SENTENZA N. 77
ANNO 1958
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Mario BRACCI
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti promossi dal Presidente del Consiglio dei Ministri con i seguenti ricorsi:
1) ricorso notificato il 14 aprile 1958, depositato il 21 aprile 1958 nella cancelleria della Corte costituzionale ed iscritto al n. 9 del Registro ricorsi 1958, per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sorto per effetto dell'ordinanza dell'Assessore per la pubblica istruzione n. 2481 del 15 febbraio 1958, che ha disciplinato i trasferimenti degli insegnanti elementari nell'ambito del territorio della Regione siciliana;
2) ricorso notificato il 6 settembre 1958, depositato il 13 settembre 1958 nella cancelleria della Corte costituzionale ed iscritto al n. 25 del Registro ricorsi 1958, per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sorto per effetto della ordinanza dell'Assessore per la pubblica istruzione n. 12560 del 10 luglio 1958, che ha disciplinato le assegnazioni provvisorie degli insegnanti elementari per l'anno scolastico 1958-59 nell'ambito del territorio della Regione siciliana.
Udita nell'udienza pubblica del 5 novembre 1958 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro;
uditi il vice avvocato generale dello Stato Cesare Arias per il Presidente del Consiglio dei Ministri e l'avvocato Antonio Sorrentino per la Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
L'Assessore per la pubblica istruzione della Regione siciliana ha emanato due ordinanze il 15 febbraio e il 10 luglio 1958 con le quali ha disciplinato, rispettivamente, i trasferimenti e le assegnazioni provvisorie degli insegnanti elementari nell'ambito del territorio della Regione siciliana. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ritenendo che tali ordinanze violassero o falsamente applicassero gli articoli 14, lett. r, e 20 dello Statuto per la Regione siciliana, ha elevato conflitto di attribuzione con ricorsi depositati nella cancelleria di questa Corte il 21 aprile e il 13 settembre 1958.
La Regione siciliana si é costituita in giudizio, depositando le sue deduzioni rispettivamente il 3 maggio e il 20 settembre 1958.
Tanto la difesa del Presidente del Consiglio quanto quella della Regione prendono le mosse dalla sentenza di questa Corte del 18 gennaio 1958, n. 1, che dichiarò l'illegittimità costituzionale della legge regionale approvata il 2 maggio 1957 relativa alla "disciplina dei trasferimenti e delle assegnazioni provvisorie dei maestri elementari nella Regione siciliana": naturalmente per trarne conseguenze opposte.
La difesa dello Stato, infatti, partendo dalla affermazione di questa sentenza che la Regione siciliana non ha il potere di "emanare norme sullo stato giuridico degli insegnanti prima che, con l'osservanza del procedimento stabilito nell'art. 43 dello Statuto siciliano o in altra guisa legittimamente efficace, gli uffici e il personale dello Stato siano passati alla organizzazione regionale", afferma che, non potendo la Regione siciliana esercitare la potestà legislativa in questa materia, essa non può nemmeno esercitare le funzioni esecutive ed amministrative corrispondenti, come si ricaverebbe dalla norma contenuta nell'art. 20 dello Statuto medesimo, e conclude perché la Corte dichiari che ogni attribuzione in materia di trasferimento e di assegnazione provvisoria degli insegnanti elementari nella Regione siciliana spetta allo Stato (Ministero della pubblica istruzione), annullando, in conseguenza, gli impugnati provvedimenti.
