidata a scelte assolutamente discrezionali in ordine sia all'accertamento dei presupposti cui é subordinato il trasferimento stesso sia alla designazione del nuovo giudice.

Muovendo da tali premesse, questa Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 101, comma secondo, e 102, comma primo, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, sull'ordinamento giudiziario, (i quali stabiliscono che il presidente della Corte d'appello e, in caso d'urgenza, il presidente del tribunale possano destinare un magistrato di altra sede a compiere le funzioni del pretore mancante o impedito), osservandosi che il principio di cui all'art. 25, comma primo, Cost., non esclude che, al fine di non pregiudicare la continuità e la speditezza della funzione giurisdizionale, possa, nei casi di mancanza o di impedimento del titolare di un ufficio giudiziario, provvedersi, specie se in via temporanea o contingente, mediante supplenze, sostituzioni, applicazioni ovviamente demandate nei casi concreti a scelte degli organi competenti (in tali sensi la sentenza n. 156 del 1963 nonché la sentenza n. 71 del 1975, relativa alla sostituzione di un pretore astenutosi). Ancora più significative, per la evidente analogia con il caso di specie, appaiono le sentenze n. 50 e 109 del 1963 nelle quali é stato escluso ogni contrasto con il principio del giudice naturale degli artt. 55 e 60 c.p.p. (concernenti, rispettivamente, la rimessione ad altro giudice di procedimenti per gravi motivi di ordine pubblico o per legittimo sospetto e quella di procedimenti riguardanti magistrati, ponendosi in rilievo che lo spostamento della competenza in questi casi oltre a non essere demandato alla assoluta discrezionalità dell'organo giudiziario risponde ad una suprema esigenza di giustizia come quella di "evitare che l'insorgere di particolari situazioni o altri fattori esterni possano in qualsiasi modo interferire nel processo penale, incidendo sulla obiettività del giudizio e sulla retta applicazione della legge" (sent. n. 50 del 1963).

E ciò, aggiungasi, affidandosi, quanto alla designazione del nuovo giudice, alla scelta dell'organo competente a farla: scelta che, fino alle modifiche apportate con la novella del 15 dicembre 1972, n. 773, all'art. 58 c.p.p., poteva, anche nel caso di rimessione per gravi motivi d'ordine pubblico o per legittimo sospetto, cadere su uno qualsiasi dei giudici competenti per materia esistenti nel territorio della Repubblica.

Analoghe considerazioni giustificano la medesima conclusione rispetto alla norma impugnata la quale, come si é già detto, prevede che, se per astensione o per ricusazione venga a mancare in un collegio il numero legale, il presidente della corte o del tribunale rimette il procedimento ad un'altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale o ad un'altra corte limitrofa ovvero ad un tribunale limitrofo dello stesso distretto. Anche in questo caso, invero, lo spostamento di competenza non é demandato all'insindacabile discrezionalità di un organo giudiziario ma dipende necessariamente dall'accertamento obiettivo difatti ipotizzati dalla legge. Ed anche in tale situazione lo spostamento mira ad assicurare la continuità e l'efficienza della funzione giurisdizionale e, nel contempo, la indipendenza e l'imparzialità del giudizio con la tutela del diritto di difesa: beni ed esigenze che, al pari del divieto di distogliere alcuno dal giudice naturale precostituito per legge, rispondono a principi costituzionalmente rilevanti (artt. 101, 104 e 24 Cost.) e possono pertanto giustificare, come si é già accennato, l'eccezionale sottrazione di una controversia al giudice originariamente designato dalla legge.

All'organo giudiziario investito del potere di rimessione é attribuita, invero, una certa discrezionalità nell'individuazione del giudice cui rimettere il procedimento. Ma non si vede perché tale discrezionalità la quale nell'ipotesi, ugualmente prevista dalla norma impugnata, di spostamento da una sezione all'altra della stessa corte o dello stesso tribunale non può dar luogo a rilievi di sorta, tenuto conto dei poteri attribuiti agli organi investiti di funzioni direttive al fine di un'efficiente organizzazione dell'ufficio e di una necessaria e razionale distribuzione del lavoro giudiziario (sent. n. 143 del 1973 e 71 del 1975), dovrebbe invece essere ritenuta costituzionalmente illegittima nel caso di rimessione del procedimento ad una diversa sede giudiziaria. Anche perché tale discrezionalità, mentre ben difficilmente potrebbe essere eliminata ricorrendosi ad altri sistemi, ciascuno dei quali non risulterebbe privo di inconvenienti, é dalla legge contenuta entro limiti rigorosi: la scelta, come si é detto, non può essere effettuata che tra le sedi giudiziarie limitrofe e per quanto concerne il tribunale, tra quelle limitrofe di uno stesso distretto. Soluzione che, oltre tutto, può risultare non priva di vantaggi per l'efficienza della funzione giurisdizionale e coincidere con l'interesse delle stesse parti private.

Né va trascurato infine che anche nella nuova sede potranno trovare applicazione, a tutela della serenità e dell'imparzialità del giudizio e ricorrendone i presupposti di legge, i rimedi dell'astensione e della ricusazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 70, ultimo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 25, comma primo, della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 14 luglio 1976.