Sentenza n. 56 del 1969
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SENTENZA N. 56

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Aldo SANDULLI, Presidente

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione siciliana, notificato il 10 ottobre 1968, depositato in cancelleria il 17 successivo ed iscritto al n. 20 del Registro ricorsi 1968, per conflitto di attribuzione tra la Regione siciliana e lo Stato sorto a seguito del decreto ministeriale 17 giugno 1968 recante criteri e modalità per la erogazione alle imprese concessionarie di autoservizi di linea per viaggiatori di contributi straordinari previsti dalla legge 28 marzo 1968, n. 375.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 26 febbraio 1969 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

uditi l'avv. Salvatore Orlando Cascio, per il ricorrente, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato il 10 ottobre 1968, il Presidente della Regione siciliana ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti del decreto emesso il 17 giugno 1968 dal Ministro per i trasporti e l'aviazione civile, di concerto con il Ministro per il tesoro e con il Ministro per il bilancio e la programmazione economica, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 204 del 12 agosto 1968, nella parte in cui esclude dai contributi previsti per l'anno 1967 dalla legge 28 marzo 1968, n. 375, le imprese titolari di autoservizi di linea concessi dalle regioni e, in particolare, dalla Regione siciliana.

Nel ricorso si sostiene che la esclusione così disposta contrasta con l'art. 1 della legge citata e pregiudica gravemente gli interessi regionali e se ne denuncia la incostituzionalità sulla base di due motivi.

Con il primo si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 17, lett. a, dello Statuto e dell'art. 3 della Costituzione, nella considerazione che la erogazione dei contributi statali a favore delle imprese automobilistiche non incide sulla competenza amministrativa regionale in tema di trasporti, stabilita dall'art. 17, lett. a, ed altresì che l'esistenza di una competenza complementare a favore della Regione non costituisce valido motivo per addossare ad essa tutti gli oneri finanziari di quel determinato settore. Infatti si osserva, in ordine al primo punto, che l'esercizio di potestà amministrativa regionale in materia di autolinee non esclude che le imprese titolari di concessioni risultanti dall'esercizio stesso possano beneficiare di contributi e di esenzioni, sancite da leggi statali, le quali si applicano in Sicilia indipendentemente da una apposita legge di recezione. Ciò é comprovato dalla osservazione che anche in altri settori, pur essendo la potestà amministrativa autorizzativa o concessionale esercitata dalle autorità regionali, vengono ammesse al godimento di contributi ed esenzioni stabilite dallo Stato anche imprese operanti nell'ambito del territorio regionale così, ad esempio, in materia di turismo.

In ordine al secondo punto la Regione deduce che una cosa é l'esercizio di potestà amministrative ed altra é il regolamento finanziario dei rapporti fra Stato e Regione per la stessa materia: la erogazione di contributi, infatti, viene effettuata dallo Stato nel quadro di una funzione sociale ed in vista del preminente interesse che i pubblici trasporti rappresentano per la nazione e senza specifico riferimento, quindi, all'autorità che rilascia la concessione. Del resto, che fra le imprese beneficiarie dei contributi dovessero venire incluse anche quelle delle regioni a statuto speciale risulta dal fatto che la legge n. 375 non solo non opera discriminazioni territoriali, ma anzi accorda contributi in misura maggiore alle imprese titolari di concessioni di autoservizi nei territori di cui alle leggi per l'industrializzazione per le zone depresse, la maggior parte dei quali é compresa nelle esistenti regioni a statuto speciale. Affermazione questa, che trova conferma nei lavori preparatori dai quali si desume una precisa volontà del legislatore ordinario di includere fra le imprese beneficiarie del contributo anche quelle concessionarie di autolinee regionali.

Con un secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 87 della Costituzione, in relazione agli artt. 17 e 20 dello Statuto regionale, derivante dal fatto che l'esclusione delle imprese titolari di concessioni regionali é stata disposta con un semplice decreto interministeriale, mentre, in ogni caso, sarebbe stata necessaria un'apposita norma legislativa che avesse esplicitamente fatto venir meno il diritto riconosciuto alla Regione dalla legge n. 375.

L'avere invece disposto con atto amministrativo si risolve in invasione della sfera di competenza regionale, invasione che risulta poi aggravata per il fatto che l'atto amministrativo predetto é stato emanato da organo diverso dall'unico competente, cioè il Capo dello Stato.