La difesa della Regione sostiene invece che l'Assessore per la pubblica istruzione della Regione siciliana non ha emanato le ordinanze impugnate nell'esercizio di un potere "suo proprio", bensì quale organo decentrato dell'Amministrazione statale, ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 30 giugno 1947, n. 567, il quale stabilì, com'é noto, che fino al passaggio degli uffici e del personale dello Stato alla Regione e fino all'emanazione delle norme occorrenti per l'attuazione dello Statuto siciliano, il Presidente e la Giunta regionale esercitano le attribuzioni già spettanti all'Alto Commissario e alla Consulta regionale in virtù del regio decreto legge 18 marzo 1944, n. 91. Vero é che l'ultimo comma dell'art. 2 di questo decreto, non modificato per questa parte né dal decreto legislativo luogotenenziale 28 dicembre 1944, n. 416, né dal decreto legislativo luogotenenziale 1 febbraio 1945, n. 50, fa salva la competenza dell'Amministrazione centrale a provvedere per le nomine, i licenziamenti, le promozioni e i trasferimenti degli impiegati dello Stato, ma tale salvezza, riferendosi soltanto ai provvedimenti concreti di nomine, trasferimenti e via, non vieterebbe l'emanazione di direttive generali e di criteri di massima. Che ciò sia vero, sarebbe confermato e dal fatto che le ordinanze emesse dall'Assessore negli anni scorsi non sono state mai impugnate dallo Stato e dalle stesse ammissioni dello Stato, che per bocca della sua difesa, nel giudizio sopra ricordato di legittimità costituzionale della legge regionale, ammise che le ordinanze in materia di trasferimenti e di assegnazioni provvisorie degli insegnanti dell'ordine elementare erano state emanate dall'Assessore quale organo di decentramento burocratico. Si dovrebbe anzi parlare, per questo, di inammissibilità del ricorso dello Stato per acquiescenza.
2. - Nella memoria depositata il 22 ottobre 1958, l'Avvocatura dello Stato respinge le argomentazione della difesa regionale affermando: 1) che, come é costante giurisprudenza dell'Alta Corte per la Sicilia e di questa Corte, non é consentito parlare di acquiescenza nel campo del diritto costituzionale, dove ogni provvedimento legislativo o amministrativo "ha una sua individualità giuridica, un suo contenuto che non si confonde affatto con un provvedimento precedente anche se disciplina identica materia"; 2) che, per fondare la competenza dell'assessore regionale ad emanare ordinanze quali quelle impugnate, non si può fare ricorso né all'art. 20, ultima parte del comma primo, dello Statuto siciliano, perché nel caso mancherebbero "le direttive del governo dello Stato" che l'amministrazione regionale é tenuta ad osservare e che devono essere esplicitamente e previamente date con appositi provvedimenti statali, né al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 30 giugno 1947, n. 567, in relazione al regio decreto legge 18 marzo 1944, n. 91, in quanto proprio l'art. 2 di quel decreto riserva alle Amministrazioni centrali la competenza a provvedere per le nomine, i licenziamenti, le promozioni ed i trasferimenti del personale dello Stato e degli Enti di diritto pubblico.
Nella sua memoria, depositata il 22 ottobre, la Regione espone un lungo elenco di atti che comproverebbero come lo Stato abbia costantemente riconosciuto alla Regione la competenza a provvedere non soltanto in materia di trasferimenti degli insegnanti dell'ordine elementare, ma più generalmente sul loro stato giuridico ed economico, chiedendo che, se le circostanze esposte fossero contestate, la Corte volesse accertarle valendosi dei suoi poteri istruttori.
Da questo comportamento deriverebbero conseguenze non soltanto sul piano processuale (inammissibilità del ricorso per acquiescenza), ma anche "sul piano sostanziale". Si potrebbero, infatti, fare due ipotesi, o che la Regione eserciti funzioni amministrative in materia di istruzione elementare a norma dell'art. 20 dello Statuto in riferimento all'art. 14 dello Statuto che riconosce alla Regione la potestà legislativa in materia di istruzione elementare - dovendosi ritenere avvenuto il trapasso effettivo dei poteri dallo Stato alla Regione sulla base dei precedenti ricordati, dato che nessun provvedimento di legge formale é richiesto per questo trapasso - o ritenere che la Regione esercita i poteri in questa materia quale organo statale sulla base del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 30 giugno 1947, n. 567, in relazione al regio decreto legge 18 marzo 1944, n. 91, nel qual caso il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri dovrebbe dichiararsi inammissibile perché riguarderebbe un conflitto fra organi che nella materia agiscono tutti quali organi dello Stato.
