Sentenza n. 109 del 1963
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 109

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'articolo 60 del Codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 27 novembre 1962 dalla Corte suprema di cassazione, Sezione 1 penale, nel procedimento penale a carico di Costa Gaetano, iscritta al n. 13 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31 del 2 febbraio 1963;

2) ordinanza emessa il 19 dicembre 1962 dalla Corte suprema di cassazione, Sezione 1 penale, nel procedimento penale a carico di Tucci Casella Nicola, iscritta al n. 27 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45 del 16 febbraio 1963;

3) ordinanza emessa il 19 dicembre 1962 dalla Corte suprema di cassazione, Sezione 1 penale, nel procedimento penale a carico di Bologna Girolamo, iscritta al n. 28 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45 del 16 febbraio 1963;

4) ordinanza emessa il 19 dicembre 1962 dalla Corte suprema di cassazione, Sezione 1 penale, nel procedimento penale a carico di Cucinotta Matteo, iscritta al n. 36 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 del 23 febbraio 1963;

5) ordinanza emessa il 18 gennaio 1963 dal Tribunale di Brescia nel procedimento penale a carico di Barbaro Vincenzo, iscritta al n. 37 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 del 2 marzo 1963;

6) ordinanza emessa il 9 novembre 1962 dal Tribunale di Palermo nel procedimento penale a carico di Di Stefano Rosa, iscritta al n. 66 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 101 del 13 aprile 1963.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 22 maggio 1963 la relazione del Giudice Antonio Manca;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con le ordinanze indicate in epigrafe emesse dalla Corte di cassazione, dal Tribunale di Brescia e dal Tribunale di Palermo, nel corso di procedimenti penali concernenti reati in danno o a carico di magistrati, é stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 60 del Codice di procedura penale, secondo il quale, nei casi ora accennati, la Corte di cassazione, qualora a conoscere del reato sia competente l'ufficio giudiziario presso il quale il magistrato esercita le sue funzioni, rimette il procedimento ad un altro ufficio giudiziario egualmente competente per materia e per grado.

Tale questione, é stata ritenuta rilevante per la definizione dei procedimenti e non manifestamente infondata, in riferimento all'art. 25, primo comma, della Costituzione, e in base ai principi enunciati nella

sentenza di questa Corte n. 88 del 1962.

Nelle predette ordinanze si fa, in sostanza, rilevare che lo spostamento della competenza, di cui all'articolo citato, importerebbe l'esercizio, da parte della Corte di cassazione, di un potere discrezionale di designare il giudice successivamente al fatto che ha dato luogo al procedimento.

Il Tribunale di Palermo aggiunge che il dubbio circa la costituzionalità dell'art. 60, sarebbe rafforzato dal considerare che, nel secondo comma (nel testo modificato dalla legge 10 giugno 1955, n. 517) si dispone che i reati di competenza del Pretore, riguardanti magistrati, diversi dal conciliatore, commessi nel territorio in cui esercitano le funzioni, sono giudicati in primo grado da un Tribunale designato dalla Corte di cassazione, diverso da quello competente per territorio. Da ciò deriverebbe lo spostamento della competenza, oltre che per territorio anche per materia, e deriverebbe inoltre l'impossibilità di adottare il procedimento per decreto, che é di esclusiva competenza del pretore: spostamento di competenza che avrebbe inoltre carattere definitivo, non essendo revocabile neppure quando, nell'ipotesi della connessione, venisse meno il reato a carico o a danno del magistrato.

In questa sede non si é costituita nessuna parte privata. É intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che si é costituito nella causa relativa all'ordinanza del Tribunale di Palermo, depositando le deduzioni il 24 dicembre 1962.

Tutte le ordinanze, dopo le prescritte notificazioni e comunicazioni, sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del 2, 16 e 23 febbraio, 2 marzo e 13 aprile 1963, numeri 31, 45, 53, 60 e 101.

L'Avvocatura dello Stato, a sostegno della legittimità costituzionale dell'articolo 60, svolge argomentazioni identiche a quelle già esposte riguardo alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 del Codice di procedura penale; questione che questa Corte ha ritenuto non fondata con la

sentenza n. 50 del 27 aprile 1963. Le quali argomentazioni, secondo la difesa dello Stato, sarebbero valide anche nell'attuale controversia, non soltanto riguardo allo spostamento della competenza per territorio, preveduto nel primo comma del citato art. 60, ma altresì in relazione all'ipotesi preveduta nel secondo comma; ipotesi peraltro, secondo che si assume, non rilevante ai fini della decisione della questione controversa.