Conclude chiedendo che la Corte annulli il decreto impugnato dichiarando che esso invade la competenza della Regione.

L'Avvocatura generale dello Stato, costituitasi in giudizio per il Presidente del Consiglio dei Ministri, osserva che il decreto ministeriale impugnato non é che una mera applicazione, al livello amministrativo, e perciò a contenuto vincolato, dei precetti della legge. Pertanto, non avendo la Regione siciliana impugnato in termini, in via principale la legge n. 375, non può oggi denunciare l'atto amministrativo che vi dà esecuzione, sia pure sotto il profilo del regolamento di competenza, ed il ricorso deve per questo motivo essere dichiarato inammissibile. In via subordinata, l'Avvocatura deduce che in materia di trasporti la Regione siciliana ha, prima che competenza amministrativa, competenza legislativa, cosicché sarebbe stata lesiva della sfera riservata alla Regione una legge statale - e lo sarebbe a maggior ragione un provvedimento amministrativo - che comunque interferisce nella materia ad essa statutariamente assegnata.

Né, allo scopo di verificare la legittimità costituzionale di questi provvedimenti statali, sarebbe possibile discriminarli in base al loro contenuto: quelli favorevoli, estensibili alla Regione, quelli limitativi o disciplinativi di diritti, non estensibili, giacché la sfera di competenza delle due comunità va tenuta distinta in astratto sulla base della semplice identicazione delle materie e non può essere condizionata dal modo della disciplina delle singole norme.

Nella specie, la legge statale n. 375 ha previsto l'ambito di applicabilità delle provvidenze alle sole imprese titolari di concessioni governative e quindi ha escluso quelle accordate dagli organi della Regione a ciò espressamente preposti, giusta le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 1953, n. 1113, recante norme di attuazione dello Statuto regionale in materia di comunicazioni e di trasporti.

Conseguentemente, la legge n. 375 ed il provvedimento impugnato, lungi dall'avere interferito con la competenza regionale, si pongono rispetto a questo in un situazione di indifferenza che si ripercuote anche nei confronti dei soggetti interessati, escludendo ogni discriminazione fra loro, dato che le imprese "nazionali "sono disciplinate dalle leggi statali e quelle dell'isola dalle sole leggi regionali.

Egualmente inammissibili ed infondate sono poi, secondo l'Avvocatura, le censure che la Regione muove al provvedimento impugnato sotto il profilo della violazione della legge n. 375 poiché la Corte non potrebbe conoscere dell'asserita violazione di una legge ordinaria, né la Regione sarebbe legittimata a denunciare in questa sede una violazione di tal fatta, posto che i conflitti di attribuzione fra Stato e Regione sono ammessi solo per la violazione della sfera di competenza costituzionale a ciascuno assegnata (art. 39, legge 11 marzo 1953, n. 87).

Quanto, poi, alla pretesa violazione dell'art. 87 della Costituzione per essere il provvedimento - in quanto avente natura regolamentare - di competenza del Presidente della Repubblica e non dei tre ministri, l'Avvocatura deduce l'inammissibilità della censura da parte della Regione, la quale non verrebbe lesa in alcun modo nella sua sfera costituzionale da uno spostamento di competenza interna tra organi dello Stato, ed aggiunge che comunque essa si palesa infondata, perché il provvedimento impugnato non ha natura regolamentare, ma costituisce esercizio di attribuzione di competenza specifica dei tre ministri, secondo la disciplina fattane dall'art. 2 della legge n. 375 (che infatti non prevede la deliberazione del Consiglio dei Ministri né la consultazione del Consiglio di Stato, prescritte per i regolamenti).

In una memoria depositata il 10 febbraio 1969 la Regione replica a queste deduzioni osservando che l'eccezione di inammissibilità per acquiescenza potrebbe considerarsi fondata solo qualora l'esclusione dai benefici delle imprese titolari di concessioni regionali risultasse chiaramente ed inequivocabilmente dalla legge n. 375. Invece, non solo questa non contiene tale esclusione, ma da una serie di elementi interpretativi letterali e logici si ricava la convinzione che il legislatore nazionale abbia inteso rendere partecipi dei benefici previsti anche le imprese titolari di concessioni regionali.