3. - All'udienza, nella discussione dei due ricorsi, i difensori hanno illustrato le loro deduzioni, insistendo nelle rispettive conclusioni. In particolare, il difensore della Regione ha ripetuto la richiesta che la Corte, nel caso in cui ne fosse contestata l'esistenza o la veridicità, volesse accertare, avvalendosi dei suoi poteri istruttori, l'esistenza del complesso dei documenti dei quali era stato fatto cenno in memoria: documenti che, insieme con innumerevoli altri, attesterebbero come il Ministero della pubblica istruzione abbia sempre riconosciuto alla Regione la competenza ad adottare i provvedimenti concernenti lo stato giuridico ed economico dei maestri elementari dipendenti dallo Stato, rinviando costantemente gli atti stessi all'Assessorato regionale.
Considerato in diritto
1. - Le due cause possono essere decise con unica sentenza, avendo esse per oggetto questioni identiche.
2. - Non é fondata l'eccezione di inammissibilità per acquiescenza, dedotta dalla difesa della Regione. Con sentenza n. 44 del 7 marzo 1957 questa Corte, pur non escludendo a priori che nei giudizi di legittimità costituzionale proposti in via principale possano avere rilevanza preclusioni che spiegano efficacia nei giudizi inter partes, dichiarava che nei giudizi di legittimità costituzionale, anche se proposti in via principale, non possono trovar posto istituti, come quello dell'inammissibilità del ricorso per acquiescenza, quali sono stati specialmente elaborati nella giurisprudenza amministrativa. Il Collegio non si é discostato e non ritiene di doversi discostare da questo indirizzo.
3. - La difesa della Regione, dopo avere ricordato una assai numerosa serie di atti che comproverebbero come il Ministero della pubblica istruzione abbia costantemente declinato la propria competenza rispetto agli atti riguardanti lo stato giuridico degli insegnanti elementari, rinviando gli atti stessi all'Assessorato regionale, deduce, in via alternativa, da questo comportamento del Ministero due ipotesi: o che la Regione eserciti legittimamente iure proprio i poteri legislativi ed amministrativi in materia di istruzione elementare, nel presupposto che il trapasso effettivo dei poteri dallo Stato alla Regione si debba considerare avvenuto sulla base dei precedenti ricordati, stante che nessun provvedimento di legge formale é richiesto per questo trapasso; o che la Regione eserciti i poteri in questa materia quale organo di decentramento statale sulla base del decreto legislativo 30 giugno 1947, n. 567, in relazione al regio decreto legge 18 marzo 1944, n. 91. In questo secondo caso il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri dovrebbe dichiararsi inammissibile perché riguarderebbe un conflitto fra organi che agiscono nell'ambito della stessa Amministrazione dello Stato.
La prima delle due ipotesi prospettate dalla difesa regionale non é fondata. La Corte non ha che da richiamare la propria sentenza del 14 gennaio 1958, n. 1, con la quale dichiarava la illegittimità della legge regionale 21 giugno 1957, n. 39, dopo avere constatato e dimostrato che i maestri elementari della Sicilia, aventi la posizione di dipendenti statali, non si sono trasformati in dipendenti regionali, nonostante i numerosi atti legislativi ed amministrativi elencati nella stessa decisione, attraverso i quali la Regione ha attuato il suo intervento nel regolare e nell'espletare i concorsi per maestri elementari e per direttori didattici e nel disciplinare legislativamente i ruoli organici provvisori, speciali transitori e in soprannumero dei maestri stessi.