Per quanto attiene, d'altra parte, all'anomalia rilevata dal Tribunale, circa il carattere definitivo dello spostamento della competenza, l'Avvocatura osserva che, anche quando si tratti di reati (ipotesi estranea alla specie), la designazione da parte della Cassazione di un giudice diverso resterebbe ferma, pure nell'ipotesi in cui venisse meno in istruttoria il reato riguardante il magistrato.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le cause promosse con le ordinanze precedentemente indicate, devono essere riunite e decise con unica sentenza, data la identità della questione. Essa é prospettata nel senso che le disposizioni contenute nell'art. 60 del Codice processuale penale, sarebbero in contrasto col primo comma dell'art. 25 della Costituzione (in base all'interpretazione che ne ha dato questa Corte con la sentenza n. 88 del 1962), in quanto, anche tali disposizioni, attribuirebbero alla discrezionalità della Corte di cassazione di rimettere il procedimento ad un giudice diverso da quello precostituito, quando si tratta di reati a danno o a carico di magistrati: contrasto che, secondo il Tribunale di Palermo, risulterebbe più palese per il fatto che lo spostamento della competenza, ai sensi del secondo comma dell'art. 60 (nel testo modificato dalla legge 18 giugno 1955, n. 517), riguarderebbe anche la competenza per materia, nei casi di reati di competenza del pretore a danno o a carico di magistrati diversi dal conciliatore.

2. - La questione non é fondata.

É da tener presente che, con la

sentenza n. 50 del 1963, questa Corte ha escluso la illegittimità costituzionale dell'art. 55 del Codice di procedura penale (compreso, come l'art. 60, nel capo V del titolo II) precisando al riguardo:

a) che la facoltà attribuita alla Corte di cassazione di rimettere l'istruzione, o il giudizio, da uno ad un altro giudice di sede diversa, per gravi motivi di ordine pubblico, o per legittimo sospetto, non importa discrezionalità da parte dell'organo giudiziario; bensì definizione di un giudizio incidentale, in seguito ad accertamento di circostanze obbiettive;

b) che lo spostamento della competenza, nei casi indicati, risponde ad una suprema esigenza di giustizia, pure costituzionalmente garantita, per assicurare l'indipendenza e quindi l'imparzialità del giudice, nell'interesse generale e in quello particolare della difesa dell'imputato.

Ora, questi principi devono applicarsi pure in relazione alle disposizioni impugnate: nelle quali la rimessione ad un giudice diverso é prescritta dalla legge, quando si debba procedere contro un magistrato che appartenga all'ufficio giudiziario competente, o quando il magistrato stesso sia stato offeso da un reato. Anche riguardo a siffatte ipotesi, invero, debbono ritenersi sussistenti ed operanti quelle superiori esigenze, alle quali si é accennato: esigenze che si appalesano evidenti se si tratta di organo giudiziario con unico magistrato, ma che non sono certo meno presenti e sentite se il magistrato fa parte di un organo collegiale. Pure in questi casi, infatti, occorre che lo svolgimento del processo, nell'istruttoria, nel giudizio e nella definizione, resti assolutamente immune da ogni possibilità di dubbio, circa l'obbiettiva imparzialità del giudice e la retta applicazione della legge.

3. - Ragioni queste che giustificano lo spostamento della competenza, anche nel caso preveduto dal secondo comma dell'art. 60, nel quale, appunto, per maggiore tutela di tutti gli interessati, é affidata al giudice collegiale la conoscenza dei processi che riguardino magistrati diversi dal conciliatore.

Né a conclusione diversa può indurre il rilievo, contenuto nell'ordinanza del Tribunale di Palermo, che, nel predetto secondo comma, il provvedimento della Corte di cassazione incide anche sulla competenza per materia, oltre che su quella per territorio. Giacché, date le ragioni addotte nella precedente

sentenza n. 50 (e che ora si confermano) per chiarire che, al divieto sancito nel primo comma dell'art. 25 della Costituzione, non può attribuirsi valore assoluto, la distinzione fra la competenza territoriale e quella per materia, ai fini della questione di costituzionalità, non può razionalmente condurre a conseguenze diverse, relativamente alla necessità, nei casi esaminati, di investire del processo altro giudice.

4. - Non ha neppure rilevanza in contrario la circostanza che, tanto nel primo, quanto nel secondo comma dell'art. 60, spetta alla Corte di cassazione, in seguito all'accertamento dei fatti preveduti in detto articolo, di designare, in concreto, il giudice diverso da quello predeterminato. Ritenuta, invero, la legittimità costituzionale del provvedimento, la conseguente designazione del giudice, come si é già avvertito nella precedente

sentenza n. 50 del 1963, non può non essere demandata, per ovvie esigenze pratiche, se non all'organo regolatore della competenza; il quale provvederà, con prudente criterio, tenuto conto delle varie circostanze, apprezzabili caso per caso.

Il fatto poi che il nuovo giudice designato resti definitivamente investito del processo, non comporta questione di costituzionalità, ma attiene esclusivamente al sistema adottato, in questi casi, dal legislatore; il quale vi ha derogato, entro certi limiti, nell'art. 59 circa la rimessione per motivi di ordine pubblico, o per legittimo sospetto, ma non riguardo alle ipotesi prevedute nell'art. 60.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riunite le cause promosse con le ordinanze indicate in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 60 del Codice di procedura penale, sollevata con le ordinanze anzidette, in riferimento all'articolo 25, primo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

ANTONIO MANCA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 22 giugno 1963.