La legge parla infatti di imprese titolari di concessioni governative di autoservizi, e con il termine "concessione governativa" si intende nella legislazione italiana qualsiasi tipo di concessione, indipendentemente dalla qualità statale o regionale della autorità che lo accorda. Ciò risulterebbe provato dal fatto che il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1953, n. 112, relativo al trattamento tributario degli atti concessionali assoggetta al pagamento della "tassa sulle concessioni governative" tutte le imprese concessionarie che operano sul territorio nazionale, ivi comprese quelle afferenti a linee automobilistiche per il trasporto di persone (tab. a, n. 173), anche se l'autolinea é gestita in base a concessione rilasciata dall'autorità governativa regionale. La identificazione del termine "governativa" con il termine "statale" é pertanto del tutto arbitraria.

Dopo avere ricordato altri elementi tratti dai lavori preparatori, dai quali si desumerebbe che era precisa volontà del legislatore nazionale di estendere tali benefici anche alle imprese titolari di concessioni regionali, la Regione conclude affinché sia respinta come infondata la eccezione di inammissibilità del ricorso per acquiescenza, richiamando anche la giurisprudenza della Corte tendente ad escludere che una siffatta eccezione possa sollevarsi in sede di giudizi in via principale fra Stato e Regione (sentenze n. 44 del 1957, n. 77 del 1958, n. 13 del 1960 e n. 49 del 1963).

Nel merito essa nega che lo Stato si trovi in una "situazione di indifferenza" rispetto alle imprese esercenti in base a concessioni rilasciate da parte della Regione siciliana come afferma l'Avvocatura generale. Tale affermazione sarebbe infatti smentita dalla situazione legislativa la quale mostra che le imprese automobilistiche dell'isola sono disciplinate solo dalle leggi statali, dal momento che la Regione siciliana non ha adottato una propria legislazione autonoma diversa da quella dello Stato, rilascia le concessioni unicamente in base alle norme contenute nella legge 28 settembre 1939, n. 1822, che é la legge fondamentale dello Stato nella materia.

Inesatto sarebbe altresì, ai fini della delimitazione delle competenze, il ricorso ad un criterio meramente territoriale basato sul semplice elemento che l'autolinea sia o meno destinata ad essere esercitata sul territorio della Regione o altrove. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (II Sez., parere 20 novembre 1957, n. 974) e del Consiglio di Giustizia amministrativa (decisione 3 agosto 1963, n. 199), spetta all'amministrazione statale e non a quella regionale il potere di intervenire per l'affidamento delle linee sostitutive di tronconi ferroviari soppressi, ancorché si svolgano sul territorio regionale.

Circa la censura relativa alla emanazione del provvedimento da parte dei ministri anziché da parte del Presidente della Repubblica, la difesa della Regione replica alle eccezioni avversarie affermando che nel sindacato sulla competenza rientra l'accertamento dei limiti della sfera di attribuzioni dei singoli organi statali, e pertanto il conflitto di attribuzioni può essere sollevato non solo quando un organo statale si é arrogato una competenza che sarebbe spettata al corrispondente organo regionale ma anche quando l'organo statale, anziché emanare un atto amministrativo, abbia esercitato una potestà regolamentare al di fuori dei limiti entro i quali la Costituzione consente l'esercizio della potestà.

Anche l'Avvocatura generale dello Stato, ha depositato in data 13 febbraio 1969 una memoria nella quale svolge ulteriormente le precedenti deduzioni e tra l'altro riafferma che in sostanza, impugnando il decreto interministeriale 17 giugno 1968, la Regione solleva in realtà doglianze contro la legge n. 375 del 1968.

Ricordato come la materia in oggetto rientri nella competenza regionale ex art. 17, lett. a, dello Statuto, l'Avvocatura ne deduce che in essa debbano comprendersi, oltre ai poteri legislativi ed amministrativi, i relativi oneri, senza che questi ultimi possano essere addossati allo Stato, ed in particolare confuta l'affermazione avversaria secondo la quale il calcolo delle percorrenze sarebbe stato effettuato, ai fini della legge n. 375, tenendo conto anche di quelle relative alle regioni a statuto speciale.

Anche in merito al secondo motivo di ricorso l'Avvocatura ribadisce le eccezioni sollevate, svolgendole ulteriormente, insistendo nella richiesta di rigetto del ricorso.