Nel presente giudizio la difesa della Regione ha enumerato una lunga serie di atti amministrativi dai quali si rileva che, sin dal tempo in cui fu in funzione l'Alto Commissariato per la Sicilia, è stato costantemente ritenuto, in pieno accordo tra il Ministero della pubblica istruzione e la Regione siciliana, che l'amministrazione del personale insegnante dell'ordine elementare addetto alle scuole dell'Isola spettasse alla Regione. A tal proposito la Corte, rilevando che non esiste contestazione sulla ripetuta affermazione della difesa della Regione in ordine alle circostanze di fatto richiamate, ritiene che non occorre ai fini del decidere disporre accertamenti istruttori. Ma il fatto, pure innegabile, dell'esercizio di un determinato potere, anche se tale esercizio sia stato univoco, pacifico e perdurante costantemente e per lungo tempo, non ha determinato il mutamento dello status degli insegnanti da personale statale a personale regionale. Questa constatazione trova conferma nella causa attuale.
4. - Occorre ora esaminare se i poteri in questione siano stati esercitati dalla Regione come organo di decentramento dell'Amministrazione statale ed, in caso affermativo, quali conseguenze se ne debbano trarre agli effetti della presente controversia.
Giova dire subito che non appare fondata la tesi prospettata dalla difesa della Regione, tesi che nella precedente controversia, definita con la ricordata sentenza del 14 gennaio 1958, era stata sostenuta dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana e dall'Avvocatura dello Stato, e cioè che il decentramento dallo Stato alla Regione si fosse attuato in virtù del decreto legislativo 30 giugno 1947, n. 567. Esattamente, l'Avvocatura dello Stato, nel presente giudizio, osserva che a norma dell'art. 2 del regio decreto legge 18 marzo 1944, n. 91, modificato con decreto legislativo luogotenenziale 1 febbraio 1945, n. 50, restava in ogni caso riservata alle rispettive amministrazioni la competenza a provvedere per le nomine, i licenziamenti, le promozioni e i trasferimenti del personale dello Stato. E pertanto la competenza a provvedere sui trasferimenti degli insegnanti elementari, in quanto appartenenti al personale statale, non passò all'Alto Commissariato per la Sicilia né, dopo la sua soppressione, poté essere attribuita all'Amministrazione regionale ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1947, n. 567. Né può dirsi altrimenti delle assegnazioni provvisorie dello stesso personale, essendo ovvio che l'assegnazione provvisoria é un provvedimento che, per sua natura, rientra nel novero di quelli elencati nel citato art. 2 del decreto legge del 1944.
5. - Escluso che l'esercizio di questi poteri abbia avuto per legittima base le richiamate norme del 1944 e del 1947, la Corte non crede che se ne possa dedurre senz'altro, come vorrebbe nella presente causa l'Avvocatura dello Stato, che l'esercizio stesso non debba avere alcuna rilevanza agli effetti della presente controversia.
La Corte ritiene che la situazione, tanto chiara ed incontroversa in fatto quanto delicata in diritto, debba essere esaminata alla stregua dell'art. 20, primo comma, seconda disposizione, dello Statuto speciale per la Regione siciliana. A norma di tale disposizione, il Presidente e gli Assessori regionali, nelle materie non comprese negli artt. 14, 15 e 17 dello Statuto, svolgono una attività amministrativa secondo le direttive del Governo dello Stato.