Nella discussione orale la difesa della Regione, preso atto della intervenuta emanazione della sentenza n. 11 del 1969 con cui é stata dichiarata non fondata l'impugnativa promossa dalla Regione sarda avverso la legge n. 375 del 1968, ha fatto rilevare che l'interpretazione risultante da detta sentenza esclude l'applicabilità di questa alla questione sollevata dalla Regione siciliana, dato che i presupposti del rigetto dell'impugnativa medesima (e cioè il carattere di esclusività della competenza legislativa della Sardegna in materia di trasporti, e l'avvenuto esercizio della competenza stessa con l'emanazione di apposita legge regionale) non si verificano per la Sicilia (la cui competenza prevista dall'art. 11 dello Statuto ha natura concorrente, ed essa non é stata esercitata sicché continua ad applicarsi in Sicilia la legge statale in materia di trasporti in concessione) e pertanto l'attività amministrativa esplicata dalla Regione in materia deve ritenersi esercitata in luogo di quella del Ministero dei trasporti.

Fa altresì rilevare che, in ogni caso, anche a volere ritenere che la qualifica di "governative" sia stata impiegata dalla legge predetta per designare le concessioni emananti dal Governo (e non già, come può sembrare più esatto, per distinguerle da quelle compartimentali) si dovrebbe tuttavia comprendere in esse le concessioni effettuate dalla Regione, poiché con lo stesso termine di "governo", l'art. 21 dello Statuto siciliano designa l'esecutivo regionale.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'Avvocatura dello Stato ha eccepito preliminarmente l'inammissibilità del ricorso, dato che la Regione ha omesso di impugnare la legge 28 marzo 1968, n. 375, della quale il decreto interministeriale impugnato deve considerarsi mera applicazione, a livello amministrativo e perciò a contenuto vincolato, ed invoca, a sostegno di tale richiesta, il principio che sostiene essere stato affermato da questa Corte con la sentenza n. 2 del 1967.

É da osservare in contrario che la pronuncia richiamata non enuncia un principio conforme a quello ritenuto, e che anzi la tendenza della giurisprudenza costituzionale é nel senso di non conferire alla mancata impugnativa dell'atto normativo posto a fondamento del provvedimento oggetto di un conflitto di attribuzione efficacia preclusiva della proposizione di quest'ultimo. Si può aggiungere che nella specie la Regione si é intenzionalmente astenuta dal denunciare la legge predetta, essendo partita dal presupposto della sua validità per farne discendere la pretesa all'annullamento del provvedimento contro il quale ha sollevato il conflitto, nell'opinione che questo, mentre non troverebbe fondamento in quella legge, risulta invasivo della competenza regionale per violazione delle norme costituzionali invocate.

2. - Passando al merito é da mettere in rilievo che nelle more del presente giudizio questa Corte con la sentenza n. 11 del 1969, emanata in risoluzione di altro giudizio promosso dalla Regione sarda per far dichiarare l'illegittimità costituzionale della stessa legge prima menzionata n. 375 del 1968, ha deciso che il contributo statale consentito dalla legge predetta deve intendersi limitato solo ai beneficiari di concessioni effettuate dall'amministrazione statale, e quindi non é estensibile alle altre che hanno tratto titolo da provvedimenti regionali, ed ha escluso che dalla limitazione così disposta dell'ambito di applicazione della legge possa farsi derivare una qualsiasi specie di invasione della competenza regionale, sotto forma di violazione degli artt. 3 della Costituzione e 3, lett. g, dello Statuto sardo.

La diversità di situazione presentata dalla fattispecie in esame rispetto a quella prima decisa non é tale da far ritenere sussistente l'invasione della competenza denunciata, che allora venne esclusa. Infatti la circostanza che la materia delle comunicazioni e dei trasporti é in Sicilia oggetto di competenza esclusiva ma subordinata al rispetto dei principii della legislazione statale, ex art. 17 dello Statuto, non esplica influenza sull'esercizio delle funzioni amministrative relative alla materia medesima, come risulta dall'espressa dizione dell'art. 20 dello Statuto, che fa appunto promiscuo richiamo, insieme agli artt. 14 e 15, riguardanti materia di competenza esclusiva, anche ai poteri esercitati in virtù del citato art. 17.