La difesa statale, richiamandosi ai criteri posti da questa Corte con le sentenze n. 9 del 17 gennaio 1957 e n. 13 del 18 dello stesso mese ed anno, nega che l'art. 20 possa essere invocato nel caso in esame, essendo mancata la previa emanazione di precise e categoriche direttive da parte del Governo. La Corte osserva che nelle due richiamate sentenze fu sollevata, fra tante altre, la questione relativa alla portata della disposizione contenuta nella seconda parte del primo comma dell'art. 20, ma tale questione non fu esaminata dal Collegio, il quale non ne ebbe la possibilità, in quanto quelle decisioni si fondarono sopra altro presupposto. Nel caso attuale la norma, più volte citata, dell'art. 20 deve essere esaminata in relazione allo stato di fatto che permane inalterato da diversi anni. L'attuale controversia non offre, quindi, l'occasione più adatta per indagare sulla portata di quella norma; e, pertanto, in questa che é una fattispecie particolare, non occorre stabilire quali siano i presupposti dell'applicazione della norma: se, cioè, tale applicazione richieda che siano state date all'Amministrazione regionale da parte del Governo dello Stato "precise, categoriche direttive", come sostiene l'Avvocatura, quale forma debba avere l'atto con cui tali direttive siano impartite e quale debba essere l'autorità statale competente ad impartirle. Nel caso di specie, anche se mancano atti formali, é del tutto certo e pacifico che il Governo dello Stato ha consentito, fin dall'inizio del funzionamento dell'Amministrazione regionale, che i provvedimenti relativi ai trasferimenti ed alle assegnazioni provvisorie dei maestri fossero emanati dalla Regione. Ciò si evince dal fatto che, nonostante fosse accertato, anche in seguito a più di una sentenza dell'Alta Corte per la Regione siciliana, che i maestri elementari dei ruoli statali non erano passati alla dipendenza della Regione, nessuna impugnativa risulta esperita avverso le ordinanze emanate dall'Assessore regionale in materia di trasferimenti e di assegnazioni provvisorie dei suddetti maestri ed avverso i singoli provvedimenti adottati in conseguenza dallo stesso Assessore; anzi é incontroverso che il Ministero della pubblica istruzione ha sempre inviato per competenza all'assessorato gli atti relativi. Questo stato di cose, non contestato in fatto nella presente controversia, é stato esplicitamente ammesso - sia pure con una giustificazione che, come si é detto, non era valida - nel precedente giudizio definito da questa Corte con la sentenza 14 gennaio 1958. É altresì incontestabile, in fatto, che non sono mancate le direttive dell'Amministrazione centrale in materia. É pacifico, in primo luogo, che tutte le ordinanze dell'Assessore relative a trasferimenti ed assegnazioni provvisorie non si discostano dalle ordinanze emanate dal Ministro. É, inoltre, incontroverso che quasi tutte le volte in cui il Ministero inviava per competenza all'Assessore pratiche di questo genere indicava all'Assessore stesso le direttive alle quali in materia si atteneva l'Amministrazione centrale; il che costituisce un modo di dar direttive.
6. - Di conseguenza, si deve dichiarare che la Regione ha operato nella materia della presente controversia non jure proprio, bensì quale organo decentrato dell'Amministrazione statale, la quale rimane titolare di questi poteri fino a quando non passeranno alla Regione con il procedimento stabilito dall'art. 43 dello Statuto siciliano o in altra guisa giuridicamente efficace. In tale veste l'amministrazione regionale é tenuta a sottostare alle direttive dell'Amministrazione centrale dello Stato.
Giova tuttavia porsi il dubbio se gli attuali ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri non costituiscano una idonea manifestazione di volontà dell'Amministrazione dello Stato, diretta a fare cessare in materia l'esercizio dei poteri statali, fin qui svolti dalla Regione con il consenso del Ministero della pubblica istruzione. Ma il dubbio non sarebbe fondato. Nella specie l'Amministrazione dello Stato, proponendo i ricorsi, non ha inteso mutare una situazione già esistente, ma ha chiesto una definizione dei rapporti inerenti a tale situazione.
Comunque, anche se i ricorsi fossero atti idonei a far cessare l'attività dell'Assessore nella materia, quale organo decentrato dell'Amministrazione statale, non si potrebbe riconoscere ad essi efficacia retroattiva destinata ad operare in relazione ad atti amministrativi già compiuti, i quali hanno esplicato in concreto i propri effetti.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riunisce le due cause indicate in epigrafe;
respinge le eccezioni pregiudiziali proposte dalla Regione;
dichiara che le due ordinanze impugnate sono state emanate dall'Assessore regionale quale organo decentrato dell'Amministrazione statale;
respinge, in conseguenza, la domanda di annullamento delle ordinanze medesime.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1958.
Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1958.