Analogamente a nulla rileva il fatto della attuale vigenza in Sicilia delle leggi statali sui trasporti, in conseguenza del mancato esercizio della potestà normativa regionale, cui lo statuto attribuisce natura concorrente. Quello che importa é che sia avvenuto un vero e proprio trasferimento, per i servizi di interesse regionale, delle attribuzioni (sia di quelle attive, sia delle altre di vigilanza a tutela sugli enti, nonché di controllo sugli assegnatari dei servizi) già esercitate dal Ministero dei trasporti, secondo disposto dagli artt. 1 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 17 dicembre 1953, n. 1113, che fa appunto richiamo all'art. 20 dello Statuto ricordato, e che ha conseguentemente consentito alla Regione di avvalersi degli uffici periferici dell'amministrazione dei trasporti, fino a quando non avrà provveduto all'istituzione di propri uffici (art. 2). Può aggiungersi che, con circolare n. 12481 del 27 agosto 1954, l'Assessore per i trasporti stabiliva rientrare nella competenza propria della Regione il rilascio non solo delle concessioni provvisorie ma anche di quelle definitive non sussidiate dallo Stato di cui alla legge n. 1822 del 1939, e che, invece, secondo l'art. 2 di questa sono da assegnare, nelle parti del territorio statale su cui non si sono costituiti ordinamenti regionali, con decreto del Capo dello Stato.

Che tale sia l'interpretazione da dare alle norme richiamate, e che pertanto infondata debba ritenersi la tesi della difesa regionale secondo cui sarebbe da attribuire carattere delegato alle attribuzioni esercitate in materia dalla Regione, risulta anche confermato dalla sentenza della Corte n. 43 del 1958, che ha escluso ogni potere dello Stato nella determinazione delle tariffe per i trasporti sulle autolinee trasferite alla Regione.

Nulla in contrario può desumersi dai lavori preparatori della legge relativa alla concessione dei contributi, poiché, contrariamente a quanto asserito dalla difesa, risulta dalla relazione governativa al progetto che il computo in 802 milioni di autobus-chilometro delle autolinee ordinarie, preso a base per lo stanziamento della relativa copertura finanziaria, é stato riferito esclusivamente alle concessioni governative, e che le proposte di estendere il contributo stesso anche alle linee regionali, formulate durante la discussione del progetto, non vennero accolte.

Deve quindi concludersi che il provvedimento impugnato, avendo fatto esatta applicazione della legge n. 375 del 1968, non ha operato alcuna lesione della competenza regionale sotto l'aspetto né della violazione dell'art. 3 della Costituzione, avendo allo stesso modo escluso dal contributo tutti i servizi trasferiti alle Regioni, perché tutti, compresi quelli siciliani, concessi con provvedimenti non governativi e neppure di quella dell'art. 17, lett. a, dello Statuto.

Neppure vale a contrastare l'interpretazione della legge adottata dalla Corte l'argomento che la difesa ritiene di desumere dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1953, n. 112, di approvazione del testo unico delle tasse sulle "concessioni governative". Infatti quest'ultima espressione, riferita ad ogni specie di provvedimenti amministrativi, conferenti situazioni giuridiche soggettive attive di vantaggio ai privati, é espressione tradizionale che figurava già nella legge 26 luglio 1868, n. 4520, unificatrice delle leggi in materia degli antichi stati italiani, ed é stata riprodotta in tutte le successive norme nella materia stessa. L'inclusione degli autoservizi (che si legge nel n. 173 della tabella allegata al predetto testo unico) é avvenuta solo con l'art. 8 della legge 14 marzo 1952, n. 128, e nella tabella stessa si fa riferimento alle concessioni in genere, senza la qualifica di governative, sicché, sotto nessun riguardo si possono desumere da essa elementi sufficienti a contraddire quanto risulta dalla legge in esame e dal suo iter formativo.

Tanto meno fondata appare poi la denunciata violazione dell'art. 87 della Costituzione perché, una volta ritenuta la potestà statale in materia, l'eventuale incompetenza dell'organo cui l'art. 2 della legge n. 375 ha deferito il compito di stabilire i criteri per l'erogazione dei contributi non può formare oggetto di conflitto.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara spettare allo Stato il potere di erogare contributi alle imprese esercenti concessioni governative di trasporti escludendone quelle esercenti concessioni rilasciate dalla Regione siciliana;

respinge, in conseguenza, il ricorso proposto dalla Regione siciliana per l'annullamento del decreto interministeriale 17 giugno 1968 per la parte in cui vengono escluse dal beneficio di cui alla legge 28 marzo 1968, n. 375, le imprese titolari di concessioni regionali.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 1969.

Aldo SANDULLI  -  Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE 

 

Depositata in cancelleria il 28 marzo 1969.